studio
La parola è adoperata solo nel Convivio e nella Commedia, con larga prevalenza nel primo (ventisei volte su trenta occorrenze complessive). La ragione di ciò è da ricercarsi principalmente nell'impiego di s. come parola tematica in tre zone precise del trattato, identificabili con i capp. XII-XIII del libro I, col cap. XV del libro II e con i capp. XI-XIII del libro III. In tutti e tre i casi il vocabolo è inserito in un discorso fondato sul procedimento della personificazione: di qui uno slittamento di significati, favorito dalla stessa pregnanza semantica del termine (per cui cfr. il latino studium, " applicazione ", " zelo ", " cura ", " amore ", ecc.), secondo il prevalere del piano letterale o di quello figurato del discorso.
Se infatti in Cv I XII 3 come vedere si può che s[crive] Tullio in quello De Amicitia... lo beneficio, lo studio e la consuetudine sono cagioni d'amore accrescitive, la parola sembra ritenere il significato di " simpatia " o " devozione ", proprio della fonte latina (Cic. Amic. IX 29 " confirmatur amor et beneficio accepto et studio perspecto et consuetudine adiuncta "), in XIII 1 dirò come per beneficio e concordia di studio e per benivolenza di lunga consuetudine l'amistà è confermata e fatta grande, e 6-7 [il volgare] è stato meco d'uno medesimo studio, e ciò posso così mostrare. Ciascuna cosa studia naturalmente a la sua conservazione; onde, se lo volgare studiare potesse, studierebbe a quella... E questo medesimo studio è stato mio... Per che uno medesimo studio è stato lo suo e 'l mio, l'estensione del detto ciceroniano ai rapporti tra D. e il volgare porta a un allargamento semantico di s. nel senso di " intendimento " o anche " cura ", " sollecitudine ": senza escludere peraltro del tutto l'altro e più corrente significato di " applicazione della mente ", suggerito dallo stesso concetto sotteso all'intera personificazione.
Ancora più evidente è lo slittamento dei significati di s. nelle altre due zone ricordate del trattato, dove all'identificazione della donna celebrata nelle prime due canzoni con la Filosofia, corrisponde a parte subiecti l'equazione Amore-s.: II XV 1 Boezio e Tullio, li quali con la dolcezza di loro sermone inviarono me... ne lo amore, cioè ne lo studio, di questa donna gentilissima Filosofia, e 10 è da sapere che per amore, in questa allegoria, sempre s'intende esso studio; III XII 2 Per Amore intendo lo studio lo quale io mettea per acquistare l'amore di questa donna. Ma, come appare da quest'ultimo passo, tra le due accezioni estreme di s.-amore e s.-applicazione, corrispondenti ai due diversi piani del discorso, si colloca, ancora all'interno della personificazione, l'accezione di s.-sollecitudine: III XI 8 lo studio e la sollecitudine, che fa l'altra parte benivolente; XII 3 lo studio che si mette in acquistare un'amistade, e 4 Questo è quello studio e quella affezione che suole procedere ne li uomini la generazione de l'amistade. Fuori della personificazione si pone, come si è detto, l'accezione finale s.-applicazione: II XV 5 se elli non teme labore di studio e lite di dubitazioni, e 10 esso studio, lo quale è applicazione de l'animo innamorato de la cosa a quella cosa; III XI 8 sanza amore e sana studio non si può dire filosofo; v. ancora XI 10, XII 2 (tre occorrenze), XIII 7 e 9. Quello che importa però notare è che non si tratta di una rivelazione progressiva di significati, ma di una continua oscillazione che li rende spesso compresenti nello stesso passo.
Per il resto la parola tende a presentarsi di volta in volta secondo una delle accezioni già notate. Nel senso di " applicazione della mente " (per imparare): Cv IV VI 15 Aristotile... e Zenocrate Calcedonio... [e per lo studio loro], e per lo 'ngegno [singulare] e quasi divino... limaro e a perfezione la filosofia morale redussero, e 19; If I 83 vagliami 'l lungo studio e 'l grande amore / che m'ha fatto cercar lo tuo volume (dove però il secondo termine della coppia riverbera sul primo una luce affettiva che ci riporta all'equazione conviviale amore-studio). In Cv I 14 lo difetto del luogo dove la persona è nata e nutrita, che tal ora sarà da ogni Studio non solamente privato, ma da gente studiosa lontano, il termine sta a designare l'università delle scienze.
Nel senso di " cura ", " sollecitudine ", " zelo ": Cv III IV 8 li cattivi malnati che pongono lo studio loro in azzimare la loro [persona...]; Pg XVIII 105 studio di ben far grazia rinverda. Da qui la locuzione ‛ a s. di ': Cv III IX 15 per affaticare lo viso molto, a studio di leggere, ossia " attendendo alla lettura "; Pd XV 121 L'una vegghiava a studio de la culla, " intenta a curare e custodire i figliuoletti in culla " (Scartazzini-Vandelli).
Nel senso di " desiderio ", " amore ": Cv IV XXVIII 6 Odi che dice Tullìo, in persona di Catone vecchio: " A me pare già vedere e levomi in grandissimo studio di vedere li vostri padri, che io amai... " (per cui cfr. Cic. Senect. XXIII 83 " efferor studio patres vestros quos colui et dílexi, videndi "); Pg XVIII 58 là onde vegna lo 'ntelletto / de le prime notizie, omo non sape, / e de' primi appetibili l'affetto, / che sono in voi sì come studio in ape / di far lo mele: dove però non è escluso il significato accessorio di " applicazione al lavoro ", Mattalia (ma il termine può valere semplicemente " istinto ", " impulso naturale ").