studioso
Collegandosi a ‛ studio ' (v.) nel senso di " amore ", " interesse ", " aspirazione ", l'aggettivo qualifica, nel sintagma di Cv III XI 5, chi si dedica all'acquisizione e al culto del sapere largamente inteso: ciascuno studioso in sapienza che fosse ‛ amatore ' di sapienza chiamato..., dove va rilevata l'equivalenza s.-amatore.
Ne deriva che gente studiosa, in assoluto, sia quella che " si dedica allo studio ", " ha interessi culturali ": tanto vero che chi vive lontano da essa, in luogo da ogni Studio [" università "] ... privato, è fortemente impedito nella realizzazione del suo naturale desiderio di sapere (I I 4; cfr. § 1).
Altrove il contesto suggerisce il valore di " virtuoso " (cfr. Busnelli-Vandelli, a Cv IV XIX 9): infatti, secondo che vuole lo Filosofo nel quarto de l'Etica, " vergogna non è laudabile né sta bene ne li vecchi e ne li uomini studiosi ", però che a loro si conviene di guardare da quelle cose che a vergogna li conducano, mentre ne le donne e ne li giovani... la vergogna è buona e laudabile (§ 8).
Quella che nel Convivio è nobile aspirazione al sapere diventa avidità di preda (cfr. Porena) quando s. caratterizza l'atteggiamento delle cagne che Ugolino sogna di veder sguinzagliate contro sé e i suoi. Sono le cagne magre, studïose e conte (If XXXIII 31) che rappresentano nel mal sonno quello che nella realtà è " lo popolo minuto [i Pisani seguaci dell'arcivescovo Ruggieri] che comunemente è magro e povero " (Buti); e si osservi come la nota della magrezza renda più intensa ed evidente la bramosia degli animali. Ciò non toglie tuttavia che l'aggettivo alluda anche alla vigile attenzione con cui le cagne spiano ogni movimento della preda: osservano infatti Scartazzini-Vandelli, a complemento della nota del Buti: " Certo è però che nel senso letterale la magrezza, segno di denutrizione e di fame, esprime la bramosia con che le cagne cacciano, confermata da studiose, che dice come intentamente mirassero alla preda ". Meno persuasivo il Venturi: " cupidi di novità per avvantaggiarsi ".