Vedi STUPA dell'anno: 1966 - 1997
STŪPA (sanscrito: sūpa; pracrito: thūpa)
Monumento religioso buddista e jainista, originario dell'India, che incontrò vasta diffusione nell'Asia. La forma dell'edificio deriva da quella del tumulo funerario, di cui si sono conservate nel monumento sia la struttura cupoliforme che la tradizione del recinto. In origine lo s. consisteva in una costruzione di pietra, internamente piena, formata da una struttura emisferica impostata su un basamento entro il quale erano deposte le sacre reliquie.
Il tipo architettonico, che si definì in territorio indiano nei secoli III-I a. C., si componeva di una costruzione compatta di mattoni e di pietra, che consisteva in una o più piattaforme circolari o quadrate, che erano di raccordo ad un corpo cupolare (anda, o vòlta celeste). Questo era sormontato da un ripiano con balconata di pietra (harmikā; o montagna cosmica), che recingeva il simbolico pilastro coronato di dischi o parasoli circolari (chattravali o cielo). Il terreno consacrato allo s. era uno spiazzo perimetrale, adibito ad ambulacro, delimitato all'esterno da un'alta balaustra (vedikā), che rappresentava la traduzione in pietra di un primitivo steccato posto di recinto al tumulo. La balaustra era composta di pilastri (thaba) e di traverse ad incastro (suci); in corrispondenza dei punti cardinali si apriva con i pilastri leonini (stambha) ed i portali (torana). Questi si componevano di due pilastri sormontati da capitelli, sui quali poggiavano gli architravi che erano leggermente ondulati. Il sistema di trabeazione derivava visibilmente dalle tecniche dell'architettura lignea. Portali e balaustre erano generalmente ornati di sculture a tutto tondo e a bassorilievo, che illustravano episodî della tradizione buddista e credenze dell'antica religiosità indigena assimilata al buddismo. Sui portali erano spesso scolpite le immagini di divinità tutelari; lungo le balaustre i bassorilievi commemoravano scene delle vite anteriori del Buddha (jātaka) ed episodî della sua ultima esistenza terrena. Gli stessi temi erano talora raffigurati sulle pareti esterne degli s., sulle quali si aggiunsero successivamente cappelle votive che accolsero statue del Buddha, dei Bodhìsattva e di altre divinità. Essenzialmente all'antico schema architettonico si ricollegano gli s. di Bharhut e di Sanchi (v.), il Dharmarajika di Taxila (v.) ed i grandi s. o dagoba (v.) di Anuradhapura a Ceylon (v.).
Lo s. ebbe verosimilmente alle origini carattere funerario; ma fu solo in qualità di reliquiario jainista che divenne un monumento commemorativo, oggetto di venerazione e luogo di offerte da parte dei fedeli. Furono edificati s. in tutti i luoghi sacri al buddismo, divenuti mete di pellegrinaggi. Il rito della circumambulazione (pradaksinā), che i fedeli compivano anche a scopo di edificazione, consisteva nel fare un giro intorno allo s., entro lo spazio appositamente riservato, tenendo il monumento alla propria destra. Inteso a rappresentare simbolicamente il Buddha, lo s. trovò anche posto nei templi. Furono costruiti o scolpiti s. di tutte le dimensioni, e al monumento fu anche attribuito un significato cosmologico, in quanto rappresentazione simbolica dell'universo. In questo senso il pilastro centrale dello s. avrebbe rappresentato l'asse del mondo, mentre la cupola sarebbe stata l'equivalente della vòlta celeste che sovrasta la montanga cosmica.
Nei primi secoli dell'èra cristiana lo s. subì nelle diverse regioni del subcontinente indiano modifiche strutturali notevoli. Alcune riguardavano il corpo dell'edificio, che fu realizzato in forme sempre più slanciate inserendo spesso tra la cupola e il basamento un alto tamburo cilindrico che poggiava su una o più piattaforme quadrate. Le superfici esterne del tamburo erano spesso decorate da fasce di bassorilievi e da nicchie che contenevano statue o s. in miniatura. Furono allungati i pinnacoli posti sulla sommità dell'edificio ed aumentato il numero dei parasoli circolari. Queste caratteristiche si ritrovano sia negli s. della regione del Gandhāra che a Mathura e ad Amaravati. Nel Gandhāra, ove questi edifici raggiunsero talora forme veramente monumentali, una delle particolarità più distintive fu quella di costruire intorno al monumento principale altri s. di dimensioni minori. Uno dei più celebri edifici di questa regione era il cosiddetto s. di Kanishka, sito a Peshawar. Tra le innovazioni principali che invece la scuola di Amaravati introdusse tra i sec. II-IV d. C. nell'architettura degli s. fu la sostituzione dei torana con un prolungamento della balaustrata ai lati degli ingressi e la costruzione di fronte a questi di un avancorpo di forma rettangolare aggettante dal corpo dello s. e fornito di un numero di pilastri (aryaka), su cui erano raffigurati simboli buddisti.
Fuori dell'India, l'area di diffusione dello s. fu molto vasta, e l'evoluzione architettonica del monumento implicò un processo di più secoli durante i quali esso acquisì caratteristiche proprie nelle diverse regioni.
Nell'Estremo Oriente, in tutta l'area di influenza culturale cinese, lo s. appare sotto una trasformazione radicale. Equivalente simbolico dello s. si deve infatti considerare la pagoda, il cui nome cinese t'a rappresenta probabilmente la trascrizione fonetica della voce pracrita per stūpa. E comunque certo che le prime pagode cinesi, che risalgono al periodo T'ang (618-907), si ispirarono direttamente a modelli stranieri e probabilmente indiani. La "grande pagoda delle oche" costruita su suggerimento del celebre pellegrino Hsüan Tsang nelle vicinanze dell'odierna Hsian sembra sia stata progettata su un modello esistente nell'India.
Bibl.: G. Combaz, L'Évolution du stûpa en Asie. Mélanges chinois et bouddhiques, Bruxelles, II, 1933; III, 1934; IV, 1935-36; J. Przyluski, The Harmikâ and the Origin of Buddhist Stûpas, in The Indian Historical Quarterly, XI, 1935; J. Buhot, Notes d'architecture bouddhique: I: stûpa et pagode: une hypothèse, in Revue des Arts Asiatiques, XI-IV, 1937; M. Bénisti, Étude sur le stûpa dans l'Inde ancienne, in Bullettin de l'École Française d'Extrême-Orient, L, 1960; A. Bareau, La construction et le culte des stûpa d'après les Vinayapiṭaka, in Bulletin de l'École Française d'Extrême-Orient, L, 1962.