Vedi SUBIACO dell'anno: 1966 - 1997
SUBIACO (v. vol. VII, p. 537)
La località deve la sua importanza archeologica alla grande villa fatta costruire da Nerone lungo l'Aniene, ma alcune testimonianze epigrafiche attestano che la zona doveva essere già ricca di insediamenti in età repubblicana (CIL, XIV, 3460); inoltre l'individuazione, avvenuta in tempi recenti, di un muro costruito a secco in grossi blocchi di calcare, sembra confermare l'ipotesi del Nibby che S. fosse stata un'antica città degli Equi. L'antica Via Sublacensis, ricalcata grosso modo dalla strada moderna, si teneva alla destra del fiume, ma presso il Ponte della Cartiera passava sulla sinistra, come si deduce dalla recente individuazione del tracciato antico, ricostruibile per un lungo tratto. L'originalità dell'impianto della villa di Nerone, di cui sono stati finora individuati cinque nuclei, tre sulla destra e due sulla sinistra del fiume, è dovuta in gran parte al paesaggio selvaggio e boscoso dell'alta valle dell'Aniene, scelto da Nerone per la possibilità che lasciava di creare laghi, cascate e giochi d'acqua; non è escluso che tale decisione fosse in parte influenzata dalla prescrizione di bagni freddi fatta all'imperatore dal medico Charmis (Plin., Nat. hist., xxix, 10). Anche se ignoriamo i nomi degli architetti del complesso, il fantasioso alternarsi di dighe, padiglioni a terrazze, tagli nella roccia, rimaṇḍa inevitabilmente a Severo e Celere, dei quali Tacito ci informa che «quae natura denegavisset, per artem temptare» (Ann., XV, 42).
Dopo i saggi degli anni '50 in località Pianello, nuove indagini, condotte dalla Soprintendenza Archeologica del Lazio alla destra del fiume in località Sorricella (1982), hanno accertato l'esistenza di sedici ambienti (alcuni conservati solo a livello di fondazione), e definito il limite di questa parte della costruzione verso l'Aniene. Le strutture erano almeno su due livelli: una scala, di cui non resta nulla, conduceva ai piani superiori. Tutti gli ambienti, in opera reticolata di calcare locale con ammorsa- ture in blocchetti di tufo, erano privi dei pavimenti originari, asportati in epoca medievale. La tipologia e la disposizione dei locali, la presenza di rivestimenti di signi- no e di fori per il deflusso delle acque, attestano che questo settore della villa neroniana era destinato, almeno in parte, a impianti di distribuzione idrica. I materiali dello scavo, inoltre, hanno permesso di attribuire alcune parti della costruzione a età successiva, probabilmente a Traiano, che operò attivamente nella zona, spostando più a monte la presa dell'Anio Novus (Frontin., Aq., 93) e restaurando la Via Sublacensis (CIL, IX, 5971). A questo imperatore è comunemente attribuita anche la grande villa che sorge a pochi chilometri di distanza da S. sugli altipiani di Arcinazzo (vedi oltre).
Appartengono a una fase ancora più tarda alcune chiusure di muri, operate per creare piccoli ambienti isolati, probabilmente vasche. I ricchi materiali marmorei della villa, conservati nel monastero di S. Scolastica, sono un utile documento delle sue fasi di vita. Oltre ai bellissimi capitelli di età neroniana e traianoadrianea, due sarcofagi in marmo greco di età antonina e altri esemplari strigliati, di poco posteriori, sono un'ulteriore conferma del fatto che nel II-III sec. d.C. la villa continuava a essere
in funzione. Il restauro della Via Sublacensis sotto Costantino e Valentiniano e la menzione di Sublaqueum nella Tabula Peutingeriana attestano che ancora nel basso impero S. era un centro importante. I primordi cristiani nella zona, oltre che da un cippo graffito con croce latina ansata, del II sec. d.C., sono stati definitivamente chiariti dalla scoperta, nei primi anni '60, di due catacombe con graffiti di fine ΙΙΙ-inizî IV sec., rinvenute alla sinistra dell'Aniene in località Surriva, vicino al nucleo C della villa neroniana, trasformatosi in borgo in epoca tarda. I dati archeologici confermano, inoltre, la tradizione secondo cui S. Benedetto fondò il primo monastero benedettino sul nucleo A della villa neroniana, dove alcune aggiunte e rifacimenti si possono datare al VI sec. d.C. Il Chronicon sublacense ci informa che questo primo monastero benedettino sopravvisse fino al XIII sec., quando fu distrutto da un terremoto che segnò anche l'inizio dei saccheggi. I marmi neroniani del monastero furono dispersi e in parte utilizzati per la costruzione dell'Abbazia di S. Scolastica, dove ancor oggi si vedono, usati un po' ovunque.
In stretta relazione con la villa di Nerone è da considerare la dimora imperiale degli altipiani di Arcinazzo (v. s 1970, p. 74), alle falde dei monti Simbruini, a soli 15 km di distanza da Subiaco. Estesa su una superficie di c.a 9 ha, fu scavata a più riprese: prima dai Barberini e dai Colonna, poi da G. Corradi e G. B. Visconti per conto di Pio VI nella seconda metà del '700; infine scavi più sistematici furono effettuati alla metà degli anni '50 con i cantieri-scuola gestiti dal comune di Arcinazzo. Le indagini più recenti (1981-82), condotte dalla Soprintendenza Archeologica per il Lazio, hanno confermato che la villa ha una struttura «a terrazze», di cui finora sono stati rimessi in luce due muri di contenimento paralleli tra loro: il primo, più in basso, è in opera reticolata e mista, con pilastri di rinforzo in opera vittata. L'altro, molto più rovinato, è in opera reticolata e nella parte inferiore, tra i pilastri, forma nicchie semicircolari con probabile funzione di ninfei. Gli scavi, condotti finora solo sulla prima terrazza, hanno rimesso in luce parte di un peristilio, chiuso sul lato E da un corridoio, un ninfeo semicircolare a nicchie, con ricca decorazione marmorea, a O del quale è visibile la parte superiore di una galleria (forse un criptoportico) e alcuni ambienti di servizio, con semplici pavimenti in laterizio.
Uno stretto corridoio, che doveva essere riccamente decorato e di cui resta parte della pavimentazione marmorea, separava questa zona più modesta da quella residenziale vera e propria, costituita dall'atrio e, sullo stesso allineamento, da una grande sala rettangolare con nicchie contrapposte sui lati lunghi, con pavimenti di marmi intarsiati e pareti ricoperte da un alto zoccolo marmoreo e da intonaci dipinti. I soffitti, di fattura raffinatissima, erano di stucco dorato. Nelle fonti antiche non si trova menzione della villa di Arcinazzo, che è comunemente ritenuta di Traiano in base al rinvenimento di alcune fistulae acquarie con il nome dell'imperatore e del suo liberto Hebrus, trovate alla fine dell'Ottocento nei pressi della villa (CIL, XV, 7893a-b; 7894; 3447). In realtà, considerando l'intensa attività edilizia svolta da Traiano nella zona di S. e il suo amore per la montagna e la caccia, riferito da Plinio il Giovane (Paneg., 81, 1-3) e da Dione Cassio (LXVIII, 7, 3-4), tale identificazione sembra avere validi motivi di sostegno, confermati dallo studio delle strutture edilizie e dalla decorazione marmorea (Lissi, 1960). La datazione traianea è stata recentemente messa in discussione (Tornei, 1985), dopo che gli ultimi scavi hanno fornito elementi (bolli laterizi, stucchi e intonaci di età neroniano-flavia) che spingono ad anticipare la fase di impianto della villa. Infatti i dati raccolti, per quanto ancora incompleti, fanno ritenere che la costruzione, terminata o ristrutturata sotto Traiano, fosse opera di Nerone, che la progettò come un nucleo separato, da usarsi durante le battute di caccia, del grande palazzo di Subiaco. Una conferma dell'impianto neroniano della villa ci viene anche dalla tradizione popolare e dalla toponomastica: infatti i ruderi di Arcinazzo sono sempre stati indicati come «Palazzo di Nerone». Così li nominano sia il Nibby sia il Lanciani, e ancor oggi, sui vecchi fogli catastali, la zona intorno alla cisterna che riforniva di acqua la villa, sulla collina retrostante, è detta «Bagni di Nerone».
Bibl.: M. Leppert, 23 Kaiservillen. Vorarbeiten zur Archäologie und Kulturgeschichte der Villegiatur der hohen Kaiserzeit (diss.), Friburgo 1974; A. Guidi, Subiaco. La Collezione Ceselli nel monastero di Santa Scolastica. Materiali delle età del bronzo e del ferro, Roma 1980; M. Orlandi, L'epoca preromana a Subiaco, in II Sacro Speco, s.l. 1982-83 pp. 1-16; id., Origini di Subiaco e sue vicende storiche, in II Convento di S. Francesco in Subiaco, Subiaco 1984, pp. 57-61; M. A. Tornei, La villa di Nerone a Subiaco. Scavi e ricerche, in Archeologia Laziale VI (QuadAEI, 8), Roma 1984, pp. 250-259; ead., Subiaco. La Collezione Ceselli nel monastero di S. Scolastica. Materiali di età romana [Subiaco] 1989; M. G. Fiore Cavaliere (ed.), Sublaqueum-Subiaco. Tra Nerone e S. Benedetto, Roma 1994. - Per i sarcofagi conservati nel Monastero di S. Scolastica: F. Matz, Die dionysischen Sarkophage, II, Berlino 1968, p. 194, n. 78; Β. Andreae, Die antiken Sarkophagreliefs, II. Die römischen Jagdsarkophage, II, Berlino 1980, p. 40 ss., tav. VI, 5. - Sulla cristianizzazione dell'area e sulle catacombe: C. Rivera, Per la storia dei precursori di S. Benedetto nella provincia Valeria, in Convegno storico di Montecassino, Roma 1932, p. 25 ss.; L. Gasperini, Le più antiche memorie cristiane di Subiaco, Subiaco 1963, p. 57 ss. - Arcinazzo: E. Lissi, Altipiani di Arcinazzo. Campagne di scavo nell'area della villa detta di Traiano, in NSc, 1960, p. 393 ss. (con confronti e bibl. prec.); M. Leppert, 23 Kaiservillen..., cit., p. 414; R. Lanciani, L'antica Roma, Bari 19812, p. 214 ss; M. A. Tornei, La villa detta di Traiano ad Arcinazzo, in Archeologia Laziale VII (QuaAEI, 11), Roma 1985, p. 178-184; L. Cesa, Altipiani di Arcinazzo. La villa imperiale, Roma 1987.