subprime
<sḁbpràim> s. ingl., usato in it. al masch. – Riferito al mercato dei mutui, è il prestito immobiliare che, nel contesto finanziario statunitense, viene concesso al prenditore che non può godere delle condizioni migliori, quelle riservate alla clientela primaria. È un prestito che comporta un elevato rischio per il creditore perché il soggetto a cui viene concesso è caratterizzato da una limitata capacità di rimborsare puntualmente quanto ricevuto. Il prefisso sub- fa proprio riferimento alla condizione non ideale (prime), in merito al maggior grado di rischio implicito nel suddetto rapporto creditizio. Il mutuatario ha un passato contraddistinto da rate scadute non rimborsate, procedimenti di espropriazione forzata o bancarotta, elevata probabilità di default con un rischio di credito, misurato in base alla scala FICO (Fair Isaac corporation ) compresa tra 350 e 850, inferiore a 620 punti. A fronte del maggior rischio, il mutuo s. è gravato da un tasso d’interesse più elevato e da maggiori oneri. Malgrado l’elevata rischiosità implicita, il mercato dei mutui s. ha conosciuto una crescita molto sostenuta incentivata dalla concomitanza di diversi fattori. Per gli intermediari, la spinta a elargire mutui a prenditori sempre più rischiosi è stata favorita sia dalla politica monetaria particolarmente espansiva adottata dalla Federal reserve sia dalla possibilità di trasferire il connesso rischio di credito sul mercato finanziario, tramite operazioni di e prodotti finanziari strutturati. La cessione del rischio apportava inoltre nuova liquidità utilizzabile per concedere nuovi mutui. Per i mutuatari hanno agito invece sia le condizioni più favorevoli di accesso al credito, sia il valore crescente degli immobili e le attese di realizzare un investimento vantaggioso. I prestiti s. includevano infatti clausole che forzavano il debitore a chiedere il rifinanziamento del prestito dopo 2 o 3 anni dalla stipula del contratto. Alla data di rinnovo, i contratti prevedevano un forte aumento dei tassi, che nella maggioranza dei casi non poteva essere sostenuto dai prenditori, generalmente persone a basso reddito. Il rinnovo, pertanto, poteva avvenire solo se i prezzi delle abitazioni fossero fortemente saliti, perché ciò avrebbe consentito ai debitori di ottenere guadagni in conto capitale e alle banche un aumento del valore dell’abitazione posta in garanzia. Questo meccanismo contrattuale ha favorito la diffusione dei prestiti e la conseguente formazione della bolla speculativa dei prezzi delle case, ma ha operato in senso inverso quando questi ultimi hanno cominciato a scendere. Quando, a partire da giugno del 2007 in seguito al rialzo dei tassi di interesse e a un lieve rallentamento dell’economia, un numero crescente di debitori non riuscì più a pagare le rate dei mutui, l’intero meccanismo saltò dando vita a una crisi che travolse, dall’estate 2008, banche, istituti finanziari e agenzie di rating e si diffuse rapidamente dagli Stati Uniti ai paesi industrializzati, attraverso l’effetto di contagio prodotto dai mutui s. cartolarizzati detenuti nel portafoglio delle grandi banche e delle istituzioni finanziarie che operavano in quei mercati, innescando in tal modo una crisi finanziaria globale senza precedenti.