suggello (sigillo)
La forma ‛ suggello ' e la forma dotta ‛ sigillo ' sono, negli stessi luoghi, alternate nella tradizione manoscritta: si veda in particolare Pd XI 93 e XXVII 52.
Il termine indica lo strumento, opportunamente inciso in incavo su una delle facce, che, applicato sulla cera o altra materia duttile, lascia in essa un'impronta in rilievo; cfr. la figura di sigillo (Pd XXVII 52) di cui parla s. Pietro, a proposito della quale si vedano le Chiose Vernon: " E ancora non mi credetti essere scolpito in suggiello il quale avesse a suggiellare i privilegi venduti e barattati tutto il dì come si fà; e per questo io arrossisco "; di qui s. passa a indicare l'impronta fissata su di un documento (cfr. Buti: " nella bolla del papa dall'una parte è figura delle teste di san Piero e san Paulo ") e quindi, per metonimia, ciò che il s., in quanto segno, significa: così in Pd XI 93 primo sigillo è la " prima confermazione della sua [cioè di s. Francesco] regola con il privilegio confermato e suggellato colla bolla papale " (Buti); al v. 107 s. vale " segno ": s. Francesco da Cristo prese l'ultimo sigillo, " cioè le stimate della sua passione. ‛ Stigma ' è vocabulo di Grammatica che significa ‛ suggello ', segno e impressione di nobiltà, lo quale Cristo volse donare a santo Francesco in segno ch'elli era vero suo seguitatore " (Buti). S. è in genere segno di autorità e garanzia di autenticità di un documento.
In senso proprio, il termine ricorre in Pg XXXIII 79 Sì come cera da suggello, / che la figura impressa non tramuta, / segnato è or da voi lo mio cervello, dove la similitudine tende a manifestare con quanta fedeltà D. conservi impresse nella memoria le parole rivoltegli da Beatrice.
In senso traslato, spesso in connessione con la metafora della cera (v.), s. ricorre in relazione alla dottrina secondo la quale Dio imprime le forme nel mondo sublunare mediante i cieli, che sono strumenti e organi delle Intelligenze motrici. Una chiara illustrazione del valore della metafora è data dalla chiosa del Buti a Pd II 132 ('l ciel cui tanti lumi fanno bello, / de la mente profonda che lui volve / prende l'image e fassene suggello); il cielo Stellato " piglia [dall'Intelligenza angelica] la virtù in lui improntata, come s'impronta l'immagine sculta nella cera ", e fassene suggello, " imperò che esso impronta poi la virtù improntata in lui nelle cose inferiori, secondo la sua potenzia ". Altri esempi in VIII 127 La circular natura, ch'è suggello / a la cera mortal, fa ben sua arte: i cieli, o natura (v.) universale, fungono da s. nei riguardi del mondo contingente, imprimendo in esso la loro impronta (cfr. I 41-42); in XIII 75 la luce del suggel è propriamente lo splendore dell'idea archetipa contenuta nel Verbo, e quindi lo splendore del Verbo stesso (v. 53), che riluce tutto quando la materia è meglio disposta e i cieli, attraverso i quali Dio opera, sono nella migliore congiunzione (cfr. Cv IV XXI 7).
In Detto 91 I' dico, signo ri' ha / chi porta su' suggello (in rima equivoca con l'omografa voce di ‛ suggellare '), s. è l'impronta lasciata da Amore nell'animo dell'amante.
Due passi sono particolarmente discussi dai commentatori. Nel cielo di Marte il canto dei beati colma di tanta dolcezza l'animo di D., da indurlo a confessare che, fino a quel momento, nulla in cielo lo aveva avvinto con legami altrettanto soavi; né quest'ammissione, aggiunge il poeta, significa posporre al piacere di quel canto quello che gli proviene dagli occhi di Beatrice: chi s'avvede che i vivi suggelli / d'ogne bellezza più fanno più suso, / e ch'io non m'era lì rivolto a quelli, / escusar puommi di quel ch'io m'accuso (Pd XIV 133). L'interpretazione più attendibile del passo sembra quella propugnata dal Torraca e dallo Steiner, per i quali i vivi suggelli / d'ogne bellezza sono gli occhi di Beatrice, che operano con intensità via via più crescente quanto più si sale in cielo. Altri (Scartazzini-Vandelli, Casini-Barbi, Porena) intendono per vivi suggelli i cieli, e il Barbi (Problemi I 288) gli spiriti beati, in cui " lo splendore divino s'impronta e si manifesta più o meno secondo la grazia e il merito ". Che l'espressione riuscisse non chiara già ai commentatori trecenteschi è dimostrato dal fatto che l'Ottimo accenna all'interpretazione poi sostenuta dal Barbi e che Benvenuto elenca tutte e tre le spiegazioni qui riportate.
Per render conto dell'ampiezza e forma dei pozzetti entro cui sono puniti i simoniaci, D. li dichiara simili a quelli esistenti nel battistero fiorentino, l'uno dei quali egli, qualche anno prima, aveva dovuto rompere per salvare una persona che vi era caduta dentro; il ricordo di questa vicenda personale si conclude con la perentoria affermazione e questo sia suggel ch'ogn'omo sganni (If XIX 21). Non occorre qui richiamare i molteplici problemi offerti all'esegesi da tutto il passo (per un'esauriente disamina, v. Pagliaro, Ulisse 292-302; e v. BATTEZZATORI); sarà sufficiente accennare a quelli che si collegano alle diverse accezioni attribuite a suggel.
La maggior parte dei commentatori, attenendosi alla chiosa di Benvenuto, danno al termine il valore di " prova ", " attestazione " e ritengono che D. abbia voluto confutare l'accusa di empietà suscitata dal suo gesto. Ma non sono mancate sin dall'antichità altre interpretazioni: così, Pietro riferisce questo all'uomo che era stato salvato, in quanto come " testimonio " (sarebbe questo il significato di suggel) poteva attestare la verità; secondo l'interpretazione del Lana, di Guido da Pisa e del Serravalle, D. avrebbe mirato a rivendicare a sé stesso la paternità della Commedia (sicché suggel sarebbe assunto con un'accezione analoga a quella del nostro " marchio ", " contrassegno "); il Bambaglioli (poi ripreso dal Castelvetro) dà al vocabolo il valore di " immagine ": per lui la narrazione tenderebbe solo a sottolineare l'identità della forma tra le buche dei simoniaci e i pozzetti del battistero (quasi questi fossero, per così dire, " la riproduzione ", " la copia " di quelli).
Per lo Spitzer (An autobiographical Incident in Inferno XIX, in " The Romanic Review " XXXIV [1943] 248 ss.), D. ha voluto porre in risalto il contrasto fra la situazione di un uomo caduto occasionalmente in un pozzo, e salvato da un altro uomo, e il destino dei simoniaci, per i quali non ci può essere né pietà né salvezza. Anche per questo studioso suggel significherebbe quindi " immagine ", ma tutto il verso avrebbe un valore ben più espressivo di quello proposto dal Bambaglioli: e questo sia " immagine ", " ammonimento " che distolga gli uomini dal peccato di simonia.
È ritornato invece a suggel con valore di " sigillo " il Pagliaro, già citato.