SULAIMAN (o Suleiman) DAGH (A. T., 93-94)
Catena di alte montagne, aventi una direzione N.-S., tra 30° e 32° di lat. N. e lungo il 70° di long. E., poste presso la frontiera nord-occidentale dell'India, quasi a guardia della pianura dell'Indo, verso la quale presentano versanti molto inclinati, a guisa di bastione inaccessibile. Formate per la massima parte di terreni calcarei (Mesozoico superiore e Cenozoico), sono limitate a N. dalla valle del fiume Gomal e formano verso S. due catene distinte che, dopo aver costituito per oltre 300 km. ma barriera per chi voglia recarsi dall'India nell'Afghānistān, si confondono con i rilievi del Belūcistān. La catena occidentale culmina a N. nel Kaisargarh (m. 3450), mentre quella orientale raggiunge la massima altezza un poco più a S. col Tacht i Sulaiman (in persiano: Trono di Salomone; metri 3375), cima visitata da pellegrini, data la credenza che in essa abbia trovato rifugio l'arca di Noè. La sommità è stata visitata la prima volta nel 1883 da T. H. Holdich. Tra le due catene vi è un altipiano calcareo alto 300 m., con qualche conifera, ma nell'insieme assai arido data la mancanza d'acqua, sovrastato da cime erte e nude. Il pendio aumenta da occidente a oriente, interrotto solo dalle gole dei torrenti, caldissime d'estate, percorse da acque impetuose all'epoca delle piogge; verso la pianura questi corsi d'acqua temporanei sboccano con giganteschi coni di deiezione, formati da materie grossolane. La popolazione, composta da Beluci, è molto scarsa, salvo nella parte meridionale, dove le terrazze e gli altipiani che s'interpongono tra le catene permettono qualche coltura.
Bibl.: T. H. Holdich, Geographical results of the Afghan Boundary Commission, in Proceedings of the R. Geogr. Society, 1885.