sulfanilurea
Farmaco utilizzato come ipoglicemizzante orale. Le s. sono indicate nei soggetti affetti da diabete di tipo 2 per il controllo della glicemia a digiuno. Vengono impiegate sia in monoterapia che in associazione con altri ipoglicemizzanti orali o insulina. Chimicamente sono derivati ammidici dell’acido benzensolfonico. Si classificano in s. di prima generazione (acetoesamide, tolbutamide, tolazamide, clorpropamide) e in s. di seconda generazione (glibenclamide, gliclazide, glipizide, glimepride), più potenti ed efficaci delle precedenti.
Dal punto di visto biochimico, le s. bloccano i canali del potassio ATP sensibili, presenti sulle cellule beta del pancreas, inducendo una depolarizzazione della membrana; questo provoca l’apertura dei canali del calcio voltaggio-dipendenti, con conseguente ingresso del calcio che stimola la secrezione dell’insulina. La loro azione, quindi, dipende dalla presenza dell’insulina e per questo motivo sono efficaci solo nel diabete di tipo 2. In realtà le azioni cliniche delle s. sono più complesse e non ben spiegate. Dopo i primi mesi, la somministrazione di s. non provoca aumento dell’insulina, ma la glicemia comunque tende a diminuire. Probabilmente, questo è possibile perché le s. incrementano anche la sensibilità tissutale all’ormone, con meccanismi non ancora del tutto chiariti.
Effetti collaterali tipici sono l’ipoglicemia, soprattutto se l’alimentazione e l’attività fisica sono irregolari, e l’aumento del peso. La gravità dell’ipoglicemia è direttamente proporzionale al tempo di emivita delle sulfaniluree. L’associazione con etanolo può determinare due effetti: una reazione del tipo disulfiram e un potenziamento dell’ipoglicemia. Le s. non devono essere usate nel paziente con grave disfunzione epatica o renale e in gravidanza. Si legano fortemente alle proteine plasmatiche e, quindi, occorre prestare attenzione alla somministrazione contemporanea di altri farmaci che, spostandole da tale legame, possono provocare gravi crisi ipoglicemiche. In passato, si è discusso molto sui dati di un vecchio studio che mostrava una più alta mortalità nei pazienti trattati con s. rispetto a quelli trattati con insulina; studi più recenti hanno dimostrato che questo rischio non sussiste.