Vedi SULMONA dell'anno: 1966 - 1997
SULMONA (Sulmo)
Situata presso l'estremità meridionale della valle abitata dai Peligni, sopra un pianoro delimitato dal fiume Gizio e dal torrente Vella confluenti a N dell'abitato, S. fu insieme con Corfinium e Superaequum uno dei centri principali di quella popolazione (Ovid., Am., ii, 16) ed è oggi notevole centro in provincia dell'Aquila (Abruzzo). Vi nacque nel 43 a. C. il poeta Ovidio.
Era attraversata dalla strada che collegava la via Claudia Valeria con Beneventum; distava 90 miglia da Roma e 7 da Corfinium (Caes., Bell. Civ., i, 18). La ricordano Ptoloni., iii, 1; Strab., v, 241; Plin., Nat. hist., iii, 106; il Liber Coloniar., 229, 260 L; e gli Itinerari.
Mitico fondatore fu detto il frigio Solymus, venuto in Italia con Enea (Ovid., Fasti, iv, 79-81; Sil. It., ix, 70-76). Nel 304 a. C. i Peligni strinsero un patto di amicizia con Roma (Liv., ix, 45; Diod., xx, 101), ma il primo ricordo della città si riferisce al periodo della seconda guerra punica (Liv., xxvi, 11; Si1. It., viii, 510). Nel 90 a. C. partecipò alla guerra sociale (Ovid., Am., iii, 15, 9); è incerto se l'ordine di distruzione emanato da Silla (Flor., iii, 21, 28) si riferisse a S. oppure alla omonima città dei Volsci (Plin., Nat. hist., iii, 68). Durante la guerra civile parteggiò per Pompeo ed accolse entro le sue mura l'esercito di Domizio (Cic., ad Att., viii, 4; 12 A; Oros., vi, 15, 4). Dopo la guerra sociale ebbe ordinamento municipale e gli abitanti furono assegnati alla tribù Sergia.
Dell'insediamento peligno non restano tracce entro la città; dalla dislocazione delle necropoli si può arguire che la popolazione, a base economica eminentemente agricola, dovesse essere distribuita entro numerosi pagi in tutto il territorio circostante. Negli ultimi secoli della Repubblica S. acquistò importanza rispetto agli abitati viciniori per la sua ubicazione sulla strada che conduceva nel Sannio.
Nella disposizione ortogonale del reticolato stradale medievale, al centro dell'abitato moderno, dobbiamo riconoscere lo schema planimetrico della città romana. Di due strade è documentata la corrispondenza al tracciato antico, della via Ciofano ove si è visto un lungo tratto di basolato largo m 6, e della via Carrese nel tratto parallelo alla via Peligua. Sul lato N-O il perimetro dell'abitato doveva corrispondere alla via di Porta Romana ed alla sua prosecuzione, poiché subito oltre si rinvengono sepolture romane; dalla parte opposta il limite è segnato probabilmente dall'estremità N-O della piazza del Mercato ove il corso Ovidio muta orientamento; sugli altri due lati la città doveva estendersi fino alle vie Quatrario e di Circonvallazione Orientale. S. aveva quindi una cinta muraria con perimetro quasi quadrato dai lati lunghi circa m 400; la sua estensione limitata trova conferma in Ovidio (Am., iii, 15, 12): moenia quae campi iugera pauca tenent.
Il reticolato stradale si componeva di almeno sei vie nei due sensi. Il corso Ovidio costituiva la strada di attraversamento del centro e proseguiva a S in direzione di Templum Iovis Lareni (presso Cansano) distante 7 miglia, la prima mansio sulla via di Beneventum.
Dell'abitato romano si sono scoperte occasionalmente molte tracce, resti cospicui sotto le gradinate del Palazzo dell'Annunziata e vicino agli archi dell'acquedotto medievale presso la Fontana del Vecchio (tempio?); fuori di Porta Napoli un acquedotto che convogliava le acque del Gizio.
In un manoscritto del XVII sec. conservato nella Biblioteca Comunale (E. De Mattheis, Historia dei Peligni) sono descritti i resti di un teatro e di un anfiteatro visti nel settore N della città. Il sito dell'anfiteatro può essere forse localizzato tra le vie Innocenzo VII e Solimo che delimitano un'area ellittica ai margini della S. romana.
Sono noti, mediante la documentazione epigrafica peligna e latina di S. e del suo territorio, i culti dei Dioscuri, di Minerva, Angizia, Venere, Cerere, Iside e di Ercole Curino.
Murati in edifici moderni restano due rilievi con rappresentazione di scene di caccia; nel Museo Civico si conserva tra l'altro un rilievo con scena pastorale (v. E. A. A., ii, fig. 1090).
Santuario di Ercole Curino. - Sulle pendici del M. Morrone, presso la Badia del S. Spirito a circa 5 km a N della città, restano i ruderi di un grande santuario a terrazze. Per la sua mole l'edificio è rimasto parzialmente sempre in vista e ne abbiamo memoria in una pergamena del 1286 in cui si fa riferimento ad alcune gruttas. Il nome "poteche di Ovidio" gli deriva dalla tradizione medievale e umanistica che lo aveva connesso con il ricordo del poeta sulmonese. Si deve alle recentissime ricerche (Cianfarani) il riconoscimento della natura cultuale del monumento. Una serie di graffiti su intonaci e di iscrizioni su donarî hanno rivelato la sua attribuzione ad Ercole Curino.
Il complesso si articola in due terrazzamenti artificiali che si affacciano a S-O, con gli assi longitudinali orientati da N-O verso S-E ove convergono leggermente. Il terrazzo superiore, più antico, è addossato alla parete rocciosa digradante ripidamente ed è sostenuto da un muraglione in opera poligonale alto m 4,25. Sul ripiano, appoggiato al muro posteriore è un piccolo ϑησαυρός entro il quale si sono rinvenuti i doni votivi con le relative basi; all'esterno dinanzi l'ingresso era un'ara votiva in bronzo. Il vero e proprio luogo di culto può essere forse riconosciuto in un ambiente situato all'estremità N-O del terrazzo; doveva costituire il primo piccolo nucleo di tutto il santuario ed aveva sostruzioni in opera poligonale di fattura diversa dal resto del muraglione.
Di dimensioni maggiori è il terrazzo inferiore, in struttura cementizia ed impostato secondo gli schemi architettonici dei santuarî laziali del I sec. a. C. Si eleva frontalmente per m 13,70 ed era parzialmente impostato su di una serie di ambienti a vòlta. Vi si accedeva lateralmente da due ingressi contrapposti che immettevano in un'area porticata su almeno tre lati. Il collegamento con la zona superiore è stato creato a S-E dell'edificio mediante una ampia gradinata suddivisa in due rampe separate da un piazzale lastricato. Due scalette davano accesso al piano su cui si innalzavano le 14 celle arnneate, alte m 5,50 con copertura a vòlta e che si aprivano con una serie di arcate sulla fronte dell'edificio. Le murature sono rivestite con paramenti in opera incerta; la grande parete frontale è suddivisa in 13 zone orizzontali leggermente rientranti con rivestimento di opera incerta alla base ed alla sommità, di opera reticolata nella parte intermedia.
Il grande ampliamento del santuario deve essere avvenuto in un momento posteriore alla guerra sociale, nella prima metà del I sec. a. C., quando si è voluto conferire dignità ad un luogo di culto estremamente modesto. Fu investito e parzialmente sepolto da una frana non prima del II sec. d. C. I ruderi del piccolo edificio situato a S-E del piazzale lastricato sono di epoca medievale. Non restano tracce delle vie di accesso al santuario, ma abbiamo una notizia del 1874 quando "a sinistra della Villa d'Ovidio" si scoprirono 37 gradini che dovevano fare parte di una delle due rampe laterali che dal piano della vallata conducevano all'edificio.
Tra i doni votivi: una piccola statua bronzea di Ercole in riposo, del tipo Farnese, un'altra marmorea di Hercules Cubans, dedicata dallo scalptor statuarius L. Albius Eros, e statuine bronzee di Ercole di tipo italico.
Bibl.: F. A. De Sanctis, Notizie storiche e topografiche della città di Sulmona, Napoli 1796; I. Di Pietro, Memorie storiche della città di Sulmona, Napoli 1805; Th. Mommsen, in Hermes, XVII, 1882, p. 42; H. Nissen, Italische Landeskunde, II, Berlino 1902, p. 449 s.; A. De Nino, Saggio archeologico sulla ubicazione di alcuni oppidi..., Sulmona 1905; G. Pansa, in Bull. Com., 46, 1918, p. 189 ss.; W. Schur, in Pauly-Wissowa, XVII, 1931, c. 728 s., s. v. Sulmo; G. Piccirilli, Guida storico-artistica di S., Sulmona 1932; G. Colonna, in Rend. Lincei, s. VIII, vol. XIV, 1959, pp. 297-308. Per la documentazione epigrafica latina: Th. Mommsen, C.I.L., IX, 1883, nn. 3074-3136; M. Ihm, in Ephem. Epigr., VIII, 1891, nn. 137-145, 821; G. Mancini, in Atti e Mem. del Convegno storico abruzzese-molisano, 1931, II, Casalbordino 1935, pp. 449-452; tav. 41; G. Piccirilli, ibid., pp. 453-461; G. Colonna, in Arch. Class., VIII, 1956, p. 216 s.; G. Annibaldi, in Epigraphica, XX, 1958, pp. 14-28; G. Piccirilli, in Riv. Abruzzese, XII, 1959, p. 3 ss. Per le iscrizioni peligne: E. Vetter, Handb. der ital. Dialekte, I, Heidelberg 1953, nn. 202-210; E. Mattiocco, in Fasti Arch., XV, 1273. Sui rinvenimenti all'interno della città: A. De Nino, in Not. scavi, 1877, p. 93; 1878, 169; 1881, 60, 120 s., 194; 1882, 116 s.; 1883, 135, 213; 1886, 133, 424 ss.; 1887, 293; 1888, 533; 1889, 44; 1891, 205, 295; 1892, 59; 1896, 299; 1901, 365, 1903, 345, 622 s.; 1906, 351; 1907, 26, 429 s.; G. Pansa, in Bull. Com., 35, 1907, p. 267 ss.; G. Piccirilli, in Not. Scavi, 1908, 370 ss.; 1909, 99; 1910, 115; 1912, 149 ss. Rinvenimenti nel territorio: A. De Nino, in Nt. Scavi, 1880, 178 s.; 1882, 238; 1896, 52; F. Barreca, in Not. Scavi, 1951, 84 ss.; F. Behn, in Röm. Mitt., XXXV, 1920, p. 4 s., fig. 8, Beil., I, 2. Per le necropoli: F. von Duhn, Italische Gräberkunde, I, Heidelberg 1924, p. 573 s. Sul santuario di Ercole Curino: A. De Nino, in Not. Scavi, 1788, 318; B. Andreae, in Arch. Anz., LXXXIV, 1959, c. 236-238, figg. 67-70; V. Cianfarani, Santuari nel Sannio, Pescara 1960, con la restante bibliografia. Il materiale conservato nel Museo Civico è in gran parte inedito; si veda M. Besnier, Mém. de la Soc. nat. d. Antiquaires de France, LXI, 1902, p. 243 ss., tav. 19; M. Rostovtzeff, in Antike Plastik (Festschrift W. Amelung), Berlino-Lipsia 1928, p. 214 s., fig. i.