SULTANO
. Vocabolo arabo (sultān) di origine siriaca, dal prevalente significato originario di "potestà, autorità, potere sovrano". In tal senso esso compare nel Corano, nel ḥadīth e nella letteratura più antica. Ma già in questa, accanto a tale significato astratto, mantenutosi del resto in uso sino ai tempi odierni, compare quello concreto, con facile trapasso semantico, di "detentore di autorità, principe, sovrano". Già califfi e alti dignitarî dei primi ‛Abbāsidi (secoli VIII-IX d. C.) appaiono sporadicamente designati con tale qualifica, priva per allora di qualsiasi valore di titolatura ufficiale. Il primo caso in cui invece il titolo compare con tale valore, sembra da fissare al 262 eg. (875 d. C.), in cui il califfo al-Mu‛tamid conferì al proprio fratello correggente al-Muwaffaq, governatore della parte orientale dell'impero, la qualifica di sulṭān. Dopo questa più antica notizia, che ci riporta al sec. IX, il titolo appare usato dai sovrani Ghaznevidi (secoli X-XI), e un po' più tardi, Selgiuchidi: nel 1055 il Gran Selgiucco Ṭughril Beg era investito dal califfo del titolo di as-sulṭān Rukn ad-dawlah, mentre le sue monete portano quello di as-sulṭān al-mu‛aẓẓam.
Con i Selgiuchidi il termine sultano, espressamente distinto e contrapposto come formalmente inferiore a quello di califfo, acquista stabile uso e diffusione nel mondo islamico sunnita. Sultani sono detti in testi letterarî (non però nelle monete) il Saladino, fondatore della dinastia ayyūbita, e molti dei suoi successori, per quanto il loro titolo ufficiale fosse solo quello di malik "re". Sultani si chiamarono tra gli altri i sovrani mamelucchi d'Egitto (secoli XIII-XVI) e i principi di molte fra le dinastie indipendenti dell'Africa del Nord, dai Merīnidi agli attuali shurafā' Fīlālī del Marocco. Sultano infine, nella sua accezione più famosa, fu il titolo del sovrano ottomano, a partire forse già da Ōrkhān, o da Bāyazīd I, certo da Maometto II. La distruzione del califfato di Baghdād (1258) aveva troncato praticamente la questione della fonte d'investitura del titolo di sultano, e del rapporto di questo verso il califfato, trattata sino al sec. XIII dai giuristi musulmani. Una distinzione e contrapposizione dei due termini parve risorgere in tempo recente, allorché la Grande assemblea nazionale turca, decretando il 1 novembre 1922 l'abolizione del sultanato ottomano, lasciò sino al 3 marzo 1924 sussistere nella persona dello stesso ultimo sultano Maometto VI, un preteso "califfato", continuando l'equivoco (per i cui particolari v. califfo) della coesistenza dei due titoli e delle due dignità presso i sultani ottomani. Con la scomparsa di questi e il mutamento del titolo di "sultano" riesumato in Egitto nel 1914, per Ḥusain Kāmil e Fu'ād, in quello di re (1922), il titolo di sulṭān, oltre che nel Marocco, è portato dai capi di alcuni stati minori nella Penisola Araba, come quelli del Ḥaḍramawt e del ‛Omān, nell'Africa orientale e nell'India.
Bibl.: C. Becker, Barthold's Studien über Calif und Sultān, in Der Islam, VI, p. 356 segg.; K. Inostranzev, in Islamica, VI, pp. 450-452.