SUMATRA (A. T., 95-96)
È, dopo Borneo, la maggiore isola delle Indie Olandesi e si estende a cavallo dell'Equatore da NO. a SE. tra il 95° e il 106° di long. E. e tra il 6° parallelo lat. N., dove s'inizia il passaggio di Malacca, e il 6° lat. S., dove viene a formare, con la fronteggiante costa di Giava, lo Stretto della Sonda.
La più antica menzione dell'isola sembra trovarsi in Tolomeo, dove viene indicata col nome di Jobadin; nei libri degli antichi viaggiatori e geografi cinesi appare il nome di Su-men-ta-la, riferito alla parte settentrionale. Marco Polo la visitò nel 1292 e la chiamò Java Minor, forse alludendo col nome di Samara o Samarcia ad uno dei regni in cui l'isola si divideva. Più chiaramente Odorico da Pordenone, dopo aver dato notizie del paese di Lamori nella sezione di NO., parla del regno di Sumoltra, onde si può dire che egli sia il primo viaggiatore dell'Occidente che ci dia il vero nome dell'isola. Il geografo arabo Ibn Baṭṭūṭah visitò l'isola e in particolare Somotrala, la capitale di un reame assai potente. Anche Nicolò dei Conti (sec. XV) e Lodovico da Varthema (1505) visitarono Sumatra: il primo la chiama Sciamuther e dei suoi abitanti ricorda i Batech; il secondo poi parla del regno di Pedir sulla costa nord-orientale e descrive i costumi e le case piuttosto basse degli abitanti.
Ma le notizie fornite da questi scrittori sono alquanto imprecise, né la conoscenza si amplia molto in seguito all'arrivo dei Portoghesi che vi sbarcarono la prima volta nel 1509 con Diego Lopez de Sequeira, il quale visitò il paese di Pedir, e che dopo la conquista di Malacca (1511) impiantarono degli stabilimenti sulla costa nord-orientale, stabilimenti che furono distrutti dai musulmani dopo il 1520. Nel 1529 visitarono l'isola anche i Fratelli Parmentier di Dieppe riportandone notizie che non ebbero per allora alcuna risonanza. Nel famoso mappamondo di Fra Mauro del monastero di S. Michele di Murano (1459) è rappresentata Siometra, per quanto la rappresentazione sia assai peggiorata in confronto di quella contenuta nella carta catalana del 1375.
Ma dopo la rovina degli stabilimenti portoghesi, per lungo tempo Sumatra rimase esclusa dalle imprese degli Occidentali. Soltanto verso la fine del sec. XVI gli Olandesi toccarono la costa meridionale (1596) e visitarono più tardi Atjeh (1599), la costa occidentale (1600) e quindi la costa orientale. Però questi primi contatti ebbero scarsa importanza e se il primo stabilimento olandese fu fondato nel 1616 sul Djambi, si arrivò al 1669 prima che venisse occupato Padang sulla costa occidentale e Lampong sullo Stretto della Sonda. Anche gl'Inglesi s'interessarono di Sumatra e nel 1685 s'insediarono a Benkoelen.
Tutti però si limitarono alle località costiere senza tentare alcuna penetrazione nell'interno. Si può dire anzi che l'interno dell'isola rimase terra incognita fino alla fine del sec. XVIII e ancora nella monografia di W. Manden (History of Sumatra, Londra 1783) vengono descritte soltanto le coste, come già nel volume quinto dell'Oost Indien del Valentyn (Amsterdam 1726).
Le esplorazioni scientifiche cominciarono dopo il 1820 e s'intensificarono nel quarto e quinto decennio del sec. XIX con spedizioni aiutate largamente od organizzate dal governo coloniale olandese. Si ebbero dapprima i viaggi nel paese dei Batacchi di Burton e Ward (1823-24) e di J. Anderson che visitò la costa orientale di Sumatra (1823); seguirono Salomon Müller e F. Junghuhn che dopo il 1840 esplorarono le alte terre di Padang e il territorio dei Batacchi. Anche il Favre compì un viasggio nel territorio di Padang e pubblicò una bella relazione nel 1849, mentre H. Zollinger percorse il distretto di Lampong.
Ben maggiore importanza ebbero le spedizioni compiute nella seconda metà del secolo XIX: P. J. Veth, che nel 1873 aveva percorso l'Atjeh facendone il rilevamento topografico, organizzava sotto gli auspici della Società geografica di Amsterdam una grande spedizione nelle parti centrali di Sumatra, i cui brillanti risultati sono consacrati in una grande opera in varî volumi con numerose carte e disegni, pubblicata a Leida (1877-79). Quasi contemporaneamente, dal 1878 al 1883, H. O. Forbes e R. D. M. Verbeek esplorarono la parte meridionale e la costa occidentale, dedicandosi il primo particolarmente allo studio della fauna e della flora ed il secondo alla geologia e alla topografia. Il Verbeek, insieme con la descrizione dei territorî esplorati, pubblicò un atlante con carta d'insieme al 500.000 e con 8 carte geologiche al 100.000. Anche Schouw Santvoort fece un viaggio attraverso l'isola dettandone una relazione pubblicata nel Bollettino della Soc. geog. it. del 1877 e Hagen compì studî etnografici sulla sezione orientale e attorno al Lago Toba.
Degni di ogni considerazione i più recenti studî e le esplorazioni geologiche di W. Volz, che costruì una carta geologica della parte settentrionale, e quelli di M. Moszkowski, di H. Philippi e di A. Tobler. Interessantissimo, dal punto di vista etnografico, il soggiorno tra i Batacchi di E. Modigliani, e i lavori etnografici di A. Maas.
Il rilevamento dell'isola è ormai molto progredito e vi attende con cura il servizio topografico del governo coloniale, che pubblica anche un annuario ricco di memorie sulla geologia e morfologia.
Di forma allungata, ma abbastanza regolare, l'isola misura dal Capo Pedro al Capo Yarkens oltre 1750 km., mentre la maggiore larghezza tra Seblat e Djaboeng arriva appena a 400 km., con una superficie totale di 422.527 kmq. La costa occidentale appare montuosa, perché corrono vicine e parallele ad essa le alte terre di Sumatra occidentale, ma effettivamente solo in poche sezioni i monti si affacciano al mare, come nella parte meridionale a sud di Kroeï, nella parte centrale a sud di Padang, attorno a Sibolga e nell'estremità NO. In generale davanti al piede dei monti si allargano pianure costiere, non molto ampie e in gran parte paludose, formate dalle alluvioni dei fiumi e talora dall'abrasione e in esse si sono fissati gli abitanti, che vi hanno introdotto la coltivaziope di piante tropicali e specialmente quella del riso, anche se le frequenti rovinose inondazioni e il paludismo rendono ben poco ospitali queste località. Benché la costa presenti numerose insenature, non vi sono buoni porti naturali e gli ancoraggi più sicuri si trovano al riparo delle numerose isolette, spesso di natura coralligena, che orlano la costa stessa; soltanto il porto di Padang, Emmahaven, possiede una discreta attrezzatura e svolge un traffico intenso alimentato dalla ferrovia che lo mette in comunicazione col suo retroterra. Le alte terre di Padang gli inviano infatti i loro prodotti agricoli e il carbone di Sawah Loento e di Ombilin, che rappresenta la merce di maggiore esportazione. Aspetto completamente diverso presenta la costa orientale, nella quale per quasi tutta la sua estensione, tolta la brevissima sezione nord fino a Punta Diamant, viene ad affacciarsi il grande bassopiano orientale. Le insenature numerosissime, le ampie foci dei fiumi ricchi di acqua e di detriti, cui l'alterno giuoco delle maree impedisce di depositarsi a formare barre di foce, le numerose isole basse, frammenti del bassopiano, che in alcune parti vengono collegate alla terraferma retrostante dai depositi alluvionali, mentre altrove la forza delle correnti sembra staccarne di nuovi, dànno a questa costa un aspetto tormentato. Ben poche località costiere sono abitate e i porti stessi, se si eccettua quello di Bagan si Api Api, il maggior centro peschereccio di tutta l'Insulindia, si trovano tutti a decine di chilometri dal mare, sui corsi dei fiumi che, grazie alla marea, consentono la penetrazione all'interno anche alle navi di grosso pescaggio. Così Deli e Medan e Tandioeng Balai si trovano a circa 20 km. dalla costa, Indrapoera a 70, Rengat e Diambi a 100, Palembang a 80 e Menggala a 70 km. nell'interno. Il bassopiano orientale non presenta dappertutto la stessa larghezza: a nord tra Lho Seumawé e Sigli si può parlare soltanto di una cimosa costiera, che consente appena il passaggio della strada e della ferrovia; a Medan la zona pianeggiante misura 50 km. e verso mezzodì si allarga sempre più fino a raggiungere oltre 200 km. all'altezza di Palembang, per restringersi infine nel distretto di Lampoeng: il bassopiano forma così oltre un terzo dell'intera isola. La zona occidentale dell'isola è invece tutta occupata da una serie di rilievi che, secondo gli studi geologici, sono la continuazione degli archi montuosi dell'Arakan, cui appartengono anche i gruppi insulari delle Andamane e delle Nicobare. Si tratta di un fascio di catene che corrono parallele alla costa ovest con un'altezza media variante da 600 a 1800 m. e tra le quali, nella metà settentrionale, sono comprese ampie vallate longitudinali, in cui si concentra la maggior parte della popolazione; le più importanti sono la valle dell'Atjeh, le conche del paese dei Gajo e del paese dei Batacchi, le valli di Padang, ecc. I sollevamenti e le dislocazioni furono accompagnate nell'Eocene da larghe emissioni di lave andesitiche, mentre nei tempi più recenti l'attività vulcanica ha portato alla superficie grandi colate basaltiche e masse enormi di ceneri e di tufi. Questi materiali vulcanici hanno larga parte nelle formazioni superficiali attuali: lungo le linee di frattura si elevano coni vulcanici che superano i tremila metri e alcuni dei quali sono tuttora attivi. Fra i vulcani più importanti ricordiamo il Merapi e il Kerintji (3805 m. s. m.), la più alta vetta di Sumatra. A mezzodì del Kerintji rilievi sembrano restringersi in una sola catena, quella dei Monti Barisan che si stendono sino all'estremità meridionale dell'isola. Dei bacini interni il più vasto è quello dei Batacchi, nel quale si trova il Lago di Toba che misura 1300 kmq., occupato in parte dalla grande Penisola di Samosir, e dominato da picchi vulcanici. Anche le alte terre di Padang comprendono ampie valli di erosione, che sono largamente coltivate, e le conche fertilissime dominate dal vulcano Merapi e dal Singalang, magnifici coni che si rispecchiano in bellissimi laghetti. Verso oriente la zona montuosa scende con terrazzi digradanti e con una serie di colline di formazione prevalentemente terziaria che costituiscono una fascia non continua, perché lungo le larghe valli dei fiumi il bassopiano penetra fino ai piedi delle maggiori altitudini. Le formazioni terziarie, che continuano anche sotto i depositi alluvionali ed emergono anzi qua e là tra la grossa coltre dei terreni quaternarî, sono assai ricche di depositi petroliferi, già sfruttati nella parte settentrionale e nella zona di Palembang.
Data la disposizione delle montagne è naturale che i fiumi maggiori si trovino nel versante orientale: essi scendono in generale dalle alte terre. Tra i fiumi più importanti ricordiamo l'Asahan, emissario del Lago Toba, il Siak, il Kampar, l'Inderagiri, il Djambi e il Moesi, il fiume di Palembang.
Nessuno dei fiumi della costa occidentale può essere paragonato a questi per lunghezza e importanza: soltanto il Simpang, che sbocca presso Singkel, ha una notevole alta valle nel paese dei Gajos.
Il clima è nettamente tropicale e le temperature sono uniformemente elevate durante tutto l'anno (26°-27°), ma nelle terre alte la temperatura diminuisce. Le precipitazioni, abbondanti specialmente nel versante occidentale e ben distribuite durante tutto l'anno, presentano però due periodi più piovosi, uno durante il monsone di NE., che è rinforzato dall'aliseo di NE. e corrisponde all'estate australe, e uno durante il monsone di SE., rinforzato dall'aliseo di SE. e corrispondente all'estate boreale. Le precipitazioni variano da 2000 a 4500 mm.; a Padang cadono 4576 mm., mentre nella zona orientale la piovosità diminuisce ed è di 2475 mm. a Palembang. La vegetazione è in conseguenza dappertutto ricchissima e la foresta vergine equatoriale si estende su tutto il bassopiano, mentre lungo la zona marina le mangrovie e la palma Nipa affondano l'intrico delle loro radici. Nelle regioni più elevate, però, la vegetazione cambia d'aspetto e piante di tipo meno tropicale, querce sempreverdi o faggi, e di tipo australiano, casuarine, si sostituiscono a quelle tropicali; nella zona a ridosso dei monti e nelle valli e conche interne, la piovosità è minore e la foresta è interrotta da savane semiaride in cui predomina la graminacea alang-alang, come attorno al lago Toba. La fauna, assai ricca, comprende un gran numero di scimmie, dalle più piccole al gigantesco orang-utan, ed elefanti, rinoceronti con due corni, tapiri, tigri, orsi malesi e un'infinita varietà di rettili, di uccelli e d'insetti.
Gl'indigeni, specie nelle alte terre occidentali e nelle regioni a savana, hanno introdotto le coltivazioni abbattendo le foreste col fuoco. Nel bassopiano orientale invece la foresta è stata intaccata soltanto a partire dalla seconda metà del secolo XIX per opera dei piantatori immigrati, europei e asiatici.
La popolazione di Sumatra, pur essendo ben lontana dalla densità di Giava, supera di gran lunga quella di tutte le altre provincie esterne. Secondo il censimento 1930 l'isola contava 7.661.399 abitanti su di una superficie di kmq. 422.527, con una densità di 18,1 abitanti per kmq. Oltre agl'indigeni risultarono presenti 447.576 Cinesi, 28.077 Tamili, Birmani, Indocinesi, ecc., e 28.707 Europei. La popolazione non è uniformemente distribuita e, nonostante i progressi recenti della costa orientale, la densità maggiore si ritrova nella zona occidentale e nelle alte terre, come risulta dalla seguente tabella.
La popolazione vive assai sparsa e solamente pochi centri meritano il nome di città: soltanto Palembang (v.) sul Moesi supera i 100 mila abitanti (109.000), mentre Medan, capoluogo della Costa Orientale e centro attivissimo, raggiunge 75 mila abitanti e Padang, capoluogo della Costa Occidentale, 52 mila.
Lo sviluppo economico di Sumatra è recente, tranne nella zona occidentale dove l'agricoltura aveva raggiunto un certo progresso ancor prima della penetrazione degli Olandesi. I prodotti agricoli principali sono il riso, che è però insufficiente al consumo interno ed è tuttora scarsamente coltivato nel bassopiano orientale, dove gl'indigeni si occupano in prevalenza della pesca e della raccolta dei prodotti forestali (foglie di palma Nipa per costruzione e copertura delle case, rotang, resine e gomme, miele selvatico e cera) che vengono esportati e scambiati con riso e prodotti manifatturati; ultimamente però vi sono state introdotte le colture delle banane, della cassava, dei cocchi e della palma da betel: l'impianto di risaie irrigue è appena iniziato. Ma in questa sezione si sono sviluppate largamente invece, nei tempi più recenti, le piantagioni di hevea, la quale, oltre che nelle vaste aree delle fattorie impiantate da Europei, Cinesi e Americani (238.563 ha. con 150.000 tonn. di caucciù nel 1926), è coltivata anche dagl'indigeni nel Djambi e nel Palembang. La più antica coltivazione introdotta dagli Europei nell'ultimo trentennio del sec. XIX nei dintorni di Medan è quella del tabacco, che nel 1930 comprendeva 20.775 ettari e dava una produzione di 19.243 tonn. di tabacco. Il tabacco di Deli è celebre per la produzione di foglie da involgere ed è quasi tutto esportato in Europa e in America. Seguono la coltivazione del caffè praticata dagl'indigeni nella regione occidentale e meridionale (35.000 tonn. annue) e quella del tè che occupa 15.800 ettari e fornisce annualmente circa 100.000 quintali di foglie. Colture più recenti sono quelle della cinchona e della palma da olio, sulla costa orientale: l'esportazione dell'olio ha raggiunto già la considerevole cifra di 350.000 quintali all'anno. Scarso invece l'allevamento del bestiame.
Di prodotti minerarî Sumatra sembra molto ricca, ma lo sfruttamento è ancora agl'inizî; per ora essa fornisce oro e argento estratti nelle residenze di Bengkoeloe e di Padang (2860 kg. d'oro e 48.000 kg. d'argento nel 1923): più importante il carbone del bacino di Ombilin presso Sawah Loento, che nel 1929 diede tonn. 582.000 di combustibile, e quello dei giacimenti di Boekit Asem, presso Moeara Enim, nel Palembang, con una produzione media annua di 175.000 tonn. Ma il prodotto di maggiore valore è il petrolio che viene sfruttato nell'Atjeh, nel Langkat e specialmente nel Palembang e raggiunge in media l'esportazione di tonn. 1.500.000 all'anno. Scarsa importanza hanno le industrie artigiane indigene (tessuti, batik, ceramiche, ecc.) e modesta quella dell'industria di tipo occidentale, limitata alla raffinazione del petrolio e alla lavorazione dell'olio di palma, del copra e del tabacco.
Le ferrovie in complesso misurano 1875 km. divisi in tre tronchi non raccordati fra di loro: ad occidente la linea da Emmahaven (Padang) a Sawah Loento; nella zona meridionale la linea da Palembang a Boekit Asem e da Teloek Betoeng a Kota Boemi con il tratto intermedio in costruzione; infine la linea da Koeta Radja a Medan e Tandjoeng Balai nella parte settentrionale. Ultimamente sono state costruite strade ordinarie (di cui le principali traversano l'isola, una da Medan a Padang e l'altra da Palembang a Benkoelen), sulle quali funzionano servizî automobilistici governativi. Nei fiumi del bassopiano orientale funzionano poi servizî regolari di navigazione. Il porto principale è quello di Belawan-Deli, porto di Medan, sullo Stretto di Malacca, dotato di banchine e di grandi magazzini, e sbocco delle piantagioni della costa orientale. Altro porto notevole è quello fluviale di Palembang e quello di Emmahaven, sbocco del carbone di Ombilin e del caffè delle piantagioni meridionali. Koeta Radja sull'estremità settentrionale offre un buon ancoraggio, da cui si esportano i prodotti dell'Atjeh; notevole importanza ha il porto di Sabang, nell'isoletta di Wè a N. di Koeta Radja, dove è impiantata una stazione per il rifornimento del carbone e dei combustibili liquidi ai piroscafi che transitano verso Malacca.
Palembang e Medan sono uniti a Batavia da linee aeree settimanali, che congiungono anche l'isola con Singapore; inoltre a Medan fa scalo la grande linea aerea Amsterdam-Batavia. Il commercio di esportazione, che comprende tabacco, caffè, carbone, petrolio, copra, olio di palma e legnami preziosi, supera i 200 milioni di fiorini all'anno; le importazioni, che si aggirano sui 150 milioni di fiorini, sono costituite da cotonate, riso, prodotti metallici e macchine, specialmente richieste dalle nuove piantagioni.
Amministrativamente Sumatra, comprese le isole orientali (Bangka, Billiton, Riau-Lingga), è divisa in undici provincie di estensione e importanza assai varie, le principali delle quali sono quella della Costa Orientale e quella della Costa Occidentale.
Bibl.: Oltre alle opere generali sulle Indie Olandesi, v.: F. G. Junghuhn, Die Battak-Länder auf Sumatra, Leida 1847; P. J. Veth, Midden Sumatra, voll. 4, ivi 1881-84; J. F. Hoekstra, Die Oro- und Hydrographie Sumatras, Groninga 1883; L. F. M. Schulze, Atjeh in 1896, Batavia 1896; W. Volz, Die tektonische Geschichte Sumatras, Breslavia 1899; id., Nord-Sumatra, voll. 2, Berlino 1912; id., Im Dämmer des Rimba, 3ª ed., ivi 1925; A. Maas, Quer durch Sumatra, voll. 2, ivi 1904; S. Van Valkenburg, Geomorphologische beschouwingen over de Padangsche Bovenlanden (Jaarverslag Topogr. Dienst in Nederlandsche-Indië, 1921, pp. 76-103); A. Tobler, Djambi-Verslag, L'Aia 1922; C. Braak, Climaat van Nederlandsch-Indië, voll. 3, parte 1ª, Sumatra, Batavia 1925; O. J. A. Collet, Terres et Peuples de Sumatra, Amsterdam 1925; S. B. Redecker, Sumatra, economic and commercial survey, Washington 1927; H. Leeuw, Sumatra, in Economic geography: B. G. S., Filadelfia 1930; H. Marx, Der Kaffeebau auf Sumatra, Berlino 1931; L. Van Vauren, De Merapi, Utrecht 1932; K. Sapper, Seismische u. semivulkan. Ereignisse in Südsumatra, in Peterm. Mitteil., 1934; K. Helbig, Die Insel Sumatra, in Geogr. Zeitschrift, 1935, pp. 89-101; E. Modigliani, Un viaggio a Nias, Milano 1890; id., Tra i Batacchi indipendenti, Roma 1892.
Etnografia.
L'isola di Sumatra è stata da tempo assai antico meta di attive emigrazioni che ne hanno modificato, a seconda dei luoghi, più o meno profondamente le caratteristiche etniche originali. Naturalmente gl'influssi maggiori si sono fatti sentire nelle regioni costiere; procedendo verso l'interno invece si trovano popolazioni che si sono mantenute sempre più pure in virtù del loro isolamento. Possiamo così, anche in Sumatra, distinguere, all'incirca, due gruppi etnici: uno di tipo indonesiano che abita le regioni interne e che rappresenta il substrato più antico della popolazione dell'isola; l'altro, che potremo definire "malesoide", vero musaico etnico risultante dall'incrocio di varî elementi (Indù, Arabi, Cinesi, Malesi, ecc.), che vive di preferenza lungo le coste.
Influssi indo-arabici si son fatti sentire molto fortemente nel nord di Sumatra dove vivono gli Atcinesi i quali, avendo subito prima l'influenza indù, poi, nel sec. XII, quella maomettana, mostrano evidenti tracce dell'una e dell'altra: la loro lingua, ad es., ha ancora molte parole sanscrite, mentre la scrittura è quella araba. Gli Atcinesi, che fino a tempi relativamente recenti, eretti in sultanato, erano noti come temibili pirati, furono sottomessi al governo olandese solo nel 1903.
Nel sud dell'isola si sono avute immigrazioni sundanesi; forti influssi giavanesi presentano i Minangkabau, che in numero di circa un milione abitano nelle regioni centro-occidentali. Queste genti, che credono di discendere da Alessandro Magno, avrebbero in gran numero abbandonato Sumatra durante la dominazione indù emigrando nella Penisola di Malacca e in altre isole dell'arcipelago. L'Islām sembra essere penetrato tra i Minangkabau durante il sec. XVI. È interessante notare come fra questa popolazione esistano ancora tracce evidenti di matriarcato.
È stato detto come le popolazioni più pure si ritrovino nelle regioni interne dell'isola, dove sono rimaste protette da influssi esterni o dove si son rifugiate provenendo dalla costa sotto l'incalzare degl'invasori. Fra le popolazioni indonesiane di Sumatra ricorderemo i Batacchi che vivono nelle regioni centro-settentrionali dell'isola e che furono visitati quelli del Lago Toba, da un'esploratore italiano, il Modigliani, il quale raccolse fra di essi un importantissimo materiale di studio. I Batacchi, popolo fiero e bellicoso, presentano qualche influsso indù, ma sono rimasti del tutto immuni dall'Islām. Hanno infatti una primitiva religione animistica e si davano, anche in tempi abbastanza recenti, al cannibalismo. L'Islam ha raggiunto invece, sia pure in epoca relativamente tarda, i Gajo e gli Alas che vivono più a nord dei Batacchi. I Gajo mostrano qualche influsso atcinese, mentre gli Alas hanno molta affinità coi Batacchi. Tutte queste popolazioni di tipo indonesiano possiedono, in complesso, una cultura relativamente alta: conoscono la tessitura e la fabbricazione della ceramica e sanno tingere le stoffe da esse fabbricate. Costruiscono grandi case di legno su palafitte che vengono spesso decorate, specie tra i Batacchi, con motivi ornamentali dipinti a vivaci colori. Usano come armi lance, coltelli di svariatissime forme e scudi coperti di pelli di bufalo. A differenza dei Minangkabau vige tra queste genti il patriarcato. Ma nel cuore dell'isola vivono altre tribù indonesiane ad uno stadio culturale assai primitivo. Sono questi i rappresentanti più puri e più antichi della popolazione aborigena di Sumatra. Vanno ricordati in modo particolare i Kubu, che abitano fra il fiume Djambi e il Moesi, a 100-200 km. dalla costa. Sono nomadi, non conoscono l'agricoltura né la tessitura, e neppure sanno fabbricare la ceramica. Abitano in piccole capanne di foggia semplicissima, vestono cingendosi le reni con una fascia di scorza battuta e loro arma principale è la lancia di legno: non conoscono né l'arco né lo scudo.
V. tavv. CXLIX e CL.
Bibl.: v. indonesia.
Storia.
Periodo precoloniale. - Sono più che altro le documentazioni archeologiche che ci dànno qualche informazione sulla storia di Sumatra prima della colonizzazione indù. Da esse risulta che le tracce più antiche appartengono a una popolazione paleolitica forse imparentata con i Vedda, che fece uso di schegge di pietra come strumenti; poi vi è una corrente ancora paleolitica oriunda dall'Indocina che adoperava dei coups de poing e apparteneva alla razza papua-melanesiana; vengono poi le accette rettangolari neolitiche degli Austronesiani, i principali avi degli odierni abitanti; essi già coltivarono il riso e hanno ricevuto nel corso dei tempi, probabilmente dall'Indocina, la cultura della tarda ed del bronzo e quella della prima età del ferro. Le varie popolazioni susseguitesi si sono in un certo qual modo mischiate ed è per ora impossibile discernere con precisione a quale di esse appartengono i singoli apporti culturali. Dalla prima età della pietra si trovano ancora i resti o l'influenza posteriore nei Kjökkenmöddinger del Nord-Sumatra, nei monumenti megalitici di Pasemah, nell'arte di Nias, ecc.
Nel sec. I o nel II d. C. gli Indù hanno portato la loro cultura in Sumatra. Si svilupparono lungo le coste piccoli regni indù-sumatrensi, proprio come alla stessa epoca stava succedendo un po' in tutto l'arcipelago. Solo dalla prima metà del secolo VII in poi ci sono noti dei particolari storici; in un primo tempo lo stato di Malayu (l'odierno Djambi) tiene il primo posto, ma esso viene poi superato da C̣rīvijaya (Palembang). Ambedue questi stati dovevano la loro floridezza in parte al commercio sviluppatosi per la loro situazione sulla via marittima dall'India alla Cina, per altra parte alla loro posizione come centri di studî buddhistici che attiravano numerosi pellegrini e savî cinesi, tra cui il famoso I-tsing. Lentamente C̣rīvijaya ottenne l'egemonia su tutta l'isola, sulla costa della Penisola di Malacca e su quasi tutto l'arcipelago, finché nel sec. XI trovò un concorrente nell'Isola di Giava. Allora si sviluppò uno stato d'equilibrio, rimanendo C̣rīvijaya padrone della parte occidentale e Giava della parte orientale dell'arcipelago. Tale situazione durò finché Giavai fattasi più forte, osò assalire il regno rivale nella propria isola, cioè fino all'anno 1275. Come seguito dell'impresa giavanese si riformò l'antico stato di Malayu, ma come stato vassallo di Giava. Malayu ben presto divenne preponderante su C̣rīvijaya, di modo che le armi giavanesi conquistando sempre maggior parte dell'isola diffusero in questa dappertutto il nome di Malayu. Nel sec. XV la dominazione giavanese perdette la primaria forza; i possessi in Sumatra si ribellano, si fanno liberi; e mentre i principi di Malayu si ritiravano negli altipiani di Padang, ove il loro regno prese il nome di Minangkabau, lungo le coste si formarono staterelli indipendenti. La religione maomettana, che già intorno al 1300 si diffuse nel Nord dell'isola, ebbe parte rilevante in quel movimento liberatore. Tra gli stati islamitici quello di Pedir alla costa settentrionale era il più importante, ma poi fu superato dal vicino Samudra-Pasè, finché alla fine del sec. XV Malacca al dilà dello stretto li superava tutti. Solo dopo la caduta della città di Malacca in mani portoghesi nel 1511, Atjeh si sviluppò e divenne in breve tempo lo stato più forte della parte ovest dell'arcipelago. I Portoghesi trovarono nell'isola ben diciotto staterelli in parte maomettani, in parte ancora pagani o con una vernice buddhista sopra un fondo pagano.
Periodo coloniale. - Nella storia coloniale di Sumatra si distinguono due periodi. Nel primo domina la Compagnia Olandese delle Indie Orientali che si contenta di monopolî commerciali e che erige qua e là nelle città costiere fortezze a salvaguardia delle fattorie. In epoca napoleonica tutto questo passa all'Inghilterra; quando tra il 1816 e il 1819 le colonie vengono restituite all'Olanda, si tratta di possessi di poca importanza. Nel 1824 col trattato sumatrense di Londra, l'Inghilterra cede ogni suo diritto in Sumatra all'Olanda. Subentra quindi alla Compagnia il governo olandese.
Costa Occidentale. - Già nel primo loro viaggio del 1596 gli Olandesi ebbero qualche rapporto con gli abitanti del "continente sumatrense". La Costa Occidentale era allora dipendente dallo stato di Atjeh, dal quale nel 1638 la Compagnia ottenne il monopolio del commercio con tutti i porti di questa costa. Tuttavia gl'interessi degli Olandesi erano in contrasto con quelli della gente di Atjeh e nel 1656 tutti gli agenti della Compagnia furono trucidati. Pochi anni dopo si ritornò a rapporti amichevoli, ma il commercio rimase di poca entità. Indebolita la potenza di Atjeh, i capi della Costa Occidentale domandarono e ottennero l'aiuto della Compagnia per liberarsi dagli amministratori atcinesi; nel 1663 col trattato di Painan molti capi si misero sotto la protezione olandese e agli Atcinesi fu tolta gran parte della costa. Nel 1666 segue la fondazione di una fattoria a Padang, che divenne centro del commercio monopolizzato della Compagnia. Seguì la fondazione di altre fattorie, ma esse erano tutte sempre in pericolo, minacciate da Atjeh. Nel 1795 tutte le fattorie olandesi della costa furono occupate dagl'Inglesi; dopo la caduta di Napoleone il governatore inglese di Bengkoeloe e Padang, Raffles; tentò d'indurre il governo di Londra a non restituirle all'Olanda e seppe tenerle, pur disapprovato da Londra, fino al 1819. Tornatane in possesso l'Olanda si trovò subito davanti a una grande difficoltà: gli abitanti tanto delle coste quanto dell'interno erano nominalmente maomettani, ma erano pure fedeli alle loro antiche usanze. Ora nel 1803, tre pellegrini di ritorno dalla Mecca avevano fondato un movimento maomettano ortodosso (dei Padris), che presto cominciò ad assalire le comunità meno intransigenti, massacrandone i componenti o facendoli schiavi. Il governo dovette intervenire e nel 1821 cominciò la guerra dei Padris che con alterne vicende durò fino al 1837.
Parte meridionale dell'isola. - Gl'Inglesi, espulsi nel 1684 da Bantam in Giava si stabilirono presto, su domanda di capi indigeni, a Bengkoeloe, ove costruirono tra il 1714 e il 1720 la fortezza Marlborough. Era un possedimento di poca importanza, ma il governatore Raffles (1818-1824) ne fece il centro della sua attività antiolandese. Dopo che per il trattato di Londra del 1824 Bengkoeloe era passato all'Olanda, le tribù dell'interno si sottomisero tra il 1860 e 1868. Nel 1640 il principe dell'importante stato di Palembang, aveva invocato l'aiuto della Compagnia, concedendole il monopolio dell'esportazione del pepe. Il commercio di Palembang soffrì dal monopolio concesso e nel 1657 il sultano ordinò la cattura delle navi e l'assassinio dei commercianti olandesi. Seguì una guerra; dopo un lungo assedio Palembang fu presa (1659) e fu firmato un nuovo contratto per il commercio del pepe. Quando la Compagnia s'indebolì, il sultano organizzò un commercio di contrabbando. Verso il 1810 l'influenza degli Olandesi era divenuta pressoché nulla: seguì un periodo di aspre lotte, fomentate dal governatore inglese di Giava, Raffles, sinché (1823) il governo olandese decise di comperare i diritti di sovranità dei sultani su Palembang e dipendenza. Nel 1824 vi fu ancora una rivolta dei nobili contro il governo.
Col Djambi la Compagnia Olandese ebbe rapporti amichevoli dal 1616 al 1724, che poi finirono per l'assalto a una fattoria olandese. Nel 1833 il sultano domandò e ottenne aiuti olandesi contro i pirati che bloccavano la foce del fiume Djambi. Per ringraziamento fece poi una razzia sul territorio olandese di Palembang. Gli Olandesi allora bloccarono il fiume ed ottennero il diritto di costruire fortezze nello stato del sultano. Con la morte di questo principe nel 1855, venne al governo il sultano Taha, assai xenofobo. Nel 1858 ci volle la forza per costringerlo a mantenere i patti. Egli allora fuggì nell'interno e fu sostituito da un suo zio. Agli occhi della popolazione però rimaneva Taha il vero sultano. Per molti anni (1879-1899) si tentò di venire a patti con Taha e alla morte del sultano fedele (1899) il governo olandese decise di riconoscere sultano il figlio di Taha, purché questi e i suoi partigiani facessero atto di sottomissione. Rifiutarono tanto Taha quanto il figlio e cominciò una fiera ribellione. Dal 1901 al 1904 durò l'aspra guerriglia contro la famiglia regnante. Vinto, il figlio di Taha si sottomise, ma cominciò immediatamente a intrigare con un avventuriero inglese che si spacciò per ambasciatore del sultano turco. Era evidente che tutta la famiglia regnante era in mala fede e così nel 1906 il governatore generale Van Heutsz decise la loro abdicazione forzata e Djambi fu messo sotto il governo diretto olandese. In questa parte dell'isola il fanatismo islamitico è assai forte, e ancora nel 1916 vi è stata una rivolta assai seria.
Costa Orientale. - La Costa Orientale nel sec. XVII formava il territorio di Siak sotto la supremazia del sultano di Djohore sulla Penisola di Malacca. Questi nel 1745 cedette tutto quel territorio alla Compagnia Olandese, sperando così di ottenerne l'appoggio. La Compagnia non si curò del Siak fino al 1755, quando vi scoppiò una guerra di successione. Con una spedizione del 1761 il paese fu sottomesso e venne instaurato un nuovo sultano. I vantaggi commerciali erano però insignificanti e la Compagnia poco si curò del Siak. Nel 1857 il sultano, assalito da un avventuriero inglese che lo aveva cacciato dal suo stato, ottenne l'aiuto olandese. Il sultano fu rimesso nei suoi diritti e per ricompensa domandò al governo olandese di accettare l'eterna supremazia sul suo stato (1858).
Atieh. - Questo stato era ricco e possente all'arrivo degli Olandesi e con esso si svilupparono rapporti commerciali proficui. Col 1640 però cominciarono i contrasti: gli Olandesi accettarono l'invito dai capi locali di liberare di comune accordo la Costa Occidentale dal predominio atcinese. Atjeh perdette quasi tutte le sue dipendenze e finirono i rapporti amichevoli con la Compagnia. Per due secoli vi fu uno stato di guerra latente. Atjeh commerciò con gl'Inglesi e le navi olandesi non potevano avvicinare quelle coste se non sotto bandiera falsa. Per il trattato del 1824 l'Inghilterra dovette rinunciare ad ogni influenza in Atjeh, ma il governo inglese domandò a quello olandese di non muovere guerra contro il sultanato. Gli Olandesi imprudentemente promisero di rispettarne l'indipendenza e di curare, in pari tempo, la sicurezza della navigazione nelle acque intorno ad Atjeh. Ma la navigazione europea lungo le coste, accresciuta dall'apertura del Canale di Suez, diede anche maggiore impulso alla pirateria. Nel 1868 l'Atjeh, temendo qualche impresa olandese, si mise sotto il protettorato della Turchia, ma l'offerta non fu accolta. Poco dopo il 1870, in Italia si parlò dell'Atjeh come posto adatto per una colonia di deportazione. Nel 1871 l'Inghilterra rinunziò ad ogni possibilità di protesta per un'ulteriore estensione del dominio olandese in Sumatra e finalmente l'Olanda aveva le mani libere. Si tentò di venire col sultano di Atjeh a un trattato del tipo di quello concluso con Siak, ma tornando dall'isola Riau ove si svolsero le trattative, i delegati atcinesi a Singapore invocarono l'aiuto del console americano contro l'Olanda. Un capo locale poi domandò di nuovo l'aiuto della Turchia. L'Olanda decise di agire e nel marzo 1873 dichiarò la guerra che durò per oltre trent'anni. Finalmente il comando delle truppe fu affidato al giovane generale J.B. van Heutsz, che ristabilì la disciplina delle truppe e per varî anni non diede tregua al nemico. Nel 1898 la vallata dell'Atjeh era di nuovo sottomessa; dal 1898 al 1901 furono sottomessi i varî staterelli dipendenti dell'Atjeh, che tutti opposero accanita difesa. Dopo il 1905 l'Atjeh è tranquillo e l'opera veramente illuminata del Van Heutsz è riuscita a rendere bene accetto il dominio olandese.
Bibl.: Oltre alle opere citate alle voci: atjeh; indie olandesi; indie, compagnie delle, cfr. più specialmente per Sumatra: per il periodo precoloniale: G. Ferrand, L'empire sumatrais de Crivjiaya, Parigi 1922: N. K. Krom, Hindoejavaansche geschiedenis, L'Aia 1931; R. Heine-Geldern, The archaeology and art of Sumatra, in E. M. Loeb, Sumatra, Vienna 1935. - Per il periodo coloniale: W. Marsden, History of Sumatra, Londra 1911; E. Netscher, De Nederlanders in Djohor en Siak (1602-1865), Batavia 1870; R. Broersma, De Lampongsche Districten, ivi 1916; E. B. Kielstra, De Lampongs, in Onze Eeuw, 1915; E. B. Kielstra, De ondergang van het Palemb. Rijk, in De Gids, 1892. Indicazioni più estese sotto le voci dedicate ai singoli stati nella Encycl. van Nederl. Oost-Indië.