super-
[dalla prep. lat. sŭpĕr «sopra», già presente in molte voci latine, anche come calco dell’omologo greco ὑπερ-]. – Tale prefisso dall’originaria connotazione spaziale (come in superattico) ha sviluppato un valore di «superamento, superiorità, eccezionalità», acquisendo un carattere fondamentalmente elativo e superlativo, soprattutto nell’uso giornalistico, dove risulta molto produttivo e si colorisce di una sfumatura enfatica e spesso sensazionalistica (come in supercommissario, superfarmaco e supervaccino). Come aveva già notato Bruno Migliorini, la fortuna che il prefisso ha incontrato in ambito internazionale dal 20° sec. si deve al tedesco Übermensch di Friedrich Wilhelm Nietzsche (adattato nell’italiano superuomo, documentato dal 1894). In alcuni casi, super- è usato in concorrenza con il prefisso sopra- e con la sua variante sovra- (come accade per l’agg. supernazionale, sopranazionale e sovranazionale). Più recentemente, il prefisso ha acquisito una nuova connotazione semantica, che fa esplicito riferimento a interventi di modificazione o manipolazione organica o genetica (come in supergerme, ossia un microrganismo manipolato geneticamente, e superproteina, vale a dire una proteina che ha subìto una manipolazione organica).