SUPERFICIE
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Chimica delle superfici. - Introduzione. - Gli atomi (o ioni) presenti sulla s. di un solido sono intrinsecamente in uno stato diverso da quelli esistenti all'interno, dato che solo una parte delle loro valenze è saturata da atomi (o ioni) vicini. Per semplicità si parlerà sempre di ''atomi'' superficiali: la natura delle unità costitutive emergerà dal tipo di solido. Lo stato d'insaturazione genera negli atomi superficiali caratteristiche strutturali e di reattività tali da causare comportamenti chimici particolari. Si è così condotti a parlare di una chimica delle superfici. Il termine in linea di principio può applicarsi a ogni proprietà o processo legati alla particolare situazione delle s. di uno stato condensato. Peraltro, alcuni settori inizialmente inclusi nella chimica delle s., quali quelli riguardanti i fenomeni di condensazione, evaporazione, cristallizzazione, sono generalmente trattati nei capitoli appropriati della termodinamica e della chimica fisica dei liquidi e dei solidi. Si sono così accentuati gli aspetti strutturali e soprattutto quelli di reattività delle s. dei solidi, ed è in tale accezione che il termine ''chimica delle s.'' viene oggi generalmente inteso. Con termine suggestivo, ma da comprendere nel suo reale significato, si è anche parlato di chimica a due dimensioni.
Contrariamente al concetto geometrico di s., la s. di un solido implica uno strato di spessore finito, composto da unità discrete, atomi o ioni o molecole. Nella chimica delle s. non si può prendere in esame solo lo strato di atomi appartenenti all'ultimo piano che delimita il solido, e ciò per diverse considerazioni. La disposizione geometrica degli atomi superficiali dipende dal piano cristallino, e può essere tale da lasciare parzialmente scoperti atomi di strati sottostanti (Cimino 1989). Inoltre sulla s. di un cristallo hanno luogo anche nel vuoto possibili ricostruzioni delle s., e questi processi sono accentuati durante le reazioni. Infine è da tener presente che la descrizione di un sistema chimico si basa non solo sugli aspetti geometrici ma anche sulle strutture elettroniche delle specie reagenti. Si può mostrare che la presenza di una s. modifica la struttura elettronica e quindi le proprietà non solo degli atomi appartenenti all'ultimo strato, ma anche di quelli appartenenti a strati sottostanti. È da notare che vanno prese in esame anche le s. ''interne'' dei solidi se accessibili alle specie reagenti, quali quelle esistenti nei pori nonché quelle esistenti in cavità intrinsecamente presenti in alcune strutture, come per es. nelle zeoliti (v. in questa Appendice). Le piccole cavità delle zeoliti sono accessibili a molecole di dimensioni limitate, e pertanto gli atomi delle cavità sono considerabili come superficiali o no a seconda della molecola interagente. In sintesi, l'esigenza d'includere strati più o meno profondi dipende dal fenomeno in esame, e pertanto la definizione di ''superficie'' nell'ambito della chimica delle s. dipende dalle proprietà strutturali e dal tipo di processo in gioco.
Molti fenomeni coinvolgono direttamente la chimica delle s: basterà citare in primo luogo la catalisi eterogenea, ma anche la corrosione, l'elettrochimica degli elettrodi, la lubrificazione, l'adesione di strati protettivi. È da notare che molti processi che coinvolgono l'interno di un solido s'iniziano sulla s., cosicché la chimica delle s. ha un importante ruolo nella comprensione di fenomeni osservati e studiati nell'ambito di tutta la scienza dei materiali.
Reattività delle superfici: adsorbimento. - L'esistenza sulle s. di atomi coordinativamente insaturi porta all'interazione attrattiva verso molecole, ioni o atomi esterni (indicati in seguito per brevità come molecole). Questa interazione porta a legare le molecole di un fluido che venga a contatto con la s., e, nel caso di un gas, si osserva un arricchimento della concentrazione delle molecole della specie gassosa sulla s. del solido. Si parla in questi casi di adsorbimento, per distinguere il processo di legame con gli atomi di s. da quello in cui si ha penetrazione entro il solido, o assorbimento.
La reattività delle s. verso molecole esterne spiega le difficoltà incontrate nello studio della chimica delle s. prima dell'avvento di tecniche avanzate di vuoto. La teoria cinetica dei gas mostra che le molecole di un gas subiscono un elevato numero di urti con una superficie.
Per es., a temperatura ambiente e alla pressione di 10−6 Torr, realizzabile con i sistemi di produzione del vuoto in uso corrente circa 50 anni fa, il numero di urti è dell'ordine di 1015 per secondo e per cm2, cioè pari al numero di atomi esposti sulla stessa s. di un solido. Data la reattività degli atomi superficiali, nel giro di pochi secondi la s. è coperta dalle molecole del gas. Lo studio di s. ''pulite'' ha richiesto l'impiego dell'ultra-altovuoto (pressioni non superiori a 10−10 Torr), che consente di mantenere intatta la s. per i tempi necessari all'osservazione. È da notare in particolare, data l'affinità di quasi tutti i metalli per l'ossigeno, che in assenza di un'opportuna sperimentazione la s. dei metalli è in realtà costituita da s. coperte da ossigeno. Per alcuni metalli si forma un sottile strato di ossido, invisibile a occhio, che impedisce la reazione ulteriore del metallo sottostante. D'altra parte, la chimica delle s. ha per oggetto in molti settori lo studio di s. reali, non esenti da contaminazioni derivanti dall'ambiente a cui sono esposte. Basti pensare alle s. di catalizzatori in condizioni operative, alla corrosione di metalli, ai problemi di contaminazione di s. di manufatti artistici. Rientra pertanto nei compiti della chimica delle s. il chiarire la reattività specifica verso dati agenti, e, di conseguenza, le possibili misure di protezione.
Curve di potenziale nell'adsorbimento. - Nell'adsorbimento può aver luogo una modifica profonda della struttura elettronica della molecola adsorbita, con formazione di un vero legame chimico (adsorbimento chimico o chemiadsorbimento) caratterizzato da energie dell'ordine di quelle in gioco nelle reazioni chimiche, e con formazione di ''composti superficiali''. Possono viceversa manifestarsi solo interazioni deboli (forze di van der Waals o di dispersione o di London) se la molecola è per sua natura poco reattiva (gas nobili) o se la temperatura non è sufficiente a rompere il legame intramolecolare (per es., azoto, ossigeno, ecc., a bassa temperatura). In questo caso si parla di adsorbimento fisico. Gli aspetti energetici relativi all'adsorbimento, chiariti nel secolo 20° a partire dagli anni Trenta (curve di adsorbimento, Lennard-Jones) sono alla base della comprensione del fenomeno d'interazione tra s. e molecole.
Alcune considerazioni possono essere svolte con l'aiuto della fig. 1, che illustra la curva dell'energia potenziale per l'interazione di una molecola biatomica X2 (per es. H2) con una superficie. Nel grafico si riporta l'energia potenziale E, il cui zero è rappresentato dalla molecola X2 a distanza infinita, in funzione della distanza r. La curva a rappresenta l'interazione con adsorbimento fisico (senza dissociazione di X2), ed è caratterizzata da un'energia attrattiva debole, e da un calore d'interazione (o entalpia) QP. La molecola ha come sua distanza media dalla s. la distanza rP definita dal minimo di a, e cioè P. La curva b rappresenta l'interazione tra atomi X e superficie. Per r→" il valore di E relativo alla curva b differirà dallo zero per la quantità ΔHD (entalpia di dissociazione di X2). Per valori di r decrescenti si avrà una marcata diminuzione di E, a causa dell'interazione attrattiva tra X e s., fino a raggiungere un minimo profondo C, oltre il quale cominciano a prevalere le forze di repulsione. L'energia del minimo, QC, e la sua ascissa rC, caratterizzano l'adsorbimento chimico di X. Il processo globale è quindi descritto da un'attrazione tra molecola X2 e s. lungo la curva a quando la molecola si avvicina alla s., con adsorbimento fisico di X2, e se il sistema possiede l'energia minima EB definita dal punto d'incontro tra le curve a e b (punto B) il processo prosegue lungo la curva b, con dissociazione di X2 in atomi chemiadsorbiti. Man mano che aumenta la concentrazione di X sulla s., la curva b si sposta in alto (per es. b′) e il punto d'incrocio si sposta in alto. Aumenta quindi l'energia richiesta per l'adsorbimento dissociativo di X2, fino a raggiungere un equilibrio dinamico con una concentrazione stazionaria di atomi adsorbiti. Il grafico permette di comprendere che l'adsorbimento chimico, pur implicando un abbassamento di energia totale, richiede un'energia di attivazione (EB) che dipende dalle posizioni relative delle curve a e b, cioè dalle coperture raggiunte (adsorbimento attivato). Su s. metalliche pulite si hanno in genere valori di EB molto bassi o nulli, sicché il processo di adsorbimento ha luogo anche a bassa temperatura.
Se da un lato è chiaro che l'interazione s.-molecola porta a un vero ''composto superficiale'', la descrizione teorica del processo presenta varie difficoltà. Infatti in linea di principio dovrebbero essere descritte le funzioni d'onda dei reagenti, ma anche se si considera l'interazione con una molecola semplice, la s. si presenta dal punto di vista elettronico come un'entità complessa (Chiarotti 1989). È necessario quindi ricorrere a semplificazioni, nelle quali l'intuizione chimica avrà un ruolo molto importante, per evitare che vengano cancellate caratteristiche del sistema essenziali per una corretta interpretazione del processo. Si comprende quindi che vi è stato spazio per approcci diversi, a volte contrastanti, dai tentativi di trattazione più rigorosa fino a quelli di tipo empirico. Per es., a volte si è preferito ''isolare'' idealmente un gruppo di atomi della s. e trattare l'interazione di una molecola come ''localizzata'' su un gruppo ristretto di atomi (sito di adsorbimento), come in una reazione chimica che conduca a composti di coordinazione molecolari, mentre in altri approcci si è fatto ricorso al modello a bande rigide, per avere un punto di partenza sui livelli elettronici in gioco. La stessa descrizione della configurazione elettronica del solido ha subito profonda evoluzione, sicché il problema è dal punto di vista teorico molto complesso (Cimino 1989).
Dal punto di vista chimico il legame che si forma tra s. e molecola può essere ricondotto al caso generale del legame chimico, in particolare essere descritto mediante i due casi limite di: a) interazione ionica (legame ionico con trasferimento di carica); b) legame covalente, con sovrapposizione degli orbitali. Il vantaggio di queste descrizioni è che esse si prestano a un'interpretazione intuitiva del fenomeno dell'interazione molecola-superficie.
Il caso a non prende in esame la dettagliata configurazione elettronica dei reagenti, bensì parametri energetici relativamente semplici della molecola reagente, elettroaffinità ed energia di ionizzazione, e del solido, energia di estrazione elettronica e livello di Fermi. Si può mostrare che nel processo di trasferimento elettronico da o verso il solido si crea un doppio strato elettrico che tende a opporsi e infine blocca l'ulteriore passaggio di carica, con conseguente arresto dell'adsorbimento (Cimino 1975). Il caso b offre un'ampia modalità di approcci, da quello semiempirico (''Teoria elettronica della catalisi e dell'adsorbimento'') fino alle trattazioni più sofisticate (Cimino 1975, 1989).
È da notare che sulla s. di un solido esisteranno siti con configurazioni diverse, come già mostrato anche dal punto di vista puramente geometrico. Si avranno in genere diversi tipi d'interazione, e quindi sarà presente una ''eterogeneità intrinseca'' della superficie. Se si esamina l'aspetto ''funzionale'' del legame, non solo vi saranno gradazioni nel tipo di legame, ma potranno essere riconosciute ''funzioni'' diverse coesistenti tra loro. Per es., sulla s. di un ossido, potranno essere presenti siti donatori di coppie elettroniche (ioni ossigeno) con funzione di base di Lewis, siti accettori di coppie (ioni metallici) con funzione di acidi di Lewis, e ancora siti elettron-donatori o elettron-accettori. Per es., l'adsorbimento di ammoniaca può essere descritto come una reazione tra la base NH3 e un acido di Lewis Mn + , dove Mn + è uno ione metallico della s., la reazione essendo quindi del tutto analoga alla formazione di un composto di coordinazione. La possibile presenza di più funzioni sulla s. di un solido è essenziale per comprendere la chimica delle s., dato che essa è causa di una complessa situazione: sulla s. potranno infatti coesistere specie molecolari (molecole neutre coordinate, ioni, radicali) caratterizzate ciascuna da propria struttura e reattività.
Dispersione. Sistemi supportati. - Si è citato il fatto che gli atomi superficiali sono ''insaturi''. Ogni atomo superficiale è caratterizzato da un grado d'insaturazione che dipende dalla struttura del solido, dal piano cristallino esposto e dalla posizione dell'atomo in esame. L'aspetto geometrico è di fondamentale importanza per comprendere la possibile dipendenza di fenomeni chimici superficiali dal piano cristallino esposto. Esso è anche alla base della possibile dipendenza di reattività superficiale e catalisi dalla grandezza delle particelle. Se si considera infatti la s. infinita del piano (111) di un cristallo metallico a facce centrate, gli atomi ad essa appartenenti avranno la coordinazione 9 anziché 12 come nell'interno. Questi atomi vengono designati come C9, il suffisso indicando la coordinazione. Un cristallo finito, delimitato da piani (111), oltre agli atomi C9 mostrerà anche atomi C7 e C4 rispettivamente sugli spigoli e sui vertici (fig. 2). La concentrazione relativa di atomi C9, C7 e C4 dipende dalle dimensioni delle particelle. Se l'interazione di una molecola con la s. varia a seconda del tipo d'insaturazione superficiale, si noterà una variazione della reattività con le dimensioni delle particelle metalliche, a parità di numero totale di atomi superficiali.
È utile introdurre il concetto di dispersione (D), che viene definito come rapporto (atomi superficiali)/(atomi totali). Per definizione D varia da 0 (cristallo infinito) a 1 (tutti gli atomi sono esposti). Per es., in un cristallo come in fig. 2, avente 7 atomi sullo spigolo dell'ottaedro, risulta D = 0,63 dato che vi sono 146 atomi superficiali e 231 atomi totali.
A causa del guadagno di energia nel ridurre il rapporto superficie/volume, un insieme di particelle piccole tende a unirsi in particelle più grosse (''sinterizzazione''), così come avviene per la coalescenza di piccole gocce. La sinterizzazione è più o meno veloce in dipendenza della natura del solido. Essa è in genere rapida per i metalli, mentre può essere lenta per alcuni solidi, per es. ossidi, carburi, ecc. La sinterizzazione è influenzata dalla chimica della s. delle particelle, ed è accelerata, oltre che dalla temperatura, dall'ambiente. Per es. la sinterizzazione di MgO è accelerata dal vapor acqueo, a causa della formazione di un idrossido superficiale. Sia i solidi metallici, sia quelli non metallici possono essere mantenuti in un elevato stato di dispersione se ''supportati'', cioè se formati o depositati su un materiale ''inerte'' (in genere ossidi, come allumina o silice, aventi particelle piccole, ma anche carbone o alcuni materiali polimerici). Il supporto non è in realtà totalmente inerte, perché è proprio grazie all'interazione con le particelle che esso esercita un'azione protettrice contro la sinterizzazione. Si raggiungono così valori di D prossimi a 1 anche per particelle metalliche che in assenza del supporto subirebbero una rapida sinterizzazione. Il valore di D è influenzato anche dalla morfologia delle particelle, e l'interazione con il supporto può favorire particelle sottili, lenticolari o a zattera, con aumento degli atomi esposti.
Il fenomeno della dispersione di metalli e ossidi supportati dipende dalla chimica delle s. delle particelle e del supporto, e costituisce un capitolo di particolare rilevanza pratica dato l'ampio impiego di sistemi dispersi in catalisi eterogenea, in cui si usano spesso piccole particelle metalliche, a uno o più componenti (leghe) disperse su un supporto.
Proprietà acide e basiche di superficie. - Il concetto di acido e di base trova un'importante applicazione nella chimica delle s. nella sua accezione di Brønsted (acido = donatore di protoni, base = accettore di protoni) o di Lewis (acido = accettore di coppia elettronica, base = donatore di coppia elettronica). Un ossido metallico ha intrinsecamente proprietà acide e basiche. Per es., lo ione O2− è base di Brønsted (B) e base di Lewis (L). Lo ione Mn + in quanto accettore di coppia elettronica è acido di L. Il gruppo OH−, presente su ossidi idratati o su idrossidi, può agire da base di B o da acido di B. Possono quindi coesistere funzioni diverse, ma, come nelle soluzioni acquose, le funzioni acido e base sono caratterizzate non solo dalle loro concentrazioni, ma anche dalla loro forza.
Alcuni ossidi hanno essenzialmente carattere basico (es. MgO), altri acido (es. SiO2) e altri infine entrambi i caratteri (anfoteri). A seguito di trattamenti termici possono variare le concentrazioni e la forza dei siti acidi e basici. Per es., per riscaldamento di γ−Al2O3, idratata in superficie, si creano siti acidi di L Al3 + e basici O2−, secondo lo schema semplificato-
dove bBL, aB, aL indicano il sito base di B o di L, acido di L e acido di B. Il processo i) è molto importante perché ha luogo nell'''attivazione'' dell'allumina e impartisce proprietà di adsorbimento e di catalisi particolari. Il processo ii) può aver luogo per successiva reazione.
Anche se gli ossidi puri già consentono d'illustrare i concetti di acido e base di s., è con gli ossidi multicomponenti che si presenta una maggiore potenzialità e versatilità. Piccole aggiunte di ossidi estranei XOm a un ossido MOn possono modificare sensibilmente le proprietà di MOn. Esempio classico le silico-allumine, che sviluppano siti acidi di notevole forza per aggiunta di allumina alla silice (dotata di proprietà acide deboli). Uno schema semplificato del sorgere di siti acidi di B o di L può essere scritto:
In i la presenza di Al3 + al posto di Si4+ genera proprietà di adsorbimento per la molecola H2O. La polarizzazione di quest'ultima trasforma i in ii con generazione di siti acidi di B forti. Per disidratazione a T>400°C si genera la situazione iii, dove è presente un sito acido di L forte.
Scegliendo opportunamente il sistema di ossidi e i trattamenti, si possono ottenere ossidi misti con proprietà di ''superacido'', le cui proprietà superficiali acide sono paragonabili o superiori agli acidi minerali forti concentrati. La chimica delle s. di questa classe di composti è molto importante in catalisi. La misura della concentrazione totale dei siti può essere eseguita con opportuni indicatori, oppure mediante adsorbimento di molecole aventi carattere acido per i siti basici e basico per i siti acidi (per via volumetrica o gravimetrica) o per scambio ionico. La forza dei siti può essere determinata con indicatori, o con curve di desorbimento termico di acidi e basi adsorbite. Molto importanti sono peraltro i metodi spettroscopici, principalmente IR, che consentono lo studio della natura e della forza dei siti, e la loro evoluzione a seguito dei trattamenti superficiali.
Termodinamica delle superfici e composizione superficiale. - È stato citato che gli aspetti generali termodinamici delle s. solide e liquide, quali energia superficiale, tensione di vapore, condensazione, già sviluppati a partire dal 1875 circa ad opera di J.W. Gibbs, rientrano nei capitoli della termodinamica generale, e pertanto nel parlare di chimica delle s. si presuppongono acquisiti i concetti sopracitati. Viceversa un aspetto particolare è quello della composizione superficiale in sistemi binari, d'immediato interesse per la reattività delle s. dei solidi (Swalin 19722; Somorjai 1994).
Come per una soluzione liquida di due componenti A e B la composizione dello strato superficiale può differire da quella dell'interno, anche per un solido può verificarsi un arricchimento di un componente, se con ciò si ottiene un abbassamento dell'energia superficiale. Pertanto anche una soluzione solida omogenea di A e B presenterà un'esposizione preferenziale di atomi A o B, e la reattività del solido ne sarà direttamente influenzata. Per es., una lega Cu-Ni, anche se omogenea al di sopra di una certa temperatura (intorno a 330°C), mostra una tendenza ad arricchirsi superficialmente in Cu, per cui esiste un ampio intervallo di composizione media (dipendente dalla temperatura) in cui la concentrazione di Cu risulta prevalente. Di conseguenza alcune proprietà chimiche (adsorbimento, proprietà catalitiche) appaiono poco sensibili alla composizione media. Nell'interpretare il ruolo della struttura elettronica in leghe, e dell'importanza dei modelli localizzati, è premessa indispensabile conoscere l'effettiva composizione superficiale. Ciò è possibile mediante diverse tecniche spettroscopiche (Auger, spettroscopia fotoelettronica) o da esperienze di scattering. Le tecniche si sono sviluppate anche grazie all'interesse delle applicazioni nel campo della fisica dei solidi: semiconduttori, telecomunicazioni, utilizzazione dell'energia solare, ecc. (Chiarotti 1989). Il fenomeno dell'arricchimento superficiale è anche di fondamentale importanza per comprendere il ruolo protettivo di piccole quantità di un componente in una lega.
Metodi d'indagine. - Lo studio della chimica delle s. si avvale di diverse tecniche d'indagine, il cui numero è tale da rendere impossibile un esame esteso. Ogni tecnica è adatta a rispondere a particolari problemi, e con il progredire delle conoscenze si rende necessaria l'introduzione di nuovi metodi sperimentali. A titolo illustrativo vengono ricordate alcune tecniche di tipico impiego.
I metodi diretti allo studio strutturale cristallografico, quali principalmente la diffrazione con elettroni di bassa energia, LEED (Low Energy Electron Diffraction), interessano la chimica delle s. in quanto forniscono un modello per le s. di alcuni solidi tipici, e permettono una discussione in termini di configurazione geometrica. Di ausilio sono anche le tecniche di microscopia elettronica, specie la microscopia in trasmissione ad alta risoluzione, TEM (Transmission Electron Microscopy), che consente l'individuazione dei piani terminali, di aggregati di pochi atomi, e di dettagli su scala atomica.
Un problema centrale in molti campi è l'osservazione di specie di minoranza, e se si considera che il numero degli atomi superficiali è di per sé una frazione degli atomi totali tranne che per elevate dispersioni, si comprende che vi è stata una continua ricerca per aumentare la sensibilità dei metodi di osservazione. A ciò si può pervenire sia con il perfezionamento della strumentazione fisica, sia con lo sviluppo del trattamento dati tramite computer. Un esempio tipico è fornito dalla spettroscopia infrarossa (IR), che permette di distinguere differenti modi di adsorbimento di una stessa molecola, di studiare i diversi siti di adsorbimento presenti su una stessa s., e le corrispondenti reattività. Altri metodi, meno diffusi, sono pure in grado di fornire dati sulle caratteristiche molecolari delle specie superficiali (Cimino 1989; Chiarotti 1989). Tra le applicazioni di crescente impiego è da ricordare l'analisi della struttura fine negli assorbimenti di raggi X, EXAFS (Extended X-ray Absorption Fine Structure), grazie all'impiego di luce di sincrotrone, e che permette lo studio di particelle piccole supportate su solidi impiegate in catalisi.
Grande rilevanza hanno assunto negli ultimi vent'anni tecniche di analisi superficiale basata sulla spettroscopia elettronica, mediante l'analisi (intensità, energia) degli elettroni emessi sia con eccitazione fotonica con sorgenti di raggi X (XPS) o ultravioletti (UPS) o con radiazione di sincrotrone, sia con eccitazione elettronica (spettroscopia Auger). Queste tecniche sono state essenziali per definire la composizione superficiale in leghe e la correlazione tra composizione e proprietà superficiali di reattività e di catalisi. In tempi recenti esse hanno molto contribuito anche allo studio delle specie superficiali.
Nello studio della chimica delle s. sono da ricordare due tecniche basate sull'urto ione-superficie. La spettroscopia di massa di ioni secondari, SIMS (Secondary Ion Mass Spectroscopy), permette di risalire agli aggregati preesistenti sulla s. dalla misura di aggregati ionici (positivi o negativi) liberati dall'urto ionico contro la superficie. Lo scattering ionico superficiale, ISS (Ion Surface Scattering), basato sulla riflessione anelastica di ioni, è sensibile agli atomi superficiali dell'ultimo strato esposto, e ha trovato applicazione nello studio di composti e di catalizzatori. Tra le tecniche di s. non specifiche, ma che hanno diretta applicazione anche nella chimica delle s., sono da ricordare la risonanza di spin elettronico, ESR (Electron Spin Resonance), e la risonanza magnetica nucleare, NMR (Nuclear Magnetic Resonance). La prima è sensibile a quantità assolute molto piccole di alcune specie radicaliche o ioniche. Essa ha permesso di studiare la formazione e la stabilità di specie quali ioni O−, O2−, radicali organici, ioni con numero di ossidazione anomalo, ecc., stabilizzati dalla particolare struttura elettronica degli atomi superficiali. La tecnica NMR ha trovato applicazione nello studio di fenomeni superficiali quali la mobilità protonica, l'interazione tra molecole adsorbite e particolari gruppi superficiali e in altri casi specifici.
Se le tecniche spettroscopiche, per la loro sensibilità e specificità, hanno ormai un'importanza fondamentale nello studio della chimica delle s., alcune tecniche di natura ''chimica'' mantengono un ruolo non trascurabile. Oltre all'impiego della misura dell'area superficiale mediante adsorbimento fisico, altre misure di adsorbimento sono impiegate in questo settore. In particolare, la misura di adsorbimento chimico di molecole dotate di reattività specifica verso atomi (per es., metalli) o verso gruppi funzionali (per es., acidi o basi) permette di titolare la concentrazione di specie determinate. In questo ambito è da citare il desorbimento termico programmato, TPD (Thermal Programmed Desorption), in cui si registra il desorbimento di una o più specie all'aumentare della temperatura di un campione sul quale era stata precedentemente adsorbita una data specie. L'analisi delle curve di desorbimento fornisce dati sulla natura, sulla forza dei siti, sulla cinetica dei processi e sulle energie in gioco nei processi di assorbimento e di desorbimento.
Bibl.: R.A. Swalin, Thermodynamics of solids, New York 19722; A. Cimino, Catalisi eterogenea, in Encicl. del Novecento, 1, Roma 1975; Treatise on solid state chemistry, a cura di N.B. Hannay, 6A e 6B, New York 1976; The chemical physics of solid surfaces and heterogeneous catalysis, a cura di D.A. King e D.P. Woodruff, Amsterdam 1981; C.A. Somorjai, Chemistry in two dimensions. Surfaces, Ithaca (N.Y.) 1981; K. Tanabe, Solid acid and basic catalysts, in Catalysis, 2, Berlino 1981; A. Cimino, Superfici: Chimica, in Encicl. del Novecento, 8, Roma 1989; G. Chiarotti, Superfici: Fisica, ibid.; S.R. Morrison, The chemical physics of surfaces, New York 19902; A.W. Adamson, Physical chemistry of surfaces, ivi 19905; C.A. Somorjai, Introduction to surface chemistry and catalysis, ivi 1994; V.E. Henrich, P.A. Cox, The surface science of metal oxides, Cambridge 1994.
Fisica delle superfici. - In questa sezione sono illustrate le proprietà elettroniche e strutturali delle s. dei solidi, escludendo le s. liquide, che pur presentano interessanti fenomeni fisici.
Introduzione. - È noto che i solidi (a eccezione dei vetri e dei materiali amorfi) possiedono una struttura periodica, con gli atomi disposti nei vertici di un reticolo cristallino. Le forze che agiscono sugli atomi di s. sono diverse da quelle dell'interno del solido, principalmente per la mancanza di alcuni vicini e per il ridotto schermo dielettrico. Gli atomi di s. si dispongono perciò molto spesso in modo diverso da quello caratteristico dei piani cristallografici interni, paralleli alla s. stessa. In conseguenza di questa ricostruzione la s. presenta una sua propria struttura elettronica talvolta anche qualitativamente diversa da quella dell'interno del solido (con termine inglese detto bulk): per es. nel Si, che è un isolante (o un semiconduttore), la s. che espone il piano (111) ha talvolta proprietà metalliche.
Si è sviluppata negli ultimi anni una vera e propria cristallografia di s. che ha raggiunto livelli di conoscenza assai dettagliati sfruttando le numerose tecniche diffrattive, spettroscopiche e topografiche che via via si sono rese disponibili. Va chiarito subito tuttavia che, nel caso delle s., è impossibile scindere chiaramente la struttura cristallografica da quella elettronica: in modo del tutto generale si può dire che una data ricostruzione superficiale è la conseguenza di un diverso processo di minimizzazione dell'energia totale che si realizza in s., e che d'altra parte il contributo elettronico all'energia (o meglio all'energia libera) totale è predominante. Inoltre la presenza di impurezze, assai comuni in s. a causa dell'ineliminabile contaminazione esterna, e di difetti morfologici, su scala microscopica o mesoscopica, influenza in modo rilevante i fenomeni di ricostruzione. La cristallografia di s. è cioè una disciplina eminentemente fisica che include lo studio della struttura elettronica, vibrazionale e difettuale delle superfici.
Discende da quanto detto che alcune proprietà dei solidi sono in larga misura proprietà delle rispettive superfici. Per es., l'emissione di elettroni (effetti fotoelettrico e termoionico), la differenza di potenziale di contatto (effetto Volta), il chemisorbimento e le proprietà catalitiche, l'adesione, la corrosione, la triboelettricità, il trasporto elettronico nel canale superficiale dei transistori MOS, le proprietà delle interfacce metallo-semiconduttore, la crescita epitassiale, ecc. Per queste e altre ragioni la fisica delle s. ha conosciuto negli ultimi vent'anni una crescita esplosiva, stimolata anche dallo sviluppo di nuove tecniche con elevata sensibilità di s. e dall'introduzione di modelli teorici realistici delle s. più importanti.
Tra le nuove tecniche che più hanno contribuito a questo sviluppo possono essere qui menzionate:
1) la tecnologia degli ultra-alti-vuoti (UHV, Ultra High Vacuum, con pressioni minori di 10−11 tor [∼10−9Pa]), che ha permesso l'ottenimento di s. pulite a livello atomico o con contaminazione controllata e la crescita di s. epitassiali di elevata perfezione;
2) le nuove microscopie con risoluzione atomica come la microscopia a effetto tunnel (STM, Scanning Tunneling Microscopy) o quella a ionizzazione di campo (FIM, Field effect Ion Microscopy), che hanno permesso l'osservazione diretta degli atomi di s., migliorando enormemente la nostra conoscenza della struttura locale e dei processi dinamici;
3) l'implementazione, il raffinamento e la specializzazione delle tecniche già note, che le ha rese più sensibili alle proprietà di superficie. Basta qui ricordare: la diffrazione a incidenza radente di fasci di raggi X ottenuti da sorgenti di radiazione di sincrotrone; la fotoemissione risolta in angolo e la fotoemissione inversa; la diffusione elastica e anelastica di atomi (in generale He) dalle s.; le tecniche ottiche differenziali e la perdita di energia degli elettroni; la diffrazione di elettroni lenti (LEED, Low Energy Electron Diffraction) usata nel modo dinamico (intensità del fascio diffratto in funzione del potenziale acceleratore), ecc.
A causa di questi grandi sviluppi la fisica delle s. ha raggiunto un alto grado di accuratezza e riproducibilità. Modelli di s. ricostruite, un tempo risultato di speculazioni teoriche, vengono ora determinati direttamente e con grande precisione. Nel seguito si farà riferimento principalmente alle s. cosiddette pulite, ossia alle s. cristalline con contaminazione trascurabile e ben caratterizzate a livello atomico (per le s. reali o tecniche, v. sopra: Chimica delle superfici).
Struttura delle superfici. - La struttura ideale di una s. è quella di un mezzo cristallo, ottenuto dividendo il cristallo con un piano reticolare, rimuovendo tutti gli atomi da una parte del piano e lasciando gli altri atomi nelle loro posizioni originali. Una s. ideale è perciò caratterizzata dagli indici di Miller del piano reticolare superficiale (o della sua normale). Per la diversità delle forze agenti tra atomi in s., la struttura di una s. è in generale diversa da quella ideale. Sono possibili due tipi di deviazione dalla s. ideale: il rilassamento e la ricostruzione.
Il rilassamento consiste in uno spostamento rigido (nel piano di s. o perpendicolarmente a esso) di tutti gli atomi di s. rispetto alle posizioni della s. ideale. La simmetria nel piano di s. rimane immutata. La ricostruzione consiste invece in spostamenti periodici di atomi che modificano la simmetria traslazionale nel piano di superficie.
Le due situazioni sono illustrate schematicamente in fig. 3. Si vede che nel caso B del rilassamento la cella elementare nel piano di s. è ancora un quadrato di lato a, mentre nei casi C e D della ricostruzione la cella elementare è un rettangolo di lati a e 2a.
Se indichiamo con a e b i due vettori base nel piano superficiale e con A e B quelli della s. ricostruita si avrà:
A = m11a + m12b [1]
B = m21a + m22b
I coefficienti mij definiscono una matrice che caratterizza la ricostruzione. Una notazione più semplice viene tuttavia usata quando l'angolo tra i vettori di base a e b è lo stesso che tra A e B. Si scrive allora, per individuare una data ricostruzione:
(u × v)RΦ
dove:
A = ua [2]
B = vb
e RΦ sta a indicare la rotazione di un angolo Φ della cella elementare. Quando Φ = 0, RΦ viene omesso. Con questa notazione, introdotta da E.A. Wood nel 1963, le ricostruzioni C e D di fig. 3 verrebbero indicate come 1 × 2. Comunemente vengono premessi gli indici di Miller della s. e il simbolo dell'elemento o composto. Con la notazione di Wood si scrive per es.:
Le s. non ricostruite sono talvolta indicate come 1 × 1.
Nella tab. 1 sono riportate alcune tipiche ricostruzioni di semiconduttori e metalli. Si vede che per una data s. sono spesso possibili diverse ricostruzioni a seconda del trattamento subito. Si nota dalla tabella la grande varietà e complessità del fenomeno della ricostruzione. Tale complessità è ancor più evidente qualora si consideri che la simmetria della ricostruzione non individua affatto la posizione degli atomi nella cella elementare, come si vede dal confronto tra le strutture C e D di fig. 3, ambedue indicate come 1 × 2. Per ogni tipo di ricostruzione, individuata dagli indici di Wood, sono possibili svariate posizioni degli atomi nella cella elementare.
Dal punto di vista sperimentale, la diffrazione LEED dà immediatamente la simmetria della ricostruzione, mentre la determinazione delle posizioni degli atomi dentro la cella elementare costituisce un problema di grande complessità, la cui soluzione richiede il contributo di varie tecniche. In linea di principio il LEED dinamico dovrebbe poter determinare la struttura interna della cella; tuttavia il problema della diffusione (scattering) multipla rende in alcuni casi tale determinazione molto ardua, specie per celle che contengono un grande numero di atomi, come per es. la cella del Si(111)7 × 7. La diffrazione dei raggi X non soffre del problema dello scattering multiplo anche se, a causa della debolissima interazione dei fotoni X con gli atomi, presenta una piccola sensibilità alla superficie. Recentemente, l'uso di sorgenti di luce di sincrotrone, unitamente a bassi angoli d'incidenza (∼0,5°), ha permesso di ottenere risultati attendibili per le superstrutture associate alla ricostruzione.
Una teoria che spieghi partendo da principi primi il verificarsi di un così gran numero di ricostruzioni non è oggi disponibile. Ci sono però alcuni meccanismi elementari e linee guida che possono aiutare a comprendere e prevedere il fenomeno. Al riguardo faremo distinzione tra a) semiconduttori (o isolanti) e b) metalli. Nei metalli l'energia guadagnata nel processo di ricostruzione è assai piccola, dell'ordine delle decine di meV per atomo di superficie. Relativamente pochi metalli presentano perciò fenomeni di ricostruzione e, per di più, piccole quantità di impurezze influenzano grandemente o alterano il processo di ricostruzione. Nei semiconduttori, invece, il guadagno di energia è dell'ordine di alcune centinaia di meV per atomo e il fenomeno è assai diffuso e cospicuo.
a) Semiconduttori. I semiconduttori del 4° gruppo e i semiconduttori composti cristallizzano nelle strutture del diamante, della zincoblenda o della wurzite. In tutte queste strutture la coordinazione è tetraedrica, ogni atomo essendo circondato da quattro vicini situati nei vertici di un tetraedro regolare. I legami chimici covalenti sono direzionali (angolo tra i legami ∼109°) e presentano, in misura più o meno accentuata, il carattere sp3 (combinazione lineare di stati atomici s e p) dei legami del carbonio. Nel legame covalente l'orbitale è occupato da due elettroni con spin antiparalleli.
Nel processo di formazione della s. (per es. nel processo di sfaldatura) tutti (o una parte) degli atomi di s. finiscono col possedere dei legami non saturi, in quanto un elettrone è rimasto con l'altra metà del cristallo. La presenza di questi legami non saturi, chiamati dangling bonds (DB, "legami pendenti"), è la causa d'instabilità che determina la ricostruzione. Un criterio generalmente accettato è che la ricostruzione operi per ridurre il più possibile il numero dei DB. Ciò si può fare in vari modi sfruttando la maggiore libertà di movimento degli atomi di superficie. Un elemento importante è la caratteristica dell'ibrido sp3, di essere facilmente deformabile, nel senso che l'energia associata a una variazione dell'angolo tra i legami è in generale assai piccola.
Uno sviluppo al second'ordine dell'energia totale di un sistema covalente basato su ibridi sp3 si può scrivere come:
dove drij è la variazione della lunghezza del legame tra gli atomi primi vicini i e j, dθijk è la variazione dell'angolo tra i legami dell'atomo i-esimo con gli atomi j e k-esimi, r è la distanza d'equilibrio tra gli atomi primi vicini e kr, ku sono le costanti di forza radiali e angolari. La tab. 2 mostra i valori calcolati per kr e ku. Si vede chiaramente che l'energia associata a un allungamento del legame è assai più grande di quella per una variazione dell'angolo. Ne risulta l'indicazione che nel processo di ricostruzione gli atomi tenderanno a muoversi in modo da mantenere il più possibile costanti le distanze con gli immediati vicini, variando però con una certa libertà gli angoli associati alla coordinazione sterica.
Possiamo individuare due processi che soddisfano a queste condizioni e che riducono il numero dei DB: la dimerizzazione e la creazione di un adatomo. Nella dimerizzazione due DB contigui si legano tra loro, riducendo (a causa dell'accresciuta forza del legame) la distanza tra i rispettivi atomi che vengono a formare una specie di molecola biatomica chiamata appunto dimero e rappresentata in fig. 4, ove i legami sono indicati da segmenti a tratto pieno. Ogni atomo di s. possiede due DB. Nella formazione di adatomi, un atomo lascia la sua posizione normale e tende a disporsi sopra il piano di s. legandosi con tre atomi sottostanti, come mostrato in fig. 5. Dalla figura si vede che il numero di DB degli atomi coinvolti, che era originariamente di quattro in quanto ogni atomo della s. possiede normalmente un DB, si è ora ridotto a uno. Un adatomo comporta perciò una riduzione di tre nel numero dei DB. Potrebbe sembrare che il posto vacante lasciato libero dall'adatomo contenga altri DB dovuti all'imperfetto riarrangiamento degli atomi circostanti. Si deve però osservare che in s. esistono delle sorgenti praticamente illimitate di atomi che possono essere rimossi senza alterare la struttura locale dei legami. Essi sono i gradini (steps) su scala atomica che si osservano comunemente su tutte le superfici. L'arretramento di un gradino non modifica il numero totale dei DB di una s. mentre rende disponibili gli atomi di un'intera fila. La riduzione del numero dei DB non è mai completa. La presenza dei residui DB dovrebbe dare alla s. un carattere metallico in quanto i DB sono mezzi pieni e, attraverso la mutua interazione, portano alla costituzione di una banda di tipo metallico. In effetti la trasformazione metallo-semiconduttore in s. costituisce un'altra idea guida per la ricostruzione. Questa trasformazione avviene infatti con l'apertura di un gap nella banda elettronica di s., il che comporta un abbassamento dell'energia di tutti gli stati pieni (e un aumento di quella degli stati vuoti). L'apertura di un gap richiede infatti che i DB diventino non equivalenti, e ciò può avvenire con uno spostamento degli atomi (per es. alternativamente in su e in giù) che comporta una ricostruzione con due atomi per cella elementare. Un esempio qualitativo è illustrato in fig. 6, in cui è presentato il cosiddetto modello di buckling ("ondulazione, stropicciamento") per una s. (111) di un semiconduttore covalente. I DB degli atomi sollevati acquisiscono un carattere più simile a quello delle autofunzioni atomiche s; quelli abbassati un carattere più simile a quello delle funzioni pz. Si ha cioè una de-ibridizzazione del legame sp3 cui corrisponde l'apertura di un gap (in quanto gli stati s hanno energia più bassa degli stati p). Si osservi che la ricostruzione di fig. 6 mantiene la lunghezza dei legami.
b) Metalli. Come già osservato, la ricostruzione non è molto comune nei metalli in quanto le energie in gioco sono in generale piccole. Più spesso viene osservato il fenomeno del rilassamento che, per certe facce, può anche essere cospicuo (∼10%). Nella fig. 7 sono mostrate le facce (100) e (110) di un ipotetico cristallo cubico. Le celle di Wigner e Seitz (che bisecano i vettori congiungenti i singoli atomi) sono pure mostrate in figura. La linea tratteggiata lungo la s. (110) rappresenta il confine della carica negativa che consegue alla minimizzazione dell'energia cinetica degli elettroni.
Si vede che la distribuzione elettronica della s. ideale dovrebbe presentare un andamento piuttosto frastagliato per la faccia (110) e uniforme per la faccia (100). D'altra parte il termine di energia cinetica dell'equazione di Schrödinger (−ℏ2V2/(2m)ί2ψ) è particolarmente grande quando la funzione d'onda ψ varia rapidamente da punto a punto. Essendo l'energia cinetica positiva, si avrà, per la faccia (110), una ridistribuzione di carica elettronica che tende a smussare le asperità, come mostrato schematicamente dalla linea tratteggiata. In conseguenza di questo riarrangiamento si verifica un arretramento del baricentro della carica negativa in ogni singola cella di Wigner e Seitz, che a sua volta provoca un arretramento degli ioni positivi e dunque un rilassamento superficiale verso l'interno. Rilassamenti assai grandi di questo tipo sono osservati per le s. (110) dei metalli cubici a facce centrate, come per es. Ag, Al, Cu, Ni. Casi di ricostruzione si verificano tuttavia in molti metalli. La tendenza a ricostituire in s. la stessa densità di carica che si ha nell'interno, rimuovendo atomi (o intere file di atomi) di s. sembra una delle cause di ricostruzione dei metalli nobili. La remissione dello sforzo elastico gioca pure un ruolo importante.
Oltre alla ricostruzione, al rilassamento e all'eventuale contaminazione, le s. dei solidi presentano difetti su scala mesoscopica (gradini, isole, pozzi, terrazze, ecc.) dovuti all'impossibilità di rappresentare un'entità fisica come la s. con un piano geometrico. Essi sono illustrati schematicamente in fig. 8. I gradini che si osservano su una s. reale, nella fattispecie la s. di Au(100)1 × 5, osservati con la tecnica STM, sono mostrati in fig. 9.
La tecnica STM, introdotta da G. Binnig e H. Rohrer nel 1982, ha rivoluzionato la sperimentazione nel campo della fisica delle s., permettendo l'osservazione delle strutture locali con risoluzione atomica. La tecnica consiste nel far muovere una punta metallica (sottile ma pur sempre di dimensioni macroscopiche) lungo la s. del campione a distanze dell'ordine di 10 ] e misurare la corrente che fluisce per effetto tunnel tra la punta e il campione. Poiché tale corrente dipende esponenzialmente dalla distanza punta-campione, solo la parte più esterna della punta è efficace nel determinare il valore della corrente. Una considerazione della punta a livello microscopico mostra che il più delle volte la punta finisce con un grappolo di atomi dei quali uno solo (o un piccolo numero) contribuisce in modo significativo alla corrente. Questo fatto è cruciale per raggiungere una risoluzione laterale dell'ordine di 1 ] e una verticale dell'ordine di 10−1 ], tipiche della microscopia STM (v. microscopio, in questa Appendice). In uno dei modi di funzionamento del microscopio STM, viene imposto che la corrente rimanga costante durante la scansione. Per ottenere ciò è necessario spostare la punta verticalmente rispetto alla s. mediante un controllo elettronico dei cristalli piezoelettrici cui è attaccata la punta. La tensione di controllo dei piezoelettrici durante la scansione dà perciò direttamente la corrugazione a livello atomico che, elaborata tramite computer, fornisce immagini come quella di fig. 9. I gradini di fig. 9 hanno altezze dell'ordine della distanza tra i piani reticolari e mostrano chiaramente le enormi potenzialità della tecnica.
Stati elettronici di superficie. - La struttura elettronica della s. è in generale diversa da quella dell'interno del solido: oltre alla modificazione delle bande del bulk in prossimità della s., si manifesta la comparsa di nuovi livelli o bande di livelli, chiamati stati di s., spesso localizzati in energia nei gap del solido indefinito.
Nei semiconduttori gli stati di s., specie quando cadono nella banda proibita tra banda di valenza e banda di conduzione, possono intrappolare stabilmente degli elettroni modificando la posizione del livello di Fermi. Ne discende che la s. di un semiconduttore di tipo n può risultare di tipo p e viceversa, alterando il funzionamento dei dispositivi a giunzione. Storicamente è stato proprio questo aspetto negativo che ha richiamato, alla fine degli anni Quaranta, l'attenzione dei fisici sulle proprietà elettroniche delle superfici.
La ricostruzione ha effetti notevolissimi sulla struttura elettronica superficiale. Va però osservato che la pura rottura della simmetria traslazionale causata dalla presenza della s. (anche in assenza di ricostruzione) può essere sufficiente a provocare la comparsa di stati di superficie. Per renderci conto di questo fatto osserviamo che la soluzione dell'equazione di Schrödinger per un elettrone che si muove in un potenziale periodico (quale quello che si manifesta in un solido) è, nel caso unidimensionale, del tipo:
ψ(z) = uk(z) eikz [4]
dove k = 2π/λ (λ essendo la lunghezza d'onda dell'elettrone) è il cosiddetto numero d'onda (o vettore d'onda nel caso tridimensionale) e uk(z) è una funzione periodica con la stessa periodicità del potenziale. La [4] esprime il cosiddetto teorema di Bloch.
Qualora si consideri, nell'equazione di Schrödinger, anche la dipendenza temporale, si dovrà moltiplicare la [4] per il fattore di Heisenberg, exp(−iωt) con ω = E/ℏ, E essendo l'energia dell'elettrone. La [4] diventa cioè un'onda piana che si propaga con un'ampiezza variabile periodicamente. Perché l'onda si propaghi è però necessario che k sia una grandezza reale. Se k fosse immaginario, la soluzione non rappresenterebbe affatto un'onda. Per di più la sua ampiezza diverrebbe illimitata per k→±∞. Per un cristallo indefinito le soluzioni con k immaginario vengono perciò scartate perché non normalizzabili. Poiché l'energia è funzione di k, risulta che, in un solido indefinito, ci sono intervalli di energia permessi (quelli con k reale) e intervalli di energia proibiti (quelli con k immaginario o complesso). Questo ragionamento cade in difetto se il solido è limitato da una superficie. Per illustrare questo concetto, nella fig. 10A è stato riportato schematicamente l'andamento dell'energia potenziale (V) di un elettrone in un cristallo unidimensionale limitato da una s. a z = 0. In fig. 10B è mostrato invece l'andamento della funzione quando k è immaginario (k = -iμ, μ reale positivo). Si vede che in questo caso lo stato è localizzato in prossimità della s. e per di più, per quanto detto sopra, la sua energia cade in una banda proibita del cristallo non limitato. Si ha cioè uno stato di superficie.
Per chiarire ulteriormente la natura di questi stati, sono stati riportati in fig. 11 tre tipi di energia potenziale che in qualche modo si riconducono a quella di fig. 10A. Nei primi due, A e B, la periodicità viene mantenuta fino alla s., mentre nel terzo, C, il potenziale viene smussato in vicinanza della s. geometrica. Il caso C può in modo rudimentale rappresentare una s. rilassata o ricostruita, mentre i casi A e B rappresentano una s. ideale. Si può dimostrare dal confronto di A e B (che si distinguono per il segno della trasformata di Fourier del potenziale) che solo nel caso B esistono stati di superficie. D'altra parte il caso B rappresenta un semiconduttore covalente, in quanto il potenziale tende a localizzare gli elettroni negli spazi tra gli atomi. Nel caso C, viceversa, gli stati di s. sono sempre presenti. Questo fatto e la piccola differenza tra A e C mostra la grande importanza del rilassamento o della ricostruzione per l'esistenza degli stati di superficie. Gli stati corrispondenti al potenziale B vengono chiamati stati di Shockley; quelli di C stati di Tamm. La distinzione tra stati di Tamm e di Shockley fu materia di dibattito negli anni Sessanta e Settanta, e viene tuttora citata nella letteratura. A parere dello scrivente si tratta di una distinzione puramente accademica, stante l'estrema semplificazione del modello.
Per gli stati di s. con energia prossima al livello di vuoto (Evac di fig. 10A) è possibile un approccio diverso da quello degli stati di Tamm o Shockley che va sotto il nome di metodo degli stati immagine. A distanza sufficientemente grande dalla s. verso l'esterno, la forza cui è soggetto un elettrone è quella dovuta alla sua immagine elettrica. L'energia potenziale è cioè di tipo coulombiano (−e2/4z, se z è la distanza dalla superficie). Qualora l'energia dell'elettrone corrisponda a un gap del cristallo indefinito, l'elettrone non può penetrare nel solido, ossia incontra una barriera di potenziale che tende a confinarlo tra la s. a z = 0 e la barriera della forza immagine. In questa buca di potenziale di tipo idrogenoide esistono livelli di energia analoghi a quelli dell'atomo d'idrogeno che sono appunto gli stati immagine. In questo caso l'elettrone è localizzato fuori dal solido in prossimità della superficie. Lo stato immagine fondamentale (n = 1) ha un'energia, rispetto al livello di vuoto, pari a −1/16 di Rydberg, ossia −0,850 eV. In questa approssimazione lo stato di Shockley (o di Tamm) sarebbe quello con numero quantico n = 0. La fig. 12 mostra gli stati immagine dell'Ag (100) con le funzioni d'onda calcolate per n = 1 e n = 2. Una trattazione completa della struttura elettronica della s. dovrebbe includere sia gli stati di s. veri e propri sia quelli dovuti al potenziale immagine. Una tale completa trattazione non è però al momento disponibile. È inoltre interessante notare, confrontando le figg. 11B, 11C e 12, che la presenza degli stati di s. è sempre associata a qualche tipo di buca di potenziale in prossimità della s. stessa.
Nel caso tridimensionale il vettore d'onda k dello stato di s. ha componenti reali lungo gli assi x, y nel piano di s. e componente immaginaria lungo z. Gli stati sono rappresentati da onde viaggianti nel piano x, y ed evanescenti nella direzione z. A causa dell'energia cinetica associata al moto nel piano x, y, gli stati di s. possono avere energie diverse da quelle dei gap e degeneri con le bande del bulk. Se la degenerazione è estesa anche al vettore d'onda si parla di stati risonanti. In questi casi l'elettrone è solo parzialmente localizzato in superficie.
Un calcolo dettagliato deve tener conto della posizione degli atomi in s., e cioè dell'eventuale ricostruzione. Può essere tuttavia illuminante lo studio di una s. ideale non ricostruita, allo scopo di verificare i modelli elementari sopra descritti. La fig. 13 mostra la disposizione degli atomi nel piano di s. (111) e in quelli immediatamente sottostanti nel caso di un semiconduttore covalente. La fig. 14 invece riporta la densità locale degli stati (LDOS, Local Density Of States) o, ciò che è lo stesso, la densità locale di carica elettrica,
nel piano (110) ortogonale alla s., quale risulta da calcoli teorici. La LDOS rappresenta il numero di stati per intervallo unitario di energia, pesato con ∣ψὅ2 per tener conto della sua struttura locale. Si vede chiaramente nella fig. 14 il DB superficiale. La fig. 15 riporta invece le curve di dispersione (energia in funzione di k) per gli stessi stati, nella zona di Brillouin bidimensionale della superficie. La parte in grigio rappresenta le bande di energia del bulk proiettate sul piano di superficie. Si riconoscono gli stati di s. veri e propri nei gap (indicati con tratto pieno) e gli stati risonanti (indicati con linea tratteggiata). Si noti in particolare che le due bande degli stati di s. nel gap principale mantengono una degenerazione nel punto M̅ che verrà tolta dalla ricostruzione 2 × 1.
Dal punto di vista sperimentale le curve di dispersione possono essere ottenute con la spettroscopia di fotoemissione risolta in angolo (ARUPS, Angularly Resolved Ultraviolet Photoemission Spectroscopy) in cui il vettore d'onda degli elettroni, parallelo alla s., viene variato cambiando l'angolo d'incidenza dei fotoni. Per studiare gli stati di s. vuoti è invece necessario ricorrere alla cosiddetta fotoemissione inversa, una tecnica nella quale vengono inviati sul campione degli elettroni di bassa energia (ad angoli d'incidenza controllati) e viene analizzata la radiazione di Bremstrahlung emessa.
Modelli di superficie. - Un modello di s. deve prevedere le coordinate degli atomi di s. e di quelli dei piani sottostanti, lo stato dei legami e della struttura elettronica. Nel caso di s. complesse, come per es. quella del Si (111) 7 × 7 la cui cella elementare comprende molti atomi, la diffrazione LEED o quella dei raggi X non sono in generale sufficienti per determinare il modello di superficie. È invece necessario il confronto dei risultati di molte tecniche, in parte complementari, e l'ausilio di calcoli dettagliati per alcuni modelli plausibili. Nel seguito verranno discussi alcuni casi tipici, allo scopo d'illustrare il grande dettaglio con cui sono conosciute alcune s. importanti, specie di semiconduttori.
Si (111). La s. (111), di stretto impacchettamento, è la s. di sfaldatura del silicio. La disposizione degli atomi nel caso della s. ideale è quella di fig. 13. Qualora venga sfaldato in UHV a temperature inferiori a 550 K, il Si (111) presenta una ricostruzione del tipo 2 × 1 con la cella elementare di lunghezza doppia nelle direzioni [110] o equivalenti. Scaldando tale s. a temperature superiori a ∼550 K, la struttura 2 × 1 si trasforma in modo irreversibile nella 7 × 7. Un altro modo di ottenere la ricostruzione 7 × 7 è quello di ''pulire'' una s. lappata meccanicamente mediante bombardamento con ioni A seguito da ricottura a temperature maggiori di 900 K (per eliminare l'A rimasto sepolto nella superficie). Anche le s. ottenute per epitassia da fasci molecolari a temperature sufficientemente elevate presentano una ricostruzione 7 × 7.Si (111) 7 × 7. La struttura 7 × 7 appare quindi come la fase di equilibrio della s. (111) del silicio. Tale ricostruzione fu osservata per la prima volta da R.E. Schlier e H.E. Farnsworth nel 1959 mediante la diffrazione LEED. Un fotogramma LEED della superficie 7 × 7 viene mostrato a titolo di esempio nella fig. 16.
La cella 7 × 7 di una s. ideale contiene 49 atomi nel piano di s. e circa altrettanti nel piano immediatamente sottostante. Stante la sua grande complessità, la ricostruzione 7 × 7 del Si è rimasta inspiegata per lunghissimo tempo. Un primo suggerimento per la sua interpretazione venne nel 1983 dalle osservazioni di Binnig e Rohrer con il microscopio a effetto tunnel. Un'immagine della s. quale appare al microscopio STM è mostrata in fig. 17. Si vede chiaramente che la cella elementare è costituita da due triangoli equilateri non equivalenti nei quali sono evidenziati 12 atomi in posizione più elevata e quattro vacanze nei vertici della cella stessa.
Da quanto è stato detto in precedenza sui meccanismi guida della ricostruzione, sembra naturale associare le protrusioni nella fig. 17 a 12 adatomi, in parte (o tutti) provenienti dalle vacanze ai vertici della cella. Si ottiene in questo modo una notevole riduzione del numero dei DB e conseguentemente dell'energia libera superficiale. Queste idee, unitamente a misure accurate fatte con il microscopio elettronico a trasmissione usato nel modo diffrattivo, hanno permesso a K. Takayanagi e altri di proporre nel 1985 il cosiddetto modello DAS (Dimer Adatom Stacking fault) della superficie. Tale modello è illustrato in fig. 18, nelle viste dall'alto e laterale. La figura rappresenta un po' più di una cella elementare in modo da poter includere le quattro vacanze.
Si vedono chiaramente i 12 adatomi (i cerchi più grandi in grigio), i 9 dimeri (tre lungo la diagonale corta della cella e 12 − comuni però a due celle − lungo i contorni). Il numero complessivo dei DB viene ridotto, nella ricostruzione, da 49 a 19. Ci sono infatti, nella s. non ricostruita, 42 atomi come quelli indicati dalle lettere A o B nella figura, ciascuno con un DB; 36 di questi vengono saturati dagli adatomi (che però mantengono un DB ciascuno), mentre un DB per cella rimane associato alla vacanza. Si vede ancora dalla figura che le due mezze celle non sono equivalenti: gli atomi come A e B occupano posizioni diverse rispetto agli atomi del terzo e quarto piano reticolare. Esiste cioè un impacchettamento diverso dei piani sottostanti nella metà destra e sinistra della cella, con uno stacking fault ("difetto d'impilamento") nella parte sinistra. Questi difetti rendono non equivalenti gli adatomi e spiegano la diversità delle due metà della cella, ben visibile in fig. 17.
I 19 DB non saturati contribuiscono al carattere debolmente metallico della s., osservato nella fotoemissione (F.J. Himpsel e T. Fauser, 1984). La grande distanza tra i DB degli adatomi rende d'altra parte inefficace il meccanismo di riduzione dell'energia mediante l'apertura di un gap. La presenza di adatomi e vacanze, la cui formazione richiede un processo diffusivo, spiega infine la necessità di una ricottura per ottenere la ricostruzione 7 × 7. Il modello DAS è forse l'esempio più avanzato dell'interazione tra varie tecniche sperimentali e intuizioni teoriche finalizzate alla determinazione di una struttura superficiale. Anche se molti elementi base e idee guida della ricostruzione discussi in precedenza sono presenti nel modello DAS sopra descritto, siamo ancora lontani dalla possibilità di spiegare da principi primi l'occorrenza di una tale ricostruzione.
Si (111) 2 × 1. Come già osservato, la s. di sfaldatura del Si presenta una ricostruzione 2 × 1. Alcuni fatti sperimentali hanno guidato la formulazione di un modello di ricostruzione: 1) la superficie 2 × 1 presenta un gap (di ∼0,5 eV) nella struttura dei livelli elettronici (G. Chiarotti e altri, 1971); 2) la dispersione degli stati occupati è assai grande e suggerisce che i DB siano localizzati sui primi vicini (F.J. Himpsel, 1985); 3) lo spostamento in energia dei livelli interni (core level shift) è invece molto piccolo; 4) la s. mostra una grande anisotropia, con assi lungo le direzioni [0·11] e [·211], come risulta da misure di riflettività differenziale con luce polarizzata (P. Chiaradia e altri, 1984) e d'incanalamento di ioni (ion channeling; R.M. Tromp e altri, 1983).
Un vecchio modello, mostrato qualitativamente in fig. 6 (D. Haneman, 1961) spiega bene il risultato 1), non spiega o spiega con difficoltà il risultato 2) e contrasta con quelli 3) e 4). Per questi e altri motivi K.C. Pandey propose nel 1981 un modello cosiddetto a catene con legami π (π−bonded chain model) mostrato schematicamente in fig. 19 nelle viste dall'alto e laterale. Nella figura è anche riportata la cella elementare 2 × 1 caratterizzata dai vettori A e B. Le catene sono dirette lungo la direzione [0·11] e sono largamente intervallate nella direzione [·211] come dev'essere per spiegare l'anisotropia osservata sperimentalmente. Ciascun atomo della catena ha tre legami saturati e un DB. I DB sono localizzati sui primi vicini e interagiscono fortemente a formare dei legami π. Questa interazione è responsabile della grande dispersione degli stati pieni fatta notare al punto 2).
Il gap ottico menzionato in 1) richiede tuttavia che gli atomi della catena (indicati con 1 e 2 in fig. 19) siano non equivalenti. Nel modello di Pandey questa diversità è legata alla diversa posizione, rispetto a 1 e 2, degli atomi 6 e 7 del terzo e quarto piano. Tale diversità non sembra però sufficiente a produrre un gap di 0,5 eV: un piccolo buckling ("ondulazione") viene generalmente introdotto nella catena come mostrato nella fig. 19 III. La fig. 19 mette però in evidenza una difficoltà intrinseca del modello delle catene: esso richiede per realizzarsi la rottura di alcuni legami, un processo che appariva improbabile date le energie richieste. Calcoli autoconsistenti nello schema della LDOS (J.E. Northrup e M.L. Cohen, 1982) hanno mostrato tuttavia che la nube elettronica si deforma con continuità passando dalla s. ideale a quella ricostruita, e che l'energia di attivazione è molto piccola, dell'ordine di 0,1 eV. La fig. 20 mostra la densità elettronica locale nel processo di rottura-ricostituzione dei legami. Dalla figura si vede che il legame covalente tra gli atomi 2 e 3 in A si trasferisce in modo adiabatico agli atomi 1 e 3 in C.
La conferma definitiva del modello di Pandey è venuta ancora una volta dalla microscopia STM che ha permesso l'osservazione diretta delle catene (R.M. Feenstra e altri, 1986). L'immagine STM riportata in fig. 21 evidenzia l'anisotropia della s. 2 × 1, con le catene orientate secondo le direzioni [01n,·1]. Nella parte destra della figura si vede un difetto della s. su scala microscopica. La struttura 2 × 1 della s. (111) del Si sembra al momento l'unico esempio di ricostruzione ottenibile da principi primi. Una simulazione al computer cosiddetta ''educata'' (cioè guidata, per evitare che la s. ricada nella ricostruzione 7 × 7 più stabile) fatta nell'ambito del metodo Car-Parrinello di dinamica molecolare (F. Ancillotto e altri, 1990) sembra prevedere una struttura a catene con un leggero buckling come quello di fig. 19 III.
W (100) √2 × √2 R45°. Come esempio di ricostruzione nei metalli, illustreremo brevemente la s. di W (100) √2 × √2 R45°, o c(2 × 2), mostrata schematicamente in fig. 22, ove gli atomi in grigio sono quelli del piano di superficie. Questa ricostruzione è un esempio di transizione di fase di s. che si manifesta reversibilmente intorno a 200 K a partire dalla struttura 1 × 1 stabile a temperatura ambiente. Si vede che in questa transizione gli atomi di W si spostano nella direzione [100] per formare la struttura a catene della figura. In un certo senso questa struttura è il prototipo delle ricostruzioni missing row ("fila mancante") che si realizzano in molti metalli allo scopo di ridurre lo sforzo elastico superficiale.
Conclusioni. La struttura delle s. è un problema affascinante e ancora aperto sia per la presenza di molteplici e complesse fasi di ricostruzione, sia per gli stati difettuali locali, che sono essenziali per capire il chemisorbimento e l'interazione gas-superficie. La struttura elettronica associata alla ricostruzione o ai difetti determina alcune proprietà del solido importanti dal punto di vista applicativo, come per es. l'emissione fotoelettrica, l'effetto termoionico, la catalisi, ecc. Una modifica controllata della posizione degli atomi in s. e/o l'aggiunta di singoli atomi d'impurezza può esser fatta impiegando le stesse tecniche della microscopia STM. Questo metodo d'indagine di s. ha così aperto il futuro della nano-elettronica con possibilità di concentrazione dell'informazione nei dispositivi finora impensate.
Bibl.: F. Beckstedt, R. Enderlein, Semiconductor surfaces and interfaces, Berlino 1988; M. Lannoo, P. Friedel, Atomic and electronic structure of surfaces (Theoretical foundations), Berlino-Heidelberg 1991; Physics of solid surfaces, a cura di G. Chiarotti, in Landolt-Börnstein, Numerical data and functional relationships in science and technology, gruppo iii, vol. 24, ivi 1993, 1994, 1995.