superno
Solo nella Commedia e nel Convivio, con il valore, per lo più, di superlativo (cfr. SUPPREMO): ciò " che sta sopra " a ogni altra cosa o, più genericamente, " che è posto in alto "; nella maggior parte delle occorrenze del poema cade in rima.
Ha il significato proprio nei seguenti esempi: If XII 39 cerchio superno, il Limbo in quanto è il primo e il più alto fra i cerchi infernali; Pg XXVII 125 fummo su 'l grado superno, sull'ultimo gradino della scala che sale dalla settima cornice al Paradiso terrestre; Pd XXII 71.
In particolare, è riferito ai cieli in quanto questi occupano la parte più alta dell'universo: le superne rote (Pg VIII 18) e i cerchi superni (Pd XXVII 144; cfr. XXIII 108 la spera supprema) sono i cieli, le viste superne (Pd XXIII 30) le stelle. L'interpretazione di Pg IV 79 'l mezzo cerchio del moto superno, / che si chiama Equatore, non è concorde: secondo Casini-Barbi e il Mattalia per moto superno si deve intendere il cielo cristallino o Primo Mobile, in quanto questo è il più alto dei cieli dotati di moto; Sapegno, Porena e Chimenz danno all'espressione un valore più generico e spiegano tutto il verso " il cerchio mediano della rotazione celeste ".
Compare anche con riferimento ai cieli, e più propriamente all'Empireo, in quanto sede dei beati: la superna patria (Cv III XIII 2) è il Paradiso; le superne cose de l'etternal gloria (II I 6) sono la suprema salvezza dell'uomo, il suo destino finale e ultraterreno rappresentato dalle Scritture secondo il senso anagogico. Vada qui anche III II 17 Tutte le cose produci de lo superno essemplo, che traduce Boezio Cons. phil. III m. IX 6-7 " tu cuncta superno / ducis ab exemplo " (dove il superno essemplo è Dio stesso). In Pd XXVII 36 superna possanza è variante di supprema possanza (Cristo); cfr. Petrocchi, ad locum.
A D. che le aveva domandato se ella e le sue compagne desiderassero più alto loco (Pd III 73), cioè di esser poste in un cielo più alto, Piccarda risponde che se disïassimo esser più superne, / foran discordi li nostri disiri / dal voler di Dio, il che è impossibile; la locuzione ha valore pregnante in quanto significa contemporaneamente " esser poste in un cielo più alto " e " godere di un grado maggiore di beatitudine ". Si noti che in questo passo s. ha valore di positivo, non più di superlativo, come avviene talvolta per ‛ sovrano ' (v.).
Resta isolato l'esempio in Pd XX 50, dove l'aquila indica in Ezechia lo spirito che segue a Traiano per l'arco superno del suo ciglio; la locuzione designa " il tratto ascendente " dell'arco cigliare, nello stesso modo che arco declivo (v. 61) allude a quello discendente.