SUPPONIDI
– Parentela dell’aristocrazia franca, attiva in Italia in seguito alla conquista carolingia del regno longobardo e attestata su cinque generazioni dall’814 alla metà del X secolo.
La denominazione impiegata dalla storiografia contemporanea per designare l’intero gruppo parentale deriva dal nome che ricorre con maggiore frequenza tra i suoi membri, a partire dal primo personaggio a noi noto, l’eponimo Suppone I (attestato tra l’814 e l’824), e ricalca la designazione «tria fulmina belli Supponidae» che si legge ai vv. 77-78 del secondo libro dei Gesta Berengarii (composti tra il 915 e il 924) in merito ai tre fratelli Adalgiso (II), Wifredo (II) e Bosone, appartenenti alla quarta generazione della parentela. In quel passo i tre fratelli, fedeli e cognati dell’imperatore Berengario I, che ne aveva sposato la sorella Bertilla, sono così definiti perché figli di Suppone II (attestato tra l’874 e l’882): l’espressione dell’anonimo poeta deve essere intesa come un semplice patronimico anticheggiante, che ricalca quelli degli eroi dell’epica latina che fa da modello al componimento, e non designa quindi l’intera discendenza in senso patrilineare. La struttura parentale del gruppo è infatti quella tipica delle famiglie della cosiddetta Reichsadel, cioè dell’alta aristocrazia dell’impero carolingio, di cui i Supponidi costituiscono uno dei più importanti esempi italici: un’ampia Sippe cognatizia in cui i legami orizzontali all’interno delle diverse generazioni sono più rilevanti della trasmissione patrilineare del potere. Questa struttura – la più adatta in un contesto politico e sociale in cui la carriera degli aristocratici è assicurata dalla Königsnähe, cioè dalla ‘vicinanza’ al re o all’imperatore, che può fruttare l’affidamento di compiti del più alto livello e di cariche in ambiti regionali diversi – si riflette nelle fonti a nostra disposizione, comportando talvolta l’impossibilità per gli storici di ricostruire con precisione alcuni collegamenti parentali. Nel caso dei Supponidi questa strategia di gruppo fu attuata coerentemente e con successo e fu coronata dal collegamento diretto con i regnanti, per mezzo delle donne della parentela: appartennero alla famiglia non solo la già citata regina Bertilla, ma anche la più importante regina italica e imperatrice del IX secolo, Engelberga (o Angelberga) moglie e consors imperii di Ludovico II. Quella stessa strategia rese tuttavia vulnerabile il gruppo ai veloci rivolgimenti politici della fase postcarolingia e non ne favorì la sopravvivenza oltre la metà del secolo X, in un contesto politico e sociale ormai mutato.
La prima generazione fu rappresentata da Suppone I – missus di Carlo Magno, conte di Brescia, conte palatino e poi duca di Spoleto – e da Mauringo, probabilmente fratello del primo, attestato nell’824 come suo successore a Brescia. Non abbiamo informazioni sulla loro area di provenienza, che potrebbe essere l’Alamannia; la loro fortuna fu verosimilmente legata alla scelta di sostenere Ludovico il Pio contro il re d’Italia Bernardo, secondo la testimonianza della Vita Hludowici imperatoris del cosiddetto Astronomus (a cura di E. Temp, 1995, c. 29, p. 382). Il radicamento a Brescia fu perseguito coerentemente dalla parentela non solo tramite il controllo della carica comitale e poi della cattedra vescovile, ma anche con la presenza costante delle donne supponidi nel monastero femminile di S. Salvatore - S. Giulia, fondato dall’ultimo re longobardo Desiderio quando era ancora duca di Brescia, dotato con una rilevantissima porzione del patrimonio regio e affidato alla figlia del re Anselperga, che ne fu la prima badessa. Proprio questo radicamento bresciano, insieme con il nome longobardo Adalgiso (Adelchis, Adelgisus) di uno dei figli di Suppone I (nome poi ricorrente nella parentela), suggerisce che i Supponidi si legassero all’ultima famiglia regnante longobarda, sposando una figlia di re Adelchi, o forse del principe Arechi II di Benevento, cognato del re. La storiografia ha ritenuto che anche la regina Cunegonda, moglie del re carolingio Bernardo, fosse una supponide, ma è più probabile un legame indiretto tramite i Guglielmidi: i collegamenti tra i Supponidi e questa importante parentela franca appaiono attestati anche in Settimania nel primo quarto del IX secolo.
I figli di Suppone I costituirono la seconda generazione: Maurinus, conte di palazzo tra l’835 e l’844, e il già citato Adalgiso I, attestato tra l’835 e l’861 come conte di Parma e messo di Lotario I e Ludovico II. A questa stessa generazione può essere ricondotto un altro Adalgiso, vescovo di Novara dall’830 all’848 circa (venerato come santo a partire dall’epoca moderna), benché il legame di parentela che lo unisce ai Supponidi ci sia ignoto; nell’837 egli fu incaricato da Lotario I di condurre un’inquisitio volta alla conferma dei beni del monastero di S. Salvatore - S. Giulia, insieme al vescovo di Brescia Ramberto e a due abati. Il conte Adalgiso I seguì Ludovico II nella spedizione antisaracena dell’847-848 e fu presente alla sua incoronazione imperiale nell’850: Engelberga, moglie dell’imperatore, era sua figlia. L’unione con Ludovico II doveva risalire ai primi anni Cinquanta (le loro figlie Gisla ed Ermengarda erano nate tra l’852 e l’855) e fu perfezionata nell’860, con la concessione a Engelberga di un dotario che fu antedatato all’851, per dare piena legittimità all’unione e alle figlie: una preoccupazione motivata dal clamoroso caso del divorzio di Lotario II, fratello di Ludovico, in corso in quegli stessi anni. L’importanza del ruolo di intermediatrice con l’aristocrazia italica svolto da Engelberga fu tale da condurre all’introduzione della figura dell’intercessore nei diplomi del regno, un ruolo che l’imperatrice svolse in primo luogo a favore dei suoi parenti.
Con Engelberga, figura centrale del regno italico nel secolo IX, si giunge alla terza generazione, che è rappresentata dai suoi fratelli Suppone II (come detto, attestato tra il 874 e il 882, conte di Parma e forse di Asti e di Torino), Ardingo I (872-877) ed Egifredo (872-879), entrambi conti, su comitati non determinabili, e dalla sorella Cunegonda (861-882), il cui nome segnala la parentela con i Guglielmidi e con re Bernardo sopra ricordata. Cunegonda fu monaca a S. Salvatore - S. Giulia di Brescia e in seguito badessa dell’importante monastero regio di S. Sisto, fondato a Piacenza dalla stessa Engelberga. Nel Liber memorialis di S. Salvatore - S. Giulia un’unica mano inserì la registrazione della traditio di Cunegonda e di quella di Gisla, la figlia di Engelberga e Ludovico II che sarebbe divenuta badessa del monastero bresciano (al f. 42v). Anche Maurinus aveva avuto un figlio, che appartenne a questa stessa generazione: Suppone III (869-877), che fu uno dei personaggi più rilevanti della corte di Ludovico II, di cui fu consiliarius, archiminister e missus, e che sposò una sorella del marchese del Friuli Everardo, genero di Ludovico il Pio ed esponente di un’altra delle parentele più importanti della Reichsadel, quella designata dagli storici con il nome di Unrochingi.
Da Suppone III nacque Unroch (890-931, conte, forse di Reggio), che fu quindi cugino dell’imperatore Berengario I, figlio di Everardo. Come anticipato, questo non fu l’unico legame tra le due parentele: se la terza generazione dei Supponidi legò il proprio successo a quello di Ludovico II, la quarta unì le proprie sorti a quelle di Berengario, consolidando al contempo la propria espansione in area emiliana. Suppone II aveva sposato Berta, figlia del conte di Piacenza Wifredo I (morto senza eredi maschi), e dalla loro unione era nata Bertilla, che andò in sposa a Berengario I intorno all’870-875 e che divenne quindi regina nell’888; i tria fulmina belli sopra ricordati sono i suoi fratelli: Adalgiso II (880-890, conte di Piacenza dopo il nonno materno), Wifredo II (888-912, successore del fratello a Piacenza e consiliarius del re) e Bosone (888-913). Un quarto fratello, Ardingo, fu vescovo di Brescia dal 901 al 922 e svolse la funzione di arcicancelliere per Berengario dal 903 fino alla propria morte. A questa stessa generazione dovette appartenere anche un conte Ardingo II, attestato nell’891, e il ben più giovane Ardingo, vescovo di Modena (934-942), ma i legami familiari di questi due personaggi con il resto della parentela non sono chiaramente determinabili. Il matrimonio di Bertilla con il re permise anche di proseguire la tradizione di inserimento delle donne della parentela nei monasteri regi femminili, e anzi di coronarla: Berta (908-951), figlia di Berengario e Bertilla, fu badessa di S. Salvatore - S. Giulia di Brescia e, almeno dal 917, anche di S. Sisto di Piacenza, i due monasteri che insieme controllavano una porzione immensa del patrimonio regio nell’area centro-orientale del regno.
Gli anni Dieci del secolo X segnarono però un momento critico per i Supponidi: intorno al 912-913 Bertilla, che fino a quel momento aveva svolto un ruolo simile a Engelberga come intermediaria nella concessione dei diplomi (in ben diciassette di quelli conservati), cadde in disgrazia presso il consorte, scomparve bruscamente di scena e morì entro il 915, probabilmente per volontà dello stesso Berengario I: la caduta di Bertilla comportò inevitabilmente anche l’allontanamento dei suoi parenti, come testimonia un diploma del 913 che accusa l’infidelis Bosone di ribellione (I diplomi di Berengario..., a cura di L. Schiaparelli, 1903, n. 91, pp. 244 s.) e come suggerisce lo stesso passo dei Gesta Berengarii già citato (II, vv. 77-80), che contrappone la fedeltà dei tria fulmina belli nell’889 a una successiva defezione, causata da Bertilla. Quei versi sono l’unica fonte sulla vicenda e alludono anche al motivo della fine della regina: Bertilla sarebbe morta «avvelenata», dopo essere stata irretita dagli inganni di una «Circe».
La storiografia ha inteso l’espressione «peritura venenis» in senso letterale, ma essa potrebbe essere facilmente interpretata in senso figurato: Bertilla sarebbe perita «a causa dei veleni» cioè perché «avrebbe bevuto» (hausura est) «gli incitamenti ostili» (hortamina inimica) di Circe. In quest’ultima è stata riconosciuta Berta di Toscana, la moglie carolingia del marchese Adalberto II il Ricco, principale avversario di Berengario in quella fase e insuperabile ostacolo sulla via di Roma e dell’incoronazione imperiale. Bertilla doveva essersi in qualche modo avvicinata ai marchesi di Toscana, probabilmente per proteggere il nipote Berengario II (figlio di sua figlia Gisla), unico suo discendente maschio che potesse un giorno salire sul trono, come dichiarava programmaticamente il suo stesso nome.
Il padre di Berengario II, il marchese Adalberto di Ivrea, dopo la morte di Gisla intorno al 910 si era risposato con Ermengarda, figlia di Berta di Toscana, rinsaldando così il legame con la marca di Tuscia. Berengario I colse l’occasione per sbarazzarsi della consorte che non gli aveva dato ancora un figlio maschio, potendo così pianificare un nuovo matrimonio con la principessa bizantina Anna, adeguato alla prospettiva imperiale. La parentela non si riprese mai completamente da questo rivolgimento, anche se il vescovo Ardingo di Brescia mantenne la carica di arcicancelliere fino al 922 e a S. Sisto rimase badessa Berta, che ottenne la conferma dei beni del monastero da tutti i successivi re fino al 951.
Alla quinta generazione troviamo attestato Suppone IV, che fu conte a Bergamo (919-925) e che è probabilmente da identificare con l’omonimo Suppone che fu conte di Modena (931-942) per volontà di re Ugo; Ardingo, vescovo di Modena in quegli stessi anni (934-943), cui si è accennato, doveva essere suo zio. Il regno di Ugo di Arles (926-945) fu un momento di ripresa per la parentela, ma solo perché il re impiegò i Supponidi, caduti in disgrazia, contro le aristocrazie di rango marchionale, così come fece con altri personaggi che erano stati legati a Berengario I. In particolare, il doppio inserimento a Modena si inquadra nella serie di promozioni che accompagnarono l’associazione al trono del figlio Lotario II e può indicare la volontà regia di danneggiare gli Hucpoldingi, un’altra famiglia della Reichsadel franca, che si era strettamente legata a Rodolfo II, re avversario di Ugo, e che era radicata nell’area modenese. Un riflesso di questa contrapposizione tra le due parentele si trova in un racconto inserito nell’Epitome chronicorum Cassinensium (a cura di L.A. Muratori, 1723, p. 370) e riferito ai tempi di Engelberga.
Un ultimo Suppone (V ?), detto il Nero, fu attivo negli stessi anni in Toscana, radicandosi nell’Aretino con il favore di re Ugo, e morì prima del 955: anche in questo caso non ne conosciamo i collegamenti con il resto della parentela e una parte della storiografia ha anche proposto di identificarlo con il conte di Modena coevo. Suppone il Nero fu probabilmente tra gli antenati del marchese di Toscana Ranieri (996-1027), con lui tuttavia si concluse la parabola dei Supponidi come parentela riconoscibile e attiva ai vertici del regno.
Fonti e Bibl.: Epitome chronicorum Casinensium [...], in RIS, II, 1, a cura di L.A. Muratori, Mediolani 1723; Gesta Berengarii imperatoris, a cura di P. von Winterfeld, in MGH, Poetae latini, IV, 1, Berolini 1899, pp. 355-401; I diplomi di Berengario I, a cura di L. Schiaparelli, in Fonti per la storia d’Italia, XXXV, Roma 1903: qui e per le altre edizioni dei diplomi regi e imperiali, delle notitiae di placito e di carte private si rimanda agli indici per le singole occorrenze; Codice diplomatico parmense, a cura di U. Benassi, Parma 1910; I diplomi di Ugo e Lotario, a cura di L. Schiaparelli, in Fonti per la storia d’Italia, XXXVIII, Roma 1924; Die Urkunden Ludwigs des Deutschen (829-876), Karlmanns, a cura di P.F. Kehr, in MGH, Diplomata regum Germaniae ex stirpe Karolinorum, I, Berolini 1934; Die Urkunden Karls III. (876-887), a cura di P.F. Kehr, ibid., II, 1937; Die Urkunden Arnolfs, a cura di P.F. Kehr, ibid., III, 1940; I Placiti del ‘Regnum Italiae’, a cura di C. Manaresi, in Fonti per la storia d’Italia, 1955, n. 95; Le carte più antiche di Piacenza, a cura di E. Falconi, Piacenza 1959; Die Urkunden Lothars I. und Lothars II., a cura di T. Schieffer, in MGH, Diplomata Karolinorum, III, Berolini 1966; Le carte cremonesi dei secoli VIII-XII, a cura di E. Falconi, I, Cremona 1979; Die Urkunden Ludwigs II., a cura di K. Wanner, in MGH, Diplomata Karolinorum, IV, München 1994; Astronomus, Vita Hludowici imperatoris, a cura di E. Tremp, ibid., Scriptores rerum germanicarum in usum scholarum separatim, LXIV, Hannover 1995, pp. 279-555; Der Memorial und Liturgie codex von San Salvatore / Santa Giulia in Brescia, a cura di D. Geuenich - U. Ludwig, ibid., Libri memoriales et necrologia, n.s. IV, Hannover 2000; Die Urkunden Ludwigs des Frommen, a cura di Th. Kölzer, ibid., Diplomata Karolinorum, II, Wiesbaden 2016; Gesta Berengarii imperatoris, a cura di F. Duplessis, Corpus Christianorum Continuatio mediaevalis (in corso di stampa).
Si indicano di seguito solo gli studi principali, con rimando ai più recenti per la bibliografia completa: I. Malaguzzi Valeri, I Supponidi, Modena 1894; G. Pochettino, L’imperatrice Angelberga, in Archivio storico lombardo, XLVIII (1921), pp. 39-149; S. Pivano, Il testamento e la famiglia dell’imperatrice Angelberga (con una tavola inedita del conte Baudi di Vesme), ibid., XLIX (1922), pp. 263-294; C.G. Mor, «Consors regni». La Regina nel diritto pubblico italiano dei secc. IX-X, in Archivio giuridico, CXXXV (1948), pp. 7-32; E. Hlawitschka, Franken, Alemannen und Burgunder in Oberitalien (774-962). Zum Verständnis der fränkischen Königsherrschaft in Italien, Freiburg im Breisgau 1960, ad ind.; P. Delogu, ‘Consors regni’: un problema carolingio, in Bullettino dell’Istituto storico italiano per il Medio Evo e Archivio muratoriano, LXXVI (1964), pp. 47-98; J. Fischer, Königtum, Adel und Kirche im Königreich Italien (774-875), Bonn 1965; G. Arnaldi, Berengario I, in Dizionario biografico degli Italiani, IX, Roma 1967, pp. 1-26; V. Fumagalli, Vescovi e conti nell’Emilia occidentale da Berengario a Ottone I, in Studi medievali, s. 3, XIV (1973), 1, pp. 137-204; Id., Terra e società nell’Italia padana. I secoli IX e X, Torino 1976, pp. 80, 86-90; F. Bougard, Entre Gandolfingi et Obertenghi: les comtes de Plaisance aux Xe et XIe siècles, in Mélanges de l’École française de Rome. Moyen Âge - Temps modernes, CI (1989), pp. 11-66; Id., Engelberga, in Dizionario biografico degli Italiani, XLII, Roma 1993, pp. 668-676; P. Bonacini, Conti ed ufficiali pubblici nel distretto modenese dell’Alto Medioevo, in Formazione e strutture dei ceti dominanti nel Medioevo: marchesi conti e visconti nel regno italico (secc. IX-XII). Atti del Secondo Convegno, Pisa... 1993, Roma 1996, pp. 125-160; J.-P. Delumeau, Dal conte Suppone il Nero ai marchesi di Monte Santa Maria, ibid., pp. 265-286; V. Fumagalli, Pierre de Niviano, dit le Spolétin, sculdassius, et le gouvernement du comté de Plaisance à l’époque carolingienne, in Journal des savants, 1996, n. 1, pp. 291-337; B. Rosenwein, The family politics of Berengar I (888-924), in Speculum, LXXI (1996), pp. 247-289; U. Ludwig, Transalpine Beziehungen der Karolingerzeit im Spiegel der Memorialüberlieferung. Prosopografische und sozialgeschichtliche Studien unter besonderer Berücksichtigung des Liber Vitae von San Salvatore in Brescia und des Evangeliars von Cividale, Hannover 1999, pp. 10, 28, 30 s., 36-38, 63, 99, 124, 146 s., 186, 224, 241; C. La Rocca, Les cadeaux nuptiaux de la famille royale en Italie, in Dots et douaires dans le haut Moyen Âge, a cura di F. Bougard - L. Feller - R. Le Jan, Roma 2002, pp. 499-526; T. Lazzari, Una mamma carolingia e una moglie supponide: percorsi femminili di legittimazione e potere nel regno italico, in ‘C’era una volta un re...’. Aspetti e momenti della regalità, a cura di G. Isabella, Bologna 2005, pp. 41-57; F. Bougard, Les Supponides. Échec a la reine, in Les élites au haut Moyen Âge: crises et renouvellements. Actes du Colloque, Rome... 2004, a cura di F. Bougard - L. Feller - R. Le Jan, Turnhout 2006, pp. 381-402; T. Lazzari, La creazione di un territorio: il comitato di Modena e i suoi ‘confini’, in Distinguere, separare, condividere. Confini nelle campagne dell’Italia medievale, a cura di P. Guglielmotti, in Reti Medievali Rivista, VII (2006), 1, pp. 101-118; Ead., Le donne del regno italico, in L’eredità culturale di Gina Fasoli, a cura di F. Bocchi - G.M. Varanini, Roma 2008, pp. 213-216; R. Cimino, Angelberga. Il monastero di San Sisto di Piacenza e il corso del fiume Po, in Il patrimonio delle regine. Beni del fisco e politica regia fra IX e X secolo, a cura di T. Lazzari, in Reti Medievali Rivista, XIII (2012), 2, pp. 141-162; E. Manarini, I due volti del potere. Una parentela atipica di ufficiali e signori nel regno italico, Milano 2016.