surgere
Il verbo si connette in tutte le occorrenze con l'idea di un moto dal basso in alto, sia esso vero che apparente, e trova applicazione in campo proprio e in campo figurato.
Propriamente ha il significato fondamentale di " levarsi, drizzarsi in piedi ": E come surge e va ed entra in ballo / vergine lieta... (Pd XXV 103). Allo stesso modo l'ombra in sé romita di Sordello surse verso Virgilio al nome della comune patria (Pg VI 73), e la montagna del Purgatorio trema quando alcuna anima monda / sentesi, sì che surga [se stava seduta o giacente] o che si mova / per salir sù (XXI 59). Altrove, nella valletta dei principi, D. vede un'anima surta, che l'ascoltar chiedea con mano (VIII 9; le anime ‛ sedevano ' cantando: cfr. VII 83); infine Stazio, già chinatosi ad abbracciar li piedi di Virgilio, per riverenza, ‛ surge ' (Pg XXI 133) all'invito del poeta latino: Frate, / non far, che tu se' ombra e ombra vedi. Il " sollevarsi e sporgersi " sull'orlo del sepolcro di Cavalcante Cavalcanti (Allor surse a la vista scoperchiata / un'ombra, If X 52) non è tuttavia dovuto a un drizzarsi in piedi, come risulta dal v. 54 (credo che s'era in ginocchie levata).
Con leggero mutamento di valore il vocabolo figura in un'espressione con cui il poeta dipinge sé stesso mentre sopra un ponte di Malebolge sta a veder surto (If XXVI 43), " dritto e proteso " per guardar nella bolgia sottostante.
Due volte D. viene scosso dal sonno con formule simili tra loro e d'indubbia intonazione biblica: in un caso è Virgilio a destarlo (Surgi e vieni, Pg XIX 35), nell'altro Matelda (Surgi: che fai?, XXXII 72). Qui l'imperativo, innestandosi in contesti di ricche implicazioni ideologiche e teologiche, è forse allusivo a una più intensa ripresa dell'ascendente itinerario conoscitivo (cfr. il fitto ripetersi del " surge et vade " o " surge, vade " e simili nelle Scritture: Num. 22, 20; I Reg. 23, 4; II Reg. 13, 15; III Reg. 14, 12; 17, 9; Iona 1, 2; 3, 2; Luc. 17, 19; Act. Ap. 8, 26; ecc.), e pertanto vale qualcosa di più del semplice " svegliati e alzati ".
Ampliandosi e arricchendosi di connotazioni spirituali pur in un circolo semantico di natura ancora proprio e letterale, il s. può trapassare al valore di " risorgere ": Cristo apparve a' due ch'erano in via, / già surto fuor de la sepulcral buca (Pg XXI 9); i beati al novissimo bando / surgeran presti ognun di sua caverna (XXX 14): nell'una e nell'altra occorrenza il complemento, col concreto rimando alla tomba, trattiene il dettato in un clima sostanzialmente realistico.
Detto di uccelli indica il loro " levarsi in volo ": come augelli surti di rivera (Pd XVIII 73). Applicato al mondo vegetale e seguito da ‛ in ' specifica il trasformarsi del primo germoglio nello stelo erboso e quindi nella pianta legnosa: quivi [l'anima dei suicidi] germoglia come gran di spelta. / Surge in vermena e in pianta silvestra (If XIII 100), " idest in herbam tenellam... et deinde in... arborem duram et asperam " (Benvenuto); ma per la consistenza della selva dei suicidi, v. BOSCO.
Altrove sta per " sollevarsi ": i' veggo / là surger nuovo fummo del sabbione (If XV 117); secco vapor non surge più avante / ch'al sommo d'i tre gradi (Pg XXI 52; secco vapor è il vento, e il senso del verbo si riallaccia qui alla dottrina aristotelica secondo la quale tutti i fenomeni atmosferici prendono origine da vapore sprigionantesi dalla terra); il foco che vien sì diviso / di sopra, che par surger de la pira / dov'Eteòcle col fratel fu miso (If XXVI 53), riecheggia Lucano (" Vestali raptus ab ara / ignis... / scinditur in partes geminoque cacumine surgit / Thebanos imitata rogos ", I 549-552) piuttosto che Stazio Theb. XII 431-432, dove manca il particolare della fiamma che " si alza " dal rogo: " exundant diviso vertice flammae / alternosque apices abrupta luce coruscant "; e ancora: nel percuoter d'i ciocchi arsi / surgono innumerabili faville (Pd XVIII 101).
Alla particolare atmosfera della ‛ visio ' fantastica, spazio estremo concesso alle operazioni dell'intelletto, ma nel caso in questione arricchito da elementi soprannaturali, appartiene il passo di Pg XVII 34 surse in mia visïone una fanciulla / piangendo forte (si noti la varietà con cui si presentano le successive visioni: apparve l'orma [v. 21], piovve [v. 25], surse: " quasi fondali che si alzano e si abbassano in un palcoscenico... con un vivace senso di tecnica spettacolare ", osserva il Sapegno).
In sede astronomica, come opposto di ‛ tramontare ', è usato più volte relativamente all'emergere degli astri dalla linea dell'orizzonte, o al loro salire nell'emisfero celeste verso il punto culminante dell'orbita: Surge ai mortali per diverse foci / la lucerna del mondo (Pd I 37); lo sol... che surge omai (Pg I 107); Questo sarà luce nuova, sole nuovo, lo quale surgerà là dove l'usato tramonterà (Cv I XIII 12: l'indicazione realistica inserita in un contesto metaforico si riferisce, com'è noto, all'affermarsi del volgare sul latino); i geomanti la Maggior Fortuna / veggiono in Orïente, innanzi a l'alba, / surger per via che poco le sta bruna (Pg XIX 6); le stelle già de l'altro polo / vedea la notte, e 'l nostro [polo: cioè le stelle del polo artico] tanto basso, / che non surgëa fuor del marin suolo (If XXVI 129).
Per analogia l'uso del vocabolo si estende al primissimo chiarore dell'alba: li splendori antelucani, / che tanto a' pellegrin surgon più grati... (Pg XXVII 110).
Il verbo suggerisce la nozione di un moto apparente e per così dire implicito nell'idea dell'altezza raggiunta, quando è adoperato a proposito di colli o monti: Si leva un colle, e non surge molt'alto (Pd IX 28); Tra due liti d'Italia surgon sassi (XXI 106). Nell'esempio invece di If XXIV 40 lo sito di ciascuna valle porta / che l'una costa surge e l'altra scende, l'espressione dantesca vuol soltanto precisare, descrivendo la conformazione di Malebolge, che dei due argini fiancheggianti ciascuna bolgia uno, quello esterno, è più alto, mentre l'altro, l'interno, è più basso.
Nella fitta serie dei significati traslati qualche attestazione risente di una voluta pregnanza, posta com'è dall'autore vicinissima alla zona dei valori propri; così in Pd X 140 ne l'ora che la sposa di Dio surge / a mattinar lo sposo, dove il rituale esercizio del mattutino da parte della Chiesa si concreta nell'immagine di una sposa che si alzi presto dal letto per intonare una ‛ mattinata ' allo sposo; così ancora in If XV 75, in cui le bestie fiesolane, intese a far strame / di lor medesme, sono diffidate dal toccare la pianta, s'alcuna surge ancora in lor letame, / in cui riviva la sementa santa dei Romani: allusione ai discendenti dal sangue romano (fra i quali D. annovera sé stesso), poche e rade piante che ancora si levano nel letamaio fiorentino.
L'espressione ottativa posta all'inizio del Purgatorio (E qui Caliopè alquanto surga, I 9) rispecchia il desiderio dantesco di adeguare la poesia della seconda cantica all'altezza della nuova materia che ormai concerne anime salve. Una chiara coloritura morale si riscontra in Pd XIII 142 quel può surgere, e quel può cadere, dove i due verbi, connettendosi al segreto consiglio divino, riguardano la possibilità che anche un ladro possa " salvarsi " e un sant'uomo perdersi.
Ma il senso predominante, fra gli usi figurati, è quello di " nascere ", " derivare ", " scaturire ", " originarsi ", e simili, detto di cose, persone, fatti spirituali, con varie gradazioni contestualmente identificabili: a veder tanto non surse il secondo (Pd X 114): anche qui surse sembra accomunare due accezioni, aggiungendo a quella più comune di " venire al mondo " l'altra di " sollevarsi " intellettualmente sino alla somma sapienza (il vedere) di Salomone (evidente anche il calco scritturale: " Amen, dico vobis, non surrexit inter natos mulierum maior Ioanne Baptista ", Matt. 11, 11); in Pd XIII 106 viene tuttavia messa in luce una terza accezione, che dovremo considerare privilegiata rispetto alle prime, in quanto proposta dallo stesso autore: se al " surse " drizzi li occhi chiari, / vedrai aver solamente respetto / ai regi: per D. surse sottolinea quindi una condizione di maestà, di dignità, di saggezza, umanamente raggiunte, un " sollevarsi " su sé stesso e sugli altri che si conviene ai re (regal prudenza è quel vedere, v. 104) ma non può riguardare né Adamo né Cristo, i quali avevano sollecitato la meraviglia di D., secondo quanto rivelano le divinatrici parole di s. Tommaso (vv. 37-48): " surse, quod est aliquid surgere in suo esse, ita quod non habet respectum ad Adam qui fuit formatus a Deo, nec ad Christum qui fuit incarnatus sine opera umana " (Benvenuto).
Altri usi figurati: mi surgon ne la mente strida (Rime CIII 44): " nell'immaginazione, col bisogno di gridare, ma senza poterlo fare " (Barbi-Pernicone); per levare un dubbio che qui surge (Cv I II 4; v. anche IV XII 11); dubitazioni... le quali dal principio de li sguardi di questa donna multiplicatamente surgono (II XV 5); E qui surgono due quistioni (IV XXIX 2); discordie e guerre conviene surgere intra regno e regno (IV 3); questo naturale appetito, che de la divina grazia surge (XXII 5); se orazïone in prima non m'aita / che surga sù di cuor che in grazia viva (Pg IV 134: come di cosa che nasca dal profondo); poniam che di necessitate / surga ogne amor che dentro a voi s'accende (Pg XVIII 71); L'acqua che vedi non surge di vena (XXVIII 121); In quella parte ove surge ad aprire / Zefiro dolce le novelle fronde (Pd XII 46).
La forma sorti figura come variante di porti, in If XXV 117 Poscia li piè di rietro, insieme attorti, / diventaron lo membro che l'uom cela, / e 'l misero del suo n'avea due porti, dove potrebbe assumere il senso di " spuntati ", " drizzati ", " protesi " in luogo di " sporti ", " messi fuori " suggerito dalla lezione a testo. La variante per il Petrocchi è equivalente (cfr. Introduzione 140 e ad locum).