SUSA (lat. Hadrumetum; Iustinianopolis nei docc. medievali; arabo Sūsa)
Città della Tunisia centro-orientale, posta sulla sponda meridionale del golfo di Hammamet, a km 140 ca. a S di Tunisi.
Già insediamento fenicio, S. entrò nell'orbita romana con il nome di Hadrumetum, acquisendo lo stato di colonia a partire dagli inizi del sec. 2° d.C. e rimanendo uno dei principali porti della regione fino alla conquista vandala nel corso del 5° secolo. Riconquistata dai Bizantini nella prima metà del secolo successivo, assunse il nome di Iustinianopolis, che mantenne fino alla distruzione seguita alla conquista araba del 647.
Al pari di molte delle città della costa tunisina sorte - o risorte - dopo la conquista araba del Maghreb, la S. islamica deve la sua origine alla presenza di una fortezza (ribāṭ; v.) in cui risiedevano i volontari della guerra santa per difendere la costa dagli attacchi cristiani o nell'attesa delle spedizioni contro gli infedeli. Il ribāṭ di S., ancor oggi conservato (Lézine, 1968), fu edificato durante il governatorato di Yazīd b. Ḥātim, tra il 775 e il 788: si tratterebbe quindi del più antico edificio di questo tipo nel Maghreb. Sotto l'aghlabide Ziyādat Allāh I fu completato, nel 206 a.E./821, con la costruzione, sul bastione sudorientale, di una torre di vedetta (manār) circolare (diametro m 5 ca.), che sovrasta di oltre m 15 la parte rimanente dell'edificio. La fortezza, costruita in muratura di pietra, presenta una pianta quadrata (lato m 39 ca.); otto bastioni, quasi tutti semicircolari, sono posti agli angoli e a metà di ciascuno dei lati esterni.
All'interno, il ribāṭ presenta un cortile quadrangolare, circondato da un porticato a pilastri coperto a volte da cui si accede a una serie di vani che si allineano lungo i muri perimetrali dell'edificio. Lo schema, a eccezione del porticato, sostituito da una terrazza, si ripete al piano superiore, dove tuttavia il lato meridionale è occupato da una sala di preghiera formata da undici navate coperte da volte a botte e perpendicolari al muro della qibla; ogni navata è delimitata da due archi che poggiano su bassi pilastri cruciformi.
Al pari di Sfax, Kairouan e Tunisi, S. visse una vera e propria rinascita in epoca aghlabide: nell'844 una nuova fortezza (qaṣba) sorse in una posizione non lontana dalla costa e sovrastante il primitivo ribāṭ. Pochi anni dopo l'emiro Ziyādat Allāh I (817-838), che fece della città il punto di raccolta e di partenza delle truppe per l'invasione della Sicilia, ordinò la costruzione di una cinta muraria, terminata nell'859, inglobandovi la qaṣba, che ne formò l'angolo sudoccidentale. La qaṣba si trovò così nel punto più elevato della città e fu sormontata da una torre di segnalazione (altezza m 30 ca.), detta Khalaf al-Fatā, costituita da due piani sovrapposti e ancor oggi esistente.
La fortezza e la cinta urbana subirono in seguito molti restauri, in particolare alla fine del sec. 9° e all'inizio del sec. 13°: le mura mantennero l'originario perimetro quadrangolare (lunghezza km 2 ca.), in cui - secondo al-Bakrī (sec. 11°) - si aprivano otto porte, ma il lato orientale, battuto dalle onde, subì molti danni: un bombardamento nel 1943 ne distrusse l'estremità settentrionale. Qui, sempre secondo la descrizione di al-Bakrī, si trovava l'arsenale marittimo della città, che un'enorme porta aperta nelle mura metteva in comunicazione con il mare.Nella città attuale rimangono due edifici religiosi, quasi coevi, di epoca aghlabide: la moschea di Bū Fatātā (dove un'iscrizione in caratteri cufici ricorda Aghlab b. Ibrāhīm, che fu al potere dal 223 al 226 a.E./838-841) e la Grande moschea, costruita dall'emiro Abū᾽ l-῾Abbās nel 236 a.E./850-851. I due edifici sono diversi per forma e dimensioni: il primo è un piccolo oratorio a tre navate, a pianta quadrata (lato m 8 ca.); il secondo è un'ampia costruzione con un cortile circondato da portici e una sala di preghiera (larghezza e profondità originarie rispettivamente ca. m 6050), con tredici navate perpendicolari al muro della qibla. Essi hanno però in comune tra loro e con la sala di preghiera del ribāṭ il ricorso a un sistema costruttivo di pilastri e volte.La Grande moschea ha conservato diversi elementi decorativi risalenti al periodo aghlabide: in particolare una cupola a tamburo ottagonale con sfaccettature poligonali esterne, due timpani al di sotto di essa ornati da mattonelle di pietra, mensole e imposte di archi con motivi floreali scolpiti. La cupola della Grande moschea e una seconda cupola nel ribāṭ, di forma più semplice, risalgono rispettivamente all'851 e all'821 e costituiscono due dei più antichi esempi di questa tipologia nell'architettura islamica del Maghreb.
Nella sua epoca di maggior splendore S. basava la sua ricchezza sulla filatura e sulla finitura delle stoffe di Kairouan; le attività del porto e i commerci costituivano un'importante fonte di guadagno per la città ed erano oggetto di tassazione da parte del governo centrale.Alla fine del sec. 12°, dopo una fase di sommovimenti di carattere religioso che portarono all'invasione dei Banū Hilāl S., sotto gli attacchi dei Normanni che la tennero per breve tempo e, infine, con la conquista almohade dell'Ifrīqiya (1160), aveva perduto parte della sua importanza. La decadenza continuò nei secoli successivi, sia per l'insicurezza regnante nell'entroterra sia per la guerra corsara che rendeva ardue ai commerci le rotte marittime.Del periodo medievale rimangono ancora la piccola moschea di Sīdī ῾Alī Ammār - attribuita ipoteticamente al sec. 10° o 11° sulla base di alcuni elementi decorativi esterni - e la spaziosa sala quadrata coperta da una cupola conosciuta con il nome di Qahuat (o Qalaut) al-Qubba, di cui non è nota la destinazione originaria (forse monumento funerario ovvero parte di uno ḥammām o anche sala di udienze di un tribunale), mentre la data di costruzione a essa attribuita - sec. 11° o 12° - rimane ancor più ipotetica che per la precedente moschea.
Bibliografia:
Fonti. - Al-Bakrī, Description de l'Afrique septentrionale, a cura di W. Mac Guckin de Slane, Paris 1859 (Alger 1911-19122, pp. 74-78); Leone Africano, Descrizione dell'Africa e delle cose notabili che quivi sono, in G.B. Ramusio, Delle navigationi et viaggi, I, Venezia 1550, pp. 1-103 (rist. 1837, p. 123).
Letteratura critica. - G. Marçais, Note sur les ribāts en Berbérie, in Mélanges René Basset, II, Paris 1925, pp. 395-430 (rist. in Mélanges d'histoire et d'archéologie de l'Occident musulman, I, Alger 1957, pp. 23-36); K.A.C. Creswell, Early Muslim Architecture, 2 voll., Oxford 1932-1940: I, pp. 325-328; II, pp. 167-170, 208-226, 246-253, 308-326; G. Marçais, s.v. Ribāṭ, in Enc. Islam, III, 1936, pp. 1230-1233; id., Sousse et l'architecture musulmane au IXe siècle, Annales de l'Institut d'études orientales 7, 1948, pp. 54-66; id., L'architecture musulmane d'Occident. Tunisie, Algérie, Maroc, Espagne, Sicile, Paris 1954, pp. 23-24, 30-31, 39, 76; A. Lézine, Le ribāt de Sousse, suivi de notes sur le ribāt de Monastir, Tunis 1956; M.S. Zbiss, La coupole aghlabide de la Grande Mosquée de Sousse, in Mélanges d'histoire et d'archéologie de l'Occident musulman, Alger 1957, II, pp. 177-193; K.A.C. Creswell, A Short Account of Early Muslim Architecture (The Pelican History of Art, 407), Harmondsworth 1958 (trad. it. L'architettura islamica delle origini, Milano 1966, pp. 256-259, 297-303); A. Lézine, L'architecture de l'Ifrīqiya. Recherches sur les monuments aghlabides, Paris 1966; id., Notes d'archéologie ifriqiyenne, REI 35, 1967, pp. 78-81; id., Sousse. Les monuments musulmans, Tunis [1968]; L. Golvin, Essai sur l'architecture religieuse musulmane, 4 voll., Paris 1970-1979: I, pp. 124-129, 151, 160-161; III, pp. 207-218, 255-261; A. Lézine, Deux villes d'Ifrīqiya, Sousse, Tunis, Paris 1971; P. Cuneo, Storia dell'urbanistica. Il mondo islamico, Roma-Bari 1986, pp. 64, 161-162; J. Chabbi, N. Rabbat, s.v. Ribāṭ, in Enc. Islam2, VIII, 1995, pp. 510-524: 519, 523-524.