suscettivo
Aggettivo sostantivato, dal latino scolastico susceptivum, con valore di " recettivo ".
Il termine, in senso tecnico, traduceva (assieme a susceptibile) il corrispondente termine greco di Aristotele δεκτικὸν o δεχόμενον, e indicava la capacità ovvero la disponibilità di un subiectum - in quanto suppositum - di ‛ accogliere ' o ‛ ricevere ' (suscipere) un'azione o una determinazione sia accidentale che sostanziale. Con s. si denotava, pertanto, la disposizione passiva o potenziale di un ‛ soggetto ' a ‛ subire ' o ‛ patire ' l'azione di ciò che è in atto (cfr. Tomm. Cont. Gent. II 76 " Cum enim agens et recipiens sint proportionata, oportet quod unicuique passivo respondeat proprium activum. Intellectus autem possibilis comparatur ad agentem ut proprium passivum sive susceptivum ipsius "; 54 " per formam enim substantia fit proprium susceptivum eius quod est esse "; Sum. theol. I 77 6 " respectu accidentis extranei, subiectum est susceptivum ").
In D. il termine compare in una sola occorrenza, e nell'uso tecnico accennato; s. è inoltre correttamente correlato da D. con subietto del quale chiarifica, in tal modo, un valore fondamentale: Poi, quando dice: ‛ Ché solo Iddio a l'anima la dona ', ragione è del suscettivo, cioè del subietto (Cv IV XX 6, commento a Le dolci rime 116 ss.). Qui s. indica la condizione di subietto propria di quell'anima che sia ben ‛ acconcia e disposta ' a questo divino atto ricevere (§ 7), cioè a subire la divina infusione della grazia, attraverso il seme della bontà (v. anche SOGGETTO; seme).