sussistenza
L’ammontare di beni e servizi di cui necessita mediamente un lavoratore per la sua sopravvivenza e riproduzione.
Nel pensiero della maggior parte degli economisti classici (per es. R. Torrens e D. Ricardo), la s. è la determinante principale del livello dei salari. Tale nozione non va intesa in senso puramente ‘fisico’: essa si modifica in relazione allo sviluppo della società e viene a includere beni e servizi in quantità e di qualità via via più elevate. Questa tendenza è giustificata da Ricardo sulla base del fatto che un salario superiore a quello di s., permettendo un miglioramento delle condizioni di vita dei lavoratori, darebbe origine a un aumento demografico (per la conseguente diminuzione della mortalità, anche infantile), il quale finirebbe per ridurre, fino ad annullare, la differenza registrata fra il salario e il livello della s.; viceversa nel caso di una retribuzione inferiore alla sussistenza. Tale spiegazione non è comune a tutti gli economisti classici. Per es., la tendenza dei salari alla s. è più sfumata e argomentata in maniera parzialmente diversa da A. Smith: più che ragioni demografiche e/o di abitudine è la posizione di vantaggio che i datori di lavoro hanno nelle contrattazioni salariali che origina la tendenza storica alla sussistenza. Per K. Marx, alla tendenza del salario a essere regolato dal livello di s. determinato storicamente si sovrappongono altri effetti, quali quello originato dalla presenza del cosiddetto esercito industriale di riserva, costituito dai lavoratori disoccupati, la cui esistenza e dimensione vengono opportunamente regolate dai capitalisti, al fine di non far lievitare eccessivamente i salari per effetto dell’accumulazione del capitale.
In alcuni casi, il termine s. è riferito a quei sistemi economici (per lo più prevalenti prima della rivoluzione industriale) nei quali le quantità di merci prodotte erano più o meno sufficienti a permettere la ripetizione del ciclo produttivo su scala immutata.