SVEŠTARI
Villaggio situato 7 km a NO di Isperiš (Bulgaria di NE), nelle cui vicinanze è stato individuato un grande complesso archeologico che costituisce un'importantissima testimonianza della civiltà dei Traci: villaggi fortificati, centri di culto e necropoli con tombe a tumulo.
Nella necropoli orientale (2,5 km a O di S.) è stato scavato nel 1982 il tumulo detto Ginina, il quale copriva (tratto SE) una tomba a camera dalla ricca decorazione scultorea e pittorica.
La tomba, con ingresso in direzione SE, comprende un dròmos e tre camere quadrate, ciascuna coperta da una volta a botte. Il dròmos è lungo m 4,05, largo m 1,88, alto m 2,28. L'ingresso della tomba, in un secondo momento chiuso con blocchi di pietra, è fiancheggiato da due pilastri sui cui capitelli poggia l'architrave: quest'ultimo presenta un fregio a rilievo con bucrani, rosette e ghirlande, il quale trova paralleli nell'antico Tempio di Demetra a Pergamo (269-263 a.C.). La tomba vera e propria è lunga m 7,20 e larga sulla facciata principale m 6,23. Attraverso un'anticamera si accede alla camera funeraria e a un ambiente laterale. Le pareti sono a blocchi di pietra calcarea ben tagliati e accuratamente messi in opera: l'anticamera e la camera laterale hanno muratura pseudoisodoma. Le pareti della camera funeraria sono ricoperte da lastre bianche in pietra calcarea tenera; esse formano un classico «muro greco»: sopra una fascia di plinti a rilievo sono inseriti gli ortostati. Una cornice profilata divide la parete in due superfici orizzontali e sorregge i pannelli di pietra con figure di cariatidi a rilievo. Nella camera funebre è riprodotto un ricco edificio con colonnato, forse un heròon: l'ordine impiegato è il dorico, con quattro semicolonne, architrave e fregio di metope e triglifi. Fra l'architrave e i capitelli sono inserite mensole: queste ultime, nella parte settentrionale e occidentale della camera, presentano una decorazione a rilievo, con la raffigurazione di un'aquila che regge con gli artigli un fulmine. Nella cornice architettonica è inserita sapientemente la decorazione scultorea: dieci cariatidi, separate da tre semicolonne sulle pareti di NE e SO e da quattro sulla parete di fronte all'ingresso. Tali cariatidi portano sul capo un kàlathos: hanno volti severi, incorniciati da capelli marrone scuro che ricadono sulle spalle; vestono un lungo chitone senza maniche fermato da una cintura sotto il seno, con ampio apoptigma reso come un calice colorato di tre foglie di acanto, capovolto. Le foglie esterne terminano a volute rivolte all'insù. Capelli, occhi e parti degli abiti sono resi nei colori ocra, marrone scuro, azzurro, rosso, lilla. Lo schema iconografico, la composizione e l'abito a motivi vegetali permettono di collocare le cariatidi della tomba di S. nel-contesto religioso e artistico dell'epoca: esse rappresentano uno degli aspetti della Grande Dea Madre, dea della vegetazione e della fertilità, signora della vita sulla terra e nell'altro mondo, qui venerata in un contesto funerario, simbolo della rinascita e, quindi, della continuità di vita. Reggendo con le mani sollevate la volta celeste, sulle tombe degli dèi o dei mortali, le cariatidi alludono al culto dei morti e forse simboleggiano le forze del destino che porta i defunti eroizzati nell'oltretomba.
Nella camera funeraria sono stati rinvenuti inoltre due letti di pietra: il più grande sulla parete di fronte all'ingresso, il più piccolo su quella di NE. I frammenti di decorazione architettonica sparsi ritrovati in tutta la camera hanno permesso di ricostruire la facciata di un'edicola: questa comprende due colonne-pilastro, coronate da raffinati capitelli «a sofà» e frontone con testa di Medusa nel timpano. Chiusa mediante una porta di pietra a tre ante, era collocata davanti al più grande dei letti funebri. Anche l'edicola può mettersi in relazione con l'idea del passaggio del sovrano defunto a una condizione di vita superiore, visto che nasconde la sepoltura, la parte più sacra della tomba. Sulla parete centrale, in alto, in una lunetta, trova posto una grande composizione figurata. Le figure sono disposte in due gruppi: al centro, su un rialzo, è rappresentata una dea che si dirige verso un cavaliere e gli porge una corona d'oro; alle spalle della dea si snoda una processione di ancelle che reggono doni diversi; il cavaliere tiene con la sinistra le redini e tende invece la destra verso la corona. Due uomini lo seguono e recano, verosimilmente, le sue armi.
Per stile e composizione la scena della tomba di S. è molto vicina al grande fregio della tomba di Kazanlăk.
Rituale funebre, architettura e decorazione fanno pensare che in questa tomba siano stati sepolti un re tracio e la sua consorte. La tomba deve essere stata profanata subito dopo i funerali e usata poco più tardi per una seconda deposizione; in quest'occasione l'ingresso deve essere stato chiuso con blocchi di pietra. All'interno della tomba sono stati trovati terra, frammenti degli elementi architettonici dell'edicola e ossa umane e di animali scomposte. Nell'anticamera e nell'ambiente laterale erano stati sepolti cinque cavalli; uno scheletro di cavallo è stato trovato anche davanti alla tomba. Del corredo depredato sono giunti sino a noi soltanto alcuni piccoli vasi di fabbricazione greca, uno scettro di ferro, un panchetto di legno, piccole perle di oro, vetro e osso, una brocca di argilla di produzione locale e pochi altri oggetti.
L'analisi dell'architettura e dei motivi decorativi della tomba di S. evidenzia stretti legami con l'architettura funeraria del primo ellenismo della Macedonia, dell'Egitto, dell'Asia Minore del litorale pontico:confronti più precisi si possono stabilire con alcuni dei più famosi monumenti dell'architettura ellenistica dell'Asia Minore, quali il Didymàion di Mileto, l'antico Tempio dii Demetra a Pergamo e soprattutto l'Arsinoèion e lo Ptolemàion dell'isola di Samotracia, costruiti tra il 289 e il 263. In base a questi elementi si può datare la tomba di S. al secondo quarto del III sec. a.C. Per tecnica edilizia e decorazione essa segue i contemporanei modelli ellenistici; in alcuni dettagli, nella pianta e soprattutto nella facciata si colgono tuttavia differenze, risultato della persistenza delle concezioni locali nel campo dell'edilizia, dell'arte e della religione.
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(M. Čičikova)