cervello, sviluppo del
Sviluppo delle funzioni superiori
Nell’uomo e nei primati in generale, al momento della nascita gli occhi sono già aperti e le vie visive ben formate. La corteccia visiva risponde alla stimolazione retinica, il nucleo genicolato laterale del talamo possiede già la caratteristica laminazione in strati che ricevono afferenze da uno dei due occhi e a livello del IV strato della corteccia visiva primaria (v1) sono presenti le colonne di dominanza oculare. Nei roditori, il sistema visivo alla nascita si presenta invece più immaturo, gli occhi restano chiusi fino alla 2a settimana di vita postnatale, la segregazione delle vie provenienti dalle due retine a livello talamico avviene anch’essa postnatalmente e solo dopo il 10° giorno di vita è possibile evocare risposte corticali in v1 per stimolazione dei recettori retinici. La visione dei colori matura precocemente ed è stata documentata nel bambino a partire dai 2 mesi di età mentre l’accomodazione, ossia la capacità di variare la potenza della lente oculare per mettere a fuoco oggetti a distanze diverse, si sviluppa attorno ai 3÷4 mesi. In tutti i mammiferi studiati, l’acuità visiva (➔) è molto bassa alla nascita e matura progressivamente nel corso delle settimane o dei mesi successivi. Nell’uomo, la maturazione dell’acuità visiva ha un’accelerazione nei primi 6 mesi di vita, poi il processo rallenta e i valori finali tipici dell’adulto vengono raggiunti attorno ai 6 anni. Sia nei roditori sia nei bambini nati pretermine, un’accresciuta stimolazione tattile induce una marcata accelerazione dello sviluppo dell’acuità visiva (➔ ambiente e cervello). Tra i processi che regolano l’incremento dei valori di acuità visiva vi sono la riduzione della spaziatura tra i coni nella retina, la diminuzione delle dimensioni dei campi recettivi corticali e lo sviluppo della circuiteria inibitoria intracorticale. Anche lo sviluppo della sensibilità al contrasto (la capacità di distinguere le barre bianche e nere di un reticolo di cui si riduce il contrasto) si completa tardivamente, attorno ai 6 anni. La stereopsi (➔) è assente alla nascita nel bambino, compare per la prima volta attorno ai 4 mesi e continua a svilupparsi fino ai 7 anni, quando raggiunge i valori dell’adulto.
Mentre nel gatto e nei roditori la funzione uditiva compare postnatalmente, nei neonati umani l’udito si presenta funzionante alla nascita, quando il bambino mostra già di possedere preferenze per la voce e la lingua della madre. Infatti, la capacità di rispondere a stimoli acustici comincia nell’utero, in concomitanza con la maturazione della coclea, che si completa attorno alla 26a settimana di gestazione. La preferenza verso le basse frequenze (inferiori a 4.000 Hz) tipica del neonato lascia il posto, attorno ai 6 mesi, alla comparsa di una maggiore sensibilità per frequenze più alte; a questa età, inoltre, la discriminazione di frequenze diverse è già operante e il bambino è capace di distinguere aumenti o diminuzioni di frequenza di circa il 2%, un valore simile a quello degli adulti in assenza di esercizio. Lo sviluppo della sensibilità per differenze di frequenza acustica è dovuto principalmente alla maturazione della circuiteria inibitoria nella corteccia acustica primaria, responsabile del restringimento della larghezza della banda di sensibilità dei neuroni acustici alle diverse frequenze. Anche la capacità di percepire suoni di bassa intensità migliora progressivamente (diminuzione della soglia percettiva) e si stabilizza attorno ai 2 anni. Una delle funzioni uditive che matura più lentamente, attorno ai 5 anni di età, è la capacità di localizzare la direzione di provenienza dei suoni. Questa capacità, infatti, non dipende solo dall’adeguato sviluppo di neuroni che rispondono a specifiche differenze nei tempi di arrivo dei suoni provenienti dalle due orecchie (disparità interaurale), ma anche da fattori limitanti dell’anatomia periferica − quali lo sviluppo del padiglione auricolare e la distanza tra le due orecchie −, che si stabilizzano tardivamente.
Nell’uomo, la memoria implicita è già presente nel feto e appare ben sviluppata al momento della nascita, quando è possibile condizionare i riflessi del bambino (per es., il riflesso di suzione) con stimoli ambientali insoliti (incondizionati), quali la voce della madre. Questa abilità è correlata alla precoce maturazione del cervelletto e dei nuclei della base, strutture coinvolte nei processi di memoria non dichiarativa. La memoria esplicita (dichiarativa) presenta tempi di sviluppo variabili a seconda delle funzioni: la memoria di riconoscimento visivo degli oggetti, dipendente dalla maturazione della corteccia peririnale e dell’ippocampo, compare nel bambino attorno ai 2÷3 mesi e progredisce fino ai 12 mesi; la memoria spaziale, strettamente dipendente dalla maturazione della circuiteria ippocampale che si completa solo verso i 5 anni, diviene funzionante subito dopo, attorno ai 6÷8 anni. La funzione mnestica che matura più tardivamente è la memoria di lavoro, legata all’integrità funzionale della corteccia prefrontale dorsolaterale. Questa funzione viene studiata nei bambini con test di soppressione della risposta dominante (introdotti da Jean Piaget nel 1936), nei quali il bimbo, allenato a rintracciare un oggetto di suo gradimento sempre al di sotto dello stesso contenitore dei due a lui disponibili, è improvvisamente costretto a cambiare le regole, in quanto assiste al nascondimento dell’oggetto sotto l’altro contenitore. Benché la capacità di inibire la risposta dominante sia presente già a partire dai 6 mesi, la sua completa maturazione richiede un lungo periodo (fino a 7 anni), a causa del lentissimo sviluppo degli assoni dopamminergici della corteccia prefrontale, l’ultimo territorio corticale a completare la mielinizzazione.