sviluppo economico
L’evoluzione delle società moderne
Lo sviluppo economico è un processo storico lungo, difficile e complesso che ha portato alla nascita delle società moderne, caratterizzate da benessere diffuso e da un’ampia rete di industrie e servizi. Le società sviluppate sono giunte a questo stadio attraverso un percorso secolare. Ma come ogni realtà storica, anche lo sviluppo economico presenta aspetti negativi accanto a quelli positivi, come i problemi legati all’ambiente – sfruttato e non tutelato – e quelli legati a un ritmo di sviluppo impari fra i diversi paesi del mondo
Le popolazioni dei paesi occidentali vivono in Stati progrediti le cui economie, in gergo tecnico, si definiscono sviluppate. Lo sviluppo economico può essere sinteticamente inteso come sinonimo di ricchezza, crescita del benessere, un computer in ogni casa e l’acqua potabile dal rubinetto. Occorre tuttavia fare una distinzione fra questo concetto e uno apparentemente simile, quello di crescita: con quest’ultimo termine, infatti, si intende un aumento della ricchezza prodotta anno per anno in un paese che sia già sviluppato.
Prendiamo il caso dei videogiochi: se in un anno si sono venduti 100 videogiochi e l’anno successivo la vendita è aumentata a 110, si dirà che in quel settore c’è stata una crescita economica annua del 10%. Allo stesso modo, quando ogni anno si fa la stima della ricchezza prodotta in un intero paese – chiamata PIL (prodotto interno lordo) – e la si confronta con quella dell’anno passato, si potrà valutare se c’è stata crescita economica o meno: se il PIL è cresciuto del 3% significa che in un anno si è prodotto il 3% di ricchezza in più rispetto alla ricchezza che è stata prodotta nell’anno precedente.
Quando, invece, si parla di sviluppo economico si intende qualcosa di più generale. Per riprendere l’esempio dei videogiochi, si può dire che se prima non vi fosse stato uno sviluppo economico, l’industria dei videogiochi non avrebbe mai potuto nascere e crescere.
Lo sviluppo economico è un processo complesso e rappresenta la transizione da uno stadio di arretratezza alla modernità: tale passaggio – un vero e proprio salto – per potersi verificare ha bisogno di innovazioni sul piano scientifico e tecnico e di cambiamenti profondi, non soltanto dell’economia ma anche delle strutture sociali e politiche.
Per analizzare il livello di sviluppo economico raggiunto da una società, molti studiosi fanno riferimento ai classici tre settori dell’economia: il settore primario (agricoltura e allevamento), il secondario (industria) e il terziario (servizi).
La teoria dello sviluppo analizza l’importanza data dalle società a ciascuno di questi tre settori: più la società risulta concentrata sul secondo e sul terzo settore più è sviluppata; al contrario, le società dove prevale il settore agricolo sono classificate come non sviluppate. Inoltre, all’interno dell’industria sono rilevabili tre tipologie che indicano ognuna un livello di sviluppo economico e tecnologico: se dapprima vi è l’industria iniziale (alimentare e tessile), con l’avanzare del progresso emerge l’industria intermedia (meccanica e siderurgica), mentre le società con maggiore sviluppo economico vedranno infine sorgere le industrie avanzate, cioè quelle ad alta tecnologia.
Se ripercorriamo brevemente la storia dei paesi occidentali possiamo osservare che questi tre tipi di industria si sono avvicendati nel tempo, in parallelo allo sviluppo tecnologico ed economico: dalla prima rivoluzione industriale basata sulle macchine a vapore, in cui la produzione tessile era prevalente (basti pensare al ruolo decisivo svolto dai telai), nella seconda metà dell’Ottocento si è passati al secondo stadio, basato sul carbone, in cui le industrie si sono concentrate nella produzione di beni in ferro come navi, treni, ponti. Infine, negli ultimi cinquant’anni, si è passati al terzo stadio di sviluppo, con la nascita delle industrie ad alta tecnologia: computer, cellulari, biotecnologie e così via.
Uno dei maggiori studiosi dello sviluppo economico, l’economista statunitense Walt W. Rostow, ha elaborato una famosa teoria dello sviluppo economico, conosciuta come la teoria dei cinque stadi di Rostow.
Vi si afferma che le società, partendo da una primitiva arretratezza, possono raggiungere lo sviluppo economico attraversando cinque stadi o fasi.
Nel primo stadio si parte dalla società primitiva tradizionale, in cui, mancando ancora l’industria, il livello tecnologico è basso e la produzione agricola è prevalente. Il surplus – il grano da semina che si mette da parte per il successivo raccolto – è limitato.
Nel secondo stadio le nuove scoperte della scienza vengono a poco a poco applicate all’agricoltura, aumentandone la produttività; inoltre i commerci si fanno più consistenti.
Il terzo stadio di sviluppo economico è il vero spartiacque: l’industria diventa il settore dominante e si innesta un processo a catena in cui nuove industrie stimolano il sorgere di altre e nascono tecniche originali. In questa fase la ricchezza aumenta in maniera considerevole e una parte della ricchezza prodotta può essere investita per creare altre industrie.
Nel quarto stadio il boom industriale si consolida e raggiunge la maturità: l’economia viaggia spedita e una parte costante del reddito nazionale è reinvestita nel settore produttivo. Secondo tale teoria la maturità è raggiunta dopo mezzo secolo e più dall’inizio del decollo.
Nel quinto stadio, l’ultimo, nasce la società dei consumi; esso è stato raggiunto in Occidente dopo la fine della Seconda guerra mondiale. Il settore dei servizi diventa prevalente, è il perno su cui si concentra la maggioranza della domanda della popolazione. Una volta raggiunto questo stadio, si possono dedicare maggiori energie e risorse alla qualità della vita, aumentando la tutela della salute e dell’ambiente.
I passaggi da uno stadio all’altro richiedono anche riforme sociali e politiche: occorre sia ottenere strutture giuridiche e contrattuali capaci – attraverso la certezza dei contratti e la protezione della proprietà intellettuale – di incentivare l’imprenditorialità, sia provvedere a eliminare ingiustizie nella distribuzione dei redditi e creare buoni servizi pubblici.
Fra gli abitanti delle società sviluppate la sensibilità per i problemi legati alla tutela dell’ambiente si è fatta con il tempo sempre più sentita: da una trentina d’anni si vanno rinforzando i movimenti alternativi, in particolare gli ambientalisti. L’attenzione è concentrata sulla necessità di uno sviluppo sostenibile. Con questa espressione ci si riferisce a un tipo di sviluppo capace di sfruttare con giudizio le risorse naturali, conservando il più possibile intatte nel lungo periodo le condizioni ambientali esistenti. In altre parole, si tratta di riuscire a rendere il progresso economico compatibile con i processi naturali.
Fra le grandi battaglie a favore dello sviluppo sostenibile vi è quella che vede le persone schierarsi a favore dell’uso di nuove fonti di energia pulita, come l’energia solare, quella eolica o quella geotermica o dell’utilizzo dell’idrogeno (energie alternative).
L’attenzione di ambientalisti, organismi internazionali e governi è puntata anche sulla preservazione delle grandi foreste, i polmoni del Pianeta che consentono il ciclo della fotosintesi clorofilliana. Gli organismi internazionali stanno cercando di condizionare i prestiti economici a paesi come il Brasile, chiedendo in cambio una tutela speciale per la foresta amazzonica, il maggiore ‘polmone’ del Pianeta: le grandi foreste sono un bene comune da tutelare.
Per l’Esposizione mondiale del 1889 Parigi inaugurò un monumento audace, interamente costruito in ferro puddellato, alto 300 m, che rappresenta il simbolo dell’industria meccanica e siderurgica. La sua struttura suscitò un mare di polemiche. Alcuni videro nella torre Eiffel un monumento alla bruttezza, mentre in realtà essa voleva essere l’emblema di un paese che si affacciava a una nuova fase di sviluppo. Il nome del suo geniale progettista, l’ingegner Alexandre Gustave Eiffel, è passato alla storia. L’ingegnere è autore di un monumento simile posto a San Pietroburgo.