Il rapido e consistente aumento demografico mondiale, iniziato nel 19° secolo e tuttora in corso, si è accompagnato a un fenomeno di concentrazione della popolazione nelle città. Fin alla seconda metà del 19° secolo in tutti paesi del mondo la maggioranza della popolazione era rurale, viveva cioè sparsa in insediamenti minori distribuiti su ampi territori, mentre il fenomeno urbano era assai limitato e le grandi città erano un’eccezione. Negli ultimi due secoli, con lo sviluppo dell’industria e dei servizi, il processo di inurbamento della popolazione si è andato intensificando. Secondo i calcoli della Divisione popolazione delle Nazioni Unite, nel 1950 ogni 100 abitanti del pianeta solo 29 vivevano in aree urbane. Nel 1990 questa quota era salita al 45% e la popolazione urbana era più che triplicata, giungendo a 2,4 miliardi. Nel 2009 la popolazione urbana mondiale ha superato quella rurale. Oggi vivono in aree urbane circa tre miliardi e mezzo di persone. Intorno al 2030, quando la popolazione mondiale dovrebbe raggiungere gli otto miliardi, si calcola che cinque miliardi risiederanno in città.
Fino verso la metà del secolo scorso la forte crescita delle città caratterizzò soprattutto i paesi economicamente più sviluppati, mentre in quelli meno sviluppati la popolazione era ancora prevalentemente rurale. Oggi invece, mentre l’urbanizzazione rallenta nei paesi di antica industrializzazione dell’Europa e dell’America settentrionale, essa è in forte crescita nel Sud del mondo. Stiamo entrando dunque in una fase in cui la popolazione rurale resterà pressoché stazionaria nei paesi sviluppati, mentre continuerà a diminuire in quelli meno sviluppati. Ciò farà sì che quella urbana continuerà a registrare una forte crescita su scala mondiale. Si prevede infatti che nel corso dei prossimi trent’anni 1’83% della crescita demografica mondiale avverrà nelle aree urbane dei paesi del Sud del mondo.
Nel 1950 l’agglomerato urbano più grande del mondo era New York, con 12,3 milioni di abitanti. Nei primi dieci posti si collocavano altre cinque aree metropolitane occidentali (Londra, Parigi, Mosca, Ruhr, Chicago), tre asiatiche (Tokyo, Shanghai e Calcutta) e una sudamericana (Buenos Aires). Nel 2010, secondo fonti Un, la classifica è guidata da Tokyo, con 36,7 milioni di abitanti. New York è l’unica città occidentale nelle prime dieci, dove, salvo Città del Messico e San Paolo, tutte le altre sono città asiatiche. Se consideriamo le 21 agglomerazioni che oggi hanno più di 10 milioni di abitanti (quelle che vengono dette megacittà), le città occidentali sono solo New York (in 6° posizione) e Parigi (21°). Si prevede che nel 2025 le megacittà saranno una trentina e solo quattro di esse (New York, Los Angeles, Parigi e Mosca) apparteranno a paesi occidentali.
Le grandi differenze tra i paesi del Nord e del Sud del mondo derivano dal fatto che in questi ultimi i tassi di crescita naturale della popolazione rurale sono superiori a quelli della popolazione urbana, perciò questa continua ad essere alimentata sia dal suo incremento naturale, sia dall’immigrazione dalle aree rurali, dove i redditi dell’agricoltura e delle attività tipiche delle campagne crescono meno rapidamente di quelli delle città. Tuttavia, nei paesi meno ricchi l’attrazione della grande città non dipende solo da fattori economici. Infatti i tassi di crescita della popolazione urbana sono, in questi paesi, correlati positivamente con i tassi di crescita della popolazione totale del paese e non con la crescita dell’occupazione urbana.
Nei paesi del Nord del mondo, dove la modernizzazione dell’agricoltura è di più vecchia data, è ormai cessata l’immigrazione di massa verso la città. Negli ultimi decenni si assiste invece al movimento inverso, cioè a una progressiva ridistribuzione urbana negli intorni rurali delle città, che prende il nome di peri-urbanizzazione e che dà luogo a quella che in Italia viene detta ‘città diffusa’. Più che di città si parla oggi di aree urbane e metropolitane, regioni urbane, città-regioni, meta-città.
Come c’è una transizione demografica della popolazione c’è anche una transizione demografica urbana, che inizia con una prima ondata di concentrazione nei paesi europei e nord-americani investiti dalla rivoluzione industriale durante il 19° secolo e prosegue poi nella prima metà del secolo successivo con le grandi agglomerazioni industriali ‘fordiste’. Si ha così, intorno al 1960, la fase di massima concentrazione urbana nei paesi industrializzati. Nella seconda metà del secolo scorso la disindustrializzazione si accompagna, sempre in questi paesi, a una fase di regresso e poi di stagnazione dimensionale degli agglomerati; nello stesso tempo si afferma la tendenza opposta nei paesi meno sviluppati, dove le maggiori opportunità (reali o presunte) offerte dalle città attirano folle di immigrati dalle campagne povere, dando luogo alla proliferazione delle megacittà. Nei prossimi decenni si prevede che l’iperconcentrazione urbana nei paesi oggi meno sviluppati debba rallentare, mentre nei paesi di più antico sviluppo alcune grandi città e aree metropolitane potranno ricominciare a crescere, anche grazie al dilatarsi delle corone peri-urbane.