Svizzera
(XXXIII, p. 73; App. I, p. 1041; II, ii, p. 936; III, ii, p. 885; IV, iii, p. 565; V, v, p. 374)
Popolazione e condizioni economiche
di Piergiorgio Landini
La dinamica demografica è rimasta pressoché stabile nel prosieguo degli anni Novanta (popolazione stimata al 1998: 7.299.000 ab.), nonostante una lieve riduzione del tasso di natalità, sceso all'11,4‰; la crescita annua, in proiezione agli inizi del 2000, appare dunque destinata a mantenersi intorno al 7‰, valore decisamente superiore alla media dell'Europa occidentale, ancora grazie al contributo dell'immigrazione, che ha portato il numero degli stranieri residenti a 1.400.000 unità.
Nonostante l'alto tenore di vita, la S. occupa solo la sedicesima posizione nella graduatoria mondiale stilata dall'ONU in base all'indicatore di 'sviluppo umano': ciò si deve alla non elevatissima valutazione attribuita, fra i parametri adottati, alla componente dell'istruzione, molto solida a livello di base, meno a livello superiore (nonostante le specializzazioni di orientamento commerciale e tecnico) e universitario. Il valore del reddito pro capite, a sua volta, pur avendo superato i 40.000 dollari, vede il paese al quarto posto nel mondo, ove si tenga conto non del cambio corrente bensì del potere d'acquisto, a causa della forte rivalutazione del franco svizzero (da sempre considerato moneta-rifugio) fra il 1993 e il 1995, che ha sensibilmente penalizzato anche la bilancia commerciale con l'estero, pur tornata in attivo, e quella turistica.
I processi di fusione verificatisi nel settore industriale (in particolare nel comparto chimico-farmaceutico) e di incorporazione in quello bancario (riguardanti una decina di istituti di credito a dimensione cantonale), rafforzando ulteriormente la competitività internazionale, hanno contribuito, per altro verso, a consolidare quella tendenza al decentramento produttivo che, nel 1997, vedeva l'80% dei dipendenti delle imprese svizzere operare al di fuori del paese. Motivazione evidente - oltre ai fattori strategici di localizzazione geografica - è la rigidità del mercato interno del lavoro, alla cui liberalizzazione si è tuttavia opposto il risultato negativo del referendum popolare svoltosi alla fine del 1996. Come conseguenze possono leggersi l'onere crescente, sui bilanci pubblici, delle spese per la sicurezza sociale e la lievitazione del tasso di disoccupazione al 4,6% (1998), valore invidiabile per la quasi totalità dei paesi europei e tuttavia inusuale per la S., anche ricordando che il 25% della forza di lavoro è costituito da stranieri.
Fra i singoli rami industriali, continuano a prevalere la meccanica di precisione e, in genere, le produzioni ad alto contenuto tecnologico: la sola orologeria contribuisce alle esportazioni in misura di poco inferiore al 10%. Anche il settore energetico è divenuto esportatore netto, grazie all'eccellente impiego della fonte idrica (salita al 59% dell'energia totale prodotta), cui si è affiancata una decisa opzione nucleare (40%).
Il settore terziario, che partecipa per il 67,7% alla formazione del PIL e per il 68,6% all'assorbimento dell'occupazione, si caratterizza - accanto ai tradizionali comparti finanziario (da solo, 12,5% del PIL) e assicurativo - per il forte grado d'innovazione, dovuto tanto alla presenza di organismi e laboratori internazionali di ricerca quanto all'impegno del governo federale, che destina allo sviluppo tecnologico una quota di bilancio (poco meno del 3%) fra le più elevate nel mondo intero.
Inserita nella rete ferroviaria europea ad alta velocità con il tronco Ginevra-Zurigo (collegate, rispettivamente, a Parigi e Francoforte sul Meno), la S. vede inoltre le stesse due città assumere crescente importanza come nodi del trasporto aereo internazionale, grazie a un'organizzazione dei servizi, nel contesto delle strutture urbanistiche metropolitane, che individua in esse vere e proprie aérovilles.
Dal punto di vista geopolitico, infine, il sostanziale distacco dalle vicende dell'unificazione europea, se ha rappresentato una garanzia di neutralità e di autonomia apprezzata da molti investitori, specie a fronte del travagliato processo di adesione alla moneta unica, pone, secondo una parte della stessa opinione pubblica svizzera, seri limiti all'integrazione regionale e all'ulteriore sviluppo economico del paese: in questa prospettiva si sono avviate, dal 1996, trattative per accordi bilaterali e ipotesi di consultazioni popolari che potrebbero condurre all'eliminazione dell'unica discontinuità territoriale rimasta, nella sezione occidentale del continente, all'interno dell'Unione Europea.
bibliografia
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V. Soutif, Regio Genevensis, un exemple de travailleurs frontaliers de type structure, in Bulletin de l'Association des Géographes Français, 1999, 1, pp. 77-84.
Storia
di Magali Steindler
La posizione da attribuire alla S. all'interno dell'assetto politico-economico europeo in via di ridefinizione restò al centro del dibattito politico nella prima metà degli anni Novanta: dopo il referendum del dicembre 1992, che bocciò l'adesione della Confederazione all'area economica europea, l'integrazione della S. nel nuovo scenario si fece sempre più difficile. Tra le questioni in trattativa vi fu quella del traffico di transito alpino: il progetto che avrebbe dovuto condurre al divieto di trasporto di merci per via stradale attraverso il territorio svizzero nell'arco di dieci anni (approvato nel referendum del febbraio 1994) fu riconsiderato, e nel 1998 si giunse a un accordo che stabiliva l'adozione di una tassa sul traffico pesante commisurata alle prestazioni del veicolo (TTPCP), in vigore dal 2001.
La diffidenza della S. nei confronti di una piena partecipazione alle questioni europee e internazionali - in ossequio al suo ruolo storico di Stato neutrale - seguitò a mostrarsi in diverse occasioni: dal referendum sulla partecipazione a missioni di pace dell'ONU (proposta respinta il 12 giugno 1994) al risultato delle elezioni legislative dell'ottobre 1995, che favorì le formazioni che avevano espresso posizioni antieuropeiste. Infatti, nell'ambito di una riconferma globale della coalizione di governo (in carica dal 1959 e comprendente Partito democratico-cristiano; Partito socialista; Partito liberal-radicale; Unione democratica di centro), che conquistò 162 seggi su 200, emerse l'inattesa affermazione dell'Unione democratica di centro (che crebbe di quattro seggi) e del Partito socialista (che si aggiudicò dodici seggi in più, superando il Partito liberal-radicale e divenendo il primo partito della coalizione).
La protezione dell'integrità nazionale guidò anche l'atteggiamento della S. sulla questione dell'immigrazione, improntandolo a una rigidità sempre maggiore. Nel marzo 1994 il Parlamento autorizzò l'introduzione di misure fortemente repressive nei confronti di immigrati e rifugiati politici, prevedendo fra l'altro l'arresto immediato e la detenzione fino a tre mesi senza processo per quanti venissero sorpresi senza documenti. Scopo dichiarato del provvedimento era di porre un freno all'aumento del traffico di droga. Nel dicembre successivo, un referendum approvò l'adozione di una legislazione estremamente severa contro l'immigrazione clandestina e il commercio illecito di stupefacenti.
L'identità storica della S. come paese neutrale fu tuttavia messa in discussione a partire dalla fine del 1995, in occasione del cinquantenario della fine dell'ultimo conflitto mondiale. La questione riguardava principalmente due vicende. In primo luogo la faticosa restituzione del denaro depositato dagli Ebrei nelle banche svizzere al principio della guerra: nel maggio 1996 fu istituita una commissione al fine di determinare l'entità dei conti giacenti e di rintracciarne gli attuali titolari. I lavori procedettero tra le vibrate proteste delle associazioni ebraiche, che lamentavano un impegno insufficiente da parte delle autorità preposte all'incarico, nonché l'atteggiamento ostile di alcuni esponenti politici elvetici, tra cui lo stesso presidente della Confederazione per il 1996 J.-P. Delamuraz. I primi risarcimenti furono infine erogati alla fine del 1997. La seconda questione chiamava in causa in modo diretto il ruolo della S. nei rapporti con la Germania nazista: lo scandalo dell'oro proveniente dai saccheggi effettuati dai Tedeschi ai danni dei paesi occupati, e rivenduto alla S. in cambio di minerali o rifornimenti; ulteriori indagini dimostrarono inoltre che in S. si usava contrassegnare i documenti degli Ebrei per renderne facile il riconoscimento da parte delle autorità naziste. In risposta ai rapporti delle commissioni di inchiesta, la Confederazione riconobbe in parte gli errori commessi, pur respingendo il giudizio globale di colpevolezza (1997). A ogni modo, al principio del 1997 le banche e il governo svizzero istituirono due fondi di solidarietà in favore delle vittime dell'Olocausto e di ogni tipo di strage e calamità naturale. L'iniziativa suscitò le proteste a un tempo delle associazioni ebraiche, che rivendicavano il diritto a essere le uniche beneficiarie del fondo, e delle formazioni nazionaliste, che interpretarono il gesto come un'implicita ammissione di colpevolezza da parte del governo elvetico.
La tendenza elvetica alla conservazione lasciò in ogni modo spazio a sensibili aperture al rinnovamento. Da segnalare, in particolare, in un paese in cui il suffragio femminile era una conquista recente (completata nel 1989-1990 per il cantone di Appenzell Ausser-Rhoden e Inner-Rhoden), l'elezione di Ruth Dreifuss (Partito socialista) alla presidenza della Confederazione per il 1999, prima donna (e prima ebrea) ad accedere alla carica.
bibliografia
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