SVIZZERA (XXXIII, p. 73 e App. I, p. 1041)
Popolazione (p. 79). - Al censimento del 10 dicembre 1941, l'ultimo eseguito, la Svizzera contava 4.265.703 ab. con una densità di 103 ab. per kmq. di superficie territoriale, e di 133 ab. per kmq. di superficie produttiva. Nel periodo 1930-41 la popolazione è aumentata del 4,9% (pari a una media del 4,4‰ all'anno), mentre negli anni dal 1942 al 1945 questo aumento fu pari all'8,4‰. L'apparente contrasto tra l'aumento del periodo 1930-41 e quello 1942-45 è facilmente spiegato dall'annullamento in quest'ultimo periodo dell'emigrazione, la quale era ancora sensibile nel periodo precedente. Gli stranieri presenti in Svizzera nel 1941 erano 223.554, mentre all'incirca un pari numero di Svizzeri figurava residente all'estero al 1° gennaio 1947.
Divisi per nazionalità, questi stranieri, sempre secondo il censimento del 1941, sommano a 78.274 Tedeschi (29.771 uomini, 48.503 donne); 96.018 Italiani (45.818 uomini, 50.200 donne); 24.396 Francesi (9248 uomini, 15.148 donne); 24.866 di altre nazionalità (11.825 uomini, 13.041 donne). Come si vede, il numero complessivo degli Italiani, sensibilmente inferiore a quello del 1930 (127.903), è però superiore di un terzo a quello degli stranieri che parlano italiano di cui si dirà più avanti. Ciò dimostra che una buona parte degli Italiani residenti nei cantoni della Svizzera in cui si parla altra lingua, sono stati linguisticamente assimilati, pur senza aver perduto la loro nazionalità. Si tratta di Italiani dimoranti in Svizzera già da qualche generazione, e quindi già inseriti nella vita economica o culturale del paese, che potrebbero considerarsi candidati alla naturalizzazione, se questa non fosse subordinata al gradimento dei comuni che dovrebbero accoglierli.
Il movimento demografico totale dei cantoni risulta assai vario; nella gran parte presentano un movimento demografico attivo (solo 5 sono in regresso); per 7 cautoni della zona nord-occidentale esso è al disotto del 5% per il periodo 1930-41, per 5 è compreso tra il 5 e il 7%, mentre per altri 8 è al di sopra del 7%: in quest'ultima categoria figurano, tra l'altro, i cantoni di Zurigo, Lucerna e del Vallese. Secondo il censimento del 1941 quattro città avevano oltre 100.000 ab.: Zurigo (336.395), Basilea (162.105), Berna (130.331) e Ginevra (124.431); altre 4 contavano oltre 50.000 ab. e cioè: Losanna (92.541), San Gallo (62.530), Winterthur (58.883) e Lucerna (54.716).
Secondo i dati più recenti la Svizzera conta 2986 comuni dei quali 262 (8,78%) possono considerarsi comuni a prevalente attività industriale e commerciale (18 tra essi possono considerarsi come i principali agglomerati umani, la cui area varia tra 51,3 e 5 kmq.); 1444 sono comuni misti (industriali-rurali) e 1280 comuni a prevalente attività rurale.
Lingue (XXXIII, p. 102). - Il rapporto tra le diverse lingue parlate nel territorio della Confederazione presenta qualche variazione, secondo il censimento del 1941, in confronto dei dati già riportati. Questo censimento tien conto, d'altra parte, del riconoscimento del romancio come quarta lingua nazionale. Ne risulta che parlano il tedesco complessivamente 3.097.060 ab., dei quali 2.987.185 Svizzeri e 109.875 stranieri; parlano il francese 884.669 ab. (844.230 Svizzeri e 40.439 stranieri); l'italiano 220.530 ab. (158.690 Svizzeri e 61.840 stranieri); il romancio 46.456 ab. (45.653 Svizzeri e 803 stranieri); altre lingue 16.988 ab. (6391 Svizzeri e 10.597 stranieri).
Religioni (XXXIII, p. 89). - La ripartizione della popolazione tra le diverse religioni professate è la seguente: 2.457.242 protestanti, 1.754.204 cattolici, 19.429 israeliti, 34.828 di altra confessione.
Condizioni economiche (XXXIII, p. 81). - Secondo il censimento del 1941 la popolazione agricola ammontava a 866.720 (22,1% del totale); l'area produttiva superava i 3 milioni di ha. ripartita all'incirca in parti eguali tra i seminativi, i prati-pascoli e il bosco. Nel 1946 figuravano 211.350 ha. a cereali (dei quali 93.852 a frumento), e quasi 80.000 ha. a patate, in genere con rendimento unitario assai elevato. Alta anche la produzione di frutta (oltre 10 milioni di q.) e di vino (oltre 700.000 hl.). Nel 1939 le aziende agricole assommavano a quasi 240.000 con un'area totale di 1.350.000 ha. circa e con una produzione di oltre 2085 milioni di franchi. Sempre in sviluppo l'allevamento del bestiame. Così dicasi delle industrie: particolarmente fiorenti quelle alimentari, tessili e meccaniche.
La produzione e l'utilizzazione dell'energia elettrica, nel decennio, hanno fatto enormi progressi. Da una produzione complessiva di 5 miliardi di kW/h nel 1930 si è giunti a una produzione di 9 miliardi e mezzo nel 1944-45, di cui non meno di 2 miliardi e 600 milioni utilizzati in sussidio dell'artigianato.
Per dare poi un'idea del posto occupato dall'industria e rispettivamente dalle altre principali branche d'attività del paese, basti accennare che su 1.992.487 persone che risultarono, dal censimento del 1941, esercitare una professione, 860.528 erano addette alle industrie; 414.936 all'agricoltura; 198.472 al commercio e alle banche; 84.969 alle industrie alberghiere. Il resto esercitava attività varie.
Il quadro geografico complessivo delle regioni economiche della Svizzera non è mutato molto, salvo un'intensificazione nel rendimento: la porzione settentrionale, costituita da una fascia più o meno larga e che si insinua in qualche direzione verso l'interno del paese, ove si trovano i maggiori agglomerati umani, ha un'economia prevalentemente industriale; il resto del paese è essenzialmente agricolo con prevalenza di prati e coltivi nella zona centrale (Nihelland), mentre nella parte montuosa dell'Oberland predominano i pascoli e l'economia montana.
Ecco i dati della bilancia commerciale per il periodo 1941-47:
Il deficit continua ad essere sensibile, ma a colmarlo contribuiscono quegli stessi elementi che già sono stati segnalati in XXXIII, p. 87.
Non molte variazioni si sono avute nel campo delle comunicazioni ferroviarie (escluse tranvie e funicolari: 5.192 km. nel 1945, di cui 2.950 in gestione statale); notevole lo sviluppo dell'elettrificazione (oltre il 94% delle ferrovie sotto amministrazione statale). In graduale sviluppo anche le linee aeree civili di cui nel 1946 si sono avvalsi oltre 150.000 passeggeri e su cui si è avuto un movimento di oltre due milioni di kg. di merci, posta, ecc.
Finanze (XXXIII, p. 91; App. I, p. 1042). - Durante la seconda Guerra mondiale le spese della Confederazione aumentarono sensibilmente a causa dell'onere finanziario rappresentato dalla difesa militare ed economica del paese e per la loro copertura fu necessario ricorrere a misure finanziarie eccezionali. Furono prelevati 325 milioni di franchi dal fondo di stabilizzazione dei cambî della Banca nazionale, costituito nel 1936, e fu introdotta una serie di nuove imposte dirette e indirette straordinarie, che vennero via via inasprite durante il corso della guerra e i cui proventi affluivano nel bilancio straordinario (separato da quello ordinario dal 1940 al 1946) con il quale venivano finanziate le spese eccezionali per la difesa del paese e per la lotta contro la disoccupazione. La maggior parte delle suddette imposte è stata mantenuta anche dopo la fine della guerra.
L'apporto del mercato interno dei capitali - caratterizzato fino a tutto il 1946, come quello monetario, da una grande liquidità - ha pure contribuito a coprire le spese eccezionali della Confederazione e il ricorso all'Istituto di emissione è stato quindi soltanto saltuario e mai inflazionistico. Il bilancio della Confederazione è così variato dal 1939:
A fine 1947 il debito pubblico della Confederazione (tutto interno) ammontava a 8.151 milioni di franchi, quello consolidato dei Cantoni a 1.908 milioni. La Banca Nazionale, che ha continuato a uniformare la sua politica monetaria al decreto del 1936 che fissava il nuovo contenuto aureo del franco, ha dovuto fronteggiare la situazione creata dalla guerra e in particolare neutralizzare gli effetti inflazionistici interni dei movimenti dell'oro e delle divise con l'estero. Dallo scoppio della guerra fino a metà 1940 la Banca Nazionale fu costretta a cedere quantità notevoli di divise destinate al pagamento di importazioni, ma - subito dopo l'armistizio franco-tedesco - si verificò, particolarmente a seguito della liquidazione delle riserve in divise costituite da imprese svizzere per il regolamento di importazioni che non ebbero più luogo e della conversione in franchi di averi in dollari, un movimento inverso di afflusso di divise, che la Banca cercò di arrestare accettando solo divise di pertinenza svizzera; questi movimenti ebbero termine nel giugno 1941 quando il governo americano bloccò gli averi svizzeri negli Stati Uniti. A partire dal 1941 però l'afflusso di oro e divise alla Banca di emissione si accentuò in quanto, mentre le esportazioni aumentavano, le possibilità di importazione si riducevano. Per evitare la creazione continua di mezzi di pagamento, che avrebbe - nonostante il controllo dei prezzi e il razionamento - condotto all'inflazione, furono prese misure di varia natura che andavano dal contingentamento di talune esportazioni, al rifiuto della Banca di accettare dollari non provenienti da operazioni commerciali, all'obbligo di pagare le importazioni con dollari provenienti da esportazioni, alle vendite di oro sul mercato, alla sterilizzazione dell'oro proveniente da operazioni con l'estero effettuata dalla Confederazione con capitali presi a prestito dal mercato. Il grave onere finanziario di questa politica di sterilizzazione, che permise di evitare una compressione eccessiva delle esportazioni e nello stesso tempo accentuati sviluppi inflazionistici, fu in parte sostenuto dagli esportatori. A fine 1946 le riserve auree della Confederazione ammontavano a 1.239 milioni di franchi (776 provenienti da operazioni di sterilizzazione e 463 il cui controvalore era accreditato agli esportatori in conti bloccati).
Finita la guerra, le restrizioni sono state gradualmente attenuate e la Banca Nazionale, oltre a riprendere dalla Confederazione una parte dell'oro posto a suo carico, ha anche cominciato ad accettare divise non provenienti da operazioni commerciali. Le vendite di oro della Banca Nazionale furono sospese nel settembre 1947 a causa della speculazione internazionale e del contrabbando cui davano origine. Dato che la Banca Nazionale non accettava tutti i dollari offerti, nacque, all'inizio del 1947, un mercato libero per i dollari provenienti da operazioni finanziarie; nel luglio 1948 il dollaro finanziario era quotato a 3,948 franchi (cambio ufficiale, 4,315 franchi). Il 15 febbraio 1949 le riserve in oro e divise della Banca nazionale ammontavano a 6.097,6 milioni di franchi; quelle in oro della Confederazione a 181,9 milioni.
A partire dal 1947 il mercato monetario e quello dei capitali, per il grande sviluppo dell'attività produttiva e per la ripresa delle importazioni, hanno presentato un minor grado di liquidità e nel 1948 l'emissione di prestiti ha cominciato a incontrare difficoltà; nella seconda metà dell'anno si è però registrata una certa distensione. La circolazione di biglietti (nel 1938 di 2,4 miliardi) era salita il 15 febbraio 1949 a 4,2 miliardi. A fine settembre 1948 i depositi bancarî a vista ammontavano a 3,5 miliardi di franchi (1938=1,6 miliardi), quelli a termine a 1,2 miliardi (1938=0,8 miliardi).
Bibl.: H. Carol, Wirtschaftsgeographische Karte der Schweiz, Berna 1946; id., Begleittext zur wirtschaftsgeographischen Karte der Schweiz, in Geographica elvetica, 1, 3, Berna 1946 (con ampî riferimenti bibliografici); W. Leeman, Landeskunde der Schweiz, Zurigo 1939.
Storia (XXXIII, p. 73; App. I, p. 1051).
L'avvicinarsi della seconda Guerra mondiale non trovò impreparati gli Svizzeri, sia sul piano diplomatico sia su quello militare. Il ritorno ad una neutralità effettiva, disancorata dagli obblighi derivanti come stato membro della Società delle nazioni, così come si era avuto dopo la crisi italo-etiopica, venne espresso il 30 aprile 1938 in un memorandum rimesso alla Società delle nazioni, mentre due mesi più tardi, il 31 giugno, sia da parte tedesca sia da parte italiana, fu affermato il desiderio "di riconoscere e di rispettare questa neutralità". Allo scoppio della guerra, tutti i paesi belligeranti si preoccuparono di assicurare il governo federale svizzero circa il rispetto della neutralità elvetica. In particolare tra il capo del dipartimento politico G. Motta e il ministro d'Italia a Benna A. Tamaro il 31 agosto si ebbe uno scambio di dichiarazioni in senso analogo, con l'assicurazione, da parte italiana, che in caso di guerra i porti e le vie di comunicazione italiane sarebbero rimasti aperti per le merci destinate alla Confederazione. Già prima, intanto, erano state prese adeguate misure militari. L'esercito svizzero, sotto il comando del generale H. Guisan, fu posto interamente su piede di guerra mentre sin dal 1938 si era cominciato a lavorare intensamente a una nuova linea di fortificazioni, nell'intento di ritirarsi, in caso di invasione, su un più ristretto e ben difendibile nucleo strategico, segnato da alte vette alpine. Il pericolo, per la Svizzera, di essere invasa dalla Germania fu più volte sul punto di divenire realtà, soprattutto nel marzo del 1943 quando trenta divisioni tedesche erano state ammassate alla frontiera svizzera.
Come già nel corso della prima Guerra mondiale, anche nella seconda la Svizzera non si sottrasse al singolare privilegio di essere uno dei maggiori luoghi di convegno e di scontro dei servizî informativi di tutte le potenze belligeranti, soprattutto tedeschi. Il frequente sorvolo del territorio svizzero diede luogo a proteste e incidenti; particolarmente grave fu il bombardamento di Sciaffusa, avvenuto per errore il 10 aprile 1944 ad opera di aerei americani (50 morti e 150 feriti). Le rappresentanze diplomatiche svizzere all'estero ebbero l'incarico di curare gli interessi e proteggere i cittadini dei varî paesi belligeranti, mentre come sede centrale della Croce rossa internazionale fu particolarmente attivo il concorso svizzero nella ricerca di notizie, nell'invio della corrispondenza ai prigionieri di guerra e alle loro famiglie e nello scambio dei prigionieri stessi. In pari tempo il territorio svizzero, sia dopo il crollo francese sia dopo l'armistizio italiano, fu il centro di affluenza di decine di migliaia di rifugiati - militari e civili - che vi trovarono aiuto e assistenza. Agli inizî del 1944 venne calcolato ufficialmente che la Svizzera ospitava 70.492 rifugiati, per la cui assistenza erano stati spesi oltre 22 milioni di franchi. In particolare, gli Italiani ebbero modo di organizzarvi corsi di cultura e di aggiornamento anche a carattere universitario, che si avvalsero del sapere di uomini come L. Einaudi, G. Colonnetti ed altri. In Svizzera ebbe sede la delegazione del CLN Alta Italia diretta da Stefano Jacini, e dal territorio svizzero partirono aiuti ai partigiani della Val d'Ossola. Dal punto di vista alimentare la Svizzera ebbe a soffrire di notevoli limitazioni, ma in misura ben minore dei belligeranti europei, grazie anche alle agevolazioni di traffico concesse dall'Italia. La deficienza di carbone sollecitò in larga misura l'elettrificazione delle ferrovie; mentre si può dire che tutta la vita del paese si fosse negli anni di guerra preparata con iniziative di vario genere alla ripresa del traffico turistico, fonte principale dell'economia svizzera. Una particolare attività di assistenza alle popolazioni sofferenti a causa della guerra e di cooperazione alla ricostruzione europea è stata rappresentata nel dopo guerra dal cosiddetto "Dono svizzero", che è venuto incontro, sino al 30 giugno 1948, soprattutto ai bisogni dell'infanzia.
Finita la guerra, il crescere della tensione fra l'Unione Sovietica e le potenze anglosassoni ha continuato a mantenere la Svizzera nella sua difficile posizione, sempre all'erta nel mostrarsi estranea alla tensione internazionale e sottolineare così, anche in tempo di pace, un proprio atteggiamento di neutralità e di equidistanza dai due blocchi.
I rapporti diplomatici con l'Unione Sovietica, interrotti ormai dall'epoca della rivoluzione del 1917, esigevano per questo di essere ripristinati e di tale necessità si fece interprete all'unanimità il Consiglio nazionale siu dal 29 marzo 1944. Il 10 novembre il governo sovietico respinse la richiesta della Svizzera, accusando il governo elvetico di aver perseguito per anni una politica ostile all'URSS. Il rifiuto sovietico condusse alle dimissiom del capo del dipartimento politico M. Pilet-Golaz (10 novembre 1944), cui successe nella carica il 4 gennaio 1945 Max Petitpierre.
Oltre un anno più tardi, a seguito di successive trattative, i rapporti diplomatici tra l'URSS e la Svizzera vennero ripresi (18 marzo 1946). Come ebbe a dichiarare il Petitpierre, questo atto apriva la strada alla regolarizzazione anche dei rapporti con le N. U. Poiché la Carta di San Francisco, attraverso il Consiglio di sicurezza, comporta obblighi che mal si conciliano con un atteggiamento di stretta neutralità, il governo federale, forte dell'esperienza compiuta con la Società delle nazioni, si è limitato ad assicurare al segretario generale delle N. U. la volontà di cooperare con le N. U. "nei limiti delle proprie risorse" e di facilitare al massimo funzionarî e organismi stabiliti a Ginevra, che è divenuta sede degli uffici europei delle N. U. (3 agosto 1946).
La Svizzera ha però aderito agli organismi speciali delle N. U. come l'UNESCO, la FAO, la Corte internazionale di giustizia, ecc. La sua stessa adesione al piano Marshall (10 luglio 1947) è stata sottolineata da precise riserve nel senso di non voler prendere impegni incompatibili col suo tradizionale status di paese neutrale, che le deliberazioni della conferenza di Parigi per l'ERP del luglio 1947 e toccanti l'economia svizzera non potessero aver vigore senza il suo consenso, e a patto infine di mantenere in vita gli accordi esistenti e di concluderne dei nuovi con i paesi non aderenti al piano di ricostruzione europea.
Bibl.: E. Bonjour, La neutralité suisse, Neuchâtel 1944; L. de Meuron, Notre neutralité, ivi 1946; R. de Weck, La Suisse parmi les nations, Ginevra 1947; E. Seiller, Le peuple suisse et son économie, ivi 1945; G. Sauser-Hall, Guide politique Suisse, Losanna 1947; A. Gossin, La Presse, Neuchâtel 1937; V. Lambert, Kirche und Staat in der Schweiz, Friburgo 1937; F. Ernst, Die Schweiz als geistige Mittlerin; W. E. Rappard, L'individu et als geistige Mittlein; W. E. Rappard, L'individu et l'état dans l'évolution constitutionnelle de la Suisse, Zurigo 1936; C. Hegnaeur, Das Sprachenrecht der Schweiz, ivi 1947.
Archeologia (XIII, p. 848; XXXIII, p. 93).
Periodo romano. - Le ricerche archeologiche hanno una particolare importanza iu Svizzera per ricostruire gli aspetti della vita e della civiltà del paese su cui sono così rari gli accenni negli autori antichi, e gli scavi si sono intensificati sempre più in questi ultimi anni in molti luoghi. Sull'altipiano l'amministrazione del territorio degli Elvezî venne trasformata nel 73 d. C. con la fondazione nel capoluogo, Aventicum (Avenches), di una colonia di veterani (Colonia Pia Flavia Constans Emerita Helvetiorum Foederata). La pianta di questa nuova città si è riconosciuta all'interno della sua vasta cinta di mura. Sull'asse del teatro è stato scavato un tempio preceduto da un cortile circondato da portici, che formava con il teatro stesso un grande complesso monumentale. Vi è stato scoperto nel 1939 il busto d'oro dell'imperatore Marco Aurelio, preziosa e importante opera locale della fine del sec. II d. C. Scavi nell'anfiteatro ne hanno precisato la pianta.
Due vici dell'Elvezia romana sono stati più largamente esplorati. A Leusonna (Vidy) si è messo in luce un quartiere commerciale lungo il lago, e le numerose scoperte che hanno rivelato banchine, depositi, iscrizioni con la menzione di nautae, offrono interessanti testimonianze sul commercio che si effettuava per vie fluviali dal Rodano al Reno attraverso la Svizzera, sulla prosperità che ne derivava per il paese (sono stati trovati ceramica sigillata, un tesoro di 72 monete d'oro della prima metà del sec. II d. C.) nonché sulla varietà dei culti, documentata da statuette in bronzo di Mercurio, un bassorilievo di Iupiter Taranis, dediche a divinità indigene romanizzate, un sistro. A Vindonissa (Windisch) la pianta dell'accampamento legionario si è ampliata con la scoperta di nuovi edifici militari: ospedale, caserme, arsenale; e si sono trovati nuovi frammenti di tavolette iscritte. Gli oggetti di cuoio, recuperati in gran numero nei rifiuti del campo, sono stati studiati scientificamente.
Scavi eseguiti a Zurigo (Lindenhof) hanno dimostrato l'esistenza d'un abitato romano. Sono stati esplorati molti forti di tarda epoca (castella). Interessanti mosaici sono venuti in luce nelle ville romane sparse nelle campagne.
Nuove scoperte sono avvenute anche nelle due colonie fondate da Cesare e da L. Munazio Planco alle estremità del territorio elvetico. A Nyon (Colonia Iulia Equestris) si sono trovati blocchi architettonici decorati, un busto di Giulia Domna, un grande mosaico. Ad Augst (Colonia Raurica) due nuovi edifici termali sono stati scavati e si è restaurato il teatro; interessanti ricerche si son fatte sull'orientazione della pianta a scacchiera della città. Nel Vallese (Vallis Poenina) la prosperità del paese era legata al transito sulla via del Gran S. Bernardo, la cui frequenza è attestata dalla scoperta di ex-voto di bronzo sulla sommità del colle. Nel capoluogo di Martigny (Forum Claudii Vallensium), da dove i miliarî contavano le distanze, è venuta in luce una statuetta marmorea di Venere e si è riscontrata la regolarità della pianta della città. A Saint-Maurice la serie delle iscrizioni latine si è arricchita di una dedica a Caio Cesare e di una nuova menzione della Statio Acaunensis quadragesimae Galliarum, donde ha tratto il nome l'abbazia d'Agaune. Sono venuti in luce importanti vestigi di chiese primitive e si è giunti a una nuova interpretazione d'un celebre vaso antico del tesoro.
A Ginevra, il cui nome Genua menzionato da Cesare deve essere accettato in questa forma, l'archeologia ha fornito un interessante commento ai primi capitoli del Bellum Gallicum: sono venuti in luce i piloni lignei del ponte tagliato da Cesare nel 58 a. C., e, presso il villaggio di Avully, i resti incontestabili delle fortificazioni che egli aveva stabilito lungo il Rodano per sbarrare la via agli Elvezî. Nella città alta si sono scoperti gli avanzi della cittadella gallica posta a guardia del passaggio del fiume, e quelli del praetorium di epoca tarda, protetto da una cinta ridotta.
Dagli studî recenti sui caratteri dell'arte romana in Svizzera vengono confermate le conclusioni che si possono trarre dal complesso di queste scoperte: l'influsso generale e benefico della cultura romana sullo sviluppo del paese e al tempo stesso la persistente vitalità delle credenze e delle tradizioni indigene.
Bibl.: F. Stähelin, Die Schweiz in römischer Zeit, 2ª ed., Basilea 1931, 3ª ed. in corso di stampa: E. Howald, E. Meyer, Die römische Schweiz, Zurigo 1940; E. Meyer, Die Schweiz im Altertum, Berna 1946; Jahrbuch der Schweizerischen Gesellschaft für Urgeschichte, Frauenfeld 1937 e segg.; F. Stähelin, Römerzeit, in Zeitschrift für schweiz. Geschichte, XXIII (1943), pp. 450-463; id., Aventicum, Plan de la ville romaine, Avenches 1945; L. Bosset, in Bull. de l'Assoc. Pro Aventico, XIV (1943), pp. 7-42, tavv. I-X; P. Schazmann, Buste en or représentant l'empereur Marc-Aurèle trouvé à Avenches le 19 avril 1939, in Rev. suisse d'art et d'archéologie, II (1940), pp. 69-93, tavv. 25-36; F. Gilliard, P. Collart, D. van Berchem, W. Deonna, C. Martin, Fouilles de Vidy, in Rev. hist. vaudoise, 1939-1947; R. Laur-Belart, Vindonissa, Lager und Vicus, in Röm. germ. Forschungen, X, Berlino-Lipsia 1935; Jahresbericht der Gesellschaft Pro Vindonissa, Brugg 1938-47; A. Gansser-Burckhardt, Das Leder u. seine Verarbeitung im röm. Legionslager Vindonissa, Basilea 1942; R. Laur-Belart, Führer durch Augusta Raurica, ivi 1937; H. Stohler, Orientierung der Stadtpläne von Augusta Raurica und Basilia Romana, in Basler Zeitschr., XXXVIII, p. 295 e segg.; P. Collart, Inscriptions latines de St-Maurice et du Bas-Valais, in Rev. suisse d'art et d'archéologie, III (1941), pp. 1-24 e 65-72, tavv. 1-4, 21-25; L. Blondel, Les basiliques d'Agaune, Étude archéologique, in Vallesia, III (1948), pp. 9-57, tavv. I-III; P. Schazmann, Vase en sardonyx monté sur cloisonnés en or à l'abbaye de St-Maurice d'Agaune, in Rev. suisse d'art et d'archéologie, VII (1945), pp. 1-22, tavv. 1-8; G. Bonfante, Le nom de la ville de Genève, in Bull. de la Soc. de linguistique de Paris, XL (1939), pp. 119-126; L. Blondel, L'emplacement du Pont de César sur le Rhône à Genève, in Genava, XVI (1938), pp. 105-115; id., Le retranchement de César sur le Rhöne, ibid., XXIII (1945), pp. 44-65; W. Deonna, L'art national de la Suisse romaine, ibid., XIX (1941), pp. 120-186, tavv. I-II; id., L'art romain en Suisse, Ginevra 1943.
Arti figurative (XXXIII, p. 106).
Subito dopo il fauvismo venato di decadentismo di un Kohler o un Auberjonois la Svizzera non sembra aver prodotto una corrente propria né in pittura né in scultura. Si può tuttavia constatare che, a parte l'espressionismo tinto di un decadentismo surrealistico e simbolistico, moventesi tra Ensor e Klee, del pittore Walter Kurt Wiemken, di Basilea (1907-41), la maggior parte degli artisti più importanti nati in Svizzera, anche se si sono poi stabiliti e hanno sviluppato il loro lavoro all'estero, hanno teso verso forme a carattere astrattista e surrealista. A tale tendenza ha infatti appartenuto il più grande fra tutti, cioè Paul Klee (v. in questa App.) e appartengono anche lo scultore Alberto Giacometti (v. in questa App.) e il pittore Kurt Seligman (nato nel 1900), seguiti dallo scultore Sergio Brignoni (nato nel 1903). In tale ambito si può includere anche la pittrice Sophie Täuber-Arp (1889-1943), moglie dello scultore Jean Arp.
Nella sua qualità di centro turistico la Svizzera ha però creato nel campo del cartellone pubblicitario una vera arte e in fondo è da questo punto di vista che va valutata la personalità di un artista da poco emerso in gran luce, quella cioè del pittore Hans Erni.
Più di recente, sviluppando sostanzialmente il medesimo piano di ricerca di forme pure facilmente industrializzabili, si è costituita una vasta corrente di pittori e scultori completamente astratti, culminata con la mostra Konkrete Kunst (Kunsthalle, Basilea, 1944), e capeggiata dal pittore, scultore, architetto e scrittore d'arte Max Bill il quale è circondato da artisti quali Leo Leuppi, Richard Paul Lohse, Camille Graeser, Walter Bodmer, Max Huber, ecc.
Bibl.: R. Huyghe e collab. varî, Histoire de l'art contemporain, Parigi 1935; G. Jedlicka, Zur schweizerischen Malerei der Gegenwart, Basilea 1947.