SVIZZERA (XXXIII, p. 73; App. I, p. 1041; II, 11, p. 936; III, 11, p. 885)
In seguito a un referendum nazionale (24 settembre 1978), i tre distretti di lingua francese e di religione cattolica del Giura svizzero compresi nel cantone di Berna, hanno ottenuto di poter costituire il cantone del Giura (cap. Delémont; 843 km2 e 68.000 ab.), ventitreesimo della repubblica federale. La popolazione è aumentata da 6.269.783 abitanti del dicembre 1970 (ultimo censimento) a 6.297.600 abitanti nel 1977 (stima). La densità media è di 154 ab./km2; la natalità è scesa dal 18,8‰ del 1965, all'11,2‰ del 1977, ma anche la mortalità è diminuita (dal 9,3‰ al 9‰). Nel periodo 1963-70 l'incremento annuo della popolazione è risultato dell'1%, mentre negli anni seguenti è inferiore a 0,5%. L'aumento demografico è legato in particolar modo all'eccedenza degl'immigrati sugli emigrati. Il numero dei lavoratori stranieri in S. raggiunse il massimo nel 1964 con oltre 720.000 unità per diminuire poi negli anni seguenti; nel 1972 se ne registravano quasi 649.000 di cui 311.000 italiani, seguiti da spagnoli, tedeschi e francesi; il loro numero è sceso nel 1975 a 425.136 (dei quali 168.625 italiani). Essi sono distinti in lavoratori ad anno, stagionali e frontalieri. È da notare che l'afflusso dei lavoratori stranieri è controllato dal 1965 dagli organi statali, che pongono ad esso diverse limitazioni nel timore che la presenza di troppi elementi stranieri possa alterare l'equilibrio etnico e sociale della Confederazione. Non sono poi mancate negli ultimi anni ventate xenofobe, culminate nel referendum del 1974, risoltosi tuttavia a favore della presenza dei lavoratori stranieri in territorio svizzero. La distribuzione della popolazione tende a continue modificazioni per effetto degli spostamenti interni, determinati dalla diversità delle condizioni economiche fra le regioni montane e le aree centrali. L'insediamento umano rimane così stazionario o in diminuzione nella regione alpina, mentre nella fascia centrale è in espansione. Si modificano nel contempo i rapporti tra città e campagna, tanto che la popolazione urbana sfiora il 55% degli abitanti. La lingua tedesca è ora parlata dal 64,9% della popolazione, quella francese dal 18,1%, quella italiana dall'11,9% e quella reto-romancia da poco meno dell'1%. I protestanti rappresentano quasi il 48% della popolazione, i cattolici il 49,4%.
Condizioni economiche. - La prosperità dell'economia svizzera si deduce dal reddito medio per abitante, fra i più alti del mondo, in gran parte costituito dall'industria e dal settore terziario; infatti il 48% della popolazione attiva è impegnata nell'industria, il 46% nei servizi, e appena il 6% nell'agricoltura. È comprensibile, quindi, come il paese continui a essere molto diffidente dinanzi alle prospettive di unità politica europea e d'integrazione economica.
Nel settore dell'agricoltura si riscontra che la proprietà è ancora abbastanza frazionata, ma si tende a una ricomposizione; un razionale e progressivo impiego delle macchine agricole, dei concimi chimici e delle sementi selezionate va permettendo sempre più redditi abbastanza elevati in diverse produzioni agricole. Le colture coprono il 9,6% della superficie territoriale, mentre i prati e i pascoli si estendono per il 39,3%, le foreste e i boschi per il 25,5%, oltre il 25,6% del territorio è incolto o improduttivo.
Nell'ultimo decennio gran parte delle colture hanno avuto aumenti più o meno sensibili, come per es. lo zucchero di barbabietola (che supera attualmente gli 800.000 q), il grano (4 milioni di q), la segale (330.000 q), l'orzo (1,8 milioni di q). Ma per i cereali, in rapporto al consumo interno, la S. è costretta a importarne grandi quantità. Anche l'allevamento si è ancora sviluppato, sicché nel 1977 il patrimonio zootecnico comprendeva 2 milioni di bovini, 2 milioni di suini, 368.000 ovini; in notevole regresso sono l'allevamento caprino e quello equino.
L'indice della produzione industriale, fatto pari a 100 quello del 1970, è stato nel 1973 di 110. La produzione di energia elettrica (36.241 milioni di kWh nel 1975-76) è fortemente aumentato; le modeste miniere di ferro sono state chiuse nel 1967. Fra le fonti di energia il petrolio rappresenta quasi l'80%: l'importazione del greggio avviene in parte mediante oleodotti da Marsiglia, da Genova e da Sannazzaro (Pavia) per le raffinerie di Aigle, di Cressier e di Sennwald. L'industria dell'alluminio lavora ora oltre 80.000 t di allumina d'importazione all'anno. L'importantissima branca industriale dell'orologeria (44 milioni di orologi nel 1977), che da alcuni anni sta subendo una forte concorrenza straniera, in particolare giapponese, tende alla concentrazione di capitali e di società, alla produzione di apparecchi con congegni della micro-elettronica. L'industria chimica è la più recente delle grandi industrie svizzere, ma si è largamente affermata sui mercati mondiali.
Nel campo commerciale il volume degli scambi è andato progressivamente aumentando, tanto che le importazioni si sono quadruplicate (1973) rispetto a quelle del 1960, mentre le esportazioni si sono più che triplicate nello stesso periodo. La Rep. Fed. di Germania, la Francia e l'Italia sono da tempo i paesi con i quali la S. svolge il maggiore interscambio. Lo squilibrio della bilancia commerciale è largamente compensato dal turismo, dalla rendita dei capitali, dalle assicurazioni. Il 69% delle importazioni proviene dai paesi della CEE, ai quali è destinato il 46% delle esportazioni.
Il porto fluviale di Basilea ha ormai un movimento che supera i 10 milioni di t annue, per oltre il 90% costituito da merci d'importazione. In grande progresso risultano le comunicazioni aeree con larga partecipazione al movimento di passeggeri e di merci da parte della "Swissair", la compagnia di bandiera: nel 1976 si sono registrati quasi 8,5 miliardi di passeggeri/km. Per le comunicazioni terrestri la S. occupa uno dei primi posti in Europa per la densità della sua rete ferroviaria e stradale; gli ultimi grandi trafori alpini sono stati quelli stradali del Gran San Bernardo (6 km), inaugurato nel 1964, e del San Bernardino (6,6 km), aperto nel 1967. Il turismo, che con le sue rimesse invisibili concorre in notevole misura al bilancio dello stato, è in costante sviluppo tanto che i visitatori superano ormai i 7,6 milioni di unità rispetto ai 5,7 milioni del 1965.
Bibl.: P. Gabert, P. Guichonnet, Les Alpes et les États alpins, Parigi 1965; H. Gutersohn, Géographie der Schweiz, Bera 1968; G. Colin, La Suisse, Parigi 1970; J. Barbier, J.-L. Piveteau, M. Roten, Géographie de la Suisse, ivi 1973.
Economia. - Nei primi anni Sessanta l'economia svizzera si è sviluppata a un ritmo molto sostenuto con un aumento medio annuo del prodotto nazionale lordo del 6% nel periodo 1958-63, inferiore, tra i paesi industrializzati, solo al Giappone e all'Italia. Gl'investimenti e le esportazioni hanno rappresentato i fattori che hanno dato maggior impulso a questo sviluppo; la forte immigrazione verificatasi in quegli anni, il notevole afflusso di capitali e il sensibile aumento delle importazioni di merci hanno in parte attenuato la pressione sui prezzi e sui costi. Le tensioni inflazionistiche, pur rimanendo molto moderate (i prezzi al consumo aumentavano annualmente in media del 3% nel periodo 1960-64), incominciavano a impensierire le autorità nazionali, che erano soprattutto preoccupate del concomitante peggioramento della parte corrente della bilancia dei pagamenti. Misure di stabilizzazione furono adottate nella primavera del 1964 con programmi di azioni dirette sul mercato monetario-finanziario, sugl'investimenti esteri, sull'immigrazione straniera e sull'attività nel settore delle costruzioni. Queste misure ebbero successo nel senso di riportare in attivo la bilancia corrente e di moderare le tensioni sui prezzi, ma il tutto fu ottenuto al costo di deprimere il tasso di sviluppo dell'economia che registrò in media negli anni 1966-67 una cifra leggermente superiore al 2%, la più bassa in tutto l'arco degli anni Sessanta. L'abolizione del programma di stabilizzazione all'inizio del 1967 servì a ridare vitalità all'economia svizzera; il tasso di aumento del prodotto nazionale lordo registrò il 3,5% nel 1968. Tuttavia, nonostante questa favorevole situazione, le autorità elvetiche rimanevano sempre preoccupate dell'incombente potenziale inflazionistico derivante dall'entrata di capitali bancari a breve termine. Nel 1969 fu quindi approvata una convenzione tra la Banca Nazionale svizzera e l'Associazione svizzera dei banchieri con la quale, fra l'altro, si decideva di porre dei limiti annuali prefissati all'espansione del credito bancario. Agl'inizi degli anni Settanta, la domanda di consumi privati ridiventa la componente principale della domanda totale prendendo il ruolo svolto nei due anni precedenti dall'esportazione di beni e servizi. Nonostante il deteriorarsi della situazione economica (i prezzi al consumo aumentavano nel 1971 del 6,6%, diminuivano i notevoli avanzi commerciali degli anni precedenti), nel maggio del 1971 fu decisa la rivalutazione del franco (la sua parità oro non era stata modificata dal 1936) e contemporaneamente furono prese misure atte a scoraggiare l'aflusso di capitali. Con la crisi del petrolio l'economia svizzera entra in una fase di grave stasi dell'attività produttiva che nel 1975 diminuisce del 12,6%, mentre l'occupazione diminuisce del 6,5% e particolarmente colpiti sono i lavoratori stranieri. Eccellenti risultati vengono tuttavia raggiunti sul fronte della lotta all'inflazione: l'aumento dei prezzi nello stesso periodo rimane tra i più bassi di quelli dei paesi industrializzati. Una politica monetaria che ha sempre rigorosamente rispettato i vincoli all'espansione creditizia ha favorito, nonostante i vincoli amministrativi approntati, afflussi di capitali dall'estero che hanno portato il franco svizzero ad apprezzamenti sempre più vistosi. Dopo la crisi depressiva del 1975-76 il prodotto nazionale lordo è riaumentato nel 1977 a un tasso (4,3%) superiore a quello medio dei paesi OCSE in seguito al rilancio dei consumi privati. I prezzi al consumo sono aumentati nel 1977 dell'1,3%.
Bibl.: OCDE, Études économiques (varie annate); L'Economia svizzera, a cura dell'Unione di banche svizzere (varie annate).
Storia. - L'espansione economica e l'irrilevanza dei conflitti di lavoro hanno caratterizzato la vita elvetica fin dagli ultimi anni Cinquanta: l'indice della produzione industriale è salito da 108 nel 1959 a 198 nel 1970, con un corrispondente incremento del PNL, del reddito nazionale, delle esportazioni e, in misura anche superiore, delle importazioni. La pace sociale è stata sottolineata dal calo costante della disoccupazione, che risultava nel 1973 praticamente annullata. L'elettorato, attivo e passivo, è stato esteso alle donne, a cui era stato rifiutato nel 1959. La revisione totale della Costituzione federale è stata decisa dal Parlamento nel 1966, e attualmente una commissione extraparlamentare appositamente creata lavora al difficile compito. Modifiche costituzionali hanno intanto creato nuovi poteri e le competenze della Confederazione si sono accresciute nel settore della protezione della famiglia, della politica economica (controllo dei prezzi, lotta contro la surchauffe économique, estensione dei poteri della Banca Nazionale), della lotta contro la polluzione delle acque, dell'energia atomica, delle strade nazionali, dell'industria cinematografica, della protezione civile, delle borse di studio, degli oleodotti, della protezione della natura e del riordinamento della proprietà fondiaria. Per equilibrare in un certo senso l'invadenza crescente del potere centrale, i Cantoni sperimentano forme di collaborazione intercantonali, mediante convenzioni e concordati che regolano problemi comuni, concernenti essenzialmente l'istruzione pubblica, l'ordine pubblico e l'amministrazione fiscale. Ma trattasi di palliativi capaci di ritardare appena la centralizzazione ognora crescente.
Nel 1960 una Costituente ha cominciato a studiare la fusione dei mezzi cantoni di Basilea-città e Basilea-campagna. Nel dicembre 1969 gli elettori dei due mezzi cantoni hanno ratificato l'opera della Costituente. Dopo che la garanzia federale sarà accordata a tale decisione popolare, il popolo e i cantoni svizzeri dovranno ratificare la fusione, e quindi accettare la revisione dell'art. 1 della Costituzione federale. Sennonché recentemente ostacoli quasi campanilistici hanno rinviato sine die gli svolgimenti costituzionali previsti.
Le rivendicazioni per la creazione di un cantone del Giura, paese francofono nel territorio del cantone di Berna, si sono particolarmente inasprite dal 1959 in poi: il Rassemblement jurassien decise allora di strappare, con tutti i mezzi, l'indipendenza cantonale. La mediazione e i buoni uffici di personalità non essendo riusciti a porre termine ai conflitti e alle violenze, un meccanismo costituzionale complesso e complicato è stato messo in opera per consultare, attraverso una catena di plebisciti, le popolazioni interessate. I risultati delle più recenti votazioni mostrano, una volta di più, che tutti i comuni del Nord del Giura esigono l'indipendenza da Berna, mentre quelli del Sud vi sono restii. I separatisti contestano queste votazioni, imputandole alla germanizzazione massiccia nei comuni del Sud favorita da Berna, e s'impegnano a mantenere le agitazioni finché tutto il territorio giurassiano non sarà indipendente. La rivendicazione dell'indipendenza nasconde, di là del conflitto etnico e linguistico, vecchie querele religiose, tra il Nord cattolico e il Sud protestante. Tra il 1978 e il 1979 si è potuto finalmente proclamare il Giura XXIII° cantone della Confederazione. Esso occupa però una sola parte del territorio giurassiano, per cui la nascita del nuovo stato non risolve affatto tutti i problemi e i conflitti sempre più acuti dalla fine degli anni Cinquanta in poi.
Tre grandi dibattiti hanno impegnato profondamente l'elettorato svizzero nel corso degli ultimi lustri: le iniziative anti-atomiche, l'interdizione di esportare e vendere armi, la riduzione del numero dei lavoratori stranieri. Tutte queste iniziative referendarie sono state respinte dal popolo, ma hanno suscitato ondate di passioni di una violenza insolita. La lotta contro queste iniziative ha favorito la nascita di una miriade di organizzazioni di estrema sinistra, fra cui le più importanti e attive sono i progressisti estremisti del POCH nella S. tedesca e i trotskisti della LMR nella S. romanda. Questi gruppi che si uniscono sovente con i movimenti degli obiettori di coscienza, con i non-violenti, con i pacifisti, contribuiscono alla diffusione di idee anti-militariste, e in un certo senso alla polarizzazione degli spiriti. Sul piano internazionale la S. è entrata nel 1963 nel Consiglio d'Europa, ma ha rifiutato nel 1965 di aderire all'ONU; nel 1961 aveva domandato l'associazione alla Comunità economica europea, e continua oggi ancora a negoziare al fine di ottenere uno statuto particolare di associazione. Sul piano della rappresentanza politica federale (ma il discorso vale anche per i cantoni), la stabilità delle grandi forze politiche è quasi totale: dal 1947 in poi i partiti tradizionali rappresentano, senza scosse, sempre la stessa percentuale dell'elettorato. Al rigoglio, all'estrema destra, di un gruppo di nazionalisti xenofobi, fa riscontro la stabilità assoluta della destra moderata (che va dai liberali ai radicali e ai centristi), del centro (essenzialmente i democristiani), e della sinistra, composta da socialdemocratici e da un minuscolo Partito comunista, continuamente sbilanciato fra l'alleanza con i comunisti francesi e l'ammirazione per il realismo tattico dei comunisti italiani. L'80% dello schieramento parlamentare dà luogo a un governo composto da due socialisti, due radicali, due democristiani e un centrista agrario. Uno schieramento così disparato, sostenuto da forze politiche così eterogenee, deve costantemente negoziare con tutti gl'interessati le linee principali della politica da seguire, e soprattutto conciliare interessi diversi. Perciò deve procedere con cautela e prudenza, e talvolta deve lasciare da parte problemi scottanti per non generare disaccordi violenti. La democrazia diretta, che si esercita attraverso il referendum, spinge all'estremo questi atteggiamenti. Un progetto che non comporta l'adesione di tutti corre il pericolo di essere impugnato da una piccola minoranza (50.000 elettori al minimo). Il sistema funziona perfettamente nella misura in cui tutte le componenti politiche e sindacali accettano e rispettano le regole del gioco. Ma l'irrompere sulla scena politica di giovani animati da furore ideologico, l'invecchiamento progressivo della popolazione globale e la forte diminuzione della popolazione economicamente attiva, non compensata finora da un'automatizzazione capillare nei settori produttivi, creano tensioni e squilibri che il sistema riesce con qualche difficoltà ad assimilare.
Bibl.: E. Gruner, Die Schweiz seit 1945, Berna 1971; G. Busino, La Svizzera fra le due guerre, in Ventesimo secolo. Storia del mondo contemporaneo, vol. IV, Milano 1971; id., La Svizzera al bivio dell'Europa, ibid., vol. VI, 1972; R. Nordmann, P. Keller, in La Suisse notre aventure, Losanna 1972; R. Ruffieux, La Suisse de l'entre-deux-guerres, ivi 1974.
Letteratura. - La guerra, isolando la S. dalle culture-madri, obbligandola a ritrovare nel proprio seno i fermenti spirituali di sopravvivenza, ha ridato certamente alle letterature della Confederazione forza e vigore. La creazione della Fondazione Pro Helvetia, vero centro stimolatore della vita letteraria e artistica svizzera, contribuirà a preservare i caratteri originali della cultura elvetica, incoraggerà in S. le creazio i dello spirito, promuoverà gli scambi fra le diverse regioni linguistiche, e farà conoscere all'estero le opere e le attività degli Svizzeri in tutti i settori del pensiero e della cultura. Il rinnovo della vita culturale è immediato. Le iniziative succedono alle iniziative: nel 1948 è creata la cineteca svizzera, nel 1952 il Fondo nazionale svizzero della ricerca scientifica, nel 1965 il Consiglio svizzero della scienza. Leggi per il sovvenzionamento delle università cantonali, della produzione cinematografica, per stimolare le attività artistiche e culturali, sono elaborate e approvate, e ciò permette un rigoglio di attività straordinariamente vivace.
La manifestazione più significativa di questa ritrovata vitalità è data innanzitutto dal teatro. F. Dürrenmatt e M. Frisch portano sulle scene, prendendo spunto dalla realtà quotidiana alemannica, i grandi temi moderni del potere, della ricchezza, della paura delle guerre nucleari, dei pericoli di uno sviluppo incontrollato della scienza, della lebbra dei pregiudizi razziali, del totalitarismo, della necessità di essere solidali con gli altri. Le commedie e i drammi di questi due autori stampati e diffusi in edizioni popolari si rappresentano in tutti i paesi del mondo, veicolano un'arte neo-espressionista, ora patetica ora truculenta, ma sempre moralmente e politicamente impegnata. L'esempio di Dürrenmatt e Frisch fa nascere una folta schiera di drammaturgi come E. Troller, H. Mühlethaler, W. Diggelmann, H. Loetscher e M. Schmid, i quali intraprenderanno spericolate ricerche teatrali, da cui solo la S. italiana si sottrarrà grazie al prudente tradizionalismo di G. Biscossa.
Gl'influssi del teatro svizzero tedesco divenuto il centro stesso dell'attività letteraria si avvertono subito anche in S. romanda, dove sono tradotti i testi dei grandi e adattati da drammaturgi come W. Weideli, H. Deblüe, L. Gaulis e M. Viala. La maggioranza di questi drammaturgi romandi pratica egualmente il romanzo e la poesia. Il teatro partecipa così alle ricerche letterarie che in S. s'intraprendono per avere una letteratura originale, punto provinciale, o subalterna a quelle tedesca, francese o italiana.
I romanzi di Frisch e di Dürrenmatt sono altresì presi a modello e imitati. Gli scrittori s'immergono nella realtà sociale, nei conflitti generati dalla massiccia industrializzazione, e poi li descrivono con accenti vicini alle esperienze di tutti. La lingua acida e tagliente di W. Diggelmann, che brucia o tagliuzza la tendenza odierna a tradurre in slogan pubblicitari i problemi della vita quotidiana, si accosta ai problemi esistenziali descritti con pudico nitore da H. Loetscher, con rattenuta malinconia da H. Meiern, con sprazzi surrealisti da J. Federspiel. Una sorta di crisi d'identità sembra dominare l'opera di scrittori più giovani come O.F. Walter, J. Steiner e P. Nizon, che trasformano il quotidiano e il banale in racconti caleidoscopici. Dal canto loro Diggelmann, P. Bichsel, K. Marti e J. Steiner denunciano le alienazioni della società moderna e la stranezza oppressiva del quotidiano. Per questi ultimi scrivere poi si confonde con l'impegno sociale, politico o religioso. Essi esigono che lo scrittore sia un essere sempre impegnato, e talvolta fortemente ingaggiato, come per es. A. Muschg, Ch. Mettler, D. Fringeli, W. Vogt, e beninteso Frisch e Dürrenmatt.
Accanto a questa letteratura aperta sul mondo, che partecipa alla vita dell'universo, una folta schiera di scrittori descrive le città e i paesi elvetici chiusi e autosufficienti, ripiegati sui valori tradizionali svizzeri. Le opere di A. Zollinger, K. Guggenheim, A.J. Welti rispecchiano minuziosamente questo mondo piccolo e chiuso, non sprovvisto però di grandezza morale. Un lirismo incantatorio, una vena poetica di una chiarezza cristallina, dànno alle opere di M. Inglin e di un R. Walser un respiro europeo, che le altre purtroppo non attingono. Per quanto riguarda la letteratura recente della S. romanda, essa ha il suo atto di nascita nella creazione, agli albori degli anni Cinquanta, della rivista Rencontres da parte di G. Haldas, Y. Velan e W. Weideli. Lo scrittore più importante del gruppo è Y. Velan, che pubblica un romanzo, Je, diventato celeberrimo in tutti i paesi francofoni, per la bellissima descrizione della situazione di un pastore protestante svizzero dilaniato tra il senso di fedeltà alla sua religione e alla sua classe d'appartenenza, la borghesia, e un'attrazione appassionata per il proletariato. A questa tendenza impegnata, fa riscontro presto un'altra che tenta di tradurre in un linguaggio tra il lirico e il realistico la lenta degradazione degli esseri e delle esistenze, e soprattutto la perdita di contatti con la natura. Meno impegnati, più attenti ai problemi formali dello scrivere, dell'invenzione dei linguaggi, questi scrittori trovano un maestro nel poeta Ph. Jaccotter, geniale traduttore in francese. di classici contemporanei tedeschi e italiani. M. Chappaz, J. Cuttat, A. Voisard, J. Chessex, J.-Cl. Fontanet descrivono in liriche, racconti, romanzi, che conoscono successi di vendita grandiosi, la lenta agonia, persino la marcitura degli esseri e delle cose. L'insolito successo di pubblico di questi scrittori, aiutati e sorretti da uno scrittore-editore dal talento organizzativo fuori del comune, B. Galland, ha suscitato innumerevoli altre vocazioni, e ha dato alla vita letteraria romanda un'intensità e una vivezza incomparabili. Fra gli scrittori più originali, di una cultura finemente preziosa, N. Bouvier è certamente quello che possiede la vena poetica più autentica e sonora, quello che è arrivato a forgiare una lingua ove le espressioni gergali acquistano d'un colpo dignità poetica, quello che è arrivato a fare dell'esotismo un elemento pregnante del più banale quotidiano. Con Bouvier i limiti tra letteratura d'invenzione-immaginazione e letteratura di riflessione si stemperano. E spariscono addirittura con scrittori come J. Marcanton, D. de Rougemont, J. Starobinski, J. Rousset, M. Jeanneret, A. Py, A. Tripet, M. Raymond e A. Beguin, che solo con eccessiva approssimazione possono definirsi critici o saggisti universitari. Fra i più giovani, quello di più sicuro avvenire è certamente A. Grobety, una giovane casalinga arrivata per miracolo al romanzo, e che suscita speranze, timori, dubbi, ma anche molte attese positive. Spentasi la voce di F. Chiesa, il Ticino è ancora alla ricerca di propri scrittori a vocazione universale. Colui che sembra prendere, almeno per il momento, consistenze non regionalistiche, è G. Orelli.
La letteratura ha dato egualmente un apporto importante allo sviluppo della cinematografia. H. Brandt che ha fornito un contributo importante alla creazione del film letterario etnografico e alla fondazione di una specifica struttura cinematografica al racconto di viaggio, ha suscitato una schiera di cineasti-letterati, i quali tentano di tradurre in immagini e sequenze il ritmo degli uomini e delle stagioni. C. Goretta, A. Tanner, J.-L. Godard, A. J. Seiler, J.-L. Rey, Ch. Liardet rompono i legami fra il film documentario e il film d'invenzione, d'immaginazione, e inventano uno stile, una scrittura, che negli scritti di N. Bouvier, nelle sue fotografie trovano la più compiuta formalizzazione. L'interpenetrazione costante fra teatro, cinema e letteratura è certamente il tratto più saliente delle letterature della S. d'oggi.
Bibl.: A. Berchtold, La Suisse romande au cap du XXe siècle, Losanna 1963; G. Calgari, Le 4 letterature della Svizzera, Milano-Firenze 1968; J. P. Monnier, Littérature romande d'aujourd'hui, Zurigo 1974.
Archeologia. - Studi condotti in epoca recente sul Neolitico svizzero hanno dimostrato che la cultura di Cortaillod presenta, nel più vasto ambito dell'area europea, caratteri suoi propri con ceramica a incrostazione eseguita con corteccia di betulla. Più che la ceramica sono però tipici di questo Neolitico svizzero l'industria del legno (vasetti, manici di falcetti, asce, ecc.) e del corno e soprattutto l'aspetto degli stanziamenti lacustri difesi da palizzate, con costruzioni rette da pali di legno e pavimentate da cortecce d'albero. Per quanto riguarda l'età romana l'esplorazione archeologica si è concentrata sulle tre civitates di Colonia Equestris (Nyon), di Augusta Raurica (Augst), e di Aventicum (Avenches), e sui piccoli agglomerati (vici) che, situati spesso agl'incroci di strade importanti, svolgevano un ruoo di piccole poste militari (Yverdon) e di centri commerciali e artigianali (Martigny, Losanna-Vidy, Berna, Baden, ecc.). L'insediamento di Losanna-Vidy (fondato fra gli anni 20-10 a. C.) presenta una disposizione tutta romana, con decumanus maximus bordato da portici che porta al foro, centro culturale e religioso con tempio e basilica. Così Martigny, dove gli scavi hanno rivelato l'esistenza di un ampio foro e di una basilica a cui si addossa il tempio, di quartieri rettangolari e le tracce di un anfiteatro. L'agglomerato di Engehalbinsel, vicino a Berna, antica cittadella celtica risalente al 2° secolo a. C testimonia una continuità di occupazione fino al 1° secolo; vi è stato scoperto recentemente un murus gallicus; parecchi templi gallo-romani a pianta quadrata, delle abitazioni, terme, officine di ceramisti, un'importante necropoli del 2° secolo e un piccolo anfiteatro. Un teatro è stato rinvenuto a Lenzbourg (Argovia), il terzo per importanza (dopo quelli di Augst e di Avenches) trovato in Svizzera. Il centro vero e proprio della Baden romana (Aquae Helveticae) era costituito dai bagni termali, i cui resti sono stati scoperti nel 1967 e successivamente almeno in parte portati alla luce: oggi si conoscono due grandi piscine e numerose piccole vasche singole. I bacini erano riforniti d'acqua da almeno due delle 19 sorgenti termali oggi note. Le sorgenti erano sicuramente già note ai Celti, ma l'importanza di Baden in età romana si accrebbe con la fondazione e lo sviluppo del vicino campo legionario di Vindonissa (Windisch). La prospezione archeologica di Augusta Raurica non è che agl'inizi. Anche la data della sua fondazione (44 a. C.) dovuta a Munazio Planco, come risulta dalla sua iscrizione funeraria ("...deduxit Lugdunum et Raurica"), è posta in discussione dopo gli ultimi scavi in differenti quartieri della città.
In effetti, allo stato attuale degli studi, le scoperte più antiche rimontano alla fine del periodo augusteo e all'inizio del regno di Tiberio. Non si è ancora in grado di dare una risposta soddisfacente alla topografia della città, a eccezione di due quartieri di abitazione, oggetto d'investigazioni sistematiche. Sono stati individuati anche un impianto termale e un acquedotto. L'incursione degli Alemanni nel 260 e la distruzione della città determinarono la costruzione di una fortezza a pianta quadrata con muri e torri quadrate. All'angolo sud-est della fortezza si è scoperto un tesoro di argenteria che era stato accuratamente imballato e posto in un recipiente imbottito di paglia.
I primi scavi sistematici di Aventicum furono intrapresi negli anni Sessanta. Dal punto di vista urbanistico la città non mostra alcun cambiamento fino alla metà del 3° secolo, perché costruita in modo da essere sufficientemente vasta per tutta la durata dell'occupazione; è suddivisa in 35 insulae; il foro si trova, secondo la norma, al centro dell'impianto urbano, all'incrocio fra il cardo e il decumanus.
La città, fondata sotto Tiberio, era costruita in legno; solo verso la fine del 1° secolo il primitivo aspetto della città venne modificato dall'adozione dell'architettura in pietra. Per quanto riguarda le costruzioni pubbliche e private, le nostre conoscenze sono oggi ancora molto precarie: assieme a edifici pubblici come il teatro, l'anfiteatro, il muro di cinta, sono stati scavati sistematicamente diverse scholae e due quartieri privati. Le case private di Aventicum presentano un'architettura relativamente uniforme. La villa a peristilio costituisce un'eccezione; la maggior parte delle abitazioni sono delle costruzioni semplici. La stratigrafia tipica di Aventicum mostra una successione di cinque casi di cui la datazione è la seguente: costruzione in legno (età Tiberio-Claudio); I costruzione in pietra (età Claudio-Nerone); II costruzione in pietra (età di vespasiano); III costruzione in pietra (dopo il 100 d.C.); IV costruzione in pietra (metà del 2° secolo).
La fotointerpretazione è stata applicata in S. anche per l'individuazione di resti di età romana. Sono state così individuate oltre 50 ville romane (Marly, ecc.). La tenuta agricola di Seeb è una delle maggiori della S. settentrionale, impiantate dopo la fondazione di Vindonissa e che godettero successivamente di un grande sviluppo fino alla distruzione intorno al 260 d. Cristo. La tenuta è circondata da mura su tre lati e divisa internamente in un parco e una parte agraria: all'interno delle mura di cinta sorgevano un'ampia casa padronale, un edificio col pozzo, un edificio con i bagni, sei altri edifici e due grandi recinti, evidentemente destinati a raccogliere il bestiame. Anche di Ginevra si conoscono numerose tracce d'importanti monumenti di età romana. La piazza del mercato si trovava sul Bourg-de-Four; l'approvvigionamento idrico della città era assicurato da un acquedotto. Ginevra disponeva di un porto nella zona dell'attuale quartiere Madeleine, in cui fu rinvenuta una grande statua di legno, probabilmente un dio fluviale. Le invasioni alemanne interruppero lo sviluppo della città, che ne uscì praticamente distrutta. Dalle rovine fu ricavato materiale da costruzione per una fortificazione romana più recente, all'incirca nella zona dell'antico oppidum celtico (Mur de Gondebaud). Vedi tav. f. t.
Bibl.: A. Lambert, E. Meyer, Führer durch die Römische Shweiz, Zurigo-Monaco 1972; L. Berger, Suisse, Parigi 1974.
Arte. - L'arte svizzera, dopo P. Klee e A. Giacometti, è interessata al costruttivismo e presenta una freddezza architettonica. L'architetto, pittore, scultore e scrittore M. Bill - portavoce a livello internazionale dell'"arte concreta" in S. - e il pittore, pedagogo e teorico d'arte R.P. Lohse sono i protagonisti di questo orientamento al quale più tardi si rifaranno - più o meno strettamente - artisti quali C. Graeser. Ha acquistato importanza internazionale, in un settore che si potrebbe definire con l'etichetta di "feticismo dell'oggetto", il lavoro di D. Spörri o, dopo di lui, di F. Eggenschwiler, che costruisce un mondo artificioso fatto esclusivamente di cose trovate, di materiali di rifiuto, sia della civilizzazione umana sia della natura. Ha fondato una comunità di lavoro con P. Meier, K. Vetter e R. Welti. Questi ultimi sono giunti a distinguersi assai l'uno dall'altro: Meier con disegni che rivelano una tendenza costruttivista; Vetter con oggetti, nei quali si combinano elementi di sogno con un controllo razionale e Welti con opere-reticolo d'impianto costruttivista dove si mescolano anche elementi poetici.
Molto influenzato da immagini surrealistiche e letterarie è un gruppo che si può determinare sulle basi della comune tematica, che include A. Thomkins e D. Rot. Altra personalità piuttosto singolare è A. Hüppi, i cui disegni e oggetti-cassa si basano, nonostante tutta la poetica delle forme a spirale e dei rilievi in legno ampiamente articolati, su esperienze costruttiviste.
Anche nella scultura svizzera si ha molteplicità di manifestazioni e d'idee. Vi si distinguono tendenze costruttiviste, figurative, fantastico assurde, minimaliste; ma fondamentale resta la forza di singole personalità, difficili da classificare, fra le quali devono essere citati come preminenti Z. Kemeny, B. Luginbühl, J. Tinguely, R. Müller e H. Aeschbacher. Inoltre sono da ricordare le steli totemiche, talvolta con un soprapporto oggettivamente fantastico di K. Sigrist; le figurazioni marmoree astratte di A. Poucet, le sculture luminose in acciaio di K. L. Metzler o l'assemblage di forme-dettaglio organiche di P. Kunz.
Nell'architettura svizzera posteriore al 1945 è caratteristica la contemporaneità di modelli differenti, i cui impulsi partono ora da Le Corbusier, ora da F. L. Wright (M. E. Haefeli, W. M. Moser, R. Steiger, che hanno anche lavorato in gruppo, insieme con A. M. Studer, alla torre Zur Palme a Zurigo, e O. Caretta). Nel campo delle abitazioni tipiche le case-terrazza a Zug (F. Stucki, R. Meuli) come anche a Zurigo-Witikon (C. Paillard, P. Leemann), a Umiken (H. U. Scherer, Team 2000, gruppo Metron), a Visp (A. M. Studer). e quelle di Halen del gruppo Atelier 5 di Berna. Vedi tav. f. t.
Bibl.: M. Joray, La sculpture moderne en Suisse, 3 voll., Neuchâtel 1955, 1959, 1967; Architekturführer Schweiz, a cura di H. Girsberger e F. Adler, Zurigo 1969; S. von Moos, Orientamenti nuovi nell'architettura svizzera, Milano 1970; si vedano, inoltre, le annate più recenti del periodico Werk.