Svizzera
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Geografia umana ed economica
di Anna Bordoni
Stato dell'Europa centrale. All'inizio del 21° sec. la dinamica demografica (7.288.010 ab. al censimento del 2000) è stata caratterizzata da una sia pur minima crescita annua (0,7% nel periodo 2000-2005), dovuta non tanto all'incremento naturale (nel 2005 la natalità e la mortalità sono state rispettivamente del 9,7 e dell'8,5‰) quanto al contributo dell'immigrazione (+3,1‰ il saldo migratorio): nel 2004 il numero degli stranieri residenti era salito a 1.495.000 unità, pari a oltre il 20% della popolazione complessiva. In aumento anche gli svizzeri residenti all'estero (oltre 600.000 nello stesso anno).
In seguito a un accordo bilaterale con Bruxelles, ratificato dal referendum del 5 giugno 2005, la Confederazione elvetica è entrata a far parte dello spazio Schengen, grazie al quale il Paese, pur non essendo membro dell'Unione Europea, può tuttavia partecipare alla libera circolazione di persone prevista per i Paesi aderenti. Questo accordo assume una valenza positiva per i 174.700 lavoratori transfrontalieri (stima dic. 2004) e servirà ad attrarre manodopera qualificata sul mercato del lavoro locale, contribuendo a controbilanciare a medio termine la diminuzione della popolazione attiva svizzera. Questa apertura politica comporta da una parte favorevoli prospettive sotto il profilo economico, in quanto ne beneficeranno in primo luogo gli scambi commerciali (il 60% delle esportazioni sono orientate verso Paesi membri dell'UE); dall'altra parte pone seri problemi logistici e ambientali, in funzione dei quali il governo ha deciso di limitare il trasporto su gomma e di potenziare quello ferroviario realizzando infrastrutture a investimento pubblico come la Nouvelle ligne ferroviaire à travers les Alpes (NLFA) e Rail 2000. Questi progetti hanno inoltre stimolato il mercato interno, che soffre, come nella maggior parte dei Paesi europei, di una forte tassazione sui consumi delle famiglie.
La S., caratterizzata da un'economia di mercato stabile e da una manodopera altamente qualificata, resta un rifugio sicuro per gli investitori stranieri in virtù di una legislazione che garantisce e difende il segreto bancario. Tuttavia, malgrado si ponga tra i Paesi con il più elevato reddito pro capite del mondo (54.930 dollari nel 2005), l'economia elvetica attraversa una fase di rallentamento (nel periodo 1995-2004 l'incremento medio annuo del PIL è stato di appena l'1,4%), dovuta soprattutto alla debole domanda nella zona euro, alla svalutazione del dollaro e al rialzo del prezzo del petrolio.
Storia
di Francesca Socrate
Al passaggio del secolo le due questioni da tempo al centro del dibattito pubblico e della dinamica tra i partiti, ovvero i rapporti con l'Europa e la linea da adottare in materia di immigrazione, giunsero a incidere più significativamente che nel passato sulla vita politica del Paese.
Nell'ottobre 1999 il risultato delle elezioni legislative sembrò infatti minare la tradizionale solidità della coalizione governativa alla guida della S. dal 1959 e composta dalla Christlichdemokratische Volkspartei der Schweiz/Parti démocrate-chrétien suisse (CVP/PDC), dalla Freisinnig-Demokratische Partei der Schweiz/Parti radical-démocratique suisse (FDP/PRD), dalla Sozialdemokratische Partei der Schweiz/Parti socialiste suisse (SPS/PSS) e dalla Schweizerische Volkspartei/Union démocratique du centre (SVP/UDC). Già rafforzatosi nelle precedenti elezioni del 1995, ma pur sempre rimasto il partito più debole della coalizione, il SVP/UDC guidato da C. Blocher registrava una affermazione tale da diventare, in termini di voti anche se non di seggi, la prima forza politica del Paese alla pari con il SPS/PSS (ottennero rispettivamente il 22,6% e il 22,5% dei voti, anche se il carattere cantonale del sistema elettorale elvetico garantì al SVP/UDC solo 44 seggi contro i 51 dei socialdemocratici). Il FDP/PRD si attestava al 19,9% dei suffragi e il CVP/PDC scendeva al 15,8%, mentre la Grüne Partei der Schweiz/Parti écologiste suisse (GPS/PES) conquistava il 5% dei voti, confermandosi la quinta forza politica del Paese. Il successo straordinario del partito di Blocher, che aveva condotto la campagna elettorale in nome di una linea politica fortemente nazionalista, populista e antieuropeista, rifletteva il radicamento nell'elettorato elvetico di due forti caratteri politico-culturali: una difesa xenofoba dell'integrità nazionale in primo luogo e, in secondo luogo, la rivendicazione dell'identità storica di Stato neutrale.
Confermata la coalizione quadripartita (dic. 1999), l'esecutivo si trovò nuovamente nel 2001 ad affrontare la questione dei rapporti della S. con la Germania nazista e delle modalità di risarcimento dei depositi bancari delle vittime della Shoah; nell'agosto dello stesso anno, infatti, erano emerse ulteriori prove di rapporti economici di aziende private e dello stesso governo elvetico con l'Italia e la Germania durante il conflitto mondiale. Malgrado ciò, nel settembre 2002 gli elettori bocciarono un referendum con cui il governo proponeva di istituire una Fondazione destinata a scopi umanitari e finanziata in parte con le riserve auree della Banca nazionale svizzera. Nello stesso anno (marzo), un referendum popolare approvò con il 54,1% dei voti l'ingresso della S. nell'ONU.
La forza crescente degli atteggiamenti nazionalisti e xenofobi emerse d'altronde nelle elezioni dell'ottobre 2003, quando la SVP/UDC registrò una nuova imponente ascesa elettorale arrivando, primo partito, al 26,6% dei voti, contro il 23,4% della SPS/PSS, il 17,3% della FDP/PRD e il 14,4% del CVP/PDC. Il GPS/PES conquistò il 7,4% dei voti. In seguito alla vittoria del suo partito, Blocher reclamò un secondo seggio nel Consiglio federale, minacciando in caso contrario di abbandonare la coalizione. Contrariamente alla tradizione politica del Paese, che prevedeva che ogni ministro mantenesse il proprio seggio fino alle sue eventuali dimissioni, il leader della SVP/UDC ottenne nel gennaio 2004 l'incarico di ministro della Giustizia e della Pubblica Sicurezza, ministero decisivo in materia di immigrazione e asilo politico anche nei rapporti con la Unione Europea.
Le resistenze nei confronti di una partecipazione del Paese al processo di integrazione europea e alla sua politica in materia di immigrazione, già manifestatasi in più occasioni nei decenni precedenti, si rivelavano ancora profondamente radicate nell'opinione pubblica svizzera alla luce di una serie di referendum: nel marzo 2001 il referendum relativo alla richiesta, sottoscritta da forze favorevoli all'Unione Europea, di accelerare i negoziati in corso con la stessa UE vide infatti una partecipazione al voto molto alta e un risultato drasticamente contrario (77% di no); nel giugno 2005 il progetto di aderire alla convenzione europea di Schengen e a quella di Dublino venne approvato solo di stretta misura, mentre nel settembre 2006 l'elettorato approvò due nuove leggi che inasprivano le norme sul diritto di asilo e sull'immigrazione.