T'AI SHAN (A. T., 99-100)
SHAN Monte e massiccio montagnoso della Cina, nella provincia dello Shan-tung, costituito da molte catene formate di gneiss e di graniti, da cui divergono in tutte le direzioni un gran numero di corsi d'acqua. La vetta principale è il monte T'ai (cioè il T'ai shan) che sale a 1545 m. s. m. I dintorni del T'ai shan coi loro picchi, boschi e ruscelli sono assai belli e pittoreschi.
Dei cinque sacri monti della Cina il T'ai shan, il "monte santissimo", gode la venerazione maggiore, che risale senza dubbio a tempi remotissimi, poiché il pellegrinaggio ai templi della sommità viene ricordato già negli specchi dell'epoca Han. Sul monte stesso esistono persino un'iscrizione del 56 d. C. e parecchie altre dell'epoca T'ang. Opere d'arte (un bacino in bronzo del 1101) sono accertabili a partire dal periodo Sung. La maggior parte dei templi appartiene alla dinastia dei Ming che ne fece costruire un gran numero dal piede fino alla sommità del monte. In quest'epoca cominciò a insinuarsi accanto al culto della divinità del monte - e forse addirittura lo precedette - quello di altre divinità, come, ad esempio, la "madre celeste" invocata contro la sterilità delle donne e per la guarigione dei bimbi. Infine confluirono sul T'ai shan i culti di tutte le divinità venerate in Cina. Vanno ricordate specialmente le porte d'onore del periodo Ming, come pure le pareti con rilievi di terracotta smaltata del tempio dedicato alla dea del T'ai shan. A nord del T'ai shan, e generalmente considerato ancora appartenente a questo, è sito il "convento delle sommità animate dei monti": la pagoda (costruita dal 742 al 750) è una delle poche del periodo T'ang. Una serie di figure in terracotta, colorate in maniera oltremodo naturafistica e rappresentanti gli scolari di Buddha, è databile alla prima metà del sec. XVI.
Bibl.: F. von Richthofen, Shantung, Berlino 1908, pp. 147-153; A. Tschepe, Der T'ai schan und seine Kultstätten, Jen chow fu 1906; E. Chavannes, Le T'ai chan. Essai de monographie d'un culte chinois, Parigi 1910; C. K. Edmunds, Shantung, China's Holy Land, in National Geographical Magazine, 1919, pp. 235-252.