tabacco
Foglie in fumo
La storia del tabacco è millenaria: le piante del genere Nicotiana erano coltivate in America Latina dagli Indios che le usavano come medicinali, come allucinogeni e per fumare. I conquistatori spagnoli le portarono in Europa dove subito divampò l’entusiasmo per il tabacco. Oggi le prove inconfutabili della sua tossicità hanno portato a leggi antifumo sempre più severe
Il tabacco è una solanacea, famiglia botanica importantissima. Pare che il grande geografo tedesco Alexander von Humboldt (18°-19° secolo) abbia detto: «Dall’America ci sono giunte due piante: una per il nostro profitto, la patata, e l’altra per la nostra rovina, il tabacco». Infatti questa angiosperma fu scoperta in America Latina, culla anche di molte altre Solanacee.
Il nome tabacco, secondo alcuni di origine araba (tabbaq), indica una pianta erbacea mediterranea da cui un tempo si ricavavano sostanze medicinali; dopo la scoperta dell’America, il termine fu usato per indicare le piante del genere Nicotiana, come Nicotiana tabacum, Nicotiana rustica, Nicotiana sylvester e altre specie ancora. Per altri studiosi, gli Indios di San Salvador, incontrati da Cristoforo Colombo al suo sbarco in America nel 1492, chiamavano col nome tabaco un tizzone su cui bruciava un rotolo d’erbe di cui aspiravano il fumo.
Le molte specie del genere Nicotiana differiscono per la quantità di nicotina contenuta nelle loro foglie. La nicotina è un alcaloide potente che agisce sul sistema nervoso, dall’effetto stimolante e che produce dipendenza; assunta pura, anche in piccole dosi, può essere mortale.
Un uomo, bassetto e spavaldo, dice a un altro più anziano e malridotto: «Fumo per dimostrare di essere un uomo». Il secondo risponde: «Sto cercando di smettere per lo stesso motivo». Fumare aiuta a vincere i complessi d’inferiorità? Forse, ma crea effetti negativi alla lunga devastanti.
Certo è che le foglie delle piante di tabacco, prima seccate e poi tritate o lavorate in altro modo, sono da secoli alla base di uno dei piaceri umani più inconsistenti: il fumo.
Fu Jean Nicot (16° secolo), ambasciatore francese in Portogallo e conoscitore dei territori d’oltreoceano, a lanciare in Europa l’uso del tabacco presso le élite. Nel 1560 inviò ai regnanti di Francia Enrico II e Caterina de’ Medici un barile di erbe dotate di «meravigliose e sperimentate proprietà contro diversi disturbi e le fistole inguaribili» e i sovrani lo ringraziarono chiamando la pianta erba nicotina. In Italia l’uso del tabacco si affermò grazie al cardinale Prospero di Santa Croce, nunzio pontificio a Lisbona, che fece avere al papa semi e foglie di ‘erba santa’, così detta per le sue virtù terapeutiche.
Assai mondano fu l’uso che si fece del tabacco in Inghilterra, dove sin dalla fine del 16° secolo si organizzavano incontri danzanti e feste dedicate al fumo (come fu fatto poi anche per il tè) e il nome smoking – dall’inglese to smoke «fumare» – fu dato all’elegante abito maschile indossato proprio per queste riunioni. In Inghilterra come altrove l’uso del fumo divenne presto abuso (si sa che la nicotina dà dipendenza), e del vizio del fumo approfittarono i diversi Stati che cominciarono a tassare l’uso del tabacco ricavandone proventi enormi.
Un’altra svolta nella storia del tabacco si ebbe durante la guerra di Crimea, nel 19° secolo. I soldati turchi inventarono le prime sigarette (dalla parola maya sikar «fumare»): cilindretti di carta riempiti di tabacco scuro che, dopo la guerra di Secessione americana (1861-65), fu sostituito dalla qualità più chiara, bionda, prodotta soprattutto in Virginia.
Alla fine del 19° secolo iniziarono i primi studi sulla tossicità del tabacco e si scoprì che può favorire l’insorgere di gravi malattie come i tumori dell’apparato respiratorio. Partirono un po’ ovunque campagne antifumo che portarono infine alle promulgazioni di severe leggi che, come in Italia, proibiscono il fumo nei locali pubblici.
Se andiamo a vedere cosa contiene il fumo prodotto da una sigaretta di 1 g, non ci stupiamo però della tenacia con cui in tutto il mondo oggi viene condotta la lotta contro questo vizio. Vi si trovano tra l’altro:
142 mg di nicotina (60 mg in dose unica sono mortali); 20 mg di monossido di carbonio (il gas di scarico delle macchine) che il filtro nemmeno trattiene; sostanze irritanti per le mucose respiratorie; sostanze cancerogene come il polonio 210, radioattivo, e il benzopirene.