tabu
Interdizione o divieto sacrale di avere contatto con determinate persone, di frequentare certi luoghi, di cibarsi di alcuni alimenti, di pronunciare determinate parole, e simili, imposti per motivi di rispetto, per ragioni rituali, igieniche, di decenza o per altri motivi. La parola polinesiana t., che significa «oggetto severamente proibito», fu registrata la prima volta dal capitano Cook nel 1777 durante un viaggio a Tonga e da allora entrò nel linguaggio tecnico storico-religioso e successivamente anche nell’uso comune; nella storia delle religioni il concetto del t. conquistò una particolare importanza in connessione con determinate teorie, per es. quella del preanimismo. La qualità t. di qualsiasi cosa o persona comporta determinati divieti sacrali nei suoi confronti; la trasgressione di tali divieti provoca sanzioni automatiche, per lo più la morte stessa del trasgressore: in ciò il t. si distingue da altri divieti sacrali la cui osservanza è garantita soltanto da sanzioni di carattere legale. Nella teoria preanimistica il t. era considerato come fenomeno correlato a quello del mana, di cui costituirebbe l’aspetto negativo: il mana, infatti, sarebbe una carica di potenza sovrannaturale, positiva per chi la possiede, e soggetta a cautela sacrale per gli altri che, venendo a contatto con essa, ne possono essere annientati. Nella Polinesia, prima di determinati cicli festivi (per es., del raccolto), messaggeri del re proclamano il t.: la gente non deve più uscire di casa, far rumore, danzare ecc.; una simile proclamazione di condizioni eccezionali avviene con una frequenza periodica nell’Assam, dove il termine corrispondente sarebbe genna e indicherebbe il periodo festivo contrassegnato da divieti. Ma anche dove la proclamazione occasionale o periodica del t. è rara o completamente sconosciuta, si tratterebbe di vedere se la qualifica di t. non sia dovuta a una necessità di mantenere il sacro separato dal profano; anzi, se non derivi da questa necessità la convinzione stessa della pericolosità del sacro con la conseguente istituzione del tabu. La sfera del t. è molto estesa e include persone, cose, luoghi, tempi, parole ecc. I rapporti di determinate persone con determinati t. possono essere di due specie. Anzitutto vi sono persone che, esse stesse, sono t. per gli altri; si tratta, per lo più, delle persone più sacre, come – in Oceania e in Africa – il re, o anche certi sacerdoti. Ma non solo le persone di eminente posizione sacrale sono t.: lo sono anche le persone impure (per es., il fuori-casta, l’ammalato, la donna durante la mestruazione o dopo il parto ecc.). D’altra parte, è da notare che spesso la condizione particolarmente sacra di una persona implica dei t. che riguardano solo lei: così, per es., il Flamen Dialis, a Roma, non doveva vedere (né parlare di) truppe militari, cavalli, cani, capre, edera, fave, lavoro, cose che erano, dunque, t. soltanto per lui; così certi t. sono osservati solo dagli iniziati (mentre altri soltanto dai non iniziati). Una forma particolare di t. ha radici nei riti di lutto che, presso molti popoli, rendono soggetti a t. i congiunti del morto. Anche il t. delle cose può avere due sensi opposti: oggetti particolarmente sacri sono t. per i profani che non devono vederli o toccarli; altri oggetti di uso comune invece sono t. proprio per l’uso sacrale. Una delle forme più note di t. delle cose è rappresentata dai t. alimentari: i pitagorici non mangiavano le fave, forse perché considerate come caratteristiche di una forma di vita imperfetta rispetto a quella fondata sulla cerealicoltura (rappresentata da Demetra); per gli ebrei è t. la carne suina, per i maomettani anche le bevande alcoliche. I t. alimentari in certi casi possono avere vigore limitatamente a un tempo (per es., molti gruppi cristiani non mangiano carne o altri cibi in determinati giorni di «astinenza»). In altri casi, al contrario, un t. alimentare vigente continuamente viene sospeso in determinati giorni sacri; questo è il caso del t. totemico: gli individui appartenenti a un clan totemico legato da pretesa parentela con una specie animale non possono mangiare la carne di quest’animale, salvo una sola volta all’anno, nella festa più importante del clan in cui la consumazione rituale della stessa carne è obbligatoria. Un genere particolare del t. è quello che riguarda le parole o i nomi; esso si fonda sulla concezione, largamente diffusa tra numerose popolazioni, secondo cui il nome di una cosa equivale alla cosa stessa, ne evoca la presenza a tutti gli effetti; il t. del nome di Dio è sancito dal Decalogo. Quanto al t. di determinati periodi di tempo, esso è alle radici stesse del fenomeno della festa: i giorni festivi si distinguono dai giorni comuni in virtù di determinati t. o nella sospensione di questi. Il tempo sacro, come anche il luogo sacro, distinguendosi dal profano, comporta automaticamente dei tabu.