TADDEO da Parma
TADDEO da Parma. – Originario di Parma, non è nota la data di nascita, collocabile alla fine del XIII secolo.
I dati biografici sono molto scarsi; le uniche notizie sono ricavabili dagli scritti, che ci permettono di stabilire gli estremi cronologici della sua attività accademica, e restano ancora quelle accertate da Martin Grabmann (1936) relative all’insegnamento bolognese di Taddeo negli anni 1318-21. In questo periodo compose un commento alla Theorica planetarum Gerardi e la Quaestio de mixtione elementorum (G. Fioravanti, La quaestio de mixtione elementorum di Taddeo da Pama, 2016). A Bologna, Taddeo fu maestro di Angelo d’Arezzo, suo uditor e repetitor (Robert, 2008) e molti nuclei teorici discussi nei suoi testi vennero trasmessi alla seconda generazione dei maestri bolognesi operanti tra il 1325 e il 1348: Matteo da Gubbio, Anselmo da Como, Cambiolo da Bologna, Giacomo da Piacenza.
Già Bruno Nardi (1958) propose proprio Taddeo come propulsore dell’averroismo bolognese, costituito e istituzionalizzato grazie alla mediazione dottrinale operata da Gentile da Cingoli, formatosi prima alla facoltà di arti dell’Università di Parigi, e poi magister nello Studio bolognese nell’ultima decade del XIII secolo. Un ultimo dato che riguarda l’attività di Taddeo come maestro è quello relativo alla secessio degli studenti bolognesi del 1321 che determinò il suo trasferimento a Siena, dove discusse la questione Utrum esse et essentia sint idem realiter vel differant. Le ricerche successive non forniscono notizie biografiche su Taddeo che, significativamente, Andrea Tabarroni (1992) annovera tra quei «maestri senza opere» operanti a Bologna nella prima metà del XIV secolo, riferendosi appunto alla circostanza che gran parte della sua opera logica è andata perduta.
Non si hanno notizie di Taddeo successive al 1325. Restano ignoti luogo e data di morte.
Opere. Possiamo certamente considerare l’opera più importante le Quaestiones super libros de anima, edite parzialmente da Sofia Vanni Rovighi (1951), tramesse da un codice miscellaneo del XIV secolo (Firenze, Biblioteca nazionale, Conventi soppressi, Cod. I.III.6, cc. 58r-82v), in cui si distinguono molteplici interventi e che contiene, per lo più, scritti di ambiente averroistico, oltre a testi già editi, quali il Commento di Roberto Grossatesta agli Analitici posteriori (cc. 39r-50v), il De plurificatione intellectus possibilis e la Quaestio de medio demonstrationis di Egidio Romano. Nello stesso manoscritto, sono presenti altre tre brevi quaestiones dello stesso Taddeo: Utrum dimensiones interminatae precedant formam substantialem in materia et utrum corrumpantur supposto, quod precedant (cc. 115v-117r); Utrum in anima sensitiva sit aliquis sensus agens (cc. 146r-160v); Utrum elementa sub propriis formis maneant in mixto (cc. 140r-146r).
L’attività letteraria di Taddeo comprende ancora le sei questioni trasmesse dal Vat. lat. 6768, (cc. 186r col. a-193r col. a), a lui attribuite da Anneliese Maier (1955), come attesta lo stesso indice del manoscritto, e già segnalate da Charles J. Ermatinger (1954) come costitutive, probabilmente, di un commento alla Metafisica andato perduto. Nello stesso codice sono contenute inoltre ancora quattro questioni, sulla cui attribuzione a Taddeo concordano sia Maier sia Ermatinger: Utrum esse et essentia sint idem realiter vel differant (cc. 181r col. a-183v col. b); Queritur per quam causam contingat magis scire (cc. 206r col. a-207r col. a); Utrum genus per se predicetur de differentia (cc. 245v col. b-248r col. b); Utrum omnia eveniant de necessitate (cc. 261r col. a-262v col. a).
Tra gli scritti di Taddeo bisogna ancora annoverare la questione Utrum augmentatio sit possibilis (Vat. lat. 4454, cc. 135v-139r) e l’Expositio super theorica planetarum Gerardi, che rappresenta senz’altro, con le Quaestiones sul De anima, la più ampia opera di Taddeo, oltre che forse la più nota, dal momento che ci è stata tramandata in numerose copie manoscritte, tra le quali il codice Firenze, Biblioteca Medicea Laurenziana, Ashburnham 205 (131), cc. 1r col. a-24r col. b.
L’analisi di questo materiale ha consentito di ricostruire con sufficiente approssimazione, e meglio di quanto non sia stato possibile fare per altri autori bolognesi, le principali posizioni filosofiche di Taddeo. Già sul piano del primo nucleo dell’opera, quello logico-ontologico, è presente il tema dello statuto intenzionale dell’intentio stessa, vale a dire la dottrina modista dell’intenzionalità come presenza delle cose o dei concetti all’intelletto; egli si preoccupa di stabilire quel necessario parallelismo tra grammatica e logica per cui voces e intentiones debbono riferirsi a modi essendi rerum e, in tale direzione d’indagine, certamente il piano dell’elaborazione logica si converte immediatamente con quello dell’ontologia: l’analisi della costituzione metafisica della sostanza semplice in Taddeo ha infatti come suo presupposto dottrinario un elemento comune nell’elaborazione del problema del rapporto tra essenza ed essere nel XIV secolo, vale a dire il rifiuto della teoria della distinzione reale propria di Avicenna e la riproposizione del dibattito su di un piano più propriamente logico e metafisico. Taddeo intende reinterpretare tale problematica in linea con l’impostazione modista, allora dominante a Parigi, che gli consente di concepire l’essenza e l’esistenza come modi essendi rerum (piano che include stati, abiti, azioni e passioni), aspetti realmente identici in subiecto, ma formalmente distinti a livello di modi intelligendi e di modi significandi.
Un ulteriore spunto di riflessione è invece relativo alla possibilità di significare essenza ed esistenza come due nomina; tale possibilità sembra infatti coniugarsi, sia pur implicitamente, con un’indiscutibile apertura nei confronti di quelle posizioni più tarde proprie del XIV secolo, che avrebbero visto nell’essenza e nell’esistenza, ancora e semplicemente, nient’altro che due modi per indicare, rispettivamente, universale e particolare. Anche sul piano della dottrina dell’anima, si rende esplicita una rinnovata attenzione, su base fisiologica, nei confronti della psicologia della sensazione: nelle Quaestiones sul De anima aristotelico, è evidente una consapevole problematizzazione del ruolo della sensazione nel processo conoscitivo. Taddeo evidenzia infatti la possibilità che, accanto alla passività del senso, sussista, complementarmente, un ‘livello operativo’, per così dire, per cui, in funzione della percezione da attuare, l’organo di senso, da uno stato di inerte recezione, passa a una condizione attiva, commutando gli stimoli in similitudines virtuales che sono intenzioni prime, particolari, dell’entità materiale: si tratta dunque di una preziosa indicazione dei successivi percorsi delle discussioni sullo statuto e le funzioni dei sensibili tra Trecento e Quattrocento accompagnate da quelle stesse notevoli ambivalenze interne che potrebbero esse sole costituire la storia di un momento fondamentale della noetica averroistica.
Per altri aspetti relativi al rapporto tra anima intellettiva e sensibilità, Taddeo si mostra pienamente consapevole di quelle esigenze nominalistiche di economia ontologica che contribuiscono a minare le radici dell’edificio della psicologia di origine araba: pertanto la problematica sviluppata da Taddeo considerata entro una più ampia prospettiva storica si trova senz’altro compresa, in posizione antagonistica, tra una duplice tradizione; da un lato, infatti, essa porta a compimento la parabola epigonale dell’averroismo invalidando dunque la credibilità del suo deposito di tradizione con lo snaturare, in qualche modo, i contenuti stessi di una fisiologia dell’anima sensitiva improntata alle originarie istanze aristoteliche; d’altro lato declina queste stesse istanze secondo ipotesi teoriche nuove e alternative: dall’analisi dei testi di Taddeo emerge, infatti, la natura del tutto particolare della sua opzione averroistica, dal momento che anche le tesi dell’universalità e della separazione dell’intelletto sono elaborate a partire da un consapevole confronto con la tradizione neoplatonica e con Alberto Magno.
Il nucleo epistemologico dell’opera di Taddeo è sicuramente quello più rilevante e trova un’espressione significativa in un testo, il Prologo all’Expositio super Theorica planetarum Gerardi, nel quale si esplicita con chiarezza il nuovo quadro epistemologico relativo alla classificazione delle scienze tra la fine del XIII e l’inizio del XIV secolo: in una situazione culturale in lenta ma sostanziale evoluzione, infatti, anche le nuove direzioni di ricerca che emergono sull’insegnamento delle discipline del quadrivium, e in particolare dell’astronomia, alla facoltà di arti di Bologna, confermano che lo statuto teorico di queste scienze non è più riconducibile alla fisica e alla cosmologia aristotelica, ma piuttosto alle dottrine dei grandi scienziati più tardi e, per quanto concerne appunto l’astronomia, all’opera di Tolomeo.
La distinzione operata da Taddeo è tra una mathematica concessa e una mathematica illicita, sulla base di un’accurata selezione delle fonti del sapere astrologico-astronomico del suo tempo. In tal modo egli costruisce progressivamente, sulle tracce di quell’antica sapienza che attraversa le numerose strade della magia e del sapere occulto, una classificazione particolarmente dettagliata delle discipline magiche rappresentativa, tra l’altro, dell’orizzonte estremamente complesso, e in certo senso ambiguo, della trasmissione degli hermetica magico-astrologici, orizzonte disegnato spesso con confini il più delle volte incerti, con citazioni non sempre compiute e coerenti. Da tali nuclei tematici emergono con chiarezza non solo gli esiti che una diversa considerazione epistemologica della scienza stessa produrrà nel pensiero dei secoli successivi, ma altresì il tema centrale del rapporto e delle differenze tra previsione astrologica e divinazione profetica divina che sarà poi ampiamente sviluppato nel dibattito rinascimentale.
Edizioni. S. Vanni Rovighi, Le Quaestiones de anima di T. da P., Milano 1951; R. Imbach, Averroistische Stellungnahmen zur Diskussion über das Verhältnis von esse und essentia, in Studi sul XIV secolo in onore di Anneliese Maier, a cura di A. Maierù - A. Paravicini Bagliani, Roma 1981, pp. 299-339; F. Cheneval, Utrum omnia eveniant de necessitate. Textedition und Studie der gleichnanigen Quaestio von Thaddeus von Parma, in Freiburger Zeitschrift für Philosophie und Theologie, XXXV (1988), pp. 175-179; G. Federici Vescovini, La classification des mathématiques d’après le proloque de l’Expositio super Theorica Planetarum de l’averroiste Thaddée de Parme (Bologne, 1318), in Manuels, programmes et technique d’einseignement dans les Universités médiévales, a cura di J. Hamesse, Turnhout 1994, pp. 139-182; G. Fioravanti, La quaestio de mixtione elementorum di T. da P., in Archives d’histoire doctrinale et littéraire du Moyen Âge, LXXXIII (2016), pp. 149-210.
Fonti e Bibl.: M. Grabmann, Mittelalterliches Geistesleben, II, Abhandlungen zur Geschichte der Scolastik und Mystik, München 1936, pp. 239-260; B. Nardi, L’averroismo bolognese nel secolo XIII e Taddeo Alderotto, in Rivista critica di storia della filosofia, IV (1949), pp. 11-22; C.J. Ermatinger, Averroism in early Fourteenth Century Bologna, in Mediaeval studies, XVI (1954), pp. 35-56; A. Maier, Die Bologneser Philosophen des 14. Jahrhunderts, in Studi e memorie per la storia dell’Università di Bologna, I (1955), pp. 297-310 (rist. in Ead., Ausgehendes Mittelalter, II, Roma 1967, pp. 335-349); B. Nardi, Le dottrine filosofiche di Pietro d’Abano, in Saggi sull’aristotelismo padovano dal secolo XIV al XVI, Firenze 1958, pp. 19-70; P.O. Kristeller, Paduan averroism and alexandrinism in the light of recent studies, in Aristotelismo padovano e filosofia aristotelica. Atti del XII Congresso internazionale di filosofia, Venezia... 1958, Firenze 1960, pp. 149-155; Z. Kuksewicz, Averroïsme bolonais au XIVe siècle. Edition de textes, Wrocław-Warszawa-Krakow 1965, passim; M.C. Vitali, Un texte intermédiaire entre Taddeo de Parme et Jean de Jandun?, in Medioevalia Philosophica Polonorum, XXVII (1984), pp. 25-63; G. Alessio, Il commento di Gentile da Cingoli a Martino di Dacia, in L’insegnamento della logica a Bologna nel XIV secolo, a cura di D. Buzzetti - M. Ferriani - A. Tabarroni, in Studi e memorie per la storia dell’Università di Bologna, Bologna 1992, pp. 3-71; O. Pedersen, The ‘theorica planetarum’ and its Progeny, in Filosofia, scienza ed astrologia nel Trecento europeo. Biagio Pelacani Parmense, a cura di G. Federici Vescovini - F. Barocelli, Padova 1992, pp. 53-78; A. Tabarroni, Gentile da Cingoli e Angelo d’Arezzo sul Peryermenias e i maestri di logica a Bologna all’inizio del XIV secolo, in L’insegnamento della logica a Bologna nel XIV secolo, a cura di D. Buzzetti - M. Ferriani - A. Tabarroni, in Studi e memorie per la storia dell’Università di Bologna, Bologna 1992, pp. 419-423; Z. Kuksewicz, The Latin Averroism of the late Thirteenth Century, in Averroismus im Mittelalter und in Renaissance, a cura di F. Niewöhner - L. Sturlese, Zurich 1994, pp. 101-113; V. Sorge, Profili dell’averroismo bolognese. Metafisica e scienza in T. da P., Napoli 2001; Ead., Necessità e possibilità in T. da P., in Ratio et superstitio. Essays in Honor of Graziella Federici Vescovini, a cura di G. Marchetti - O. Rignani - V. Sorge, Louvain-la-Neuve 2003, pp. 155-171; Ead., Aspetti della dottrina della sensazione nell’averroismo bolognese: T. da P., in Filosofia e scienze. Studi in onore di Girolamo Cotroneo, a cura di G. Gembillo, Soveria Mannelli 2005, pp. 439-451; Ead., T. da P. e la dottrina del senso agente, in Corpo e anima, sensi interni e intelletto dai secoli XIII-XIV ai post-cartesiani e spinoziani, a cura di G. Federici Vescovini - V. Sorge - C. Vinti, Turnhout 2005, pp. 211-226; A. Robert, Noétique et théorie de la connaissance chez Angelo d’Arezzo. Edition de deux questions du ms. Vat. Lat. 6768, in Mediaevalia Philosophica Polonorum, XXXVII (2008), pp. 95-167; C. Crisciani - R. Lambertini - A. Tabarroni, Due manoscritti con questioni mediche. Note e schede, in Frontières des savoirs en Italie à l’époque des premières universités (XIIIe-XVe siècles), a cura di J. Chandelier - A. Robert, Roma 2015, pp. 387-431; V. Sorge, Per una topica della felicità nell’averroismo bolognese, in L’io felice tra filosofia e letteratura, a cura di V. Caputo, Milano 2017, pp. 35-48.