TADDEO da Sessa
TADDEO da Sessa (Tadeus de Suesa). – Nacque a Sessa Aurunca (Caserta), presumibilmente tra il 1190 e il 1200. Queste, insieme a poche altre, sono le uniche informazioni biografiche in nostro possesso.
Una delle prime notizie relative che lo concernono risale al 1228 (o forse a qualche tempo prima), quando era assessore alla giustizia e collaboratore del giustiziere di Terra di Lavoro (Kamp, 1996, p. 15). L’anno successivo, nel 1229, presso San Germano (oggi Cassino, e dunque non lontano dalla città natale), incontrò forse per la prima volta Federico II.
Secondo il cronista Riccardo da San Germano, mentre l’imperatore era impegnato in Oriente la città di Sessa Aurunca fu occupata dall’esercito papale e Gregorio IX la pose sotto la protezione della Chiesa (Chronica, a cura di C.A. Garufi, 1936-1938, p. 155). Ma Federico II, informato su quanto accadeva nel Regno, rientrato a Capua nel mese di settembre del 1229, tra le varie iniziative belliche diede l’ordine di cingere d’assedio il vallum Casinensis Monasterii. Nell’occasione, Sessa Aurunca ritornò sotto il suo dominio per l’intervento di Taddeo e altri concittadini che lì si recarono per restituire la propria città all’imperatore («tunc etiam vallum Casinensis Monasterii est mandato Caesaris hinc inde fortiter impugnatum, sed pugnatores nec in aliquo profecerunt; illuc venientes ex parte civitatis Suessae iudex Thaddaeus, et alii, civitatem ipsam Caesari reddiderunt, ad quam recipiendam, concesso eis privilegio quod pro universitate petierant, continuo dirigit Imperator»: ibid., p. 162).
Fu questa verosimilmente la circostanza nella quale Taddeo riuscì a guadagnarsi il favore dell’imperatore. Nei primi mesi del 1231 egli è attestato in Lombardia, con il titolo di familiare e legato di Federico.
Anche negli anni successivi Taddeo ricoprì incarichi importanti, quasi sempre al fianco di Pier della Vigna, dirigendo gli affari correnti della Cancelleria nel conflitto quasi permanente (motivato dalla politica ecclesiastica dell’imperatore nel Regno di Sicilia) tra Federico II e i papi (che appoggiarono la resistenza delle città dell’Italia settentrionale contro i tentativi dell’imperatore di assoggettarle: Schaller, 1989, pp. 777 s.). In particolare, in una lettera inviata nel 1236 da Federico II ai suoi fedeli in Lombardia Taddeo compare con il titolo di giudice della gran corte («eodem anno de mense marcii [...] magister Petrus de Vineis, Tadeus de Suesa, iudices magnae curiae»: Annales Placentini Gibellini, a cura di G.H. Pertz, 1863, p. 471).
Peraltro, «a giudicare dai documenti pervenutici, non partecipò alle sedute del tribunale; a quanto pare, nel suo caso, come in quello di Pier delle Vigne, il titolo di giudice di corte era più che altro il segno del ruolo eminente di chi lo portava, il che, d’altra parte, ci fornisce un chiaro indizio dell’alta considerazione in cui era tenuto questo ufficio» (Stürner, 2009, pp. 402 s.).
Nel 1237 Taddeo fu tra coloro che negoziarono con Gregorio IX, insieme ad altri esponenti di spicco dell’entourage fridericiano, come l’arcivescovo Berardo di Palermo, Enrico di Morra, Pier della Vigna ed Ermanno di Salza. Anche per la morte di alcuni rappresentanti più moderati, il tentativo di mediazione fallì, il che comportò la scomunica di Federico II nel marzo del 1239.
Ne è prova anche una lettera di Federico II datata 20 aprile 1239 nella quale, scrivendo ai principi, si lamentava delle vessazioni subite da parte di Gregorio IX e respingeva le sue accuse. In particolare, si leggeva di una delegazione inviata dall’imperatore alla S. Sede e della quale avevano fatto parte «sollempnes nuntios nostros B., uenerabilem Panormitanum archiepiscopum, Florentinum et Regiensem episcopos, magistrum Thadeum de Suessa, magnae curiae nostrae iudicem, et R. Porcastrellum capellanum, dilectos fideles nostros» (L’epistolario, 2014, I.21, p. 167).
Nell’ordinamento entrato in vigore nel mese di novembre del 1243, Taddeo da Sessa figura insieme con Pier della Vigna come capo della cancelleria; a essa dovevano essere subordinati i notai, ed erano Taddeo e della Vigna a decidere sulle petizioni da portare a conoscenza dell’imperatore (Schaller, 1989, p. 779).
Alcuni anni più tardi, Taddeo da Sessa svolse un ruolo importante nel primo Concilio di Lione (1245), che segnò l’esito negativo della strategia di riconciliazione che Federico II – a partire dall’elezione di Innocenzo IV (giugno del 1243) – aveva tentato. Nelle tre sedute plenarie del 28 giugno, del 5 e del 17 luglio, Taddeo si fece infatti portavoce di una proposta di pace, ma dovette ben presto rendersi conto che le vere intenzioni di Innocenzo IV erano quelle di annunciare al concilio la sentenza di deposizione contro l’imperatore.
Nella prima seduta Taddeo difese magistralmente l’imperatore dalle accuse mossegli dal papa, tratteggiandone un profilo accondiscendente, contrito e pronto alla collaborazione. La linea difensiva scelta dal giurista pose l’accento sulla necessità di dare a Federico II la possibilità di difendersi dalle accuse mediante un pubblico esame, tanto più che le contestazioni a lui mosse erano di estrema gravità; contestualmente Taddeo smontò, uno dopo l’altro, i capi d’accusa proposti da Innocenzo IV. Per esempio, in merito alla presenza di soldati saraceni nell’esercito imperiale, Taddeo argomentò che «se l’imperatore impiegava soldati musulmani, non lo faceva forse nell’interesse della cristianità, visto che in battaglia sarebbe stato versato il loro sangue anziché quello dei cristiani?» (Abulafia, 1988, trad. it. 1990, p. 309).
Le argomentazioni di Taddeo a proposito dell’opportunità di una convocazione ebbero successo, specialmente presso il clero inglese, e misero in difficoltà Innocenzo IV e i suoi consiglieri, tanto più che il 5 luglio Taddeo diede ancora prova di grande maestria giuridica, dimostrando che le accuse mosse all’imperatore dal vescovo Pietro di Carinola erano false e frutto solo di odio. Il 17 luglio, infine, «Thadeus de Suessa, magnae imperialis curie iudex» giocò di anticipo, esponendo le motivazioni giuridiche che rendevano illegittima la deposizione dell’imperatore «cum dominus imperator citatus non fuit ad concilium» e proclamò solennemente la nullità della sentenza (Huillard-Bréholles, VI, 1, 1852-1861, p. 318). Ma nonostante tali tentativi il concilio si chiuse con la lettura della bolla di deposizione dell’imperatore.
Circa tre anni anni più tardi, il 18 febbraio 1248, Taddeo morì a Vittoria (la città-accampamento tra Parma e Fidenza costruita dall’imperatore nel 1247 durante l’assedio a Parma), ucciso dai nemici dell’impero.
Come riferiscono gli annali genovesi, «iudicem Thadeum occiderunt, qui cameram custodiebat, et civitatem illam Victoriae destruxerunt»: Bartholomaei scribae Annales, a cura di G.H. Pertz, 1863, p. 225)
Dal Chronicon Parmense apprendiamo il particolare che, in seguito alla cattura e prima della morte, Taddeo fu costretto a subire l’amputazione di entrambe le mani («iudex Tadeus de Suasa in captura predicta remansit semivivus com manibus amputatis»: a cura di G. Bonazzi, 1902-1904, p. 18).
Si trattava di una esecuzione dalla forte carica simbolica, considerato che la pena della amissio manus era destinata, tra gli altri, ai notai falsari. Infatti una Novella alla costituzione, emanata da Federico II sul finire del 1239, aveva previsto per loro non solo la pena dell’amputazione della mano, ma anche la pena capitale (Die Konstitutionen, 1996, I 95.3, p. 279: «De notariorum et iudicum manibus in conficiendis publicis documentis veritas intemerata procedat. In quibus si falsitas fuerit vel corruptela probata, non mutilationis manus, ut olim, sed decapitationis supplicium ultimum temerarius patietur»).
Sulla sua morte, inoltre, ci è giunto un distico di Pier della Vigna: «Casum cerno meum, dum cesum cerno Thadeum / Non meruit uita, quod moreretur ita» (D’Angelo, 2016, pp. 294 s.), a testimonianza del forte legame che univa queste due figure così vicine a Federico II: lo prova anche il fatto che nel castello di Capua, voluto dall’imperatore, figuravano con la sua le statue di Taddeo e di Pier della Vigna.
L’unica composizione retorico-letteraria attribuibile con certezza a Taddeo da Sessa è una lettera di condoglianza per la morte dell’insigne giurista bolognese Giacomo Baldovini, avvenuta il 10 aprile 1235 (Delle Donne, 2012, pp. 52 s.).
Fonti e Bibl.: J.L.A. Huillard-Bréholles, Historia diplomatica Friderici secundi, I-XII, Paris 1852-1861, ad ind.; Bartholomaei scribae Annales, in MGH, Scriptores, XVIII, a cura di G.H. Pertz, Hannoverae 1863, pp. 212, 225; Annales Placentini Gibellini, ibid., pp. 471, 475, 487, 489 s., 496; Chronicon Parmense, a cura di G. Bonazzi, in RIS, IX, 2, Città di Castello 1902-1904, p. 18; Riccardo di San Germano, Chronica, ibid., VII, 2, a cura di C.A. Garufi, Bologna 1936-1938, pp. 162, 193, 197, 217; Die Konstitutionen Friedrichs II. für das Königreich Sizilien, a cura di W. Stürner, in MGH, Constitutiones et acta publica imperatorum et regum, II (Supplementum), Hannover 1996; L’epistolario di Pier della Vigna, a cura di E. D’Angelo et al., Soveria Mannelli 2014, ad indicem.
H.M. Schaller, Die Kanzlei Kaiser Friedrichs II. Ihr Personal und ihr Sprachstil, in Archiv für Diplomatik, III (1957), pp. 207-286; Id., Della Vigna, Pietro, in Dizionario biografico degli Italiani, XXXVII, Roma 1989, pp. 776-784 (in partic. pp. 777-779); D. Abulafia, Frederick II. A medieval emperor, London 1988 (trad. it. Torino 1990, ad ind.); N. Kamp, Friedrich II. im europäischen Zeithorizont, in Friedrich II. Tagung des Deutschen Historischen Instituts in Rom im Gedenkjahr 1994, a cura di A. Esch - N. Kamp, Tübingen 1996, p. 15; W. Stürner, Friedrich II, Darmstadt 1992-2000 (trad. it. Federico II e l’apogeo dell’impero, Roma 2009, ad ind.); F. Delle Donne, Ancora sullo Studium di Napoli in epoca sveva: una nuova lettera sulla morte di Giacomo Baldovini, in Bullettino dell’Istituto storico italiano per il medio evo, CXIV (2012), pp. 47-55 (in partic. pp. 49, 52, 54); E. D’Angelo, La produzione poetica in latino di Pier della Vigna: repertorio e testi, in «Quei maledetti Normanni». Studi offerti a Errico Cuozzo per i suoi settant’anni da colleghi, allievi, amici, a cura di R. Alaggio - J.-M.Martin, Ariano Irpino 2016, pp. 294 s.