TADDEO di Vicenza
TADDEO di Vicenza. – Di questo notaio vicentino, vissuto fra XII e XIII secolo, non è conosciuta la data di nascita, né alcun dato biografico sicuro. Quello che è noto della sua esperienza intellettuale lo si ricava dai manoscritti della Cronica dominorum Ecelini et Alberici fratrum de Romano (così fu intitolato il testo dall’editore moderno) del giudice vicentino Gerardo Maurisio, dal quale Taddeo fu chiamato a dar prova della sua perizia di versificatore.
L’unica traccia plausibile su Taddeo, rinvenuta in uno spoglio ampio dei principali archivi vicentini, è costituita da un atto rogato a Vicenza il 3 novembre 1237, «in aula episcopali», da un «Thadeus Cax(us) domini comitis Ugucionis notarius»: alcuni uomini e donne di Lumignano (Vicenza) costituirono il dominus Ugolino de Gurçano (i da Gorzano, una famiglia filoimperiale modenese, di qualche notorietà) come loro procuratore nella lite contro tale Aldrigeto del fu Giovanni Gaudenzio.
L’atto è pervenuto in copia autentica rogata dal notaio Iacopino Calcagni, «ex mandato domini Alberti Datari iudicis et assessoris Guillelmi Vicedomini capitanei comunis Vincentie» (Vicenza, Biblioteca civica Bertoliana, Torre, b. 48, perg. 5b; sulla stessa pergamena lo stesso notaio copia un’altra procura al «de Gurçano», questa volta di uomini di Castegnero). Guglielmo Visdomini è il funzionario di origine mantovana che governò Vicenza dopo la conquista di Federico II; ma qui interessa il nome del suo giudice e assessore. Al momento della conquista, infatti, Alberto Dataro era stato imprigionato, spogliato e legato dai soldati imperiali analogamente a Gerardo Maurisio, che nel testo (Cronica dominorum Ecelini et Alberici fratrum de Romano, aa. 1183-1237, a cura di G. Soranzo, 1913-1914, pp. 38 s.) ebbe poi a lamentarsi del fatto che Dataro fu compensato dall’imperatore prima di lui. Siamo dunque nello stretto entourage del cronista; e per quanto basata sulla sola coincidenza onomastica, l’identificazione sembra attendibile, in considerazione del fatto che proprio nella seconda metà del 1237 Gerardo Maurisio stava scrivendo la sua cronaca, e poté dunque usufruire della collaborazione del notaio Taddeo.
La denominazione cognominale «Caxus» (ribadita, per così dire, da un signum tabellionatus che ha l’aspetto inequivocabile di un membro virile eretto) non è altrimenti nota, e nessun altro documento concernente un Taddeo notaio risulta, per questi decenni, nei più importanti fondi documentari vicentini della prima metà del Duecento (S. Tommaso, Capitolo della cattedrale, S. Bartolomeo). Non può essere identificato con Taddeo un «Tadus notarius» che rogò il 16 novembre 1217 «in plenerio conscilio civitatis Vicentine»: Archivio di Stato di Vicenza, S. Bartolomeo, b. 1/A, mazzo 10, perg. 93; num. antica b. 1, perg. 110.
La stretta collaborazione fra Gerardo Maurisio e Taddeo nella stesura di quel particolare ‘prosimetro di fatto’ che è la Cronica dominorum Ecelini et Alberici... potrebbe far pensare che anche Taddeo abbia avuto la possibilità di usufruire dell’insegnamento di Boncompagno da Signa, sicuramente presente a Vicenza nel primo decennio del Duecento, durante la breve esperienza universitaria: l’ipotesi è stata cautamente avanzata a proposito di Gerardo (Arnaldi, 1986, p. XI), ma nulla è dato sapere positivamente.
In ogni caso, al di là della qualità letterariamente mediocre dei versi da lui elaborati, Taddeo diede un importante contributo alla realizzazione di un’opera complessa e ambiziosa, nella quale si alternano i diversi generi del dictamen (la prosa, la poesia quantitativa e i versi ritmici). Evidentemente egli intervenne dopo che la cronaca era stata per la più parte stesa, forse proprio nella seconda metà del 1237; le modalità secondo le quali i testi si alternano nei due manoscritti antichi presuppongono una consuetudine quotidiana fra i due autori. Si tratta dei vv. 1-322 su un totale di trecentosettantasei dell’intera composizione, in parte dovuta a Gerardo (cfr. infra). Nei manoscritti i versi seguono una lacuna, nella quale forse si accennava a Taddeo; essi riassumono liberamente gli avvenimenti in precedenza esposti in prosa. Sono «in massima parte distici monorimi di versi goliardici» (Gerardo Maurisio, Cronaca ezzeliniana..., a cura di F. Fiorese, 1986, p. 95), a eccezione dei versi dedicati al sacco di Vicenza del 1236 (al momento della conquista da parte dell’esercito federiciano) che per maggior solennità è evocato in quattro distici di esametri caudati, seguiti da quattro distici di esametri leonini. All’inizio della sua composizione, Taddeo motiva il passaggio dalla prosa alla poesia con il piacere che è opportuno suscitare nei lettori mediante la varietà dei generi: «sic autor hic voluit varie dictare, / ut lectores valeant gratius notare; / prosam legant igitur, sicut est dictatum, / vel si placet melius sicut est rithmatum». Nella parte iniziale vi sono espliciti riferimenti a un pubblico costituito da un ristretto ambiente di ‘corte’ («duces atque comites / audiant faceti»; «milites ac domine / audiant libenter», ibid., pp. 48, rispettivamente vv. 21 e 24). Alla fine del testo scritto da Taddeo (v. 323), un avvertimento di Maurisio riconosce al notaio suo sodale la paternità dei versi precedenti e rivendica a sé i cinquantaquattro versi successivi, nei quali descrive i rapporti fra i da Romano e Treviso («Tadeus composuit sicut est ditatum, scripsit atque primitus, sicut est rithmatum. Cetera nostra manent, dico certissime, lector»). A conclusione Maurisio ribadisce «fecimus hos rithimos, set carmina sunt aliena», aggettivo quest’ultimo che non è escluso possa riferirsi ancora a Taddeo, al quale dunque potrebbero essere attribuiti anche i versi quantitativi. Il nome di Taddeo ritorna infine, ancora una volta, più avanti nella narrazione, là dove Gerardo riferisce di averlo pregato anche di mettere in versi la trattazione dedicata al significato dei nomi Ezzelino e Alberico (che lui aveva sinteticamente esposto in prosa): «supra diximus per prosam quid signifficent nomina et cognomina dominorum Ecelini et Alberici fratrum de Romano, set precibus nostris Tadeus notarius in hunc modum rithmavit» (Cronica dominorum Ecelini et Alberici..., cit., p. 59). Seguono infatti le sofisticate elucubrazioni di Taddeo riguardo alla interpretacio nominum propriorum (che fu oggetto, come è noto, di un titolo del libro I della Rhetorica antiqua di Boncompagno da Signa).
Semplicemente menzionato dall’erudizione vicentina, trattato con sufficienza da un editore moderno – Soranzo – che era a disagio sul terreno della metrica e dell’ars dictaminis (Arnaldi, 1986, p. X), Taddeo è stato in parte rivalutato da Arnaldi, che lo giudica «letterariamente attrezzato» (Arnaldi, 1988, p. 348).
Si ignora la data di morte.
Fonti e Bibl.: Gerardo Maurisio, Cronica dominorum Ecelini et Alberici fratrum de Romano, aa. 1183-1237, a cura di G. Soranzo, Città di Castello 1913-1914, pp. XII s., 47-56, 57-63; Id., Cronaca ezzeliniana (anni 1183-1237), a cura di F. Fiorese, Vicenza 1986.
F.F. Vigna, Preliminari di alcune dissertazioni intorno alla parte migliore della storia ecclesiastica e secolare della città di Vicenza, Vicenza 1747, p. XXXI; Angiolgabriello da Santa Maria, Biblioteca, e storia di quei scrittori così della città come del territorio di Vicenza..., Vicenza 1772, pp. XXIII s.; G. Arnaldi, Studi sui cronisti della Marca trevigiana nell’età di Ezzelino da Romano, Roma 1963, pp. 45-47, 49 s.; G. Arnaldi - L. Capo, Cronisti di Venezia e della Marca Trevigiana, in Storia della cultura veneta, I, Dalle origini al Trecento, Vicenza 1976, p. 414 e n. 122; G. Folena, Tradizione e cultura trobadorica, ibid., p. 522 nota; G. Arnaldi, Prefazione, in Gerardo Maurisio, Cronaca ezzeliniana, cit., p. XI; F. Fiorese, Introduzione, ibid., pp. XVI, XVII; G. Arnaldi, Realtà e coscienza cittadine nella testimonianza degli storici e cronisti vicentini dei secoli XIII e XIV, in Storia di Vicenza, II, L’età medievale, a cura di G. Cracco, Vicenza 1988, pp. 348, 349, 351, 358; A. Sommerlechner, Stadt, Partei und Fürst. Mentalitätsgeschichtliche Studien zur Chronistik der trevisanischer Mark, a cura di G. Scheibelreiter, Wien-Köln-Graz 1988, p. 19; Repertorium fontium historiae Medii Aevi, VII, Romae 1997, pp. 530 s.