KANTOR, Tadeusz
Pittore e regista teatrale polacco, nato a Wielopole (Cracovia) il 6 aprile 1915, morto a Cracovia il 6 dicembre 1990. Iscrittosi nel 1939 all'Accademia di Belle Arti di Cracovia (dove insegnerà trent'anni dopo) per studiare pittura e scenografia con K. Frycz, allievo di E.G. Craig, frequentò i laboratori sperimentali di J. Grotowski, ma lo affascinò soprattutto l'incontro con K.S. Stanislavskij. Uomo di contrasti, fu via via attratto dal razionalismo dei costruttivisti, dal surrealismo, poi dal fantastico dell'Ottocento (in particolare Hoffman), da Maeterlinck, da Kafka; venne infine l'incontro fondamentale con tre grandi scrittori polacchi del Novecento: Gombrowicz, Witkiewicz e B. Schulz. Iniziata la carriera come scenografo, nel 1945 lavorò al Teatro Stary di Cracovia, dove portò avanti contemporaneamente l'attività di regista e di pittore. Nel 1955 presentò il gruppo Cricot 2, da lui fondato e diretto per interpretare la propria denuncia, espressa più volte nei numerosi manifesti pubblicati in un ventennio e dedicati, per es., all'Arte informale (1960), agli Imballaggi (1962), al Teatro zero (1963), al Teatro degli avvenimenti (1968), al Teatro della morte (1975), all'Antiesposizione popolare (1979).
K. ha ricevuto premi e riconoscimenti sia come pittore che come regista: il premio di pittura alla Biennale di San Paolo (1967), il premio Marzotto per la pittura (1968), il Gran premio Teatro delle nazioni di Caracas (1978), la croce dell'Ordine Polonia Restituta (1982) e la Legion d'Onore francese (1986).
Nei suoi esperimenti scenici e drammaturgici, K. − che ha rappresentato anche testi di Corneille, de Musset, Shaw, García Lorca, Anouilh − mostrò una decisa predilezione per Witkiewicz, i cui personaggi vivono in una dimensione onirica che li porta a condizionarsi l'un l'altro attraverso imprevedibili situazioni, per tornare alla fine alla piatta quotidianità della vita. Tipico esempio è La gallinella acquatica, presentata nel 1969 − nell'ambito di un collage surrealista − anche alla Galleria d'Arte moderna di Roma. Nel 1977-78 K. portò in Italia La classe morta (1975; primo premio al festival di Edimburgo, 1976), tratta da uno spunto dello stesso autore. Nel 1979 K. si accordò con il Teatro regionale toscano per un laboratorio teatrale del Cricot 2 a Firenze, che mise in scena nel 1980 una sua nuova pièce: Wielopole, Wielopole. La morte colse K. mentre preparava, sempre con gli attori del Cricot 2, una sorta di spettacolotestamento antologico: Oggi è il mio compleanno, che rimane documento di una vita fra realtà e sogno.
K. ha esposto i suoi quadri e le sue installazioni in numerose mostre sia personali sia collettive (fra le altre: Documenta 2, Kassel 1959; Happening und Fluxus, Colonia 1970; Le opere di Kantor e dei pittori di Cricot 2, Roma, Palazzo delle Esposizioni-Milano, Palazzo Reale, 1979; Plus loin, rien, Galérie de France, Parigi 1989). La sua arte è stata definita informale, la sua pittura metaforica − al di là del surrealismo −, in quanto caratterizzata da un'attenzione particolare al movimento, al cromatismo, alle forme che aiutano la definizione dei caratteri. Le sue scene cinetiche, in continua trasformazione in quanto partecipi dell'azione, sono il risultato di un tipo di ricerca tecnica sull'organizzazione dello spazio per combattere ogni forma di routine teatrale, ogni cliché di recitazione; sono realizzate di preferenza in stazioni, ospizi, scuole, caffè, e hanno per protagonisti gli oggetti quotidiani, la cui simbologia intende significare lo stato transitorio ed effimero della vita stessa. Per questo K. predilige l'uso della materia bruta (argilla, fango) e dell'oggetto povero che, semplicemente, ''è'', senza che l'artista intervenga a imporgli la sua volontà di espressione e d'interpretazione.
Denunciando il conformismo del teatro contemporaneo, ristretto, scolastico, provinciale, a difesa dell'avanguardia − come dichiarava nel manifesto del 1963 − K. presenta il suo teatro Cricot 2 non come un terreno di esperienze pittoriche trasferite sulle scene, ma come una sfera di comportamento artistico dove tutte le linee di demarcazione convenzionali sono state soppresse. Di qui la necessità di attuare un'azione depuratrice nel vuoto delle idee camuffato da estetismo: distruggere per ridare forma, per attuare un continuo rinnovamento. Definito il ''febbrile traghettatore'' che porta sulle rive del palcoscenico le ombre dei ricordi, K. esprime il concetto fondamentale delle sue teorie auspicando un teatro ridotto al grado zero. Il testo stesso è giudicato solo come un oggetto ''pronto'', un oggetto ''trovato'' che va frantumato perché nulla rimanga di ciò che era. C'è quasi un accanimento del regista verso i servi-attori, elementi essenziali delle sue scenografie mobili, costretti a fatiche e degradazioni biologiche incredibili. L'attore non deve assolutamente identificarsi col testo, ma ''macinarlo'', eliminando azioni e discorsi ed economizzando al massimo i sentimenti. Accanto agli attori c'è, inquietante, la presenza dei manichini, rigidi come cadaveri, privi di ogni attributo sessuale, sezionati, ma resi vivi per ricordare agli spettatori l'origine funebre dell'attore, l'impulso che spinge alla disaminazione. Metafora mortuaria che è rivelata dal materiale usato (per es. il legno) per arredare ogni spazio, occupare ogni angolo: così come ne La classe morta o in Il palazzo e la monaca di Witkiewicz (1963), dove si attua un'apocalittica moltiplicazione di sedie. In Antigone di Anouilh si utilizzano invece acuminate punte di lancia e coltelli a simboleggiare il fato che ostacola i movimenti dell'attore. Il personaggio ''morto'' viene elevato al mausoleo dell'eternità, dove ritrova il suo doppio vivo, ma ridotto a individuo di una misera quotidianità.
Importanti per delineare la complessa e poliedrica personalità di K. sono le pièces originali e i suoi saggi di teoria registica: Teatr Śmierci (1977; trad. it., Il teatro della morte, 1979); La classe morta, libro fotografico (1981); Wielopole, Wielopole (1981); Comment naît la pièce de théâtre, in Avant-Scène, 77 (1985); Lezioni milanesi, in Quaderni della scuola d'Arte Drammatica Paolo Grassi (1988); Scuola elementare del teatro, a cura di L. Ryba e R. Palazzi (1988); Protagonismo registico e spazio memoriale, a cura di L. Gedda (1988); La mia opera, il mio viaggio (1991). Vedi tav. f.t.
Bibl.: L. Allegri, Per una storia del teatro come spettacolo, Parma 1978; Le opere di T. Kantor. I pittori di Cricot 2. Il teatro Cricot 2, Catalogo della mostra, Roma, Palazzo delle Esposizioni, Roma 1979; P. Puppa, La marionetta, l'anima, il sonno, in Quaderni di teatro, 8 (1980); D. Bablet, T. Kantor et le Théâtre Cricot 2, in Les Voies de la Création Théâtrale, 11 (1980), pp. 15-53; R. Gasparro, Il valzer degli automi, Palermo 1980; R. Alonge, Dal testo alla scena. Studi sullo spettacolo teatrale, Torino 1984; P. Puppa, Teatro e spettacolo nel secondo Novecento, Bari 1990; Tadeusz Kantor, Catalogo della mostra, Roma, Galleria Spicchi dell'Est, Roma 1990.