TAGLIONE (talio)
È il nome romano di una pratica esistente presso tutti i popoli antichi, e in genere nei paesi di civiltà meno avanzata, consistente nell'infliggere all'autore di una lesione personale un'eguale lesione. Il biblico "occhio per occhio, dente per dente" (Exod., II, 21, 23), divenuto proverbiale, esprime con esattezza questo concetto, che rappresenta, del resto, secondo un'opinione diffusa, una prima reazione del sentimento di giustizia contro l'assoluto abbandono della vendetta alla discrezione dell'offeso.
In una notissima disposizione delle XII Tavole, il diritto romano consacrava il principio del taglione per le lesioni gravi rientranti nel concetto di membrum ruptum, cioè - secondo l'interpretazione comune, invano ultimamente contestata - per quelle che producono la perdita di un senso o di un organo o dell'uso di questo. L'applicazione del taglione era affidata alla vittima stessa, la quale poteva tuttavia farsi sostituire da un parente: ciò presuppone naturalmente quella partecipazione del vicinato, ispirata al sentimento del diritto da restaurare, senza la quale non è possibile rendersi conto del sistema della difesa privata. Già per la legge delle XII Tavole il taglione può essere evitato mediante composizione (ni cum eo pacit); ma ben presto, attraverso l'esigenza di un regolare processo, la composizione divenne obbligatoria. Apprendiamo infatti da un passo di Aulo Gellio (XX,1, 38) che, anche quando il giudice avesse riconosciuto gli estremi per l'applicazione del taglione, colui che avrebbe dovuto subirlo poteva rifiutarsi; in questo caso, spettava al giudice stesso fissare la somma di danaro che il delinquente doveva pagare alla vittima. D'altra parte, non è improbibile che a raggiungere lo stesso risultato abbia contribuito la regola per cui ogni abuso nell'applicazione rappresentava a sua volta una lesione antigiuridica passibile di nuovo taglione: una regola che, nell'applicazione da parte di giudici ostili al sistema, poteva tagliar corto a ogni iniziativa della vittima. Già verso il sec. II a. C. il taglione non esisteva più a Roma, benché non mai formalmente abolito.
Si usa parlare, non dagli antichi ma dai moderni, di taglione improprio, quando la pena comminata dalla legge o dal costume assomiglia al delitto commesso. Ciò avviene, anzitutto, quando s'infligge al delinquente un danno eguale a quello che la vittima ha subito: così quando si commina al calunniatore la pena dello stesso delitto di cui ha accusato l'innocente, o quando al testimone di una mancipatio, che si rifiuta di portare in giudizio la sua testimonianza, si commina il diniego di ogni testimonianza per gli atti giuridici suoi proprî. Ma si ha improprio anche quando la sanzione imita sulla persona il danno dato alla cosa, punendo ad es., l'incendiario con la vivicombustione; o privando il delinquente dell'organo col quale ha peccato, come avviene del servo fuggitivo, a cui si tagliano i piedi, o dell'adultero, che nell'antico costume era evirato (secondo una legge ateniese, egli subiva invece nel proprio corpo una violenza, che rientrerebbe nel primo fra i tipi di sanzione indicati). Taluna fra le norme testé richiamate e altre che si potrebbero aggiungere, appartengono al diritto romano postclassico, sul quale influisce la fantasia, spesso crudele, del mondo orientale.
Cfr. anche pena: Pena privata (specie per gli altri diritti storici).
Bibl.: R. v. Jhering, Geist des römischen Rechts, 5a-6a ediz., Lipsia 1906, I, pp. 118 segg., 129 segg.; W. v. Deinse, Diss. de poena talionis apud varias gentes, Leida 1882; O. Karlowa, Röm. Rechtsgeschichte, II, Lipsia 1901, p. 789 segg.; P. Del Giudice, Il principio del taglione, in Studi senesi, I, p. 403 segg.; R. Zeno, Taglione, in Digesto ital., XXIII, i, Torino 1912, p. 320 segg.; H. F. Jolowicz, The assettment of penalties in primitive law, Cambridge 1926, p. 203 segg.; A. R. Herdlitczka, Talio, in Pauly-Wissowa, Real Encycl., IV A, Stoccarda 1932, col. 2069 segg.