TAKHT-I RUSTAM (Trono di Rustam)
Il nome deriva da un filone della leggenda popolare islamica particolarmente diffuso nei paesi di lingua iranica. Esso si trova perciò tradizionalmente imposto a vari siti d'interesse archeologico, particolarmente adatti, per le loro caratteristiche monumentali, ad eccitare la fantasia delle popolazioni circostanti.
Quattro sono i più importanti monumenti preislamici conosciuti sotto tale nome.
1. - Sulla via tra Isfahan e Shìrāz (Iran) a circa seicento metri dai noti rilievi rupestri sassanidi di Naqsh-i Ragiab, si trovano le rovine di una piattaforma a due scalini, edificata in pietra chiara. La costruzione, che in origine doveva essere perfettamente quadrata, fu considerata dallo Herzfeld come la tomba non terminata di Cambise. Altri hanno creduto di vedervi lo zoccolo basale di un altare o di un tempio zoroastriani. In realtà le rovine (anche per la tecnica usata ed il materiale impiegato) possono essere verosimilmente avvicinate alla Ka'bah-i Zardusht di Naqsh-i Rustam (v.).
Bibl.: E. Flandin-P. Coste, Voyage en Perse pendant les années 1840-41, Parigi 1943; F. C. Andreas-F. Stolze, Persepolis, Berlino 1882, p. 105; E. Herzfeld, Archaeological History of Iran, Londra 1935, p. 36; E. Schmidt, Persepolis, I, Chicago 1959, pp. 56-57; L. Vanden Berghe, Archéologie de l'Iran Ancien, Leida 1959, p. 24.
2. - Al centro della piana di Shahriyar, 50 km a S di Teheran, si innalza, per un dislivello di circa 200 m, una ripida collina dalla forma approssimativamente conica, nota ai locali con il nome di Takht-i Rustam. Poco sopra la base della collina si trova un'alta piattaforma trapezoidale, tagliata alla sommità di una specie di promontorio secondario. Questa terrazza misura 22 m di larghezza per 23,75 m di lunghezza ed ha gli angoli orientati in direzione dei punti cardinali. Le mura che la delimitano con diversa altezza su tutti e quattro i lati, sono formate da pietre grossolanamente squadrate, unite da abbondante calcina. Nell'insieme la costruzione appare in ottimo stato di conservazione: in più punti restano ancora tracce dello stucco che ricopriva le pareti esterne.
Alla piattaforma si accede per mezzo di una rampa rocciosa naturale. Una quindicina di metri a destra si innalza un piccolo monumento architettonico molto ben conservato.
Si tratta di una costruzione quadrata, coperta da una cupola emisferica (altezza massima m 2,38) il cui ingresso dà su un secondo locale rettangolare, sempre di modeste proporzioni, aperto su uno dei lati corti in modo da formare un iwān. Un ripido sentiero a zig-zag, parzialmente tagliato nella viva roccia, conduce a due grandi terrazze sovrapposte che occupano la sommità della collina. Al centro della terrazza superiore si eleva un grosso pan di zucchero roccioso, in parte rovinato. Il monumento, d'epoca sassanide, ha un evidente carattere religioso zoroastriano. Sulle due terrazze più alte (probabilmente riservate al solo clero) bruciava il fuoco sacro; mentre la terrazza inferiore doveva esser aperta al pubblico per le cerimonie del culto. Entro il piccolo edificio coperto a cupola, si conservava il fuoco che alimentava la fiamma necessaria allo svolgimento dei riti. Proprio perché tale fuoco santissimo non potesse venir scorto da occhi profani, si costruirono le due successive porte d'ingresso sfasate di novanta gradi.
Bibl.: E. Herzfeld, Archaeological History of Iran, Londra 1935, p. 88; M. Sirioux, Takhte Rustam et Takhte Kāikā'ūs, in Atèr-e Irān, III, 1938, pp. 93-105; L. Vanden Berghe, Archéologie de l'Iran Ancien, Leida 1959, p. 122.
3. - Presso la porta di Baba-Kho, a Balkh (l'antica Bactra) in Afghanistan, si elevano le monumentali rovine di un imponente ed enigmatico edificio a forma di parallelepipedo irregolare. La costruzione misura oggi circa 12 m d'altezza ed ha i lati rispettivamente di 100 e 70 m. In un primo momento il monumento, dato l'eccezionale spessore dei muri formati da grossi blocchi di terra cruda, fu preso per una piattaforma piena. Ultimamente però è stata provata l'esistenza di alcuni locali interni estremamente rovinati ed ingombri di macerie. Potrebbero, nel complesso, far pensare ad una sala centrale (originariamente coperta a cupola?) circondata da un ambulacro. Nulla è stato trovato che faccia luce sulla data di costruzione del monumento, nè tanto meno sulla sua destinazione. Tuttavia non è inverosimile l'ipotesi che si tratti dei resti del grande tempio del fuoco esistente un tempo nella città e distrutto dalle prime invasioni arabe.
Bibl.: A. Foucher, La vieille route de l'Inde de Bactres à Taxila, in Mém. de la Délégat. Archéol. Franç. en Afghanistan, 1942, p. 68; A. Caspani, Naubahar, in Afghanistan, 1947, p. 32 ss.
4. - Poco discosto dall'odierna cittadina di Samangan, nell'Afghanistan centro-settentrionale, si trova uno stūpa (v.) monolitico, ricavato da un blocco unico di roccia calcarea. Il monumento, che si innalza alla sommità di una collina, è completamente chiuso, lungo i lati, entro una trincea circolare, formante ambulacro. La cupola, piuttosto piatta, ha un diametro di venti metri ed un'altezza di dieci. Lavorando a formare la piattaforma superiore si lasciò sporgere nel suo centro un dado di pietra cui si diede la forma di cella (6 m di lato e m 2,50 d'altezza) con l'ingresso orientato verso E. Lo stūpa certamente non fu ultimato.
Non sappiamo se il diaframma roccioso dell'ambulacro fosse destinato a cadere, ma certo alla base della cupola avrebbe dovuto trovar posto il regolamentare zoccolo quadrato.
L'idea di "scolpire" un edificio in un blocco unico di roccia certamente giunse in Afghanistan dall'India, anche se qui ci troviamo di fronte ad una concezione più monumentale. Lo stūpa potrebbe essere avvicinato al tempio shivaita del Kailasa di Ellora. Resta dubbio il luogo in cui avrebbero dovuto esser riposte, ad opera ultimata, le reliquie. Perché il monumento fu lasciato incompiuto? Una crepa, apertasi nel corpo del monolito, può aver scoraggiato i costruttori. La data bassa dell'edificio (ricavabile dalla presenza degli influssi indiani) rende però non improbabile anche l'ipotesi che sia stata la rovinosa calata degli Unni Eftaliti (425 d. C.) ad interromperne per sempre il proseguimento. Vicino allo stūpa, scavato lungo il fianco di una collinetta più bassa, si trova un monastero rupestre composto da alcune maestose grotte adibite a cappelle, a dormitori, a sale d'adunanza. La struttura, nel complesso, ricorda abbastanza da vicino il sanghārāma di Darunta, presso Jalalabad. Forti, anche qui, gli influssi indiani.
Bibl.: A. Foucher, Notes sur les antiquités bouddhistiques de Haibak, in Journal Asiatique, 1924, pp. 130-153; H. Heras, The Spread of Buddhism in Afghanistan, in Journal of the Univers. of Bombay, VI, 1938, parte IV, pp. 1-14; A. Foucher, La vieille route de l'Inde de Bactres a Taxila, in Mém. de la Délégat. Archéol. Franç. en Afghanistan, 1942, pp. 122-123.