TAKHT-I SULAIMĀN
N "Il Trono di Salomone", imponente cono calcareo a sommità tabulare, si eleva per 51 m sulla piana desertica di Shakindej, nell'Azerbaigian iranico. Si tratta di una formazione calcarea pleistocenica, formata dall'efflusso di un sifone di acque carsiche. L'acrocoro ha una pianta perfettamente ovale (m 380 × 300 circa): l'aspetto inusitato di questa curiosità geologica stimolò l'interesse religioso dei persiani fin dalla media età del Ferro (circa 1000 a. C.), quando le prime strutture furono impiantate nella vicina Zendan-i Sulaimān. Abbandonata questa, nel 7° secolo a. C., un piccolo villaggio achemenide fu costruito su T., la cui sommità tabulare venne però principalmente utilizzata in epoca sasanide per l'impianto dell'Adar Gusmasp, "il Fuoco dello Stallone", sacro ai guerrieri zoroastriani. Il sito fu propriamente scoperto da R.K. Porter, nel 1815, e viene scavato dal 1958 dall'Istituto archeologico germanico di Istanbul, sotto la direzione di R. Naumann. Gl'impianti monumentali sono di due periodi: sasanide e mongolo. Nel 3° secolo d. C., i Sasanidi vi costruirono il grande tempio del fuoco a pianta quadrata, con mattoni crudi quadrati su fondazioni di pietre non squadrate, praticamente occupando tutta la metà settentrionale dell'acrocoro. L'intero perimetro fu circondato da un'imponente cinta muraria rinforzata da 38 torri semiovali collocate a una distanza di 50 m l'una dall'altra. Il tempio, che conteneva uno dei quattro fuochi reali, fu distrutto dall'imperatore d'Oriente Eraclio I, nel 627 d. C., per rappresaglia alla distruzione del tempio di Gerusalemme, ordinata da Cosroe II nel 614. T. fu successivamente nota agli Arabi, come Shiz, e ai Mongoli (Saturiq), che vi costruirono nella seconda metà del 13° secolo, direttamente sulle strutture sasanidi, nuovi santuari monumentali a esaltazione della regalità il-Khanide.
Bibl.: R. Naumann e altri, Takht-i Suleiman und Zendan-i Suleiman. Vorläufiger Bericht über die Ausgrabungen in den Jahren 1963 u. 1964, in Arcäologischer Anzeiger, 4 (1965), pp. 670-775.