TAKHT-I SULEIMAN
Località dell'Azerbaigian persiano, situata 140 km a SE del lago Unnia in una valle alta m 2200 sul livello del mare; sede nazionale del fuoco sacro del regno Sassanide, atur-i gušnasp (fuoco dello stallone) in Shiz. Fu Chosroe I a situarla in questo luogo, nei dintorni del lago Urmia, trasferendola da Ganzaka e trasferendovi al tempo stesso il nome di Shiz (dopo Birka). Nel 624 la città fu distrutta dall'imperatore bizantino Eraclio, ma fu nuovamente ricostruita ed utilizzata fino al X secolo. Gli scavi della missione tedesca (dal 1959) hanno condotto a escludere la identificazione di questa località con la parthica Phraaspa. Chiamata Saturiq durante il regno dei mongoli Ilkhani, oggi è detta Takht-i Suleiman (Trono di Salomone).
Il santuario sorge su una spianata di forma ellissoidale, lunga m 400 e larga m 300 che, a causa dei sedimenti calcarei dell'acqua di un lago sorgivo si innalza di m 60 sopra il fondo valle. Grazie alla portata costante della sorgente di 100 litri d'acqua al secondo, la vallata è un'oasi di straordinaria fertilità, entro un'area quasi del tutto arida. Questa fu probabilmente la ragione che determinò la costruzione in questa località di un santuario del fuoco e di un palazzo estivo per i re sassanidi.
I bordi della spianata sono racchiusi da una fortificazione di forma ellissoidale con 38 torri semicircolari e due porte diametralmente opposte. Il muro di pietre rozzamente squadrate, alto 18 m, è rivestito verso l'esterno da una cortina di pietra da taglio e all'interno è rinforzato da un possente vallo di mattoni di argilla cruda, alto 12 m. Questo vallo sembra che possa essere considerato piuttosto il recinto di un tèmenos che una vera e propria fortificazione, poiché all'interno di esso non si trovano le costruzioni di uno stanziamento abitato, ma soltanto il tempio, il palazzo e la sorgente.
Il tempio, il palazzo e probabilmente anche la sorgente erano inoltre circondati da un secondo muro di fortificazione, di perimetro rettangolare, del pari rinforzato da torri semicircolari, al quale si appoggiavano direttamente gli stessi vani degli edifici. Il lato orientale di questo muro interno è occupato dal tempio del fuoco, che consta di 30 ambienti, di corridoi, di iwān (v.) e di cortili con porticati a pilastri. Il centro del complesso è rappresentato da un vano quadrato (m 8 × 8), in asse con la porta settentrionale delle mura e con il centro del lago, un tempo coperto a cupola, sul tipo di un cahar taq (edificio a quattro arcate) con quattro ballatoi coperti a vòlta, dai quali i fedeli potevano vedere ed adorare il fuoco che ardeva al centro. Subito accanto, verso E, si trova il luogo dove veniva conservato perennemente acceso il fuoco: un vano cruciforme con cavità a forma di vasche per il fuoco. Adiacenti a questo ambiente sono due vani con pianta a forma di doppia croce, interpretati come stanze del tesoro, nei quali fra l'altro si conservava una copia dell'Avesta, trascrizione delle dottrine di Zoroastro. A N di questo complesso si apre un cortile secondario con un portico a pilastri, attorno al quale corre un magazzino con vani di forma trapezoidale allungata, i quali probabilmente contenevano il materiale da ardere per mantenere acceso il fuoco sacro.
Lungo il lato meridionale del tempio, in asse con esso, si trova un grande iwān, aperto verso il lago, il quale evidentemente rappresentava l'elemento di collegamento fra culto del fuoco e culto delle acque (culto di Anahita). I due vani nei quali ardeva il fuoco sono costruiti con mattoni cotti ed hanno un pavimento di otto strati di mattoni, mentre tutte le restanti parti dell'edificio hanno mura e pavimenti di pietra e vòlte di mattoni. In alcuni punti le mura si sono conservate fino a 6 m di altezza.
Il palazzo, completamente separato dal tempio da un lungo corridoio, sorge lungo il lato occidentale della fortificazione più interna. Di esso fino ad oggi sono state riportate alla luce due sale a tre navate con otto pilastri quadrati o rotondi e numerosi vani a pianta cruciforme. Il grandioso iwān coperto a vòlta (11 m di ampiezza) dell'ala occidentale sembra essere stato la famosa sala del trono dei re sassanidi (takht-i taqdis) decorata da un orologio astronomico.
Intorno al 1271, sulle rovine del tempio del fuoco e del palazzo, e al riparo delle fortificazioni ancora efficienti, l'Ilkhan Abaqa costruì, riadoperando in parte le mura preesistenti, un palazzo riccamente decorato di maioliche e di stucchi. Il centro del nuovo edificio era costituito dal lago attorno al quale correva un portico a pilastri. La località non fu più abitata a partire dal XIV secolo.
Bibl.: A. U. Pope e altri, in Antiquity, 12, 1938; L. I. Ringbom, Grabstempel und Parradies, Stoccolma 1951; H. H. von der Oster-R. Naumann, Takht-i Suleiman, in Teheraner Forschungen I, 1961. Rapporti preliminari sugli scavi della missione tedesca in Arch. Anz., 1961; 1962; 1964 e 1965.