Vedi TALAMONE dell'anno: 1966 - 1997
TALAMONE (v. vol. vii, p. 583)
Indagini di superfìcie e il riesame dei materiali degli scavi ottocenteschi e dei primi decennî del nostro secolo hanno consentito di riconoscere una prima frequentazione dell'acropoli di Talamonaccio già nel Bronzo Medio e, con consistenza maggiore, nel Bronzo Finale. La vocazione marittima del sito si accentua nello scorcio finale dell'Età del Bronzo, quando l'abitato si addensa sulla propaggine settentrionale del rilievo, la Puntata (0 Pietra Vergine). Nella piana immediatamente sottostante, forse proprio ai margini della laguna, agli inizi del VI sec. a.C. viene fondato un insediamento di tipo mercantile e produttivo.
Le campagne di scavo 1991-93 hanno messo in luce una larga strada selciata, che articola l'impianto in due aree funzionali nettamente distinte, residenziale-emporica e produttiva e, nella prima, corrispondente al settore O, un edificio («Edificio Occidentale») formato dall'ampliamento, con una serie di vani di servizio, di una casa a tre vani allineati aperti su un cortile; il ritrovamento di terrecotte architettoniche è indizio del suo carattere palaziale. La breve durata dell'insediamento, la cui vita si conclude nei decenni centrali del VI sec. a.C., sembra dovuta soprattutto a fattori ecologici; appare di nuovo occupato, infatti, sul finire del VI sec. a.C., il pendio della Puntata, dove viene eretto anche un edificio sacro (resti frammentari di terrecotte architettoniche). Il sito è abbandonato definitivamente nella seconda metà del V sec. a.C., in concomitanza con la grande crisi dell'insediamento etrusco nella valle dell'Albegna.
La rioccupazione dell'acropoli di Talamonaccio, con un oppidum dalle chiare funzioni strategiche, è da porre nel quadro dell'organica «colonizzazione» vulcente della valle dell'Albegna, degli anni centrali del IV sec. a.C.; l'inserimento nello stato romano, forse come città alleata, comporta probabilmente il ridimensionamento del ruolo marittimo, ma la vita del piccolo centro, con evoluzioni culturali e sociali solo sommariamente ricostruibili, continua fino ai primi decenni del I sec. a.C. La scomparsa, violenta, è in evidente relazione con la repressione sillana nella valle dell'Albegna, una delle basi, in Etruria, del partito mariano.
L'interesse prevalente dell'indagine sulla T. d'età ellenistica è stato naturalmente concentrato sul complesso di terrecotte architettoniche dell'edificio templare e, in particolare, sul frontone chiuso, di cui è stata completata una convincente ricostruzione, resa possibile anche dal recupero dei resti dell'edificio, reinterrati dopo gli scavi ottocenteschi. La datazione agli anni centrali del II sec. a.C. e l'attribuzione ai coroplasti attivi, in quel torno di tempo, nell'Etruria tirrenica, da Luni a Cosa, sono considerate ormai acquisite. Il ritrovamento della documentazione dello scavo 1892, confermando la sostanziale rispondenza fra i resti architettonici oggi visibili e quelli esplorati in quell'anno, non ha risolto le perplessità e le incertezze sulla iconografia del tempio, e ha anzi suscitato nuovi problemi sulla probabile pertinenza del frontone superstite al lato Ν del tempio anziché a quello S, come sin qui accettato, e sulla eventuale presenza di un secondo frontone, da ritenersi perduto.
In assenza di una sistematica indagine sulla collocazione urbanistica del santuario la questione pare comunque destinata a rimanere irrisolta, data l'enigmaticità delle evidenze monumentali; e insolubile appare l'altra questione, ugualmente discussa, della valenza «politica» del tema trattato nel frontone. Pare infatti più probabile, per l'evidente natura iatrica - segnalata da ex voto anatomici, anche iscritti - e mantica (forse in rapporto con affioramenti di vapori sulfurei nell'area del santuario) del culto, che la chiave di lettura che unifica i varí episodi della saga tebana trattati nel frontone debba essere piuttosto ricercata nella «ineluttabilità degli oracoli». Il ruolo di catalizzatore dell'inquietudine sociale svolto da oracoli e indovini nell'Etruria tardorepubblicana giustificherebbe l'accanimento della repressione sillana a Talamone.
Il sistema di insediamento completatosi verso la metà del I sec. a.C., dopo la scomparsa della cittadina, prevede l'abitato sparso, con ville e fattorie. La villa marittima della Madonna delle Grazie, presso la moderna T., databile nell'aspetto monumentale superstite all'età traianea, si inserisce invece nella serie di ville imperiali, a carattere residenziale e produttivo (peschiere), che agli inizi del II sec. d.C., talora ex novo, in altri casi con ristrutturazione di impianti precedenti, si dislocano sulle coste dell'agro cosano e delle isole antistanti.
Con la crisi del mondo antico, nella generale rarefazione dell'insediamento, l'acropoli di Talamonaccio torna a svolgere un ruolo strategico. L'abitato altomedievale è per ora noto da tombe, in un caso almeno fornite di corredo, e da ritrovamenti sparsi. Secondo una recente ipotesi all'abitato altomedievale potrebbe essere riferita anche una delle due cinte murarie osservate sul finire del secolo scorso.
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