TALASSIO
. Invocazione che si ripeteva nella cerimonia nuziale presso gli antichi Romani.
L'origine e il significato di questo grido sono ignoti, come erano ignoti ai Romani stessi: ciò che provocò il formarsi di una delle solite leggende eziologiche, riferita da Livio e da Plutarco. Si credeva dunque di sapere che, in occasione del ratto delle Sabine, un gruppo di clienti di un certo Talassio, giovane di grande nobiltà e reputazione, essendosi impadroniti di una fanciulla di straordinaria bellezza, la portarono di corsa alla casa di lui, gridando lungo la strada, perché nessuno si attentasse a toccarla: Talassio, Talassio; cioè "è per Talassio". Di qui sarebbe rimasto ai Romani l'uso di gridare Talassio, quando la fidanzata entrava nella casa dello sposo, così come nei matrimonî greci si invocava Imeneo. Degli antichi, già Varrone aveva tentato di interpretare questa parola come derivata da τάλαρος = quasillum, pensum muliebre (cfr. Servio, Ad Aen., I, 651); ipotesi moderne sono che si debba riconoscere in Talassio un epiteto del dio Conso (essendo avvenuto il ratto delle Sabine, secondo la tradizione, nel giorno della Consualia), o che sia il nome sabino del dio del matrimonio, o che si debba ravvisare in esso un'antica divinità nuziale itifallica dei Romani. In Grecia, T. comparisce come epiteto di Zeus, nel culto di Sicione, ed anche come epiteto di Ermete.
Bibl.: O. Höfer, in Roscher, Lexikon der griech. und röm. Mythologie, V, col. 448 segg.; A. Schwegler, Röm. Geschicte, I, p. 470; E. Pais, Storia critica di Roma durante i primi cinque secoli, Roma 1913, I, p. 428.