TALENTI
Famiglia di architetti e scultori toscani originaria di Nipozzano, nel Pratomagno fiorentino, attiva a Firenze nel Trecento, responsabile dell'edificazione di alcune tra le più importanti opere architettoniche del Gotico fiorentino.Jacopo, nato nel 1300 ca., fu frate domenicano nel convento di S. Maria Novella, principale postazione fiorentina dell'Ordine, negli anni della ricostruzione della chiesa conventuale, la più grande fabbrica domenicana innalzata in Italia, il cui completo rifacimento fu avviato nel 1279 ed ebbe termine solo alla metà del secolo successivo, in un lento susseguirsi di differenti fasi indagate dalla critica nel Novecento senza peraltro giungere a incontrovertibili risultati circa la datazione e l'attribuzione di gran parte dell'opera. Se il capocroce, con il transetto e le cappelle terminali dal lato del coro, doveva già essere terminato allo scadere del secolo, non è chiaro in quali anni siano da porre i lavori di edificazione della navata, una volta riconosciuta l'inammissibilità della sua attribuzione ai domenicani fra Sisto e fra Ristoro, come lungamente ritenuto, già anteriormente a Vasari, sulla base di notizie tratte dal Necrologio del convento. Un approfondito esame del testo di questo importante documento (Orlandi, 1955; Mariotti, 1996) ha condotto all'espunzione del testo relativo a fra Ristoro, mentre sia per fra Jacopo T. sia per altri domenicani a lui anteriori compaiono interessanti notizie circa l'attività edilizia all'interno del convento e in città. Lavori di edificazione sono dunque ben ipotizzabili anche nel secondo quarto del Trecento, e negli anni immediatamente successivi, in particolare per quanto riguarda la facciata e, forse, le parti occidentali e le coperture della navata della chiesa, oltre alla cappella Strozzi, alla sala capitolare o Cappellone degli Spagnoli, e ai chiostri del convento - a completamento di quanto già avviato con il chiostro dei Morti - realizzati per fasi successive in un relativamente breve volgere di anni, parti, queste ultime, per le quali è più sicura la diretta responsabilità di Jacopo. L'architetto, capomaestro di S. Maria Novella dal 1333, si dovette peraltro affiancare al confratello Giovanni da Campi e ad altri frati edificatori della generazione precedente, che il Necrologio attesta spesso utilizzati per altri cantieri in città anche da parte del Comune, come nel caso della ricostruzione del ponte alla Carraia dopo la piena del 1333, cui poté partecipare anche Jacopo.Intorno alla metà del secolo si lavorava ancora al rivestimento marmoreo della parte inferiore della facciata, sebbene altre ipotesi, supportate da fonti peraltro avare di particolari, vogliano queste parti di S. Maria Novella realizzate a fine Duecento o al più all'inizio del Trecento (Kiesow, 1962). Una decorazione scolpita ricavata da esempi cistercensi provenienti in specie da San Galgano (prov. Siena) e, più, dalla rilettura che di quei temi avevano dato Nicola Pisano e la sua scuola, tra cui il fantomatico Lapo, forse attivo a Firenze, si svolge in queste parti della costruzione. I tipici capitelli a foglie spugnose degli avelli, o quelli a foglie lisce o piegate verso l'alto della facciata della chiesa e dei chiostri sembrano individuare le parti meglio attribuibili a Jacopo. Tra gli ultimi interventi, il rifacimento della cuspide del campanile dopo i danni di un uragano, nel 1358, e la voltatura del secondo chiostro intorno al 1360. Resta quantomai aperto il problema dei rapporti tra questo complesso e altre costruzioni religiose cittadine, in specie Santa Trinita, alla base della nascita del Gotico fiorentino, cui certo i frati edificatori domenicani dovettero fornire un sostanziale contributo, come riconosciuto da Paatz (1937). Negli ultimi anni, l'attività di Jacopo (m. nel 1362), richiesto come consulente più volte per l'Opera del duomo, si intreccia con quella di Francesco, probabilmente suo fratello.Francesco T. nacque a Nipozzano nei primissimi anni del Trecento e lavorò in gioventù in cantieri come Orsanmichele o il campanile di Giotto, passando certamente sotto il comando di Andrea Pisano e, poi, di Andrea di Cione, dei quali reca traccia come scultore e intagliatore. Al seguito di Lorenzo Maitani fu inoltre attivo nel cantiere del duomo di Orvieto, come risulta da un pagamento (Fumi, 1891) nel 1325. In età matura, a partire dalla metà del secolo, divenne capomaestro dell'Opera del duomo, e in quella veste fu dunque al comando dei lavori al campanile e al proseguimento della navata della cattedrale, fino al probabile anno della morte, nel 1369, con una sola breve interruzione nel 1365 e nei primi mesi del 1366. Alla sua diretta responsabilità sono da attribuire il campanile al di sopra del secondo livello, come lasciato da Andrea Pisano, e dunque il disegno e l'esecuzione dei piani delle bifore e della trifora, che sviluppano temi decorativi in parte presenti nella facciata arnolfiana, e sui primitivi fianchi della basilica, seguendo anche progetti formulati all'origine, riflessi per es. nella celebre 'pergamena senese' (Siena, Mus. dell'Opera della Metropolitana, nr. 154), ma che si distaccano dalle parti precedenti per il ricco e grandioso decorativismo delle aperture, di più attuale disegno, e per il calibrato verticalismo concluso dal possente cornicione, ma pure aperto a una terminazione a guglia mai eseguita, di cui restano i plinti di base. L'opera, le cui vicende sono agevolmente deducibili da un'abbondante documentazione (Trachtenberg, 1971; Finiello Zervas, 1987), fu ultimata nel 1359.La struttura del corpo longitudinale della cattedrale fiorentina, nel suo piano e nobile ritmo, nelle sue gigantesche dimensioni e nelle sue ricche ma ben localizzate decorazioni, frutto in buona parte di disegni di Francesco, come per quanto riguarda i pilastri, anche se con le modifiche, le aggiunte e le 'correzioni' fatte apportare dalle commissioni di esperti chiamati a più riprese a giudicare i lavori, resta il lavoro di maggiore impegno dell'artista; l'opera, seppure in parte dipendente per singoli motivi da esempi precedenti, come Orsanmichele in particolare, dovette costituire un esempio di irrefutabile richiamo per importanti costruzioni successive, come la loggia dei Priori, il duomo di Lucca, o il S. Petronio di Bologna e le costruzioni che a quest'ultimo a loro volta si sono ispirate. Caratteristici i capitelli fascianti ciascun sostegno, a tre ordini di foglie di acanto spugnoso rivolte verso l'alto, e abaco a dado che serra tra cornici un alto tratto del profilo del pilastro, come pure il passaggio alla base delle volte, con un ballatoio su cornicioni con grandi mensole a ricciolo, che riprende il più semplice modello della Santa Croce arnolfiana, con lastre traforate che rimandano a quello da poco eseguito dallo stesso autore per il campanile.Simone di Francesco T., suo figlio, che deve aver collaborato con lui alla fabbrica del duomo, fu responsabile del disegno e dell'ornamentazione della loggia dei Priori, dove il ricorso agli arconi a tutto sesto assume sapore prerinascimentale, ma che sviluppa i temi dei capitelli della cattedrale a oltre venti anni dal loro primo disegno. La loggia, innalzata intorno al 1376 - anno in cui egli risulta capomaestro dell'Opera del duomo - e rapidamente condotta a compimento nel quinquennio successivo, in una prima fase con la collaborazione di Benci di Cione (v.), comprende grandi mensole figurate, rilievi e statue all'esterno, e una terrazza sommitale pure dipendente dalla cattedrale. Essa costituisce uno dei più importanti e interessanti episodi di architettura civile del Trecento italiano, modello per la tipologia cui appartiene ben oltre lo stesso Rinascimento, sino agli episodi di ripresa ottocentesca, valga il caso di Monaco di Baviera, come uno dei simboli della cultura architettonica fiorentina. A Simone sono anche da attribuire i trafori delle finestre di Orsanmichele, realizzati in un lungo volgere di anni dal 1367, con complessi disegni che sviluppano idee presenti nell'opera del padre sul campanile ma che aprono la strada al decorativismo tardogotico internazionale, di cui costituiscono, anzi, uno dei punti di avvio. L'aspetto prerinascimentale della cultura di Simone è testimoniato invece dal pavimento a motivi ottici dello stesso oratorio di Orsanmichele, eseguito con l'aiuto del figlio Talento T., che ne dovette proseguire l'opera oltre la morte di Simone, avvenuta forse nel 1383.Ben meno innovativo appare invece Simone come scultore, se sono da riconoscergli le statuette di profeti per Orsanmichele e alcune parti dei portali laterali del duomo a lui assegnate, come la Madonna della lunetta della porta del campanile (Kreytenberg, 1977; 1980b; 1981; 1993), dove si rifugia in consuete tipologie e stilemi di derivazione orcagnesca, vivacizzanti con fluidi e lineari panneggi e capigliature modelli le cui origini si lasciano pur chiaramente ravvisare, in ultima analisi, nella morbida statuaria di Andrea Pisano.
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