TAMERLANO
. Sovrano turco dell'Asia centrale. T. (anche Tamberlano) è la forma europea del nome Temür Lenk (o Leng); Temür è il nome ed è l'equivalente del turco moderno demir "ferro", che in arabo e in persiano si è conservato nella forma tīmūr; il soprannome lenk o leng "zoppo" gli venne da una ferita riportata in combattimento. Nacque l'anno 736 eg., 133b d. C. presso Kish (l'attuale Shahr-i Sabz a sud di Samarcanda); non è ben certo se discendesse effettivamente, come alcuni suoi biografi vogliono, dalla famiglia di Cinghīz o Genghiz (v.) khān, il cui figlio Ciaghatāi aveva fondato nell'Asia centrale un grande regno, mantenutosi circa un secolo con capoluogo a Almālïq, a nord-ovest dell'attuale città di Qulgia. La popolazione della Transoxiana era allora mista di Iranici, Turchi e Mongoli; tra i Mongoli turchizzati erano i Barlās, ai quali apparteneva Tamerlano. Varî principati autonomi si erano costituiti nella Transoxiana, quando un principe mongolo, Tughluq Tīmūr khān, l'invase e occupò Samarcanda (1361); il giovane Tamerlano fu per qualche tempo al servizio dei capi musulmani, occupò Samarcanda, il Khwārizm, Balkh (1369) nell'odierno Afghanistan, e inviò truppe contro il regno mongolo dell'Orda d'Oro nella Russia meridionale. Ricostituita gran parte dell'impero di Genghīz khān, T. mosse contro la Persia, passando attraverso il Khorāsān, occupò Herāt, la Persia settentrionale, Tabrīz e l'Anatolia orientale (1387); poi scese nella Persia meridionale, devastò Iṣpahān e prese Shīrāz. Tornato nella Transoxiana per metter riparo alle aggressioni di Tōqtāmsïh, khān della Crimea, che attaccava il suo regno, T. riprese le conquiste in occidente, riattraversò la Persia nel 1392 e prese Baghdād, poi si rivolse a nord, minacciando anche la Siria, e giunse al Caucaso, occupò Tiflis e la Georgia. Nel 1396 era di ritorno a Samarcanda e ne ripartì due anni dopo per la spedizione in India, dove prese e saccheggiò Dihli (Delhī). Fece quindi una breve sosta ancora a Samarcanda e poi tornò in occidente, dove le sue conquiste erano minacciate dal sultaho ottomano Bāyazīd, da Aḥmed Gelāir, che aveva ripreso Baghdād, e dal sultano d'Egitto; in una campagna di 14 mesi egli prese Sivas (1400), sconfisse l'esercito egiziano ad Aleppo e saccheggiò Damasco, riconquistò Baghdād, che fu messa a ferro e fuoco (1401), e andò a svernare nel Caucaso. L'anno seguente T. andò contro il sultano turco Bāyazīd I, lo batté a Ciubūqābād, a nord-est di Angora (20 luglio 1402), lo fece prigioniero e avanzò fino al Mare Mediterraneo sulle alture che sovrastano Smirne, che era difesa da 200 cavalieri dell'Ordine di San Giovanni di Rodi e da milizie ausiliarie; i difensori non poterono resistere più di quindici giorni al numero e ai mezzi d'assalto dei Mongoli e cercarono scampo sulle navi; la città andò distrutta.
Nel 1403 T. era di ritorno a Samarcanda, dove fece celebrare feste e ricevette ambascerie del re di Castiglia (ambasciatore Ruy Clavijo, che ha lasciato una relazione del viaggio), d'Egitto, Mesopotamia e Turchia. Alla fine del 1404 intraprese una spedizione diretta a conquistare la Cina, ma a Otrār, nel Turkestān sul Sir Darja, s'ammalò e morì il 17 sha‛bān 807 eg. (18 febbraio 1405).
Tamerlano era musulmano e difensore dell'ortodossia musulmana; il mistico persiano Faẓlullāh, fondatore della setta dei Ḥurūfī, fu da lui fatto uccidere come eretico. D'altra parte i dotti musulmani ritenevano che i Mongoli e i Turchi seguaci di Tamerlano fossero più legati alle regole loro tradizionali e al complesso di norme della tura (o törü, legge) che alla sharī‛ah islamica e gli ‛ulamā' siriani emanarono una fatwà condannando i Mongoli come infedeli. Nonostante la ferocia consumata nei saccheggi, che commossero il mondo orientale e fecero giungere l'eco del terrore anche in Occidente, Tamerlano mostrò di proteggere i letterati e i poeti; non è ben certo che si sia incontrato con il poeta persiano Ḥādiẓ a Shīrāz nel 1377. Samarcanda diventò sotto Tamerlano una capitale splendida; tra gli edifizî fattivi costruire da lui e dalla sua famiglia sono la sua tomba e la moschea detta Shāh-Zindeh con l'annessa tomba di Ciogiuq Bika, sua sorella. Tamerlano fece erigere un grande edificio sulla tomba del poeta mistico turco Aḥmed Yesevī a Yesī (ora Turkestān, ad oriente del Sir Darja).
Alla sua morte l'impero andò in sfacelo rapidamente. Egli aveva disposto che gli succedesse il nipote Pīr Moḥammed, figlio di Gihānghīr, che si trovava in India, e venne a Samarcanda, ma fu vinto da un altro nipote, Khalīl. Un figlio di Tamerlano, Shāhrukh, riuscì a conquistare il trono e governò fino al 1447; il figlio di questo, Ulūgh, astronomo e poeta, tenne il potere per due anni; fu fatto uccidere dal figlio. La dinastia di Tamerlano si estinse nell'Asia centrale, dove governarono gli Özbeg della famiglia Sheibānī; la via tra l'Estremo Oriente e l'Asia anteriore, ch'era stata aperta da Cinghīz khān, fu d'allora interrotta e riaperta soltanto nel sec. XIX dai Russi. In Persia sorse la dinastia sciita dei Ṣafawidi, in Russia si costituì uno stato slavo. In India invece discendenti di Tamerlano mantennero con varie vicende fino al sec. XIX l'impero cosiddetto mongolo.
Bibl.: Aḥmad ibn ‛Arabshāh, ‛Agiā'ib al-maqdūr fī akhbār Timūr in prosa rimata araba, in varie edizioni europee (la prima, Leida 1676) ed egiziane, trad. francese di P. Vattier (Parigi 1658), ostile a Tamerlano; Sharaf ud-Dīn ‛Alī di Yezd, Ẓafar-nāmeh, in persiano, biografia panegirica, pubbl. a Calcutta 1887-1888. Tra gli scrittori occidentali: relazioni del viaggiatore Clavijo e del prigioniero H. Schiltberger; inoltre P. Perondino, Magni Tamerlanis Scytharum Imperatoris vita, Firenze 1553; N. Granucci, L'Eremita, ecc. (contiene un racconto storico su T.), Lucca 1569; P. Bizarus, Rerum persicarum historia, Francoforte 1601. La figura di T. ispirò un dramma in versi (Tamburlaine the Great, 1587) all'inglese Marlowe - Opere moderne: Howort, History of the Mongols, Londra 1876-88; A. Vámbéry, Geschichte Bochara oder Transoxaniens, Stoccarda 1872; E. G. Browne, Literary History of Persia, III, Cambridge 1928, pp. 180-206; L. Bouvat, L'Empire mongol, Parigi 1927; Harold Lamb, Tamerlane the Earth Shaker, Londra 1929. A Tamerlano è falsamente attribuita una raccolta di memorie e di istituzioni dette Malfūẓāt e Tuzūkāt-i Tīmūrī, di cui esiste un'apocrifa redazione persiana del sec. XVII, tradotta in inglese da Dawy e Stewart nel 1783 e in francese da Langlès nel 1787 (versione a sua volta tradotta in turco da Muṣṭafa Rahmī, Costantinopoli 1923).