TANTALO (Τάνταλος, Tantalus)
È uno dei grandi puniti della Nèkyia omerica, e non diversamente dagli altri della stessa categoria è da affiancare ai Titani. In seguito, peraltro, viene sistemato nelle genealogie come re di Lidia o di Frigia, figlio di Zeus e di una simbolica figura della ricchezza, Plute o Plutò. L'immagine fondamentale che gli antichi avevano fissato per questo personaggio era pertanto quella di un re che altissima nascita e ricchezze straordinarie ponevano quasi al livello degli immortali. Di qui il facile trascorrere nella colpa di höbris, che ci è narrata in vari modi: vanterie, l'immondo banchetto offerto agli dèi con le carni del figlio Pelope, il ratto di Ganimede, e che è tanto più grave in quanto comporta ingratitudine per i benefici ricevuti e per l'amicizia stessa che gli dèi ebbero per lui. Anche il modo della pena è variamente trasmesso. Gli antichi ce lo descrivono sospeso nel vuoto oppure minacciato da una rupe incombente, oppure divorato dalla sete e dalla fame che la prossimità inavvicinabile di acque e di frutta doveva rendere sempre più tormentosa.
Polignoto lo raffigurava nella Nèkyia di Delfi immerso in un lago e minacciato da una rupe riferendosi, a detta di Pausania, alla tradizione omerica e ad un poema di Archiloco. Le rare figurazioni di T. che ci rimangono sono invece dipendenti dal mondo del teatro, particolarmente da un dramma di Frinico a lui intitolato. Di conseguenza è in costume teatrale di re orientale con mitra e vesti decorate che compare su un cratere a volute italiota, a Monaco (n. 843), con figurazioni degli Inferi mentre a fianco di altri dannati sembra fuggire, con un vano gesto di difesa dalla roccia strapiombante. Simile nel costume, seppure non impegnato in alcun'azione, viene riconosciuto accanto al tabernacolo centrale che isola la dolente Niobe in un simile vaso di Napoli (L. Curtius, Torso, fig. 33, p. 198). Nel sarcofago di Protesilao della Galleria dei Candelabri, T. appare in una figurazione dell'Averno con Sisifo e Issione, come un anziano barbato e ignudo che cerca di sollevare alle labbra un fiotto d'acqua corrente. Sorprendente e probabilmente inesatta è la notizia di una statua di T. come coppiere in possesso del re indiano Iarchas che s'incontra nella Vita di Apollonio di Filostrato (3, 25).
Bibl.: W. Scheuer, in Roscher, V, 1916-24, c. 75 ss., s. v. Tantalos, n. i; Schwenn, in Pauly-Wissowa, IV A, 1931, c. 2224 ss., s. v. Tantalos.