Tanzania
Stato dell’Africa orientale, sorto nel 1964 dall’unione tra il Tanganica e l’isola di Zanzibar. Abitato da oltre 120 gruppi etnici – linguisticamente unificati dall’uso dello swahili (➔ Swahili) – con bassa densità demografica e un 80% di popolazione rurale, è un Paese povero di risorse con un’economia basata sull’agricoltura. Gruppi di lingua erano già stanziati nei territori dell’attuale T. nella seconda metà del primo millennio. Verso il 9° sec. le coste furono interessate dalle attività di commercianti, giunti dalla Penisola Arabica e dal Golfo Persico e interessati ad avorio, oro, legnami pregiati e schiavi, che introdussero l’islam. Su questa base e nell’interazione e meticciamento coi locali nacque la cultura swahili. L’espansione commerciale trasformò i porti in importanti centri urbani (sec. 12°) e il sultanato di Kilwa, che controllava i traffici auriferi, dominò la costa fino al 15° secolo. Nel Nord continentale, i masai, allevatori seminomadi di lingua nilotica, dettero vita a una confederazione di comunità basate su compagnie militari maschili e articolate in classi d’età che restarono autonome fino alla fine del sec. 19°. All’inizio del Cinquecento i portoghesi si imposero con la forza lungo le coste, acquisendo il controllo dei traffici, ma subendo la concorrenza olandese (17° sec.) e quindi perdendo le posizioni a favore degli omaniti (18°-19° sec.), che fissarono il proprio centro operativo a Zanzibar, sviluppando gli scambi con l’entroterra (tessuti, armi da fuoco, avorio, schiavi). Nell’interno non si svilupparono regni accentrati, tranne nell’estremo Nord-Ovest, nelle regioni limitrofe a Burundi e Ruanda. A fine Ottocento i tedeschi si assicurarono il controllo sulla parte continentale della T., mentre gli inglesi si imposero a Zanzibar (1890). Il protettorato tedesco (1890-1918) denominato Africa di Sud-Est (Tanganica), accorpava anche i protettorati di Ruanda e Burundi e fu teatro (1905-07) di un vasto movimento di resistenza rurale (➔ Maji-Maji, rivolta di) duramente represso dai colonizzatori. Occupato dagli inglesi nel corso della Prima guerra mondiale (1916), il Tanganica fu loro assegnato in mandato dalla Lega delle Nazioni (1920). Il nazionalismo anticoloniale fu egemonizzato dalla Tanganyika African national union (TANU), guidata dal 1954 da J.K.B. Nyerere, che si ispirava ai principi del . Indipendente nel 1961, divenne repubblica federale attraverso l’unione con Zanzibar (1964) e prese il nome di T. (dalle sillabe iniziali dei nomi dei due Paesi): de facto i due Stati sono rimasti distinti, con una certa autonomia legislativa e amministrativa garantita a Zanzibar (interessata in maniera ricorrente da rigurgiti separatisti). Swahili e inglese sono stati adottati come lingue ufficiali. Con la Dichiarazione di Arusha (1967), il presidente Nyerere, nel contesto di un sistema a partito unico, varò un programma di socialismo africano fondato sul concetto di ujamaa (comunità/solidarietà): esaltò l’importanza dell’istruzione, nazionalizzò i settori produttivi e promosse un’agricoltura cooperativistica ispirandosi all’esperienza maoista cinese, varando un grande programma di concentrazione della popolazione rurale in villaggi comunitari (villaggizzazione). Il piano, attuato con metodi dirigistici e autoritari, finì per alienare il consenso dei contadini e comunque produsse scarsi risultati sotto il profilo produttivo, complici le siccità ricorrenti. Nel 1977 il partito unico del TANU si fuse col partito unico di Zanzibar, formando il Chama Cha Mapinduzi (CCM), partito della rivoluzione. In politica estera la T. stabilì amichevoli relazioni con i Paesi del blocco socialista e con Pechino; appoggiò le lotte di liberazione negli odd. Mozambico e Zimbabwe e rovesciò la dittatura ugandese di Idi Amin, nel 1979. Il monopartitismo entrò in crisi per la recessione economica, l’indebitamento, la corruzione dilagante e la perdita di consensi. Nyerere si dimise nel 1985, conservando la presidenza del CCM. I successivi presidenti (Ali Hassan Mwiny, 1985-95; Benjamin Mkapa, 1995-2005; Jakaya Mrisho Kikwete, dal 2005) che, tra tensioni sociali e religiose, le spinte autonomiste di Zanzibar e le durezze dei piani di aggiustamento strutturale imposti da Fondo monetario internazionale e Banca mondiale hanno avviato la transizione al pluripartitismo (1992) e al liberismo in economia, smantellando il dirigismo statalista dell’epoca di Nyerere, provengono tutti dai ranghi del CCM, tuttora dominante nell’arena politica.