Vedi Tanzania dell'anno: 2012 - 2013 - 2014 - 2015 - 2016
La Repubblica Unita della Tanzania, formata dal Tanganica e dall’isola di Zanzibar, è uno dei paesi più dinamici dell’area africana orientale. Durante il secolo scorso il Tanganica fu un obiettivo delle mire espansioniste della Germania, divenendone una colonia e, dopo la Prima guerra mondiale, la regione fu affidata al mandato britannico. Nell’epoca della Guerra fredda raggiunse l’indipendenza dalla Gran Bretagna nel 1961 e successivamente, nel 1964, l’unificazione con l’isola di Zanzibar. La fase post-indipendentistica fu caratterizzata dalla leadership di Julius Nyerere, primo presidente del paese nonché politico molto attivo nell’ambito del movimento dei paesi non allineati.
Dal 1995 la Tanzania ha un sistema multipartitico, anche se di fatto il panorama politico appare dominato dal partito di maggioranza Chama Cha Mapinduzi (Ccm, in swahili ‘Partito della rivoluzione’), che ha quasi le caratteristiche di un partito-stato. La Costituzione vieta infatti le coalizioni tra partiti politici e ciò rende impossibile la creazione di un fronte unito di opposizione al Ccm. Se messa a confronto con la regione dell’Africa orientale, tuttavia, la Tanzania ha mediamente livelli più alti di democratizzazione e rispetto dei diritti politici e civili, come dimostrato per esempio dal fatto che 48 seggi parlamentari sono riservati alle donne.
Sul piano regionale Dodoma è molto attiva, anche come conseguenza della circostanza che l’attuale presidente, Jakaya Kikwete, ha precedentemente servito per dieci anni come ministro degli affari esteri e ha ricoperto, tra il gennaio 2008 e il febbraio 2009, la carica di presidente dell’Unione Africana (Au). La Tanzania ha svolto un importante ruolo di mediazione nei conflitti che hanno interessato i paesi confinanti negli ultimi anni. Il suo ruolo regionale è reso inoltre importante anche dalla partecipazione all’organizzazione della Comunità dell’Africa orientale (Eac) e, unica tra i membri dell’Eac, alla Comunità per lo sviluppo dell’Africa meridionale (Sadc). A livello internazionale, infine, la Tanzania nutre buoni rapporti con gli ex paesi colonizzatori, Germania e Regno Unito, e con la Cina; negli ultimi anni il paese sta stringendo rapporti sempre più stretti anche con gli Stati Uniti e il Giappone.
Come molti stati africani, la Tanzania ha al suo interno molte etnie – più di 100 – con quella Bantu che risulta essere maggioritaria. Per motivazioni di carattere storico, questa etnia risente di molte influenze da parte della cultura araba, come dimostrato dalla stessa lingua parlata, lo swahili, che ha molte caratteristiche comuni all’arabo. I riflessi dell’epoca coloniale si riscontrano tutt’oggi nel diffuso utilizzo della lingua inglese e, d’altro canto, nella circostanza che circa il 35% della popolazione è di religione cristiana. Tale percentuale è analoga a quella dei musulmani, retaggio della lunga dominazione araba e persiana, soprattutto sulla costa orientale, antecedente il periodo della colonizzazione. L’isola di Zanzibar rappresenta invece un caso a sé, in quanto è stata sede per quasi un secolo – fino all’unificazione con Tanganica – di un importante sultanato legato all’Oman e, ancora oggi, la quasi totalità degli abitanti dell’isola è di fede islamica.
A differenza di altri paesi africani, caratterizzati da tensioni e scontri interetnici, le etnie tanzaniane convivono in un clima di relativa stabilità e tolleranza. Ciò è dovuto all’organizzazione statale data dal presidente Nyerere, che dotò il paese di un assetto basato sulle cosiddette ujamaa (in lingua swahili ‘famiglia allargata’), base del socialismo africano di stampo rurale. Tale sistema si basava sui pari diritti e l’uguaglianza degli individui che formavano le comunità ujamaa, e ha portato a ridurre al massimo le divisioni interne allo stato. La popolazione tanzaniana, così come gran parte dei paesi africani, è caratterizzata da un alto tasso di malati di Aids: secondo le ultime stime, più del 6% della popolazione adulta è affetta dal virus dell’Hiv.
L’economia tanzaniana è in gran parte basata sull’agricoltura, che ancora oggi contribuisce a più del 40% del pil totale e impiega circa un terzo della forza lavoro. Il settore dei servizi risulta in crescita, grazie soprattutto al contributo dei comparti del turismo e delle telecomunicazioni.
Nonostante i buoni livelli di crescita dell’economia, attestatisi negli ultimi anni tra il 6% e il 7%, la Tanzania rimane uno dei paesi più poveri al mondo e il budget governativo dipende per circa la metà dagli aiuti stranieri. Il paese ha sul suo territorio risorse minerarie, in particolar modo oro e diamanti, ma anche uranio, nickel e platino. Negli ultimi anni sono state fatte importanti scoperte di giacimenti di gas naturale, le cui riserve provate si aggirerebbero intorno ai 60 miliardi di metri cubi, e che potrebbero dunque portare il paese a utilizzare questa risorsa come principale fonte di energia.
La Tanzania si sta gradualmente aprendo ai mercati esteri, ma il flusso di investimenti diretti provenienti dall’estero non è ancora molto rilevante, come conseguenza soprattutto delle difficili condizioni climatiche e, in particolare, della siccità. Oltre a mettere costantemente a rischio i raccolti – soprattutto nel nord del paese – essa comporta periodici cali di rendimento per le centrali idroelettriche, rendendo difficile una generazione costante di energia e colpendo in questo modo anche il settore dell’industria, ancora poco sviluppato. I rapporti commerciali si sviluppano soprattutto con i paesi asiatici come l’India, la Cina e il Giappone, anche se gli stessi vicini africani, in particolare Kenya e Sudafrica, rimangono degli importanti mercati di destinazione per le esportazioni della Tanzania.
Le relazioni con la vicina Uganda, con cui la Tanzania è stata in guerra tra il 1978 e il 1979 – in un conflitto che ha causato la morte di più di 100.000 persone – sono migliorate sensibilmente nel corso degli ultimi venti anni, anche grazie alla istituzione della Eac, che promuove la cooperazione regionale. A livello interno il paese, la cui classe militare riveste un ruolo importante anche a livello politico, risulta essere uno dei più stabili dell’area. Grazie a una politica regionale storicamente attivista, la Tanzania promuove il processo di pace in Burundi e ha soldati schierati all’estero in diverse missioni militari e di peacekeeping sia delle Nazioni Unite che dell’Au. Una possibile fonte di instabilità interna è costituita dall’isola di Zanzibar, in cui si sono verificati duri scontri nel 2001 a seguito delle contestate elezioni dell’anno precedente, culminati nella morte di circa 35 persone.
Sul fronte internazionale, la Tanzania coopera con gli Stati Uniti contro il terrorismo internazionale, soprattutto a seguito del sanguinoso attentato di Dar es Salaam del 7 agosto 1998, rivendicato da al-Qaida. In quell’occasione, l’ambasciata statunitense in Tanzania, simultaneamente a quella kenyana di Nairobi, furono colpite da esplosioni che causarono centinaia di vittime. Da quel momento i contatti tra Washington e Dodoma si sono intensificati sempre di più, fino ad arrivare al livello attuale, in cui i due paesi cooperano non solo nell’ambito dell’antiterrorismo, ma anche di programmi di sviluppo economico e sociale.