TAPPETO (lat. tapetum; gr. τάπης; fr. tapis; sp. alfombra; ted. Teppich; ingl. carpet, rug)
Tessuto, generalmente di lana, destinato all'arredamento.
Storia e arte. - Per l'antichità, il termine va inteso in un significato molto più esteso dell'attuale, perché indica le stoffe in genere che largamente s'impiegavano per l'arredamento della casa, dette anche peristromata, peripetasmata, aulaea, stragula, vela, non esclusi i capi di vestiario (vestes).
I tappeti ricoprivano i letti e le sedie, erano sospesi alle pareti come arazzi, pendevano orizzontalmente dal soffitto, chiudevano i vani di passaggio: il tappeto da pavimento sembra diffondersi nel mondo ellenistico solo nell'età alessandrina.
Anche nell'antichità l'Oriente fu rinomato per i tappeti (sempre intendendo il termine in senso lato: v. appresso). Famosi, fra gli altri, i tappeti di Babilonia (babylonica peristromata), di Sardi, di Tiro e di Sidone. La Persia cominciò ad essere celebre per i suoi tappeti solo in epoca ellenistica; per l'innanzi essa li introduceva dall'Assiria e dalla Lidia. Larga diffusione e rinomanza ebbero sui mercati in epoca ellenistica e romana i tappeti di Alessandria. Della Grecia Corinto era conosciuta non solo per la metallotecnica, ma anche per la fabbricazione dei tappeti, della quale si lascia facilmente riconoscere l'influsso nel terzo ramo importante dell'industria corinzia, nella ceramica. Per l'Italia abbiamo notizia dei tappeti di Siracusa celebrati da Silio Italico (XIV, v. 656 segg.), e dei peristromata campanica che Plauto (Pseud., I, 2, 13) ricorda per i colori vivaci.
I tappeti erano per lo più variopinti (picta) perché si usavano fili di diversi colori. A Pergamo, città fastosa sotto gli Attalidi - si ricordino le Attalicae condiciones di Orazio - si tessevano, inserendovi fili d'oro, tappeti i quali furono detti appunto attalica (Plin., Nat. Hist., VIII, 48, 196). L'ornamentazione più semplice e comune era quella a disegni geometrici; ma spesso era ottenuta con motivi tolti dal mondo vegetale e da quello animale. Rappresentazioni di animali ricorrevano, per imitazione dei tappeti persiani, su quelli alessandrini, che Plauto ricorda come beluata tapetia.
Qualche volta tutta una vasta e complessa scena storica o mitologica, o anche un paesaggio, poteva trovar posto nella decorazione di un tappeto (ne è ricordato uno con la veduta di Sibari).
Dei tappeti antichi quasi nulla ci è pervenuto. Fanno eccezione alcuni pregevoli esemplari della tappezzeria greca dei secoli V-III a. C., provenienti dalla Russia meridionale. Ma della tappezzeria degli antichi noi siamo fino a un certo punto informati dai loro monumenti figurati, fra i quali i vasi sono al primo posto.
L'uso dei tappeti, originario dell'Oriente, fu sempre aspramente biasimato dai moralisti di Grecia e di Roma. Plutarco riferisce nella vita di Catone Maggiore (IV, 5) che questi non volle conservare un pezzo di tappeto babilonese da lui ereditato.
Il tappeto come motivo artistico ricorse in particolar modo nella pittura di Pompei e di Ercolano e nei rilievi, dove esso fa da sfondo talvolta all'azione rappresentata in primo piano.
Medioevo ed età moderna. - Oriente. - Il tappeto propriamente detto è senza dubbio una creazione orientale ed è anzi il prodotto più importante delle arti minori nell'Oriente islamico.
Il segno più caratteristico del tappeto orientale, che soprattutto lo distingue dagli arazzi, è l'annodatura (per la quale, come per gli altri particolari della lavorazione, v. sotto: Fabbricazione).
Non si sa esattamente in quale regione ed epoca abbia avuto origine il tappeto orientale. Nell'antico Oriente il vero tappeto era sconosciuto; quando si parla, in descrizioni di palazzi, di prodotti simili a tappeti, non può trattarsi che di arazzi, i quali infatti risalgono a un'epoca assai più remota, o di ricami, e anche di lavori a rapporto. Tutti gl'indizî concorrono a far pensare che la tecnica dell'annodamento sia stata usata dapprima da tribù di nomadi dell'Asia centrale. Da frammenti ritrovati nel Turkestān orientale si può arguire che il tappeto orientale vi era noto fino dai secoli VI e VII d. C. Da principio la lavorazione del tappeto rimase limitata alle sole tribù dei Turcomanni; solo quando questi, nel sec. XI, erano diventati, col dispiegarsi della potenza dei Selgiuchidi, padroni di tutta l'Asia anteriore, il tappeto si diffuse anche nei nuovi centri di cultura conquistati. Offerto all'inizio dai nomadi sui mercati, il tappeto, che in origine era un manufatto di schietta arte popolare decorato coi motivi geometrici più semplici, finì, quando intere famiglie si erano a mano a mano stabilite nelle città, con fornire una regolare produzione in contatto con altre tecniche e conforme alle tendenze ornamentali in voga. Una terza fase dello sviluppo del tappeto fu rappresentata dai laboratorî di corte, fondati dai singoli principi, in grado di produrre tappeti di vaste dimensioni e di tessitura accuratissima, la cui lavorazione durava spesso parecchi anni, sfruttando con risorse tecniche spinte fino ai limiti del possibile la vivacità del disegno e la ricchezza del colorito. Siffatti laboratorî esistevano fino dal sec. XV; ma la fioritura maggiore delle manifatture di tappeti cade nei secoli XVI e XVII. Allora non furono più i tessitori a ideare i disegni dei tappeti, ma i miniatori: e così penetrò nei laboratorî un largo influsso della miniatura. Alla fine del sec. XVII, scemò con la potenza politica dei regnanti persiani e turchi anche l'importanza delle loro manifatture di tappeti; i disegni, assai semplificati e presto completamente fraintesi, passarono in laboratorî più modesti che lavorarono per lo smercio nei bazar. Nel corso del sec. XIX i disegni, interrotta la connessione con la tradizione, perdettero il loro carattere regionale e vennero arbitrariamente rifusi subendo singolari deformazioni. Solo in alcune regioni di produzione, specialmente nel Turkestān occidentale e nel Caucaso, dove il tappeto era sempre rimasto un mero prodotto dell'arte popolare, si possono trovare ancora oggi lavori veramente notevoli, dovuti in parte a nomadi, in parte a popolazioni aventi sedi fisse.
Gli esempî più antichi bene conservati risalgono al sec. XIV e sono ora nell'Evkaf Müzesi in Istanbul. Essi mostrano in parte un motivo a nastro continuato, in parte file di ottagoni decorati con ornamenti, avendo generalmente bordi con caratteri cufici. I colori hanno accordi così raffinati da far presupporre uno sviluppo anteriore abbastanza lungo. In quadri italiani del Trecento (ad esempio, in pitture di Lippo Memmi e di altri senesi) si vedono riprodotti tappeti con numerosi riquadri rettangolari entro cui sono un uccello singolo o due affrontati, a volte anche quadrupedi. Entrambi i gruppi sono molto probabilmente prodotti anatolici. Influsso mongolo rivelano un tappeto, riprodotto in un quadro di Domenico di Bartolo, e un altro originale, nel museo di Berlino con il motivo del drago e della fenice, databile circa il 1400. Segue un gruppo abbastanza compatto di tappeti caucasici dal sec. XV al XVII, con draghi e altri animali favolosi che, negli esemplari più tardi, cedono a un progressivo predominio di elementi decorativi floreali. In Persia le miniature del sec. XIV e principio del seguente riproducono abbastanza di frequente tappeti con ornamenti a intreccio che si possono fondatamente considerare riflessi della tradizione selgiuchida. Verso la metà del sec. XV si diffonde l'uso del tappeto a medaglione, che si deve già considerare prodotto da manifatture. Il centro è occupato da un riquadro variamente sagomato, di forma rotonda, ovale o stellare, spesso prolungato per mezzo di aggiunte nel senso longitudinale, e con pennacchi, a colori più intensi, negli angoli. La decorazione è costituita da arabeschi e motivi floreali. Nel sec. XVI questo tappeto a medaglione, che in tutto rammenta le testate e le legature dei manoscritti persiani, si arricchisce con la trasformazione della superficie - quasi sempre del resto suddivisa in composizioni rigidamente simmetriche - in un giardino con alberi e cespugli di ogni sorta, popolato da animali tolti in parte al mondo fiabesco dell'Asia orientale, in parte osservati dal vero, mentre il riquadro centrale viene raffigurato di preferenza quale bacino con uccelli acquatici. A volte, come in un celebre esemplare di seta già in possesso della corte austriaca, o in quelli ora al Museo Poldi-Pezzoli di Milano, vengono rappresentate anche cacce intere con cavalieri e battitori; altre volte i medaglioni, ridotti a proporzioni più modeste, vengono moltiplicati oppure addirittura tralasciati. Proprio in questi tappeti il problema del bordo è trattato con molta cura e spesso risolto in maniera perfetta.
La rigorosa accentuazione del centro nei tappeti a medaglione corrispose al compito loro assegnato, cioè di coprire completamente il pavimento di un ambiente o almeno la sua parte centrale. Del tutto diverso invece fu lo schema compositivo dei tappeti di lusso destinati alle moschee, a parte il fatto che per ragioni religiose era esclusa qualsiasi decorazione con figure umane o animali. Essendo questi tappeti stesi uno accanto all'altro, fu opportuno fare i bordi quanto più stretti si poteva; inoltre, per sottolineare la direzione nella quale erano rivolte le preghiere, si cercò di disporre l'ornamentazione in senso longitudinale, come nei cosiddetti tappeti a vaso, la cui ricca decorazione di palmette, di rosette, di fiori a calice o di altra foggia sembra svilupparsi da vasi inseriti qua e là. Il periodo di fioritura di questi tappeti fu nel sec. XVI; e i loro primi esemplari superarono in ricchezza coloristica tutti gli altri generi. I tappeti con motivi di alberi e di giardini riproducono i parchi rigorosamente architettonici usati in Persia, con nel centro un bacino a diversi scomparti e canali laterali. Nel periodo dello scià ‛Abbās (1587-1629), si produsse nelle manifatture di corte un genere di tappeti destinati ad essere portati dagli ambasciatori iranici in dono a principi europei. Sono lavorati in seta, ma la tessitura è qua e là interrotta da fili in parte d'argento dorato che conferiscono al tappeto, grazie al loro tono generalmente chiaro, un aspetto sontuoso e luminoso. Poiché in alcuni di essi si è accertata la presenza dell'aquila polacca, si credette un tempo che fossero di produzione europea imitante modelli persiani, e furono chiamati "tappeti polacchi". Tale denominazione è rimasta, sebbene si sia già da tempo constatato che si tratta di lavori schiettamente persiani. Anche in India nei secoli XVI e XVII, alla corte degl'imperatori di Mogul, si lavorarono sotto influsso persiano tappeti di lusso nei quali, abolita qualunque disposizione simmetrica, il soggetto è trattato come in un quadro liberamente composto.
Del tutto diverso fu lo sviluppo del tappeto in Anatolia, che, insieme con la Persia, il Caucaso e il Turkestān occidentale ha conservato fino ad oggi un posto preminente nella sua produzione. Quivi gli artefici stabili, che praticarono presto la tecnica del tappeto annodato, avevano prodotto opere di assai alta qualità dovendo soddisfare alle richieste della città; poi, quando vi furono istituite nuove manifatture, queste mantennero le alte tradizioni locali. In paragone con i tappeti persiani, il disegno nei tappeti d'Anatolia è notevolmente più robusto, angoloso e primitivo; i contrasti coloristici, se anche meno armoniosi, sono senza dubbio altrettanto efficaci. Nei tappeti "alla Holbein" - così detti perché si vedono spesso riprodotti nei quadri di questo artista, come del resto in opere di pittori italiani e fiamminghi - si scorgono ancora riflessi dei tipi più antichi dei secoli XV e XVI, sia nei riquadri stellari ottagonali sia nella decorazione dei bordi arieggiante a volte la scrittura araba. Lo schema a medaglione persiano fu ripreso nel secolo XVI in maniera molto abile e originale nei tappeti Ushak così detti dalla città omonima (UŞak), dai quali derivò, nel secolo XVIII, la produzione di Smirne. I cosiddetti "tappeti di Transilvania" devono il loro nome al fatto che sono soprattutto adoperati, ma non prodotti, in questa regione; vi si trovano ancora oggi in gran numero. Essi formano tra i tappeti di preghiera un gruppo a sé che divenne una specialità dei laboratorî anatolici, ricca di numerose variazioni. Furono usati dai fedeli in casa, nei laboratorî e nei negozî, come pure in viaggio, per compiere su di essi le preghiere prescritte; furono decorati in vario modo con disegno a forma di nicchia a ricordo della nicchia di preghiera della moschea. Fino alla metà del sec. XIX questo genere di tappeti detto "sagiādah" ha prodotto in Anatolia sempre nuove varietà, sebbene in parte di qualità già fortemente scadenti.
Nei secoli XVI e XVII una manifattura di corte turca produsse tappeti che, nonostante la ridotta gamma coloristica, sono di bell'effetto, grazie all'eleganza del disegno, all'ampiezza e alla varietà della composizione unite a una tessitura straordinariamente fine. Non hanno però nulla in comune con gli altri tappeti anatolici, mentre tecnicamente (scelta dei colori e della lana fortemente brillante, uso di fili a forma di catenelle) concordano in tutto con un gruppo di tappeti che sono stati di recente riferiti con buone ragioni all'Egitto, dove si è potuta accertare l'esistenza nel Medioevo d' un'industria tessile, evidentemente trapiantata dopo la conquista dei Turchi (1517) alla corte osmana. Il gruppo del Cairo, che prima si era propensi a localizzare in Damasco, ha con quello seriore ancora in comune il bordo che si rileva dal fondo mediante il disegno, non già attraverso i colori; i motivi sono composti di piccoli elementi geometrici formanti a loro volta composizioni più ampie.
Infine, sarebbero ancora da ricordare del periodo classico di quest'industria i tappeti spagnoli che, evidentemente sotto l'influsso dell'Anatolia, furono, a partire dal secolo XIV, lavorati in diversi centri dei regni moreschi, poi, nei secoli XV e XVI, spesso eseguiti dietro commissioni dei diversi signori, con lo stemma di questi nel campo generalmente molto allungato e con segni calligrafici nei bordi che sono deformazioni della scrittura araba. Vi prevalgono ornamenti a forma di stelle grandi e piccole; i colori ne sono molto vivaci.
In conclusione, benché lo studio dei tappeti abbia fatto recentemente notevoli progressi, non si sa ancora, salvo pochissime eccezioni, come localizzare i varî gruppi antichi: mancano i documenti sicuri e anche per la produzione più tarda non siamo molto informati. I varî nomi che vengono dati ai tappeti nel commercio, sono, in molti casi, completamente arbitrarî.
Europa. - La fabbricazione dei tappeti annodati fu introdotta in Europa dall'Oriente. Tra i più antichi esempî, accanto al tappeto con scene della Creazione nella cattedrale di Genova, sono i frammenti, conservati nel monastero di Quedlinburg, di un tappeto che Agnese abbadessa (1186-1203) fece eseguire in lana colorata, della grandezza di sette metri per sei, con un'iscrizione che ne attesta la dedica al pontefice, e con figurazioni rappresentanti l'unione dei poteri temporale e spirituale, e le nozze della Filologia e di Mercurio. Non diversa origine avevano i tappeti vellutati che si producevano in Francia nel Medioevo: sotto Filippo Augusto, nel sec. XII, li facevano i tapissiers sarrasinois citati da Étienne Boileau, che diedero loro anche il nome, e che ebbero prima una loro corporazione regolare, fusa nel 1302 con quella degli arazzieri (hauts lissiers): di essi parla anche Pierre Dupont nella sua Stromatourgie del 1632. Le altre regioni d'Europa non ebbero in quel tempo una vera industria di tappeti: in Inghilterra, nel sec. XIII, si facevano venire dalla Spagna (e dovevano essere di fattura moresca) o, nelle chiese, si usò stendere, dinnanzi all'altare, panni di Arras (Exeter, tappeto con la vita del duca di Borgogna donato dal vescovo Edmund Lacy, 1420), quando non si disponeva di tappeti più antichi come ne erano stati tessuti anche prima del 1000 nei grandi monasteri (ad es., Croyland); ma sulla tecnica di questi ultimi nulla sappiamo che ci permetta di riconoscere in essi dei veri tappeti. La Germania, dopo l'esempio di Quedlinburg, non ebbe che una produzione saltuaria di tappeti, durata fino al 1500 inoltrato; essa adoperò i motivi decorativi proprî degli arazzi, trattandoli con rozzezza e anche con un certo senso grottesco; nelle Fiandre, da Tournai, uscirono anche tappeti sullo scorcio del secolo XVI; nella Spagna, l'Andalusia già durante il sec. XV mandava fuori tappeti in cui alle iscrizioni cufiche si accompagnavano stemmi indicanti la pertinenza alla famiglia dei sovrani cattolici; mentre durante tutto il sec. XVI continuò la fabbricazione di tappeti ispano-moreschi. Un gruppo a parte è costituito dalle coperte di Alcora, riferibili al Rinascimento spagnolo anche tardo, che sono come tappeti tessuti a nodi con motivi del tardo Rinascimento frammisti a quelli orientali; si ricollegano da un lato alla preferenza saracena per i tappeti annodati, e dall'altro, forse, alle coperte abruzzesi provenienti da Pescocostanzo, caratteristiche per la tenace persistenza di motivi ancora romanici (centauro con falco in pugno, animali che si dissetano alla fonte della vita, unicorno, agnello apocalittico, drago, idra dalle sette corna, ecc.), e forse risalenti esse stesse al mezzogiorno della Spagna.
Uno sviluppo notevole ebbe l'arte del tappeto in Francia nel sec. XVII: esso fu dovuto in primo luogo alle due manifatture parigine della galleria del Louvre (diretta da Pierre e Louis Dupont dal 1605 al 1672) e dell'antica Savonnerie di Chaillot (fondata nel 1627); ma vi ebbero parte anche altre manifatture francesi, come Aubusson che nel periodo barocco fece tappeti vellutati annodati a mano su disegni di Jean Berain e di altri artisti del tempo (detti moquettes, mocades, ecc.). Furono allora abbandonati il disegno, gli ornamenti e le figurazioni che al tappeto erano stati sempre consueti in dipendenza della sua origine dall'Oriente: e si cercò d'imitare il rilievo, applicando nella composizione gli elementi fondamentali dell'arte decorativa del tempo; il merito di queste innovazioni spetta in primo luogo a Pierre Dupont.
Prevalsero prima i tappeti a fondo nero con panieri, vasi, fogliami e fiori; poi le composizioni si fecero più ricercate e più chiare e obbedirono a uno spirito di rigorosa simmetria. La Savonnerie impiegò fino dal principio numerosi pittori per i suoi modelli: e i nomi di Baptiste Monnoyer, di François Francart, di Jean-Baptiste Blain de Fontenay, di Pierre-Antoine Lemoyne, di Baudrin e di Baudouin Yvart, sono fra quelli degli artisti che fornirono i disegni alla manifattura fino dai primi decennî della sua attività. A Simon Lourdet che, prima socio di Pierre Dupont, era poi rimasto il solo titolare della Savonnerie, succede il figlio Philippe Lourdet, sotto il quale furono fatti il tappeto della Grande Galerie del Louvre in 92 pezzi, su disegni di Baudrin, Yvart e Francart, e quelli della Galerie d'Apollon (1665); il primo è giustamente celebre per la grandiosità della sua decorazione a volute di foglie d'acanto combinate con fiori e con modanature architettoniche che inquadrano fondi di varî colori o medaglioni con figure a chiaroscuro e paesaggi. Alla morte del Lourdet, nel 1671, la manifattura rimase alla vedova che l'anno seguente assunse nella direzione Louis Dupont, figlio del primo fondatore; ma la crisi politica ed economica della fine del secolo annullò quasi anche l'attività della Savonnerie, fino a quando l'editto di Luigi XIV, del 1712, ne procurò un risorgimento durato quasi un decennio, cui seguì una nuova decadenza, acceleratasi dopo il 1775 fino alla fine della monarchia che quasi ne interruppe la vita. Una ripresa ebbe ancora la manifattura sotto il consolato, l'impero e la restaurazione, fino a quando nel 1826 essa fu riunita a quella dei Gobelins.
La tendenza a ornamenti di effetto architettonico e severo si manifesta in tutti i tappeti europei del sec. XVIII. Il tardo barocco e il barocco francese usarono volentieri anche tappeti tessuti all'uso dei Gobelins (i cosiddetti tapis de tapisserie) che si fabbricarono anche ad Arras, a Felletin e a Tournay (cosiddetti tapis de mocades) e che erano già molto diffusi verso il 1770. Il periodo di Luigi XVI vide una prevalenza di motivi naturalistici di viticci e di fiori entro inquadrature a curve più larghe, più distanti fra loro e spesso comprese fra linee rette: l'impero coprì sempre meno di frequente i disegni dei pavimenti di legno allora in voga con tappeti che spesso ne ripetevano le composizioni. Nessun'altra nazione può vantare in quei secoli una manifattura d'importanza pari a quella della Savonnerie: non l'Inghilterra con quella settecentesca del Passavant a Exeter; non Madrid con quella ottocentesca di Santa Barbara riaperta nel 1819. Il periodo successivo vide anche nei disegni dei tappeti l'affermarsi delle tendenze naturalistiche che cercavano di predominare nella decorazione, la qual cosa, intorno alla metà del secolo, portò a composizioni di eccessivo intento pittorico del tutto inadatte alla funzione del tappeto, non meno dell'uso che pure in quel tempo apparve di decorare i tappeti con riproduzioni di soffitti barocchi o rococò o addirittura con quella dei soffitti degli ambienti a cui erano destinati. I decennî successivi segnarono una sempre maggiore meccanizzazione della fabbricazione dei tappeti: in Francia si distinguono soprattutto: Aubusson, Amiens, Abbeville, Nîmes e Beauvais, mentre Tourcoing continua quella fabbricazione di tappeti di felpa (moquettes) che vi aveva avuto inizio sino dalla restaurazione; in Inghilterra i tappeti sono già in parte stampati e le numerose fabbriche non producono nulla che abbia carattere artistico. Ha inizio da allora la produzione su larga scala d'imitazioni europee dei tappeti turchi, che dal Belgio e dall'Olanda (manifatture statali di Tourcoing e Deventer) si estese rapidamente alla Slesia, alla Germania e all'Austria. Questa voga d'imitazione orientale portò ben presto anche ad adattamento dei modelli, pure rimanendo inalterato il carattere fondamentale della produzione: solo la Francia rimase fedele ai tappeti a disegno architettonico che imita i soffitti, e in cui prevale il motivo della cornice fatta con medaglioni pieni di fiori, mentre l'Inghilterra si attiene a disegni floreali più calmi, e altrove, specie nel Belgio che è il massimo produttore, si riflettono i motivi dominanti della pittura decorativa contemporanea. Alla fine del sec. XIX soprattutto l'Austria e la Germania inseriscono nel tappeto le nuove tendenze verso una stilizzazione solo talvolta astratta di motivi naturalistici: ricchezza originale di colori è nei tappeti inglesi disegnati da Frank Brangwyn; ma la produzione è sempre più prevalentemente ottenuta con la tessitura meccanica, specie in Inghilterra, dove, più che nel Belgio e in Francia, i disegni sono ancora richiesti a ottimi artisti. Dopo la guerra mondiale, sono specialmente francesi e olandesi i tentativi di una produzione artistica originale (ad es., Pierre Bracquemond, 1920).
Accanto al tappeto artistico vero e proprio è da considerare anche il tappeto rustico, di cui l'Italia ha esempî di grande varietà e pregio. Primeggiano fra gli altri i tappeti sardi, destinati a coprire i cassoni, il cui disegno è quasi sempre costituito da un grande scomparto geometrico rettangolare, da una fascia nelle estremità e da due fregi nei lati maggiori: ricchi e vivaci di colorito quelli di Santa Giusta; semplici nei motivi ornamentali geometrici o zoomorfi accostati gli uni agli altri quelli di Flisi; più varî e più complessi nella decorazione quelli dei Morgongiori. Tappeti da tavola (ancali) sono invece di solito quelli abruzzesi già citati di Pescocostanzo, che insieme con Castel di Sangro è tuttavia il centro maggiore di questa produzione, caratteristica per le tenui tinte per lo più vegetali; mentre il luogo principale della produzione calabrese è Longobucco, che produce tappeti con disegni spesso stilizzati, ma non privi di fantasia. Fuori d' Italia, tappeti rustici si hanno, ad esempio, in Bulgaria, dove mostrano l'originalità di colorito e la ricchezza di ornamentazione caratteristiche dell'industria tessile domestica di quel paese; in Lituania, dove essi ripetono i motivi decorativi più comuni all'arte di quel paese; in Portogallo (Arraiollos, Vildemoinhos) e in Spagna, dove derivano certo dalla tradizione orientale. Da questa, invece, sono indipendenti, nonostante le somiglianze della tecnica, i tappeti rustici annodati della Svezia e soprattutto quelli della Finlandia, famosi in Scandinavia sino dalla fine del Medioevo (se ne trova menzione già nel 1495), caratteristici per il nodo piuttosto lento; mentre più probabilmente connessi all'Oriente sono quelli usatì in Bessarabia in sostituzione della decorazione murale.
Fabbricazione.
Materiale per la lavorazione dei tappeti. - Le razze ovine dell'Asia Minore, e specialmente quelle dell'Anatolia, godevano fama di ottime produttrici di lana fino dai tempi più antichi.
Nel territorio del Kirman, in Persia, una lana lucida e molto resistente si ottiene da una curiosa pecora dalla coda e dal dorso adiposi (Ovis aries steatopyga) e da capre (Capra hircus laniger) dal vello fluente e bianchissimo. La lana prodotta nel nord della Persia è piuttosto dura e spessa; quella del Khorāsān è fine e morbida; quella del Caucaso e dell'Asia centrale è lucida e robusta.
Qualche volta, per gli esemplari di maggiore finezza, si ricorre anche alla lana di agnello. La lana del cammello è usata specialmente nel Turkestān, pura o mescolata a lana di pecora o di capra, e serve anche per la catena e la trama. La seta fu usata anticamente per esemplari assai ricchi in Persia; e di seta furono pure fatte la catena e la trama. Qualche volta la superficie è di lana, e la catena di seta per consentire un'annodatura più fitta. Recentemente per la catena e per la trama, nella Persia e nell'Asia Minore, s'introdusse l'uso del cotone. Nelle regioni del Caucaso si adopera però tuttora la sola lana.
La colorazione delle lane è data dalla Rubia tinctorum, che dà un rosso mattone di diverse gradazioni, dallo zafferano selvatico che dà un giallo rossastro, dal vero zafferano che dà il giallo, dalla cocciniglia che dà il rosso carminio, dalla scorza dell'indaco che dà l'azzurro. Raramente è usato il nero, che si ricava dall'ossido di ferro. Adoperando più o meno diluiti questi colori si ottengono tutte le varietà delle tinte; per il colore bianco si adopera la lana naturale, e per alcune tonalità bruno-rossastre la lana naturale del cammello. I fili di lana sono immersi nel colore vegetale ad uno ad uno, poi sono messi ad asciugare al sole. Così, i diversi fili, quando sono asciutti, presentano gradazioni diverse. Il sistema tradizionale in moltissime località fu tuttavia abbandonato quando anche nell'Oriente si cominciò a conoscere l'anilina. I nuovi colori minerali furono dapprima adoperati nelle regioni costiere, poi si diffusero dovunque, anche se la Persia vietò, nel 1912, l'introduzione dell'anilina così liquida come solida. I danni recati dal nuovo prodotto sono assai vasti. Se i colori vegetali mantengono e conservano i fili della lana, quelli minerali, al contrario, li inaridiscono e li spezzano. Anche nei tappeti più antichi si può osservare che dove furono usate lane colorate in nero, queste sono quasi sempre scomparse. I colori minerali, inoltre, tolgono alla lana ogni freschezza, e, anche dove si procede con speciali lavaggi a renderla nuovamente lucida, non si ottengono effetti duraturi.
La produzione di tappeti anche in Oriente, fu, in molti luoghi, e specialmente nell'Asia Minore, organizzata con i criterî dell'industria moderna europea. La produzione industrializzata ha fatto perdere i pregi maggiori dei tappeti e si è giunti a scadentissimi esemplari annodati a mano, che non riescono neppure a conservare il colore.
Sistemi di lavorazione. - Il telaio usato per i tappeti ha forma rettangolare: due spesse tavole verticali, con grandi fori verso le estremità, sostengono tronchi cilindrici disposti orizzontalmente e paralleli. Ai cilindri sono fissati i fili che formano la catena, paralleli tra di loro, girati attorno al cilindro superiore, e fermati a quello inferiore. Un bastone passato orizzontalmente fra i fili della catena, e attaccato con funicelle al cilindro superiore, mantiene i fili alternati, e permette il passaggio del filo di trama da destra verso sinistra. Un secondo bastone posto orizzontalmente è allacciato ai fili della catena sottoposti al primo bastone, in modo che, tirandolo in basso, i fili allacciati si alzano e permettono il passaggio del filo di trama detto di ritorno. Nei telai per i tappeti di grandi dimensioni i cilindri in alto e in basso sono raddoppiati: l'uno serve per avvolgere i fili di trama, l'altro per avvolgere la parte di tappeto già eseguita. Nei telai di tipo più moderno, una specie di pettine serve a battere il filo della trama verso le file dei nodi. Il sistema di annodatura è di varie specie; il più comune è il nodo Ghiordes, o annodatura semplice, eseguita sul filo della catena. Il lavoro si comincia sempre nel basso e si segue, in genere, da destra verso sinistra. Nei telai grandi si mettono al lavoro più persone, una ogni settanta centimetri circa. Eseguita la cimosa (passando più volte fili di trama di andata e di ritorno), l'annodatura s'inizia lasciando liberi da nodi tre o quattro fili di catena a destra e a sinistra, i quali servono per sostenere le cimose laterali. Si passa, poi, il filo di lana guidato da un ago sotto il primo filo libero, si riporta passandolo sopra il filo successivo e lo si riconduce al primo filo. I due fili della catena saranno chiusi da questo nodo che si ripeterà nei due fili seguenti della catena, e così via, lasciando una specie di occhiello ogni due fili della catena.
Il filo di trama verrà poi ad essere compresso sulla linea dei nodi. Si tirerà in basso il secondo bastone allacciato, e si farà passare il secondo filo di trama, quello di ritorno, che andrà pure compresso.
Eseguita la prima linea dei nodi, i fili della catena appaiono allacciati a due a due, e tra questi si trova la linea degli occhielli, i quali, tagliati a metà, dànno, a tappeto ultimato, la superficie.
Questo è il tipo più semplice di annodatura: si usa il sistema di tagliare di volta in volta il filo di lana, abolendo gli occhielli.
Degli altri nodi il più usato è quello Senneh (Sennah), che si fa aggirando alternativamente i fili della catena, e lasciando gli occhielli come nel nodo Ghiordes.
Il nodo Senneh si fa cominciando tanto da destra quanto da sinistra. Il nodo Kirmān, che serve per i varî tappeti di Kirmān e del Khorāsān, si ha facendo passare il filo di lana tra i due fili della catena, avvolgendo quello di sinistra così come quello di destra, che, passando sotto a tutti e due, esce dalla sinistra tra il filo della catena e quello della lana già passata. L'annodatura si fa anche su tre fili della catena, tenendo due fili accoppiati a uno semplice, e anche su quattro fili distinti in due coppie.
Il Kilim karamani, il tappeto che si ritiene di lavorazione più antica, ha disegni lineari, distribuiti in tratti di vario spessore, disposti a linee spezzate. I colori preferiti sono gli azzurri, i rossi, i gialli, i bianchi e i verdi. Il materiale di cui sono composti è la sola lana. Tra i diversi colori esistono piccole aperture nel senso della catena, dovute al fatto che, abbandonando un colore per un altro, il filo di quest'ultimo si allaccia al filo della catena che segue. A lavoro finito il Kilim è uguale nel rovescio e nel diritto. Nel Senneh in Persia, si ottengono, con la stessa lavorazione, tappeti assai fini per la sottigliezza della catena e delle lane, di tinte piuttosto sobrie e si distinguono con il nome di Kilim Senneh, lavorati tutti in un solo pezzo. Questi ultimi sono anche eseguiti nell'Achtian e servono per le tende nuziali.
Il Sumach (Soumak) è pure eseguito su telaio; il lavoro si comincia da destra, avvolgendo a maglia il primo filo della catena con un filo di lana colorato guidato da un ago, e si procede quindi in linea orizzontale. Per mutare i colori si strappa il filo, e si lascia pendere sul rovescio. Per ogni linea di maglia si fa passare il filo di trama premendolo.
Il tappeto è liscio sul dritto; i fili lasciati lunghi nel rovescio servono a renderlo soffice, e si prestano alle riparazioni. E di origine caucasica, e si lavora tuttora nella regione di Širvan (Shirwān). È tutto di lana, ha disegni romboidali a stella nel centro, disposti con vario ordine, a volte con fioretti o figurine stilizzati. Le cornici sono ricche, con una fascia centrale che reca i motivi del campo: a volte le fasce interne e quelle esterne recano il motivo greco dei cani in corsa. I colori più frequenti sono l'azzurro, il rosso mattone e il giallo. Negli esemplari più fini , le figurine sono di colore bianco-avorio. Le frange sono lasciate abbondanti.
A Šuša, nel Caucaso meridionale, si fanno tappeti di piccolo formato con la stessa lavorazione, e sono chiamati Verne e Sile. Il primo ha disegni a linee rette, il secondo ha una caratteristica decorazione a linee spezzate nel campo.
Classificazione dei tappeti. - I tappeti orientali si distinguono in quattro gruppi principali: dell'Asia Minore e dell'Anatolia; della Persia o dell'Iran; del Caucaso; dell'Asia centrale e del Turkestān.
In commercio si trovano anche tappeti della Cina e dell'India, di fattura e di tipo del tutto moderni. Le località di origine dei tappeti dànno il nome a quelli dei diversi gruppi.
Tappeti dell'Asia Minore. - Quelli dell'Asia Minore si distinguono di solito con le seguenti denominazioni:
1. Ghiordes: da una località (Gördes) a circa sessanta chilometri a NE. di Smirne. Sono in genere tappeti da preghiera, e sono tra i più famosi per l'armonia dei colori e per i disegni. Il campo, contornato da elementi architettonici, che assume al vertice forme ogivali per rappresentare una nicchia, è di colore verde, o rosso, o azzurro, o bianco avorio. Anfore di fiori o lampade pendono dall'alto della nicchia. Le architravi recano spesso iscrizioni, le incorniciature sono date da tre fasce, la centrale più ampia, con medaglioni e motivi floreali. Spesso sono adoperate lana e seta, o seta sola. I tappeti di questo tipo dal fondo rosso sono chiamati Kisil Ghiordes e Kiss Ghiordes, o tappeti di fanciulla, e sono di piccolo formato.
2. Kaissar (Kayserï), l'antica Cesarea, quasi nel cuore dell'Anatolia, dà il nome a una specie di tappeto dall'annodatura fitta. Si tratta di una lavorazione moderna, di bell'aspetto, decorata di motivi comuni a tappeti persiani, con scene di caccia, e a quelli turchi da preghiera. Tale lavorazione si presta a falsificazioni.
3. Conia: da una città a sud di Angora, sui margini del deserto salato, dove si producono tappeti che hanno qualche analogia con gli Ushak. Il fondo è di solito di un colore rosso di tutte le gradazioni, e gli ornati sono azzurri o gialli. Il campo contiene vasi con rami di fiori e foglie stilizzati. Nell'incorniciatura ricorrono pure fiori. La superficie è rasata, ottenuta con annodature semplici. La catena e la trama sono di lana.
4. Kula. L'omonima località ad est di Uşak, lavora specialmente tappeti da preghiera che furono assai pregiati nei tempi più antichi. La loro caratteristica è data dal grande numero delle cornici decorate da piccoli motivi. Il campo è dato da nicchie rosse o azzurre o gialle, senza ornamenti o con fiori appesi simmetricamente a grossi rami, o con moschee, tombe, alberelli, disposti attorno a un ramo centrale. Questi ultimi si chiamano anche "cimiteri". In genere hanno tonalità delicate.
5. Ladik. L'antica Laodicea, oggi Ladik, diede il nome a tappeti da preghiera con il campo libero, o decorato di fiorami e vasi. Nel piano, sotto il campo con la nicchia, sono disposti scudi o rami uncinati. In qualche esemplare la nicchia del campo è sostenuta da colonnine esili. Le cornici in genere sono date da tre fasce, con medaglioni o poligoni a fiori; quella centrale è più larga. La lana della superficie appare lucida e di media lunghezza.
6. Milas. A sud di Smirne, nella città e nei dintorni di Milas, si preparano piccoli tappeti, con nicchie centrali trilobate al sommo, con cornici formate da numerose fasce. Il fondo del tappeto è generalmente rosso. I tappeti, privi della nicchia nel campo, sono divisi nel senso della lunghezza da fasce con motivi ornamentali a soggetti vegetali. Sono assai morbidi, di lana lucida.
7. Moudjur o Mujur. La località di Mucur nel centro dell'Anatolia, sul fiume Aci su, affluente del Kïzïl Ïrmak, è famosa per un tappeto chiamato Saph, o "buono per tutti": o "preghiera per famiglia", perché ha il campo diviso in più nicchie, da tre a otto, e la forma di rettangolo molto allungato, così da avere una lunghezza da m. 3 a m. 5 per un'altezza di m.1. La varietà degli esemplari è data dal diverso colore delle nicchie in confronto alle cornici rettangolari che lo comprendono. La fascia più larga dell'incorniciatura è cosparsa di fiorellini. Sui lati estremi spesso si riscontrano oltre la fenice, fasce con motivi che ricordano scudi araldici. Il nome di Moudjur è dato anche a tappeti da preghiera più piccoli, di preparazione meno accurata che non per il Saph.
8. Pergamo. Pergamo, o Bergama a nord di Smirne, diede il nome a un centro nel quale convengono popolazioni di pastori nomadi, che lavorano tappeti di tipi rimasti lungamente uguali, di colori vivaci, dove il rosso, il celeste, l'azzurro e il giallo predominano. I tappeti da preghiera hanno, al centro del campo con la nicchia, elementi floreali, e attorno fiorellini. Le cornici sono di solito decorate da disegni geometrici. Altri esemplari hanno il campo occupato da un rombo o da altre figure geometriche delimitate da segmenti uncinati che contengono motivi floreali e arabeschi. Le cornici sono ornate, alternate con motivi geometrici. La cimosa è larga, spesso ornata di fiorellini.
9. Sivas. Sïvas, nell'Anatolia, prossima al confine del Kurdistān, diede sempre tappeti pregiatissimi, dei quali non si perdette la pratica nemmeno con le invasioni turche.
10. Smirne: dà il nome a una vasta serie di tappeti a lana alta, che venivano un tempo dalle regioni circostanti alla città che ne era il più vasto centro commerciale. Nella seconda metà del sec. XIX, ebbe inizio la produzione industriale dei tappeti, un tempo specialmente ricercati nei paesi nordici. La concorrenza tra i diversi produttori portò a tipi sempre meno accurati, con la superficie ruvida e con colori di qualità scadente. In genere, i tappeti di Smirne hanno disegni larghi, a motivi floreali, nel centro spesso un medaglione, con fondi verdi, rossi e azzurri.
11. Sparta: è il nome dato ai tappeti intessuti a Isparta, località a circa trecento chilometri a est di Smirne, soffici per la lana mantenuta alta nell'annodatura fitta. I tappeti che vi si fabbricano oggi sono per lo più di gusto occidentale, e riproducono disegni con tinte sgargianti dei tappeti del Kirmān, del Serābend, del Ferāhān. La produzione originale è limitata a esemplari dove, in fondi variati, sorge nel centro un medaglione a varî colori, negli angoli, motivi ornamentali che si allungano e si allacciano sulla metà del tappeto.
12. Ushak. UŞak (‛Ushāq) è un piccolo centro dell'Anatolia, a 200 km. da Smirne, che diede tappeti famosi dal sec. XVI al XVIII. Sono distinti da grandi stelle disposte simmetricamente, da medaglioni estesi fino alle cornici, o da arabeschi di forme vegetali stilizzate, eseguiti in colori gialli, azzurri, verdi, rossi e bianchi avorio, su fondi rossi o azzurri. Le incorniciature, scarse negli esemplari più antichi, sono più spaziose in quelli del sec. XVII e XVIII, e sono ricche di forme vegetali stilizzate.
13. Gli Yōrūk sono tappeti dovuti a genti dell'altipiano anatolico, originarie del Turkestān, le quali chiamano con questo nome capanne fatte con rami d'albero intrecciati, con una porticina bassa che serve anche da finestra. Sono a motivi geometrici, segnati con colori chiari. Sul campo azzurro, rosso, verde, predominano rombi appuntiti, con motivi floreali angolosi. Hanno, in genere, una sola fascia a fondo chiaro; la lana di pecora, usata mista a quella di capra, lucida e a pelo lungo, fa i tappeti morbidi.
Tappeti persiani. - Nella Persia furono lavorati i tappeti di più squisita esecuzione e di migliore disegno. In alcuni esemplari l'annodatura a mano è giunta a dare persino un milione di nodi in un metro quadrato. Ancora oggi si producono esemplari finissimi, anche se non è più possibile che famiglie di lavoratori impieghino interi anni per eseguirli. In generale la catena e la trama sono eseguiti con fili di cotone. A volte la catena è di fili serici.
La superficie è ottenuta di solito con lana di pecora, pura o mescolata con lana di cammello o di capra, alla seta. Qualche volta si ricorre alla sola seta. Delle località in cui si fabbricano i tappeti, con un ritmo che l'industrializzazione moderna ha accresciuto di molto, ricordiamo i principali:
1. Afshār, nella provincia di Shīrāz, ha una produzione di tappeti piuttosto scadenti, di colori vivaci su fondo generalmente azzurro. Il campo è decorato a rombi, come in genere quelli di tutta la regione. La catena e la trama, nella provincia di Shīrāz, sono in cotone.
2. Bakhtiyārī: dal nome dei Bakhtiyārī (v.); si chiamano così tappeti con il campo diviso in riquadri, ognuno dei quali reca alberi fioriti, vasi con pianticelle, alberi della vita, ecc. I colori del fondo, diversi in ogm comparto, sono assai più vivaci di quelli della decorazione. L'incorniciatura è data da più fasce; qualcuna reca iscrizioni.
3. Bīgīar, nella regione del Kurdistān, dà tappeti che sono stimati i più resistenti e pesanti della produzione persiana. Alcuni esemplari raggiungono il peso di kg. 6 per mq. Così riescono assai rigidi per i nodi serrati e i fili della trama ben compressi. Sono in genere scuri, a disegni minuti, disposti senza simmetria su fondi bruni, azzurri, rosso mattone. Recano nel centro romboidi a fondo chiaro racchiuso in linee nere e, nel campo, contengono ramoscelli angolosi fioriti. I quattro angoli sono sbarrati da rette, e racchiudono motivi ornamentali. Nella fascia principale del contorno sono disposti mascheroni, scudi e fiori. La frangia è intrecciata.
4. Giūshegān, località a nord di Iṣpahān, sull'altipiano iranico, fu, fino alla metà del sec. XIX, un centro in cui si produssero preziosi tappeti. Vi si lavorano ancora tappeti a fondo rosso e azzurro, con il campo cosparso di fiorellini, e scudi simmetrici.
5. Ferāhān un vasto distretto della Persia con la capitale Sulṭānābād, dove si lavorano tappeti di vasta fama, che si distinguono per fini disegni minuti e varî sparsi su campi rossi, azzurri o di un bianco avorio, e raramente verde. I disegni sono ispirati per lo più a forme vegetali, a volte legati da linee diagonali, con un gusto raffinato e armonioso, e sono chiusi da fasce, delle quali quella centrale ripete lo stesso motivo del campo. A volte il campo è segnato da una fascia con le punte rivolte verso l'interno, di un colore diverso da quello del fondo. La catena e la trama sono di cotone, e la superficie è di lana rasata. I fili della frangia, nel lato dove s'iniziò la lavorazione, sono intessuti, mentre sono liberi sul lato opposto. I nodi sono assai serrati.
6. Ghiöravān o Göravān, nella provincia dell'Āzerbāigiān, produce tappeti lavorati in modo grossolano, di colori grati e di disegni larghi. Questi tappeti, ornati da rombi con barre riportate agli angoli, hanno la catena e la trama di cotone, la superficie rasata. Non hanno cimosa: il filo della trama passa due volte; uno è teso e l'altro è lento. Sono, in genere, di grandi dimensioni.
7. Heris, villaggio presso Ghiöravān, dà tappeti simili ai precedenti, ma di lavorazione più accurata.
8. Hamadān, che sorge sulle rovine dell'antica Ecbatana, produce tappeti quasi esclusivamente lavorati con pelo di cammello adoperato anche nel suo colore naturale, un po' ruvidi, dalla superficie non molto rasata, e resistentissimi, salvo dove è usata la lana naturale di cammello. Il colore predominante è il bruno rosso, gli altri colori sono sobrî. Al centro, di solito, figura un rombo chiuso da sbarre trasversali o da punte allungate terminanti in altri rombi: disegno spesso riportato in quarto agli angoli. Spesso il campo centrale, in tinta unita, è sparso di piccoli fiori e di figurine stilizzate. Delle fasce dell'incorniciatura, la prima è quasi sempre del colore della lana del cammello.
9. Qarādāgh, al nord della Persia, confinante con l'Armenia, e ora politicamente appartenente alla Transcaucasia, diede un tempo i cosiddetti "tappeti armeni", dove i disegni geometrici s'intrecciano a motivi floreali e draghi stilizzati; l'incorniciatura è a due fasce assai strette con catena e trama di lana. Gli stessi disegni si adoperano tuttora, su campi rossi, azzurri o bruni. Sono solidi, rasati, in formati oblunghi (m. 2 x 4,50), adatti per passatoie.
10. Kāshān, tra Iṣpahān e Ṭeherān, dalla quale, secondo la leggenda, partirono i Magi, fu sede, nei secoli XVI e XVII, di manifatture nelle quali si lavorarono tappeti tessuti in lana e seta, con fili d'argento e oro per gli scià. Anche quelli moderni sono pregiatissimi per finezza di lavorazione e di disegno. Di solito recano rami fioriti, che si dipartono dal medaglione centrale a fiori, e uccellini. I colori sono armoniosi, chiari su fondi più scuri.
11. Kirmān, provincia del sud-est della Persia, diede, fino dal secolo XVIII, una produzione accurata e signorile. I disegni, composti da un medaglione polilobato al centro, e ripetuto in quarti agli angoli, o da rami fioriti, o da alberelli fioriti e carichi di uccelli, giungono a dare i cosiddetti "tappeti figurati", con rappresentazioni complesse di leoni, tigri, serpenti e altri animali e fiori. I colori più usati sono l'azzurro, il rosso, il verde, il giallo dorato. La lana di capra predomina e rende lucida la superficie.
12. Khorāsān, l'antica arida regione dei Parti, produce tappeti che si distinguono per la grande ricchezza delle fasce, ornata in modo diversissimo, che incorniciano campi bianchi o a varî colori. L'annodatura è compatta (da 1500 a 5000 nodi al dmq.), la superficie rasata è soffice, specialmente negli esemplari più piccoli, che hanno anche i nodi più minuti.
13. Maḥialla, presso Sulṭānābād, se diede, nei secoli scorsi, tappeti ricercati per l'armonia dei colori sobrî, con disegni simili a quelli del Ferāhān, nei tempi moderni ha una produzione affrettata con motivi ornamentali varî, di grandi fiori, o di scudi allacciati su fondi azzurri, o rosso bruni di diverse gradazioni. La catena e la trama sono di cotone, i nodi di lana di pecora.
14. Meshhed, capitale del Khorāsān, dov'è sepolto ‛Alī Rizā, l'8° dei dodici imām degli Sciiti, dà tappeti pesanti e soffici di lana finissima, alcuni di tinte vivaci, altri di tonalità sobrie. Spesso il campo è decorato da fiori di loto, di rose, di primule, di palmette, o da rami carichi di fiori. Vi sono esemplari con un medaglione centrale, spesso a stella, riportato negli angoli. Il fondo è azzurro in varie gradazioni, oppure in bianco avorio. Le incorniciature, nella fascia più larga, ripetono i motivi del campo.
15. Mīr sono chiamati comunemente i tappeti lavorati ad Aḥmadābād e a Mīrābād, e si considerano come i migliori dell'Īrān. Hanno un disegno costante di palmette, di colore rosso scuro su fondo azzurro, o con i colori invertiti. Ogni palmetta è poi decorata di motivi minori. La fattura è simile a quella dei Ferāhān. Hanno bellissime incorniciature a molte fasce sottili.
16. Mosul è il nome che si dà comunemente a un gruppo di tappeti lavorati non nella città omonima, ma da nomadi del Kurdistān. Sono grossolani, ornati di fiori stilizzati, riuniti da linee rette, alcuni con figure geometriche che recano un fiore nel centro. I colori sono oscuri. I vecchi Mosul sono robusti; i moderni sono eseguiti con lane scadenti.
17. Mushkābād, distretto del Ferāhān, fornisce tappeti dal fondo rosso mattone o azzurro chiaro, con disegni minuti floreali. La lana è tenuta alta, la catena e la trama quasi sempre eseguite con fili azzurri di cotone, l'annodatura è fatta a due mani..
18. Sārūq, già capoluogo del Ferāhān, dall'ultimo ventennio del secolo XIX, produce tappeti lavorati finemente a piccoli fiori di annodatura Sennah compatta. Il filo di trama è passato una volta teso e una lento; ogni dieci o dodici fili di nodi la trama passa tre volte: il primo e il terzo filo sono tesi, il secondo è lento.
19. Sennah (Siḥneh), nel Kurdistān, per la scelta del materiale, per l'uso dei colori vegetali, per la fattura accurata, dà tuttora esemplari ottimi. Il fondo sul quale sono disposti motivi floreali a tinte delicate, è di colore rosso robbia, o azzurro, o bianco avorio. In molti esemplari gli angoli sono sbarrati; quasi sempre le fasce dell'incorniciatura sono di minutissimi disegni.
20. Serābend distretto del Ferāhān, produce tappeti simili ai Mīr, a volte anche con fiorellini minuti nel campo.
21. Shīz (Sciraz), capoluogo del Fārsistān, dà il tappeto più usato e più comunemente noto. Gli esemplari antichi appaiono veramente nobili per la superficie rasata e i colori tenui. I disegni sono svariatissimi, con frequenti linee rette diagonali e figurazioni stilizzate di animali, spesso distribuite in uno o più rombi del campo centrale. La produzione moderna è trascurata, i colori sono vivaci. I disegni delle fasce laterali ripetono motivi del centro. Gli Sciraz hanno la trama e la catena di lana. La frangia, attaccata a una cimosa, è sciolta su due lati.
I due lati maggiori hanno un grosso cordone avvolto di fili di lana, al quale spesso sono attaccati piccoli fiocchi con i colori del tappeto, da usarsi per le eventuali riparazioni.
22. Tebrīz, capoluogo dell'Āzerbāigiān, dà tappeti che recano nel centro medaglioni a stella o a scudi richiamati agli angoli, e incorniciati con larghe fasce. Spesso sono figurati con animali e fiori o con motivi diversi.
23. Ṭeherān è il nome dato a tappeti di produzione modernissima che si lavorano nella capitale della Persia. Questi sono di fattura fine, con annodatura compatta, solidi, superficie rasa, di disegni svariatissimi ripresi da motivi persiani. I colori del fondo sono l'azzurro, il rosso mattone, il bianco avorio antico e il verde pallido, bene armonizzati con i disegni.
24. Turk-kaff è il nome dato alla lavorazione a nodo turco, eccezionale nel Khorāsān, dove si usa di solito il nodo Sennāh.
Tappeti caucasici. - Hanno tutti una fedeltà quasi assoluta di disegni geometrici tradizionali, con animali e fiori stilizzati e tinte vivaci e gaie. Sono prodotti dalle popolazioni nomadi della regione caucasica meridionale. La distinzione fra i diversi tipi è minima: quasi tutti hanno la catena e la trama di lana. I formati sono diversissimi, e tra questi vanno compresi quelli detti passatoie, corsie o gallerie:
1. Dāghestān, regione verso il Caspio, dove si lavorano tappeti a disegni geometrici disposti simmetricamente. Spesso il campo è occupato da segmenti obliqui con motivi vegetali stilizzati.
2. Derbend è il centro commerciale dei tappeti lavorati nelle montagne del Caucaso, dove è pure frequente la lavorazione del Sumākh. Il tappeto del Derbend è grossolano, con disegni geometrici irregolari, ad annodatura grossa.
3. Gangiah, ossia Elisabetpol, dà il nome a tappeti che assomigliano a quelli dello Shirwān, con la superficie meno rasata, e di piccolo formato.
4. Kabristān, località del Dāghestān, produce tappeti simili a quelli dello Shirwān, con una maggiore ricchezza di motivi ornamentali; alcuni tappeti sono detti Seikur, e in questi l'incorniciatura è costituita da due fasce, delle quali quella esterna porta il motivo greco dei cani in corsa.
5. Qarābāgh (Harabach), provincia caucasica che s'incunea nella Persia, dà tappeti nei quali i tessitori usano motivi vegetali, e rosoni, con le stilizzazioni geometriche care alle genti caucasiche. Il campo è, di solito, rosso scuro, azzurro o avorio, e comprende spesso un medaglione romboidale a motivi floreali o animali stilizzati. Le fasce dell'incorniciatura riportano elementi del campo. In questa regione, nel sec. XVI, esistevano manifatture al servizio della corte di Tebrīz.
6. Kasak (Qazāq) è il nome che si dà ai tappeti lavorati dai nomadi del Caucaso meridionale. Questi si distinguono per i poligoni regolari che ornano il campo seguendosi, o distribuiti attorno a uno centrale maggiore. Spesso appaiono nel campo, come nelle fasce, figurine umane stilizzate. Nei vecchi esemplari appare spesso il motivo dello Tsi.
7. Qūba, piccola città a sud di Derbend, dà la migliore produzione caucasica; i suoi tappeti rispondono del tutto a quelli dello Shirwān. Sono lavorati con nodi minuti e ottime lane.
8. Shirwān dà il nome a tappeti di un carattere geometrizzante anche nelle stilizzazioni di piante, di fiori e di animali. I colori sono vivacissimi e bene armonizzati. Il campo reca stelle a più punte o poligoni su fondi ornati. Spesso le incorniciature sono ridotte a una sola fascia. Hanno caratteristiche simili i tappeti lavorati nelle steppe del Mōgān, o nel Tālish.
Tappeti dell'Asia centrale. - La regione del Turkestān è abitata da popolazioni sedentarie dalle quali i tappeti sono lavorati con molta cura e secondo tipi tradizionali che si mantengono invariati. Qualche parte di questa produzione, come quella del Bokhārā è universalmente nota. I tappeti del Turkestān sono tutti eseguiti con lane fini di capra e di cammello: la catena e la trama sono di lana:
1. Afghān: i tappeti lavorati presso i confini dell'Afghānistān sono caratteristici per la decorazione a poligoni, ottagoni o esagoni, disposti in file parallele e congiunti da poligoni minori. Nei poligoni sono contenuti elementi a quattro lati o motivi geometrici. Il colore è generalmente rosso di svariate gradazioni; i disegni sono dati da grosse linee scure. L'incorniciatura è intonata con il campo.
2. Belūcistān, è il nome di tappeti eseguiti nel Turkestān, e non hanno relazione con lo stato omonimo. Su fondo azzurro o rosso bruno sono segnati con colori più scuri i contorni di figure geometriche, spesso con motivi sparsi asimmetricamente. L'incorniciatura è data di solito da tre fasce. Spesso si trova usata anche la lana di cammello nel colore naturale.
3. Bokhara (Buchara), capitale del già khānato omonimo, fu segnalata da Marco Polo come produttrice di tappeti. Introdotti in Europa con larga abbondanza poco dopo la metà del sec. XIX, si diffusero rapidissimi. Purtroppo la produzione commerciale ha reso sempre più rari gli esemplari migliori di colore rosso, scelto in gradazione luminosa, decorati di ottagoni o di esagoni simmetrici legati da motivi geometrici. Il motivo bianco contenuto nel poligono dà l'impressione di un'aquila ad ali aperte. È eseguito tutto in lana; per qualche esemplare di maggior lusso si usa anche la seta. L'annodatura Sennah (da 1500 a 7000 nodi per dmq.) riceve due volte il filo della trama per ogni filo di nodi. Si conoscono anche fasce o bande, larghe fino a 20 metri, tutte ornate di disegni diversissimi in rilievo e con lunghe frange.
4. Bešir (Beshīr), sono detti dal villaggio di Bekšelar nel Buchara, tappeti di tipo affine, con piccoli motivi floreali, o con caratteristici portali ad angolo acuto di colore giallo o rosso, ornati di motivi floreali in fondi azzurri; le incorniciature sono a piccoli motivi geometrici.
5. Khīva, capoluogo del già khānato omonimo nel Turkestān, produce tappeti che hanno, come caratteristica, il campo dato da un rettangolo violetto scuro con gli stipiti e l'architrave segnati in bianco. Le incorniciature, in alto e ai lati, formano gli elementi architettonici; in basso, con motivi floreali, dànno la rappresentazione di un giardino. Il violetto scuro si dice che sia un ricordo della porpora. È eseguito con lana di capra e di pecora mista, bene annodata.
6. Yomūd, distretto del Turkestān, dà il nome a tappeti di fondo russo csn riflessi violetti, ornati di poligoni allungati disposti simmetricamente; i disegni eseguiti in molti colori sembrano intrecciati. La superficie è lucida, assai rasata; l'annodatura Ghiordes è compatta.
7. Samarcanda (Samarqand), è ben lontana dal produrre i tappeti che dava nel Medioevo, ma dà ancora esemplari di molto pregio, anche se di tipo commerciale. Sono decorati con elementi floreali di gusto diverso o mongolo entro medaglioni con variatissime combinazioni di colore. Nelle fasce dell'incorniciatura ricorrono rami di fiori e la greca.
8. Tekke, nome di una popolazione del Buchara, che lavora quasi esclusivamente a modo di tappeti quei rivestimenti di bisacce, che sono usati dai popoli occidentali come cuscini. Da questo uso presero anche il nome di Yastik, che presso i Turchi significa appunto cuscino.
Tappeti europei. - Tutte le nazioni europee fabbricano ora dei tappeti, pur non ricorrendo, che per eccezione, ai sistemi orientali. In genere si ricorre alla mocchetta, lavorata in modi assai diversi con l'ordito di velluto.
In Italia Vittorio Ferrari tentò per primo nel 1900 di ricorrere all'annodatura a mano, e la sua prima produzione servì per le carrozze ferroviarie della Casa reale italiana. Il tappeto annodato a mano fu poi ripreso da altre aziende industriali. Varie regioni hanno prodotto tappeti tipici: così la Valtellina ha i pezzotti, Città di Castello produce i frazzati; tappeti rustici, notevolissimi per disegni tradizionali, si fabbricano in Umbria, negli Abruzzi, in Calabria, in Sardegna. Sono sorte a Rodi, a Clino e a Sili, per iniziativa del governo italiano, fabbriche nelle quali si lavora il tappeto d'Oriente nei più svariati tipi. In Italia si lavora anche il tappeto su telai meccanici. Le fabbriche più notevoli si trovano a Torino e a Borgosesia. (V. tavv. XLIX-LIV e tav. a colori).
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