tardo antico
Termine adoperato per indicare il periodo che dagli ultimi secoli di vita dell’impero romano giunge a comprendere anche la prima fase dei regni romano-barbarici in Occidente e dell’impero bizantino in Oriente. La percezione della presenza, nella storia imperiale romana, di elementi significativi di novità prima ancora delle invasioni barbariche affiora già nelle opere di storici del Settecento e dell’Ottocento (E. Gibbon; J. Burckhardt), ma a introdurre il concetto fu lo storico dell’arte A. Riegl, per spiegare le profonde differenze formali che cominciano a essere individuabili, in campo artistico, già a partire dal 3° secolo. Sin dalle sue prime definizioni, il concetto di t. viene messo in relazione non tanto con vicende politico-militari ben determinate, quanto con la diffusione di certi elementi culturali e di alcune innovazioni materiali: il discrimine tra antichità e tarda antichità è stato di conseguenza individuato, di volta in volta, in una serie articolata di fenomeni, tra cui l’abbandono delle concezioni figurative ellenistiche, il trionfo dell’idea della cristianità dell’impero, lo sviluppo di una burocrazia articolata, la nuova canonizzazione del diritto, l’affermazione del libro in forma di codice. Queste riflessioni hanno comportato una trasformazione radicale nel modo di intendere un lungo periodo, inteso non più come una progressiva decadenza culminante nei secoli «bui» del Medioevo, ma come un’epoca caratterizzata da morfologie e caratteristiche autonome e segnata da acquisizioni durevoli nella storia dell’Occidente. In quanto basata sulla penetrazione nella società romana di elementi culturali, la periodizzazione del t. non è univoca. Riegl faceva coincidere l’inizio del t. con l’età di Costantino; R. Bianchi Bandinelli individuava il momento di rottura con i canoni del passato nella prima età tetrarchica, pur riconoscendo le radici della nuova sensibilità già nel 3° sec.; molti storici contemporanei hanno proposto talvolta una periodizzazione più alta e dai confini molto ampi: l’inizio del t. viene fatto corrispondere con l’età di Commodo e dei Severi e la sua durata viene prolungata ben oltre il crollo dell’impero d’Occidente, fino ai secoli del pieno Medioevo. È stato così messo in discussione il valore periodizzante di eventi dal forte impatto simbolico – il crollo dell’impero d’Occidente – e si è avviata una revisione di quelle che parevano certezze storiografiche, come l’idea che il dominio longobardo costituisse una frattura nella storia d’Italia, ma al prezzo di una dilatazione eccessiva della nozione, che ha rischiato di venire a configurarsi come un contenitore indistinto. Di fronte a questa «esplosione di t.» (A. Giardina) si è avvertita perciò la necessità di recuperare i motivi essenziali che hanno portato alla teorizzazione del concetto, ossia l’individuazione di un periodo della storia romana caratterizzato dalla coesistenza di elementi propriamente «antichi» e di caratteri nuovi, che lo distinguono dall’epoca precedente e giustificano l’uso dell’aggettivo «tardo» su base non cronologica ma più propriamente qualitativa.
Si veda anche La fine del mondo antico