tariffa
Prezzo fissato dal settore pubblico, diverso da quello che si originerebbe in base alle normali logiche di mercato. La ragione della presenza di t. è da ricondursi alla volontà di evitare le storture dovute a un regime monopolistico (in particolare a restrizioni nella produzione), di garantire l’accesso a taluni beni e servizi considerati meritori, oppure di esercitare un maggiore controllo su determinati settori, come per es. quelli che possono condizionare lo sviluppo dell’economia nazionale.
In presenza di monopolio (➔), l’imprenditore razionale fissa un prezzo maggiore rispetto a quello efficiente che si determina in equilibrio di lungo periodo in concorrenza perfetta, con una limitazione della produzione. Questa circostanza, che genera un fallimento del funzionamento del mercato, è inevitabile in caso di monopolio naturale e i costi medi e marginali sono permanentemente decrescenti. Tale fattispecie emerge quando le spese di impianto sono particolarmente rilevanti rispetto ai costi variabili, nel caso delle reti in cui i costi sono irreversibili (➔ sunk cost) e, una volta realizzata l’infrastruttura (per es. linee telefoniche, autostrade, rete elettrica), il volume del traffico in transito ha un’influenza trascurabile sulle spese di gestione e manutenzione. Una seconda impresa è in questo caso scoraggiata dal fare ingresso su quel mercato, dal momento che il volume di traffico che potrebbe contendere al monopolista difficilmente garantirebbe flussi in grado di ripagare la costruzione di una seconda rete (per es. una rete elettrica parallela alla prima). In tale circostanza il monopolio non è contendibile (➔ contendibilità) e lo Stato può intervenire con due differenti modalità: appropriarsi della rendita da monopolio, riscuotendo di fatto un’imposta sul consumatore di quel bene o servizio, oppure farsi carico dell’inefficienza del mercato, fissando il prezzo a un livello inferiore. La seconda ipotesi non prevede il ricorso esclusivo alla produzione pubblica del bene o servizio in questione; infatti, t. che riducano le rendite da monopolio possono essere imposte per legge anche a imprese private (pur garantendo il profitto ‘normale’).
La fissazione della t. rende necessaria un’accurata analisi dei costi industriali, non sempre facile da realizzarsi, in ragione delle asimmetrie informative tra regolatore (chi fissa i prezzi) e regolato (il produttore). In ogni caso possono venire a determinarsi 3 differenti livelli tariffari, a seconda che il prezzo imposto sia compreso tra il prezzo efficiente e quello del monopolista, pari a quello efficiente, oppure inferiore a quest’ultimo. Il primo caso si ha quando lo Stato intenda conseguire un extraprofitto (➔) per indennizzare eventuali soggetti penalizzati dalla produzione di un determinato bene o servizio (per es. nella costruzione di una rete idrica cittadina che comporti una riduzione della fertilità dei terreni della campagna circostante). Il secondo caso risponde invece alla necessità di conferire all’impresa pubblica i giusti incentivi alla gestione efficiente, evitando che l’assenza di profitto possa fornire un alibi per politiche di spreco o per un regime di prezzi difforme da quello voluto dalla classe dirigente. Il terzo caso configura una perdita per l’impresa, che in talune situazioni può essere inferiore all’aumento di benessere per la collettività, ragione per la quale lo Stato potrebbe consentire di finanziare quella perdita in maniera del tutto estranea al consumo del bene o del servizio prodotto, per es. attraverso una tassa sul reddito.
Una seconda soluzione per compensare eventuali perdite consiste nel fissare t. a prezzi molteplici. Per es., le rendite derivanti dalla vendita dei servizi di prima classe possono sussidiare la t. agevolata di seconda classe che facilita l’accesso al trasporto pubblico per la collettività. In altri casi, si prevedono t. in due parti, composte da una componente fissa, necessaria per accedere al servizio, e una variabile correlata al consumo. In base a questo principio, in passato erano fissate le t. della telefonia.