Tariffe aeroportuali: la nuova disciplina
La dir. 2009/12/CE intende fornire un sistema comune per la regolamentazione dei diritti aeroportuali in quegli aeroporti, presenti nei paesi dell’Unione Europea, il cui volume di traffico commerciale annuo superi la soglia minima di cinque milioni di movimenti passeggeri ed in quelli che, in ciascuno stato membro, abbiano il maggior traffico passeggeri. Sulla base di apposita previsione di delega contenuta nella legge comunitaria del 2009, il Governo ha predisposto uno schema di decreto legislativo per dare attuazione alla direttiva ed ai principi comunitari di non discriminazione, di trasparenza e di consultazione periodica, prevedendo, per i soli aeroporti sotto soglia però la determinazione di un sistema dei diritti aeroportuali competitivo e scaturente dal confronto tra i due soggetti principali del contesto aeroportuale, ovvero gestore ed utente, sotto il controllo dell’Autorità di vigilanza, individuata nell’ENAC, ma tale decreto non è stato approvato nel termine di durata della delega al Governo.
La dir. 2009/12/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 11.3.20091 concernente i diritti aeroportuali obbliga l’ordinamento italiano a predisporre un sistema normativo idoneo a recepire i principi in essa fissati. Le previsioni della direttiva costituiscono un quadro generale volto a stabilire principi da osservare nella determinazione e nella riscossione di quelli che possono essere definiti i proventi della gestione aeroportuale. Il ricorso allo strumento della direttiva, in luogo del regolamento, consente agli ordinamenti nazionali di tradurre nella forma ritenuta più opportuna le previsioni comunitarie2. La direttiva riguarda la regolamentazione dei cosiddetti diritti aeroportuali in senso stretto, ovvero gli importi pagati dagli utenti dell’aeroporto al gestore per l’utilizzo delle infrastrutture e dei servizi forniti esclusivamente dal gestore stesso e connessi all’atterraggio, decollo, illuminazione e parcheggio degli aeromobili ed alle operazioni relative a passeggeri e merci (art. 2, punto 4). Tale precisazione ha consentito di circoscrivere l’ambito di applicazione dei principi comunitari della direttiva al quale rimangono estranei: a) i proventi conseguiti dal gestore nello svolgimento di attività propriamente commerciali; b) i diritti riscossi per la remunerazione di servizi di navigazione aerea di rotta e terminale ai sensi del reg. CE n. 1794/2006; c) i diritti riscossi a compenso dei servizi di assistenza a terra (handling aeroportuale) di cui all’allegato della dir. 96/67/CE; d) i diritti che il vettore è chiamato a riconoscere in favore del gestore aeroportuale per l’assistenza dal medesimo dovuta alle persone disabili o con mobilità ridotta di cui al reg. CE n. 1107/2006; e) i diritti per l’apprestamento delle misure di sicurezza per fronteggiare gli atti di illecita interferenza contro l’aviazione civile disciplinati dal reg. CE n. 300/20083. Ai fini del recepimento della direttiva in esame, il cui termine comunitario di trasposizione ed esecutività era fissato al marzo 2011 (di qui l’avvio di una procedura di infrazione comunitaria) l’ordinamento italiano ha predisposto, ai sensi dell’art. 39 l.4.4.2010, n. 96, recante disposizioni per l’adempimento degli obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia alle Comunità Europee cosiddetta «legge comunitaria 2009», che delega il Governo ad adottare decreti legislativi di attuazione delle direttive indicate nell’allegato B della medesima legge, uno schema di decreto legislativo. Tuttavia, quest’ultimo non è stato emanato in tempo utile (8.10.2011 termine di dodici mesi dalla data di entrata in vigore della legge comunitaria più il bonus per legge di 90 gg. a tutela del parere delle Commissioni parlamentari). Lo schema di decreto di attuazione, individuata specificatamente la tipologia dei diritti aeroportuali non soggetti alla normativa comunitaria, corrispondenti alle ipotesi sopracitate, ritenendo il regime vigente comunque conforme alla disciplina comunitaria, prevedeva, all’art. 6, co. 1, per gli aeroporti aperti al traffico commerciale con un volume di traffico superiore alla soglia dei cinque milioni di passeggeri annui l’applicazione del vigente regime, sia regolatorio che autorizzatorio, di cui all’art. 11 nonies del d.l. n. 203/2005 convertito con modificazioni nella l. 2.12.2005, n. 248 e all’art. 17, co. 34 bis, d.l. 1.7.2009, n. 78 convertito con modificazioni nella l. 3.8.2009, n. 102 (contratti di programma in deroga per gli aeroporti sopra la soglia di traffico degli 8 milioni di passeggeri annui, dunque i sistemi aeroportuali di Roma, Milano, Venezia). Per gli aeroporti con traffico annuo sotto la soglia minima dei cinque milioni di passeggeri era prevista la possibilità di applicare il regime regolatorio indicato per gli aeroporti con traffico annuo superiore ai cinque milioni di passeggeri o regimi semplificati del modello price cap, previa approvazione dell’Autorità di vigilanza per la definizione dei livelli tariffari da sottoporre direttamente a pubblica consultazione, ma comunque un regime autorizzatorio semplificato.
1.1 Evoluzione del quadro normativo di riferimento
I fondamentali del quadro giuridico italiano in materia di regolazione tariffaria aeroportuale, nel quale sopravvivono e si incontrano diverse fonti normative (normativa primaria, decreti ministeriali, deliberazioni CIPE, strumenti programmatori e convenzionali), può essere sinteticamente riassunto nelle seguenti principali norme, in relazione alle quali emergono evidenti profili di criticità con riferimento sia alla regolazione delle tariffe e delle sue modalità di definizione, sia ai sostanziali ritardi nell’implementazione del regime di concessione, sia infine alla sovrapposizione di regole nell’ambito della medesima materia. I diritti aeroportuali vengono previsti a favore del gestore aeroportuale dalla l. 5.5.1976, n. 324 per quanto attiene all’imbarco dei passeggeri, al decollo, all’atterraggio, alla sosta o al ricovero degli aeromobili negli aeroporti aperti al traffico aereo civile. In concreto, la determinazione dei diritti aeroportuali è demandata ai decreti ministeriali (Infrastrutture e trasporti, Economia e finanze), che ogni anno dovrebbero essere emanati, tenendo conto oltre che delle dimensioni del traffico anche della qualità e della quantità dei servizi offerti con riferimento inoltre alle esigenze di recupero dei costi con l’obiettivo dell’efficienza e dello sviluppo delle infrastrutture aeroportuali4. Nella cornice data dalla l. 5.5.1976, n. 324, in tema di determinazione dei diritti di approdo, di partenza e di sosta o ricovero per gli aeromobili e di imbarco per i passeggeri, sono stati inseriti nel tempo atti di natura diversa:
a) deliberazione CIPE5 n. 86/2000: introduzione del regime di tariffazione «price-cap» (variazione massima annuale della misura dei diritti aeroportuali, della tassa di imbarco e di sbarco delle merci trasportate per via aerea, dei corrispettivi per i servizi di sicurezza da fissare per un periodo di tempo da tre a cinque anni), con fissazione del tasso di variazione minima annuale dei corrispettivi in funzione del tasso di inflazione programmato dell’aumento della produttività, della necessità di investimenti, degli obiettivi di qualità e di tutela ambientale e del raggiungimento di standard europei, conformemente a quanto stabilito nei contratti di programma stipulati con l’ENAC. Tale deliberazione poneva a carico dei gestori aeroportuali un obbligo di separazione contabile, tra attività eseguite in un regime di monopolio e quelle invece svolte in un regime di concorrenza, con attribuzione al Ministero dei trasporti, al Ministero delle finanze e all’ENAC del potere di vigilare sulla concreta attuazione dell’obbligo di separazione contabile e sulla determinazione dei costi dei singoli servizi forniti dal gestore. L’applicazione di detta deliberazione ha incontrato tuttavia numerosi ostacoli per la complessità dell’iter in essa disciplinato;
b) art. 2, co. 11, l. 24.12.2003, n. 350: previsione di un’addizionale comunale con relativi incrementi da applicare sui diritti d’imbarco dei passeggeri in partenza con voli dall’Italia con assegnazione dei relativi importi, in percentuale, ai Comuni. Finanziamento di misure di sicurezza negli aeroporti e nelle stazioni ferroviarie di maggiore rilevanza nonché previsione di un Fondo speciale atto a sostenere il reddito, l’occupazione, la riqualificazione del personale addetto al trasporto aereo;
c) d.l. 30.9.2005, n. 203 convertito con modificazioni in l. n. 248/2005: disciplina di un nuovo quadro di regolazione tariffaria dei diritti aeroportuali per i ricavi complessivamente pari al 50% mantenendo fermo tuttavia l’iter amministrativo già tracciato con la deliberazione CIPE n. 86/2000. All’art. 11 nonies della normativa esaminata si stabilisce che la misura dei diritti aeroportuali per ogni aeroporto sia parametrata a criteri indicati dal CIPE, con decreti del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e del Ministero dell’Economia e delle Finanze, con indicazione della misura massima annuale della variazione applicabile agli stessi diritti aeroportuali. Tuttavia, dette disposizioni innovative hanno inciso negativamente sui conti dei gestori aeroportuali tanto da averne ridotto la capacità di investimento. La legge richiamata, pur mantenendo il meccanismo di price-cap, introduce anche il concetto di single-till che consiste nel considerare, nella determinazione delle tariffe, i profitti conseguiti dai gestori aeroportuali dallo svolgimento di attività non essenziali a quella aviatoria (bar, negozi di abbigliamento e di articoli da viaggio). Si prevede infine una semplificazione delle procedure di quantificazione e di determinazione dei diritti aeroportuali con esclusivo riferimento a quelli relativi ad aeroporti con un traffico inferiore alle seicentomila unità di passeggeri;
d) deliberazione CIPE n. 38/2007: adottata per dare attuazione alla l. n. 248/2005 ed abrogativa della deliberazione CIPE n. 86/2000. Approvazione del documento tecnico allegato, «Direttiva in materia di regolazione tariffaria dei servizi aeroportuali offerti in regime di esclusiva»6. Reintroduzione delle tariffe differenziate in base alle fasce orarie, confermando il principio del «single till» già in uso presso altri aeroporti europei quali ad esempio quelli del Regno Unito con ciò modificando il precedente sistema di «dual-till» che non teneva conto di tali margini che venivano integralmente lasciati nella disponibilità dei gestori aeroportuali;
e) deliberazione CIPE n. 51/20087: modifica in minima parte la deliberazione CIPE n. 38/2007 prevedendo, conformemente al parere della Conferenza unificata Stato – Regioni ed autonomie locali, la partecipazione delle Regioni nella stipulazione dei contratti di programma, relativi agli aeroporti di loro interesse, e quindi di incidere nella determinazione delle tariffe;
f) linee guida ENAC applicative della direttiva in materia di regolazione tariffaria dei servizi aeroportuali offerti in regime di esclusiva, approvate con d.m. n. 41/T del 14.02.008 del Ministero dell’Economia e delle Finanze e dei Trasporti e con d.m. 10.12.2008;
g) i contratti di programma: essi rappresentano lo strumento per mezzo del quale concedente e concessionario determinano: 1) piano di ammortamento e di ampliamento delle infrastrutture aeroportuali da attuare nel quadriennio di vigenza del documento contrattuale; 2) individuazione degli obiettivi di qualità, di tutela dell’ambiente e di efficienza imposti al gestore; 3) dinamica tariffaria che nel periodo specificato nel contratto garantisce al concessionario sia l’integrale copertura dei costi sostenuti sia la giusta remunerazione per il capitale investito;
h) d.l. n. 78/2009 convertito con modificazioni nella l. n. 102/2009: possibilità per l’ENAC di stipulare contratti di programma con i gestori aeroportuali con traffico superiore agli otto milioni di passeggeri in deroga alla vigente normativa «introducendo sistemi di tariffazione pluriennale che tenendo conto dei livelli e degli standard europei, siano orientati ai costi delle infrastrutture e dei servizi, a obiettivi di efficienza e a criteri di adeguata remunerazione degli investimenti e dei capitali, con modalità di aggiornamento valide per l’intera durata del rapporto ». In detti casi è prevista l’approvazione con d.P.C.m.
I principi indicati nella dir. 2009/12/CE mirano a garantire una correlazione tra costi, trasparenza, pertinenza e ragionevolezza, la consultazione degli utenti aeroportuali, la non discriminazione tra gli utenti dell’aeroporto ed infine un allineamento dei diritti aeroportuali con la media europea da calcolare in scali con analoghe caratteristiche di traffico. I criteri di delega di cui all’art. 39 della cit. legge comunitaria 2009 per il recepimento della direttiva comunitaria, non tempestivamente attuata e sulla base dei quali era stato predisposto lo schema di decreto, possono essere così sintetizzati:
a) i sistemi di tariffazione devono essere orientati ai costi delle infrastrutture e dei servizi, a obiettivi di efficienza, all’incentivazione degli investimenti correlati all’innovazione tecnologica e sicurezza dello scalo ed alla qualità dei servizi;
b) rispetto dei principi di trasparenza e di consultazione tra gestore e vettori sia nella determinazione delle tariffe sia per le nuove strutture;
c) previsione di regole per la fissazione dei regimi tariffari anche in revisione della disciplina di cui al d.l. n. 203/2005;
d) predisposizione da parte dell’Autorità di vigilanza dei modelli tariffari che il gestore adotta comunicandoli alla medesima autorità per la loro approvazione.
2.1 Determinazione delle tariffe aeroportuali negli aeroporti di rilevanza comunitaria
L’art. 1 dir. 2009/12/CE stabilisce che essa trova applicazione per «tutti gli aeroporti che si trovano in un territorio soggetto al traffico e aperto al traffico commerciale il cui volume di traffico annuale supera la soglia di 5 milioni di movimenti passeggeri e all’aeroporto con il maggior traffico passeggeri in ciascuno Stato membro», lasciando allo Stato interessato il diritto di prevedere misure regolamentari ulteriori purché compatibili con le previsioni di cui alla direttiva o con altre comunque pertinenti. Come già riferito, restano teoricamente fuori dal campo di applicazione della direttiva in esame gli aeroporti con traffico annuo inferiore ad una certa soglia in quanto «la gestione e il finanziamento degli aeroporti di piccole dimensioni non richiedono l’applicazione di un quadro normativo comunitario». Si è, infatti, ritenuto che il peso che detti aeroporti rivestono sugli scambi all’interno della Comunità è tanto modesto da permettere a ciascuno Stato membro il diritto di disciplinare autonomamente i diritti aeroportuali e la loro tariffazione. In termini più operativi l’obiettivo primario a cui mira la normativa comunitaria è ricondurre a livello centrale la programmazione dei diritti aeroportuali nel rispetto dei principi di non discriminazione, di trasparenza e di consultazione tra il gestore e gli utenti dell’aeroporto. Il rispetto del principio di consultazione tra gestore ed utenti non è circoscritto alla determinazione dell’ammontare delle tariffe ma si estende anche alla valutazione della qualità del servizio offerto. In particolare, con riferimento al primo dei tre principi comuni, la direttiva stabilisce all’art. 3 che «Gli Stati membri provvedono affinché i diritti aeroportuali non creino discriminazioni tra gli utenti dell’aeroporto, conformemente al diritto comunitario. Con ciò non esclude una modulazione dei diritti aeroportuali per motivi di interesse pubblico e generale, compresi motivi ambientali. I criteri utilizzati per siffatta modulazione sono pertinenti, obiettivi e trasparenti». Circa, invece, il principio di trasparenza, al considerando n. 13 la direttiva specifica che è «essenziale che gli utenti dell’aeroporto ricevano periodicamente dal gestore aeroportuale le informazioni sulle modalità e sulla base di calcolo dei diritti aeroportuali. Questa trasparenza consentirebbe ai vettori aerei di essere informati sulle spese sostenute dall’aeroporto e sulla redditività degli investimenti da questo effettuati». Rispetto al principio di consultazione specifica, al considerando n. 11 si chiarisce l’opportunità di istituire «una procedura di periodica consultazione tra i gestori aeroportuali e gli utenti dell’aeroporto offrendo la possibilità alle due parti di rivolgersi in ultima istanza ad un’autorità di vigilanza indipendente ogni qual volta una decisione sui diritti aeroportuali o sulla modifica del sistema di tariffazione è contestata dagli utenti dell’aeroporto» e all’art. 6 si prevedono, in via generale, i caratteri strutturali e funzionali ai quali gli Stati membri devono attenersi nel disciplinare la procedura di consultazione e la disciplina dei ricorsi. Il legislatore italiano, nello schema di decreto di attuazione, stabiliva all’art. 5 che i diritti aeroportuali venissero «applicati in modo da non determinare discriminazioni tra gli utenti dell’aeroporto », ed al successivo secondo comma indicava ulteriormente i criteri da seguire per la regolamentazione dei diritti aeroportuali prevedendo per l’Autorità di vigilanza «una modulazione degli stessi diritti aeroportuali per motivi di interesse pubblico e generale, compresi i motivi ambientali, con impatto economico neutro per il gestore. A tal fine i criteri utilizzati sono improntati ai principi di pertinenza, obiettività e trasparenza».
2.2 Autorità di regolazione e controllo: il ruolo dell’ENAC
L’art. 11 dir. 2009/12/CE stabilisce che ogni Stato membro designi un’autorità di vigilanza nazionale indipendente con il compito sia di assicurare la corretta applicazione delle misure adottate, conformemente a quanto previsto nella direttiva, che di svolgere almeno le funzioni indicate nell’art. 6 del medesimo testo normativo. Con la previsione di delega dell’art. 39, co. 1, lett. d) della legge comunitaria 2009, il legislatore attribuiva il ruolo di cui all’art. 11 della normativa comunitaria all’ENAC e, per evitare eventuali effetti negativi sulla finanza pubblica, prevedendo, come consentito dalla normativa comunitaria, un «meccanismo di finanziamento dell’autorità nazionale di vigilanza attraverso l’imposizione di diritti a carico degli utenti dell’aeroporto e dei gestori aeroportuali nella misura utile a garantire i costi diretti e indiretti connessi alla costituzione o al potenziamento di un’apposita struttura da realizzare nell’ambito della dotazione organica dell’ENAC». Nella prima bozza dello schema di decreto di attuazione della normativa comunitaria all’art. 3 si designava quale Autorità nazionale di vigilanza, denominata «Direzione diritti aeroportuali», una struttura appositamente costituita presso l’ENAC8. Diversamente l’art. 3, co. 1, del successivo ed ultimo schema di decreto, individuava direttamente l’ENAC quale Autorità nazionale di vigilanza, che avrebbe provveduto mediante la costituzione, al suo interno, di apposita struttura in grado di operare in assoluta indipendenza di giudizio, da costituire tenendo conto dei limiti di dotazione organica, finanziaria e strumentale disponibili. Essa, avrebbe dovuto essere composta, senza vincolo di subordinazione, «da un dirigente e da un massimo di dodici esperti in materia giuridico-economica nonché da cinque unità di personale tecnico amministrativo inquadrati nel ruolo dirigenziale, professionale e tecnico amministrativo del vigente contratto di lavoro ENAC» . Tale Direzione, al fine di garantire il rispetto dei principi di autonomia, imparzialità ed indipendenza avrebbe dovuto attenersi ad apposite regole amministrative e contabili improntate ai principi di separazione (dalle altre attività) e trasparenza. In fase di prima applicazione, il Direttore Generale dell’ENAC avrebbe individuato, nell’ambito della Direzione centrale sviluppo economico, il personale per la composizione della Direzione diritti aeroportuali sulla base di requisiti giuridico – economico appositamente stabiliti. Tali previsioni appaiono, invero, conformi, ai criteri di designazione ed ai parametri individuati nell’art. 11, co. 1, della direttiva che specifica che «questo organo può essere lo stesso al quale lo stato membro ha affidato l’applicazione delle misure normative supplementari di cui all’art. 1, paragrafo 5, compresa l’approvazione del sistema dei diritti e/o dell’ammontare di tali diritti aeroportuali, a condizione che soddisfi i requisiti di cui al paragrafo 3 del presente articolo 3» ovvero «l’autonomia dell’autorità di vigilanza indipendente, provvedendo affinchè questa sia giuridicamente distinta e funzionalmente indipendente da qualsiasi gestore aeroportuale e vettore aereo » (anche se andrebbe sciolta la sovrapposizione con i residui compiti gestionali demandati all’ENAC medesimo). Ai sensi dell’art. 687 c. nav., l’ENAC rappresenta l’unica autorità di regolazione tecnica, certificazione, vigilanza e controllo nel settore dell’aviazione civile ed ai sensi dell’art. 1 d.l. n. 237/20049 è stato designato quale unico ente idoneo a regolare ed a garantire piena ed uniforme applicazione delle norme di carattere comunitario alla realizzazione del cielo unico europeo. Va tenuto a mente, tuttavia, che l’ENAC, ex art. 2, lett. g) e p), d.lgs. n. 250/1997, può svolgere un’attività di impresa partecipando all’attività di gestione di aeroporti di preminente interesse turistico e sociale ovvero strategico-economico, assumendo tra l’altro funzioni di consulenza di natura tecnica, economica, giuridica ed operativa e di certificazione dei sistemi di qualità nel settore dell’aviazione civile. Dalla lettura dei criteri di cui all’art. 39 della legge comunitaria del 2009 l’ENAC appare l’unica autorità nazionale atta a svolgere il ruolo di autorità di vigilanza indipendente nonché compiti di regolazione economica con l’approvazione di sistemi di tariffazione, anche pluriennale, che da una parte garantirebbero il recupero degli incrementi dovuti all’inflazione e, dall’altra, terrebbero conto dei criteri relativi ai costi delle infrastrutture e dei servizi, degli obiettivi di efficienza ed incentivazione degli investimenti, e di quelli di innovazione, di sicurezza e di qualità dei servizi10. Pertanto, quale ente indipendente regolatore e garante dell’uniforme applicazione delle norme, conformemente a quanto disposto dall’art. 4 del reg. CE n. 549/2004 e dall’art. 687 c. nav., è stato ritenuto l’organo più idoneo, nell’ambito della disciplina dei diritti aeroportuali, ad intervenire nelle ipotesi di ricorsi proposti per contestare le decisioni assunte dai gestori aeroportuali in tema di tariffe. L’istituzione di tale Autorità nell’ENAC rappresenterebbe un potenziamento, in termini concreti di ampliamento delle competenze, dei poteri e delle funzioni già attribuiti allo stesso ente. Tuttavia, nel caso di identificazione nell’ENAC dell’Autorità di vigilanza, resterebbe ferma la complessa discussione circa l’idoneità dell’attuale configurazione dell’Ente, sotto il profilo della forma giuridica e dell’inadeguatezza del quadro giuridico che la disciplina, unitamente alla carenza delle risorse necessarie a garantire il migliore perseguimento degli obiettivi istituzionali, soprattutto in funzione degli obblighi assunti dallo Stato italiano rispetto alla comunità europea11. In ogni caso andrebbe garantita effettiva autonomia e separatezza alla struttura appositamente costituita nel suo ambito.
Tra gli aspetti problematici che necessariamente incontrerà l’ordinamento italiano nella procedura di attuazione delle disposizioni comunitarie vi è certamente quello del ruolo attribuito al CIPE, fondamentale organo collegiale politico di programmazione economica12, che nello schema di decreto attuativo vedeva ridotto il suo ruolo alla fissazione delle linee generali di politica economica e tariffaria nel settore aeroportuale. Si pone quindi un problema, come evidenziato dalla dottrina13, di inapplicabilità dell’art. 6, punti 3 e 4, della direttiva ove si opti per la devoluzione ai gestori della decisione inerente i diritti aeroportuali e, nell’ipotesi di un eventuale disaccordo con gli utenti interpellati, il ricorso all’intervento dell’Autorità indipendente di vigilanza. Come accennato, l’art. 6 dello schema di decreto attuativo attribuiva all’Autorità di vigilanza il compito di istituire una procedura obbligatoria di consultazione periodica, almeno una volta l’anno, tra gestore aeroportuale ed utenti aeroportuali, disponendo altresì che le modifiche al sistema di determinazione dei diritti aeroportuali e del loro ammontare fossero concordate tra il gestore e gli utenti, fermo restando, il rispetto delle linee di politica economica e tariffaria del settore previste dal CIPE14. Altra funzione attribuita all’Autorità riguardava il controllo del rispetto dei principi di cui all’art. 10 del decreto di attuazione che si sarebbe dovuta esprimere nella potestà di sospendere il nuovo regime tariffario quando questo si fosse perfezionato in carenza di uno o più requisiti richiesti: rispetto delle linee guida in materia di politica tariffaria di settore, del procedimento di consultazione, di allineamento con la media europea dei diritti aeroportuali degli scali con le medesime tipologie di traffico, ed infine dei principi di aderenza ai costi, alla trasparenza, alla pertinenza ed alla ragionevolezza15. Per completezza è utile rilevare che il precedente schema di decreto di attuazione, all’art. 5 bis, per la determinazione del regime applicabile agli aeroporti non soggetti ad una effettiva concorrenza, riconosceva, all’Autorità di vigilanza, anche il compito di condurre periodiche analisi per accertare l’effettivo ed il potenziale grado di concorrenza fra gli aeroporti di cui all’art. 1, co. 1 e 216.
3.1 Le procedure di approvazione dei contratti di programma
L’obbligo del nostro ordinamento di dare attuazione alla dir. 2009/12/CE ha acuito la necessità di intervenire a livello legislativo sull’indiscutibile rapporto di contiguità tra il sistema della tariffe aeroportuali e quello del finanziamento degli aeroporti. A fronte del prevedibile incremento del traffico aereo, appare esigenza prioritaria attuare un processo di potenziamento delle infrastrutture aeroportuali, per quanto attiene sia la struttura architettonica in senso stretto che gli arredi e le opere di manutenzione. Fermo restando che i compiti della costruzione e dell’ampliamento delle strutture aeroportuali sono attribuiti alle società concessionarie nella gestione degli aeroporti, tuttavia, in concreto, sono emersi due problemi: il primo interessa il reperimento delle risorse idonee per il finanziamento degli investimenti; il secondo riguarda la durata delle procedure stabilite per la definizione e l’approvazione dei contratti di programma. Circa il primo problema è emersa una contrapposizione tra le società di gestione e i vettori. Le prime infatti sostengono che la politica del trasporto in Italia per diversi anni è stata incentrata sugli interessi della ex compagnia di bandiera, con ciò determinando, oltre al mantenimento di tariffe stabili nel tempo, a prescindere dall’incidenza dell’inflazione, anche un livello delle tariffe aeroportuali più basso rispetto a qualsiasi altro stato europeo con l’effetto di impedire alle società di gestione di disporre dei finanziamenti necessari ad effettuare gli investimenti. I secondi, invece, evidenziano la necessità che il sistema di determinazione delle tariffe aeroportuali sia improntato, in applicazione dei criteri di certezza e trasparenza, ai costi sostenuti dalla società di gestione per la prestazione dei servizi; sistema evidentemente teso ad evitare che l’incremento delle tariffe venga determinato dall’esecuzione di alcune opere ed infrastrutture favorevoli solo ad alcuni vettori o da esigenze economiche dipendenti dall’inefficienza delle società di gestione. Il nostro ordinamento ha quindi individuato nei contratti di programma lo strumento giuridico più idoneo a collegare il sistema tariffario con gli obblighi della società concessionaria alla realizzazione degli investimenti. L’art. 5 della delibera CIPE n. 38/2007, al punto n. 5, disciplina le linee guida, il contenuto, l’iter di approvazione dei contratti di programma, di durata quadriennale, stipulati dall’ENAC aeroporto per aeroporto, e la relazione sulla stipula dei contratti e sui criteri previsti. Per ogni servizio regolamentato i contratti di programma devono stabilire: «1) il livello iniziale di riferimento dei corrispettivi e le attività che tali corrispettivi remunerano; 2) i piani di investimento per i servizi soggetti a regolazione, con importi previsti e relativi crono programmi, oggetto di consultazione con i soggetti di cui all’art. 9 della l. 7.8.1990, n. 241, nelle forme stabilite dalla normativa vigente; 3) gli obiettivi annuali di qualità e di tutela ambientale, ivi incluse le modalità di misurazione dei risultati conseguiti e conseguenti valori dei parametri qt e a1 associati; 4) i parametri di cui al punto 4.2, che definiscono il profilo temporale della dinamica dei corrispettivi nel corso del periodo regolatorio, il quale coincide con il periodo di vigenza del contratto di programma; 5) le modalità di attuazione, di calcolo e gestione degli accantonamenti di cui al punto 3.2.1». I contratti vengono approvati con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, previo parere del CIPE. Per quanto attiene agli aeroporti di interesse esclusivamente regionale, i contratti di programma vengono approvati d’intesa con le Amministrazioni regionali competenti o delle Province autonome. In mancanza di contratti di programma è previsto che i Ministri possano stabilire annualmente la misura dei diritti aeroportuali tenendo conto della contabilità analitica e dei criteri di determinazione del livello iniziale di riferimento dei corrispettivi unitari. L’articolato quadro normativo e la complessità dell’iter burocratico per la stipulazione dei contratti di programma hanno di fatto determinato un sostanziale blocco degli investimenti infrastrutturali aeroportuali. Al fine di incentivare l’adeguamento infrastrutturale dei sistemi aeroportuali, il legislatore è quindi intervenuto con la previsione di cui al co. 34 bis dell’art. 17 d.l. n. 78/2009, convertito, con modificazioni, nella l. n. 102/2009, disciplinando una procedura semplificata di approvazione dei contratti di programma per gli aeroporti con un traffico superiore agli otto milioni di passeggeri annui. Tale procedura deve tener conto dei livelli e degli standard europei, da orientare ai costi delle infrastrutture e dei capitali, ad obiettivi di efficienza, a criteri di congrua remunerazione degli investimenti e dei capitali, con modalità di aggiornamento valide per tutta la durata del rapporto; il tutto al fine di realizzare sistemi di tariffazione pluriennali convergenti ai costi delle infrastrutture e dei servizi. Per quanto attiene l’iter procedurale, il contratto viene approvato con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta MIT e MEF e, nella sostanza, il rapporto convenzionale in corso è prorogabile per quanti anni siano necessari per garantire un riequilibro di natura economico- finanziario della società di gestione. In concreto la disposizione potrà trovare applicazione, allo stato, per i sistemi aeroportuali di Roma, Milano e Venezia17. Infine va ricordato che, sempre per favorire lo sblocco degli investimenti, nella legge finanziaria del 2010 (l. 23.12.2009, n. 191) sono state introdotte (co. 200 e 201 dell’art. 2) disposizioni che consentivano, nell’attesa della stipulazione dei contratti di programma, un’anticipazione tariffaria dell’incremento dei diritti aeroportuali per l’imbarco dei passeggeri nel limite (massimo) di euro tre per passeggero in partenza. L’anticipazione era vincolata alla seguente procedura:
a) effettuazione, in regime di autofinanziamento, di investimenti infrastrutturali nuovi urgenti;
b) presentazione all’ENAC da parte delle società concessionarie di un piano di sviluppo e di ammodernamento aeroportuale con l’indicazione delle opere considerate urgenti e non rimandabili e del rispettivo crono programma;
c) validazione da parte dell’ENAC dei piani di sviluppo presentati con decreto del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, di concerto con il Ministero dell’Economia e delle Finanze, previo parere del CIPE;
d) le entrate che conseguono dalle anticipazioni tariffarie vengono accreditate su un apposito fondo vincolato del bilancio della società, somme queste svincolabili se gli investimenti vengono effettivamente realizzati e previa valutazione dello stato di avanzamento dei lavori approvati dall’ENAC. Le somme accantonate possono inoltre essere utilizzate da parte delle società solo se, entro il termine di sei mesi dalla validazione, queste provvedano al deposito di ogni documento ritenuto necessario alla stipulazione del contratto di programma e comunque entro il termine di un anno dal deposito della documentazione se si perviene alla stipulazione. Tuttavia, allo stato, la procedura di anticipazione descritta non ha trovato, in concreto, applicazione.
1 In G.U.U.E. 14.3.2009, l. n. 70.
2 La Commissione UE aveva individuato quali possibili alternative al regolamento anche il ricorso a forme di regolazione convenzionale tra vettori aerei e gestori aeroportuali.
3 Cfr. Busti, Profili innovativi comunitari nella disciplina dei diritti aeroportuali, in Dir. trasp., 2009, 360, il quale, pur sottolineando un’innegabile connessione dei servizi di sicurezza al movimento degli aeromobili e delle operazioni relative a passeggeri o merci, riferisce della linea affermatasi nell’ambito del Consiglio (posizione comune CE n. 22/08 del 23.6.2008, in G.U.U.E. C 254E del 7.10.2008) e della Commissione (comunicazione COM 2008 455 def. 8.7.2008) volta ad escludere dall’ambito di applicazione della direttiva sui diritti aeroportuali i proventi delle misure di sicurezza.
4 Art. 10, co. 10, l. 24.12.1993, n. 537; art. 2, co. 189, l. 23.12.1996, n. 662.
5 Il CIPE è l’organo delegato dal d.lgs. 5.12.1997, n. 430 a definire le linee guida ed i principi comunitari per le amministrazioni che svolgono funzioni nella regolazione dei servizi di pubblica utilità.
6 In G.U. 22.9.2007, n. 221.
7 In G.U. 3.4.2008, n. 128.
8 Si osserva che lo schema di decreto di attuazione della direttiva comunitaria, atto n. 380, è stato sottoposto al parere della IX Commissione della Camera dei deputati (trasporti, poste e telecomunicazioni), che ha espresso un parere favorevole condizionato, con la specifica richiesta che l’art. 3 dello schema di decreto venisse sostituito da una nuova disposizione che designasse l’ENAC quale Autorità nazionale di vigilanza «effettivamente indipendente, ai sensi dell’art. 11della direttiva 2009/12/CE, affidando ad un’apposita struttura da realizzare nell’ambito del predetto ente i nuovi compiti ad esso assegnati».
9 Cfr. d.l. 8.9.2004, n. 237, recante interventi urgenti nel settore dell’aviazione civile.
10 Con riferimento alla qualità dei servizi si osserva che l’ENAC dal 2001 ha predisposto una Carta dei servizi del passeggero, con la previsione di una specifica informazione dei diritti degli utenti finali del trasporto aereo con l’obiettivo quindi di fornire agli stessi un sistema di tutela e le linee guida della Carta dei servizi standard aeroportuali minimi destinate ai gestori aeroportuali per la garanzia di qualità dei servizi offerti.
11 Marchiafava-Bocchese-Zampone, Possibili evoluzioni della veste giuridica dell’ENAC, Parte I, II, II, in Prospettive per un governo dell’aviazione civile in Italia, Quale veste giuridica per l’ENAC, Napoli 2011, 75-165.
12 La cosiddetta legge sui requisiti del sistema prevede che la misura dei diritti aeroportuali sia determinata sulla base dei criteri del CIPE con decreti trasporti – economia. Tali decreti fissano inoltre la variazione annuale massima applicabile ai diritti aeroportuali (da calcolare tenendo conto dei fattori quali inflazione programmata, obiettivo di recupero della produttività, ammortamenti dei nuovi investimenti, remunerazione del capitale investito) stabiliti nei contratti di programma che l’ENAC conclude con i gestori aeroportuali.
13 Busti, op. cit., 365.
14 Veniva previsto che il gestore sottoponesse agli utenti dell’aeroporto ogni proposta di modificazione del sistema e dell’ammontare dei diritti aeroportuali, non oltre quattro mesi prima della sua entrata in vigore, con notificazione della stessa all’Autorità di vigilanza per le opportune verifiche con pubblicazione della decisione non oltre il termine di due mesi prima della sua entrata in vigore. Se detto tempo trascorreva senza la proposizione di reclami, la decisione pubblicata sarebbe divenuta efficace per le parti salvo l’intervento dell’Autorità di vigilanza nell’esercizio dei suoi poteri come previsti dall’art. 10, co. 2. In caso di disaccordo sulla decisione del gestore aeroportuale, dietro reclamo da parte degli utenti e del gestore, l’Autorità di vigilanza avrebbe provveduto all’esame delle motivazioni della proposta di modifica del sistema e dell’ammontare dei diritti aeroportuali, facendo anche ricorso alle informazioni necessarie da assumere nei confronti delle parti interessate, e alle modifiche con esclusione dell’efficacia delle modifiche fino alla definizione del reclamo. Si prevedeva l’obbligo per l’Autorità di pronunciarsi entro quattro mesi dalla presentazione del reclamo (termine questo prorogabile in casi eccezionali e debitamente giustificati, per un massimo di altri due mesi). Se l’Autorità si fosse trovata impossibilitata a pronunciarsi, entro il termine previsto di quattro settimane, la medesima avrebbe potuto adottare una decisione di natura provvisoria sulla misura dei diritti aeroportuali. Per le decisioni adottate dall’Autorità di vigilanza si prevedeva il rispetto del regime ordinario dell’impugnazione degli atti amministrativi con attribuzione della competenza funzionale al TAR del Lazio ai sensi del co. 11 dell’art. 6.
15 In tali circostanze, l’Autorità avrebbe dovuto informare il gestore delle irregolarità riscontrate nel corso della procedura percorsa ed assegnare un termine pari a trenta giorni per procedere all’adeguamento rispetto ai principi fissati. Il gestore avrebbe potuto a sua volta presentare delle controdeduzioni entro sette giorni e l’Autorità, laddove avesse riscontrato elementi idonei a superare le criticità poste a fondamento del provvedimento di sospensione del nuovo regime tariffario, ne avrebbe dato comunicazione al gestore interessato. Se invece il gestore nulla avesse contestato rispetto alla sospensione, l’Autorità avrebbe potuto adottare direttamente ogni utile provvedimento atto a sanare la situazione contestata.
16 Tale previsione è stata poi eliminata in ossequio alle condizioni espresse dalle competenti Commissioni parlamentari. Era altresì previsto, nel termine di trenta giorni dall’entrata in vigore del richiamato decreto, che la medesima Autorità individuasse le «Linee guida sulla verifica dello stato della concorrenza», che stabiliscano i criteri da applicare per definire lo stato di concorrenza dei singoli aeroporti da valutare sulla base di specifici parametri (capacità del gestore di esercitare un concreto potere di mercato ossia di poter incidere sia sulla qualità e quantità dei servizi che sui prezzi per un certo lasso di tempo e in modo indipendente dai comportamenti di eventuali concorrenti, utenti e consumatori; capacità degli utenti degli aeroporti e dei consumatori di fornire al gestore aeroportuale soluzioni alternative all’utilizzo dell’aeroporto dando riscontro alla rapporto tra prezzo e servizio), le metodologie per quantificare il grado di concorrenza, effettiva e potenziale (da considerare sulla base di fattori quali la definizione del mercato rilevante, la struttura del mercato e quote di mercato, la presenza di barriere all’entrata e all’espansione della capacità di traffico e infine il potere contrattuale degli utenti), le discipline di determinazione delle tariffe, per gli aeroporti di cui all’art. 1, co. 1 e 2, dello schema del decreto di attuazione, eventualmente alternative al sistema di price-cap, la disciplina degli adempimenti posti a carico del gestore e delle procedure di consultazione con formazione di modelli tariffari, l’individuazione delle condotte da ritenere contrarie alla competitività che legittimino l’applicazione di misure regolamentari ulteriori in applicazione dell’art. 1, co. 5, della dir.
17 Il contratto di programma in deroga, stipulato tra ENAC e SEA, relativo al sistema aeroportuale milanese risulta in fase di definitiva approvazione da parte dei Ministeri competenti.