MOLZA, Tarquinia
– Nacque a Modena il 1° nov. 1542 da Camillo, primogenito del poeta Francesco Maria, e da Isabella di Antonio Colombi. Dal matrimonio nacquero altri otto figli.
Camillo (1513 - 23 apr. 1558), cavaliere dell’Ordine spagnolo di Santiago, dopo la morte del padre fu al servizio del cardinale Alessandro Farnese e segretario del cardinale Innocenzo Del Monte; scrittore in volgare, secondo le testimonianze di Patrizi e di Forciroli, fu impegnato a più riprese nel tentativo di pubblicare le opere di Francesco Maria. La madre della M., nipote del ricco banchiere modenese Ludovico Colombi, sposò Camillo nel 1539 dopo lunghe trattative che videro Camillo escluso dal matrimonio con una sorella di Isabella, dalla dote molto più consistente.
Insieme con i fratelli, la M. fu istruita da don Giovanni Bertari, detto il Poliziano, «creato et beneficiato del gran Molza» (Patrizi, 1963, p. 18) e già istitutore di Camillo e dei suoi fratelli, mostrando da subito particolare inclinazione agli studi. Alla morte del padre – avvenuta poco dopo il rientro da un viaggio a Venezia dove si era recato per curare l’edizione a stampa delle rime di Francesco Maria – la famiglia si trovò in grave disagio a causa della numerosa prole: la madre si rivolse allora al cardinale Farnese, pregandolo di prendere sotto la sua protezione «i figli Lodovico, Nicolò e Tarquinia, di bona indole e speranza vivissima» (lettera del 16 giugno 1558, in Arch. di Stato di Parma, Epistolario scelto, b. 11), richiesta alla quale il prelato rispose con rassicurazioni un mese dopo. I contatti con il Ducato farnesiano risulteranno negli anni a seguire importanti anche per la prima formazione musicale della M.: probabilmente a Parma ebbe modo di conoscere Fabrizio Dentice, liutista e compositore napoletano al servizio di Ottavio Farnese dal 1568, e di farsi apprezzare da Pietro Vinci, che a Parma soggiornò nei primi mesi del 1568 e che l'avrebbe designata come migliore interprete dei suoi madrigali. Nello stesso periodo venne concordato il matrimonio della M., fino ad allora ritardato dal padre per garantire alla giovane l’agio necessario agli studi e per individuare un partito vantaggioso. Le nozze con Paolo Porrino (1535-79), cavaliere e parente del Gandolfo poeta e sodale di Francesco Maria Molza, furono celebrate a Modena in S. Lorenzo il 7 febbr. 1560. Dalla unione non nacquero figli.
Morto nello stesso 1558 anche Bertari, alcuni anni dopo il matrimonio la M. riprese gli studi interrotti sotto la guida di eccellenti maestri: Giovanni Maria Barbieri, poeta in volgare, autorevole studioso ed editore di lirica provenzale, e Lazzaro Labadini, i quali la istruirono nelle lettere latine e greche; il matematico e astronomo Antonio Guarini; un certo rabbino Abramo, che le insegnò l’ebraico. Iniziò anche lo studio della musica, condotto nel corso degli anni grazie all’insegnamento e alla frequentazione di numerosi maestri: tale Cesarino, suo primo insegnante (Patrizi, 1963, pp. 37 s.), un Modonino (forse Bartolomeo da Modena, attestato nel registro dei mastri e ruoli farnesiani: Stras, 2003, p. 151), Francesco Calderino, Giovanni Maria Fiammingo (il primo autore di madrigali, il secondo cantore della cappella estense, cfr. Durante - Martellotti, p. 112), Vittorio Orfino (che la seguirà a Ferrara) e soprattutto Alfonso della Viola (maestro di cappella alla corte estense di Ercole II). Avvicinatasi dapprima alla pratica strumentale del clavicembalo, in seguito abbandonata, la M. sviluppò un notevole talento nel canto, al punto da divenire una delle più apprezzate virtuose del tempo; la sua capacità tecnica le consentiva di affrontare partiture complesse anche accompagnandosi con liuto e viola da gamba.
Proprio grazie al grado di eccellenza raggiunto in un’arte «appresa colle debite regole su i libri, e non come per lo più s’usa ponendosi a memoria ciò, che vien dettato da’ maestri» (Ribera, p. 326), la M. ebbe modo di farsi apprezzare dalla famiglia estense: nell’ottobre 1568 il duca Alfonso II, in visita a Modena con la moglie Barbara d’Austria e la sorella Lucrezia, la ascoltò esibirsi «in compagnia de’ primi musici della sua capella sopra alcuni difficili madrigali del Vincio» e «cantare a liuto», rendendole grandissimi onori durante la sua permanenza in città (Patrizi, 1963, pp. 38-42). Tra l'altro, nell'occasione, Alfonso partecipò a una giostra tenutasi in suo onore indossando i colori dell’insegna della M. (lo spettacolo è celebrato da T. Tasso nel sonetto Donna ben degna che per voi si cinga, cfr. Durante - Martellotti, 2009, pp. 282 s.; erronea la data in Malmusi, pp. 184 s., che colloca la giostra al 1584). Dell’esibizione della M., cui Giovan Battista Pigna pare aver dedicato quattro sonetti (Patrizi, 1963, p. 42), rimane memoria anche in un componimento di Marcantonio Ingegneri (Hor che ’l ciel e la terra e ’l vento tace, nel Secondo libro de’ madrigali a cinque voci, Venezia 1572), testi che, insieme con il madrigale Mentre fa con gli accenti di L. Luzzaschi (nel Primo libro de’ madrigali, Ferrara 1571) e la breve lode contenuta in un passaggio del Terremoto di A.G. Buoni (ibid., 1571), segnalano la crescente diffusione della fama della M. come poetessa e cantante in questo torno d’anni, soprattutto in ambito ferrarese. A questa data, inoltre, alcuni suoi componimenti iniziarono a essere musicati.
Intorno alla M. si erano andate radunando le principali personalità del milieu artistico modenese, che ne apprezzavano le doti intellettuali e la piacevole conversazione. Alcuni manoscritti tramandano i numerosi componimenti in lode della M. scritti dalla cerchia dei poeti modenesi: fra questi Giovanni Falloppia, che le dedicò vari sonetti amorosi, Benedetto Manzuoli, Alessandro Baranzone, Moisé Finzi, Ercole Capitoni, Alfonso Sasso, Ippolito Pincetti e Giulio Bertani. Nel 1575 la M. entrò in rapporto con il filosofo Francesco Patrizi da Cherso, sotto la guida del quale proseguì lo studio del greco e della filosofia e apprese anche rudimenti di spagnolo. Patrizi celebrò la figura della M. nel dialogo L’amorosa filosofia (1577, rimasto incompiuto), che costituisce anche la principale fonte biografica sugli anni giovanili della Molza.
La prima giornata del dialogo, che occupa quantitativamente circa la metà dell’opera, è interamente dedicata alle lodi della M.: monsignor Antonio Querenghi riferisce agli altri interlocutori nove orazioni pronunciate a Roma, in casa di P. Patrizi (lontano parente di Francesco), rispettivamente da Carlo Sigonio, Benedetto Manzuoli, Fabrizio Dentice, Orazio Grillenzoni, Gasparo Silingardi, Marco Felini, Francesco Patrizi, Giovanni Falloppia e Maffio Venier, in ognuna delle quali, sotto gli auspici di un cielo e di una musa diversi, vengono lodate la bellezza e le virtù morali e intellettuali della Molza. Il ritratto che viene a crearsi costituisce perciò una concreta summa di ogni virtù umana, una singolare «armonia di perfettioni lodevoli et rare» (secondo le parole di Camillo Camilli, che mostra di aver letto il manoscritto di Patrizi: Imprese, p. 50) le quali convergono a formare un’unica figura dai tratti, peraltro, non celatamente androgini. Questo movimento convergente trova rispondenza nella spiegazione della natura dell’amore esposta nel resto del dialogo (in tale parallelo andrà anzitutto ravvisato il significato della funzione della M. all’interno dell’opera, che non si esaurisce nel mero omaggio cortigiano). Nelle tre giornate successive, l’ultima delle quali interrotta, il dialogo propone infatti per bocca della stessa M. una tesi che, lontana dalla dottrina d’amore platonica, giunge a individuare nella filautia la fonte di ogni amore, anche di quello divino.
Chiamato nel 1577 a Ferrara al servizio di Alfonso II, Patrizi rimase anche negli anni seguenti in contatto con la M., impartendole ancora insegnamenti per mezzo di lettere (Patrizi, 1975, ad ind.), dedicandole il terzo tomo delle Discussiones peripateticae (Basilea 1581) e riprendendo la sua frequentazione dopo che la M. si trasferì a Ferrara.
Alla morte del marito, avvenuta il 30 ag. 1579, la M., unica erede usufruttuaria, fu coinvolta in varie liti giudiziarie che la indussero a cercare protezione presso la casata estense, scrivendo a Lucrezia d’Este, a Urbino (lettera a Falloppia, 25 sett. 1579), e in seguito direttamente al duca Alfonso, il quale per aiutarla fece pressioni sul governatore di Modena Ferrante Tassoni (lettera del 19 dic. 1582). Si intensificarono in quel periodo le visite della M. a Ferrara, motivate sia dalla volontà di risolvere le cause con la famiglia Porrino (in particolare con Alessandro, fratello naturale di Paolo) sia dalla contemporanea costituzione del Concerto delle dame, ensemble formato da Laura Peperara, Anna Guarini (figlia di Giovan Battista) e Livia d’Arco che rappresentò uno dei più innovativi complessi musicali della penisola, frutto di un’originale «sintesi risultante dalla combinazione di tre solismi vocali ciascuno sostenuto da un differente strumento di accompagnamento», cioè liuto, viola da gamba e arpa (Durante - Martellotti, 1989, p. 20). La M. esercitò un ruolo di guida e di esempio per le più giovani cantanti, dando forte impulso alla formazione del Concerto. È proprio per quest’ultimo motivo, anzi, che la M. venne assunta nel 1583 alla corte estense come dama d’onore della duchessa Margherita Gonzaga (terza moglie di Alfonso II), «ad effetto, che colla sua presenza desse perfettione a quel Coro ch’era stato da lei formato» (Ribera, p. 326): risulta iscritta nella bolletta dei pagamenti a far data dal 25 aprile di quell’anno, mentre una lettera del segretario ducale Antonio Montecatini al governatore di Modena ne fissa al mese di maggio la data del trasferimento a Ferrara.
Alla corte di Ferrara la M. rappresentò una personalità rispettata e onorata, protagonista della vita mondana e culturale: Giovan Paolo Virchi, organista e musico di Alfonso II, allude alla sua presenza accanto alle dame del Concerto nel madrigale Segu’a rinascer l’aura e prenda l’arco (nel Primo libro de’ madrigali a cinque voci, Venezia 1584). Tasso, da lei conosciuto fra il maggio e l'ottobre 1568 (Durante - Martellotti, 2009, p. 283), le dedicò alcuni sonetti nei quali ne loda lo stile poetico, il talento musicale e l’erudizione, e la assume a protagonista del dialogo Il Ghirlinzone overo l’epitafio (1585), dove la M. si presta insieme con Patrizi e Camillo Coccapani a giudicare un epitaffio tassiano per la morte della duchessa Barbara d’Austria, e soprattutto di La Molza overo de l’amore (1585-86), nel quale la donna sollecita al poeta l’esposizione di una «nuova» filosofia amorosa. La M. è ricordata da Tasso anche nelle lettere: in particolare, le scrive nel novembre 1585 affinché possa intercedere per la sua liberazione da S. Anna. Nello stesso anno Annibale Romei pubblicò i Discorsi, nei quali la M. compare fra gli interlocutori e ricopre il ruolo di regina delle ultime due giornate, dedicate al tema delle ricchezze e del primato fra le armi e le lettere, mentre l’editore ducale V. Baldini le dedicò la pastorale I gelosi amanti di C. Della Valle; un anno dopo Patrizi la celebrò come autrice di madrigali nella dedica della Poetica. Ma ulteriori attestazioni le giunsero anche da altri centri culturali: dal 1581 risulta iscritta all’Accademia degli Innominati di Parma, sotto il principato di Muzio Manfredi, che le aveva dedicato un madrigale nella raccolta Per donne romane (Bologna 1575, con risposta della M.: S’io fossi, Mutio mio, qual mi depingi); Giulio Morigi ne magnificò la casta vedovanza nelle Disavventure d’Ovidio (Ravenna 1581), e già Girolamo Alessandrini, fondatore dell’Accademia, aveva scritto secondo Patrizi un componimento in suo onore.
Anche negli anni a seguire non mancarono le lodi delle sue virtù. Camilli pubblicò nelle Imprese illustri l’impresa della M. (una vite a fianco di un olmo caduto con il motto Non sufficit alter, tratte da Virgilio, Aen., VI, 143; sullo stesso concetto la M. compose anche il madrigale Qual vite al campo sola); la elogiarono Diomede Borghesi, Bernardino Baldi, Bernardino Baldini, Angelo Grillo, Annibale Pocaterra; Giulio Cesare Croce la ricordò nel poemetto la Gloria delle donne (Bologna 1590) e le riservò due intere ottave nel Canto di Tirsi pastore del picciol Reno sopra le numerose famiglie della nobilissima Città di Modona (Bologna 1595); Pedro Pablo Ribera la incluse nelle Glorie immortali de' trionfi, et heroiche imprese d'ottocento quarantacinque donne illustri, antiche, e moderne, dotate di conditioni, e scienze segnalate (Venezia 1609, pp. 324-329), Giulio Cesare Capaccio negli Illustrium mulierum et illustrium litteris virorum elogia (Napoli 1608, I, p. 211) e, dopo la morte, Francesco Grassetti la celebrò nel poemetto latino De Tarquiniae laudibus concilia tria (Modena 1620).
Durante il soggiorno a Ferrara la M. continuò a mantenere i contatti con Modena, anche per seguire le cause che la riguardavano, la cura delle quali era stata da lei affidata al letterato Geminiano Patini (m. 1586); e a Modena tornò definitivamente nell’autunno 1589, licenziata dalla corte estense a causa della relazione con Jacques de Wert, maestro di cappella di Alfonso II, giudicata sconveniente per una dama della duchessa e probabilmente denunciata da V. Orfino forse per questioni di rivalità nei confronti del musicista fiammingo (Durante - Martellotti, 1989, pp. 49 s.).
A Modena la M. proseguì l’attività letteraria e musicale; la sua casa divenne uno dei principali luoghi di riunione intellettuale della città, nel delicato periodo della devoluzione estense. Sul finire del secolo intrattenne stretti rapporti con il nunzio pontificio Giovan Battista Stella, tanto da suscitare la diffidenza del cronista Giovan Battista Spaccini («ma vi è causa un ridotto che si fa in casa della Signora Tarquinia Molzi, dove vi va questo Nontio, si pensa che si tratti di lettere, ma forse che si referisce quello che si fa nella città giornalmente»: Cronaca, novembre 1601). Forse per interessamento di Stella, il Senato romano le concesse in virtù delle sue doti poetiche e musicali il privilegio della cittadinanza onoraria (dicembre 1600), per la prima volta accordata a una donna, riconoscendole insieme il titolo di «Unica» (il privilegio si conserva nei Musei civici di Modena). La sua vita si fece nel corso degli anni sempre più ritirata (Ribera, p. 326). Nel 1602 le venne affidato l’incarico di comporre alcuni versi sulla vita di s. Francesco per il chiostro del convento modenese dedicato al santo (G.B. Spaccini, Cronaca, agosto 1602).
La M. morì l’8 ag. 1617 e fu sepolta nel duomo di Modena, dove tuttora è collocata la sua lapide con l’iscrizione «Una scientiarum ac Tarquiniae Molsiae vita idem occasus commune sepulcrum obiit die VIII Augusti MDCXVII aetatis suae ann. LXXIV». Nel testamento, redatto in ultima versione nel dicembre 1611, aveva fra l’altro destinato la propria biblioteca alla Comunità: di tale patrimonio rimangono 58 volumi, attualmente conservati presso i Musei civici di Modena (il catalogo si legge in Di Pietro).
Della sua produzione letteraria – probabilmente cospicua, stando alle testimonianze dei contemporanei – sono stati rinvenuti una trentina di testi poetici. Fra gli altri si segnalano i componimenti amorosi O quante volte mi ritorna a mente e O felice quel dì, che in dolci giri; il sonetto Mirate occhi miei lassi intento e fiso sull’imminente morte del marito e alcuni testi composti dopo la morte di questo (madrigale Qual vite al campo sola; son. Dopo l’aspra partita in gran dolore); una serie di epigrammi sulla morte di un certo Bartolo, cui fa seguito una analoga collana in dialetto modenese; varie rime di corrispondenza; alcuni componimenti di carattere sacro, in volgare e in latino, e un tetrastico greco. Alcuni suoi testi furono musicati: Ne la dolce stagion di primavera da P. Vinci (1571), M.A. Pordenon (1573) e P. Isnardi (1589); La luce, occhi miei lassi da G.L. Primavera (1573) e R. Vecoli (1586); Eran le vostre lagrime nel viso da P. Cavatoni (1575), A. Trombetti (1583), Giovanni Pierluigi da Palestrina (1585) e G. Rovetta (1645). Rimangono inoltre le traduzioni del Carmide e del Critone platonici (quest’ultima incompleta), mentre altre traduzioni le attribuisce Camilli. Per l’indicazione dei testimoni manoscritti e a stampa dei suoi componimenti e dei testi a lei dedicati si rinvia a F. Prandini, La figura letteraria di T. M., tesi di laurea in sociologia della letteratura, Università degli studi di Bologna, a.a. 1994-95 e a F. Pagnacco, L’attività letteraria e musicale di T. M., tesi di laurea in musicologia, Università degli studi di Pavia, a.a. 1992-93. Le opere della M. si leggono nelle seguenti edizioni: Delle poesie volgari e latine di Francesco Maria Molza, a cura di P.A. Serassi, II-III, Bergamo 1750-54; F.L. Pullè, Testi antichi modenesi dal secolo XVI alla metà del secolo XVII, Bologna 1891, ad ind.; Rime inedite del Cinquecento, a cura di L. Frati, Bologna 1918, ad ind.; F. Pagnacco, L’attività letteraria e musicale di T. M., cit., pp. 60-134; F. Prandini, La figura letteraria di T. M., cit., pp. 275-313; L’altro Novecento nella poesia italiana. La poesia femminile in Italia, con rassegna storica dal ’200 all’800, a cura di E. Vittoriano, Milano 1995, p. 529; in Steve, XV (1997), pp. 35-42; Epigrammi italiani. Da Machiavelli e Ariosto a Montale e Pasolini, a cura di G. Ruozzi, Torino 2001, pp. 77 s.; La poesia mariologica dell’Umanesimo latino. Testi e versione italiana a fronte, a cura di C.M. Piastra, Firenze 2002, pp. 258 s.
Fonti e Bibl.: Ferrara, Biblioteca comunale, cl. II n. 393: Giornale di Modena di Antonio Studenti modenese, alla data agosto 1602; C. Camilli, Imprese illustri di diversi…, Venetia 1586; P. Ribera, Le Glorie immortali…, Venetia 1609, pp. 324-329; F. Patrizi, L’Amorosa filosofia, a cura di J.Ch. Nelson, Firenze 1963, ad ind.; Id., Lettere e opuscoli inediti, a cura di D. Aguzzi Barbagli, Firenze 1975, ad ind.; F. Forciroli, Vite dei modenesi illustri, a cura di S. Cavicchioli, Modena 2007, ad ind.; G.B. Spaccini, Cronaca di Modena, a cura di R. Bussi - C. Giovannini, Modena 2002, ad ind.; L. Vedriani, Dottori modonesi di teologia, filosofia, legge canonica, e civile…, Modena 1665, pp. 198-205; G. Tiraboschi, Biblioteca modenese…, III, Modena 1783, pp. 244-253; G. Riva, Prosopopea di Francesco Maria e T. M., Modena 1812; A. Levati, Dizionario biografico cronologico…, II, Milano 1822, pp. 254 s.; G. Corniani, I secoli della letteratura italiana dopo il suo risorgimento, III, Torino 1855, pp. 76-78; C. Malmusi, Delle relazioni di amicizia e di affetto fra T. M. celebratissima letterata modenese e Torquato Tasso, in Memorie della R. Accademia di scienze, lettere ed arti in Modena, IV (1862), pp. 167-187; Id., Di due celebri donne modenesi del secolo decimo sesto: Ersilia Cortese e T. M., ibid., VII (1866-67), pp. 7-19; E. Camerini, Donne illustri. Biografie, Milano 1870, pp. 55-58; A. Ramazzini, I musici fiamminghi alla corte di Ferrara, in Archivio storico lombardo, VI (1879), pp. 116-133; A. Solerti, Ferrara e la corte estense nella seconda metà del secolo decimo sesto. I discorsi di Annibale Romei gentiluomo ferrarese, Città di Castello 1891, passim; Ch. Castleman, Three musical Virtuose di Ferrara: Lucrezia Bendidio, Laura Peperara and T. M., in Anuario musical, XXIII (1968), pp. 191-198; P. Di Pietro, La biblioteca di una letterata modenese del Cinquecento, T. M., in Atti e memorie della Deputazione di storia patria per le antiche provincie modenesi, s. 10, VIII (1973), pp. 55-64; J.M. Riley, The influence of women on secular vocal music in sixteenth century Italy: the life and career of T. M. (1542-1617), tesi di dottorato, Wesleyan University, Middletown, CT, 1980; Id. T. M. (1542-1617): A case study of women, music, and society in the Renaissance, in The musical woman: an international perspective, a cura di J. Lang Zaimont, II, New York 1986, pp. 470-492; E. Durante - A. Martellotti, Cronistoria del Concerto delle dame principalissime di Margherita Gonzaga d’Este, Firenze 1989, passim; C. Vasoli, Francesco Patrizi da Cherso, Roma 1989, pp. 181-204; L. Stras, Recording Tarquinia: imitation, parody and reportage in Ingegneri’s «Hor che ’l ciel e la terra» e «l vento tace», in Early Music, XXVII (1999), pp. 358-377; A. Newcomb, T. M., in The New Grove Dictionary of music and musicians, Oxford 2001, ad vocem; M.G. Cavallari, L’insegnamento di Patrizi in alcuni madrigali di T. M., in Francesco Patrizi filosofo platonico nel crepuscolo del Rinascimento, a cura di P. Castelli, Firenze 2002, pp. 129-138; I.B. Jaffe - G. Colombardo, Shining eyes, cruel fortune. The lives and loves of Italian Renaissance women poets, New York 2002, pp. 311-338; Ch. Ulffers, A study of the musical influence of T. M. on Patrizi’s «L’amorosa filosofia», ibid., pp. 139-164; L. Stras, Musical portraits of female musicians at the Northern Italian courts in the 1570’s, in Art and music in the early modern period. Essays in memory of Franca Trinchieri Camiz, a cura di K. McIver, Aldershot 2003, pp. 145-171; Giaches de Wert (Wert-Anversa 1535 ca. - Mantova 1596) nelle corti dei Gonzaga di Mantova, Novellara-Bagnolo e degli Estensi a Ferrara, numero speciale di Bollettino storico reggiano, XXXVII (2004), 123, pp. 43-53, 71-184; J. Stevenson, Woman Latin poets…, Oxford 2005, pp. 288-291; E. Durante - A. Martellotti, T. M. e il Concerto delle dame, in Atti e memorie del'Accademia di scienze, lettere ed arti di Modena, Memorie scientifiche, giuridiche, letterarie, s. 8, XII (2009), pp. 259-303; Id.-Id., «Giovinetta peregrina». La vera storia di Laura Peperara..., Firenze 2010, passim; F. Schneider, Pastoral drama and healing in early modern Italy, Farnham-Burlington 2010, pp. 189-202.